“Cinema Trevi: oggi, 29 gennaio, incontro con Nelo Risi, Edith Bruck, Andrea Cortellessa, Greogorio Paonessa. Sarà presentato l’ultimo lavoro di Risi, su Andrea Zanzotto.”
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Nell'ambito della rassegna su Nelo Risi, alle 19.00, incontro con Nelo Risi, Edith Bruck e Andrea Cortellessa, Greogorio Paonessa.
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Possibili rapporti. Due poeti, due voci (2008)
Regia: Nelo Risi; soggetto e sceneggiatura: N. Risi; fotografia: Duccio Cimatti; musica: Marco Valabrega; interpreti: Andrea Zanzotto e N. Risi; origine: Italia; produzione: Gregorio Paonessa per Vivo Film; durata: 56'
Nelo Risi torna alla regia dopo quasi vent'anni per incontrare il maggior poeta italiano contemporaneo: Andrea Zanzotto. Al centro del film è il personalissimo e intimo dialogo di due grandi vecchi della cultura europea. Il paesaggio è Pieve di Soligo, in Veneto, il luogo dove Zanzotto è nato e ha trascorso tutta la vita. È l'incontro di due personalità molto diverse, il poeta ermetico e ritirato - Zanzotto, il viaggiatore, che ha sempre sposato una scrittura concreta, legata alle cose del mondo - Risi: i due si conoscono da sempre, ma si sono frequentati poco hanno scelto di incontrarsi oggi, scoprendosi più vicini di quanto loro stessi avessero immaginato. Il loro incontro assume all'inizio quasi i tratti di uno scontro. Zanzotto è silenzioso, come assorto… Risi si mette in gioco, si scopre, rischia, cerca di stanare il suo amico e rivale da quella ironia sorniona dietro cui si protegge. Poi la conversazione si fa più fitta. Risi e Zanzotto hanno attraversato con le loro vite quasi un secolo, sono stati testimoni e attori di un mondo che si è completamente trasformato, hanno vissuto crisi e svolte ideologiche. Guardandosi in faccia, passeggiando insieme, esprimono le reciproche visioni del mondo dialogando sulla poesia, sull'arte, sul cinema, sulla memoria del passato, sulla morte, ma soprattutto sul futuro e sulla vita. Possibili rapporti. Due poeti, due voci è stato presentato all'ultima edizione del Film Festival Locarno.
Per gentile concessione di Vivo Film - Ingresso gratuito
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Sud come Nord (1957)
Regia: Nelo Risi; fotografia: Carlo Ventimiglia; musica: Franco Potenza; commento: Muzio Alemanni Mazzocchi; origine: Italia; produzione: Romor Film; durata: 15'
Descrizione dello stabilimento della Olivetti a Pozzuoli. Grazie all'insediamento della fabbrica piemontese in quell'area disagiata del meridione si realizzò una bonifica del territorio con un conseguente miglioramento delle condizioni di vita della popolazione locale.
Ingresso gratuito
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Andremo in città (1966)
Regia: Nelo Risi; soggetto: dal romanzo omonimo di Edith Bruck; adattamento: Fabio Carpi, Vasco Pratolini; sceneggiatura: E. Bruck, N. Risi, Jerzy Stawinsky, Cesare Zavattini; fotografia: Tonino Delli Colli; musica: Ivan Vandor; montaggio: Giacinto Solito; interpreti: Geraldine Chaplin, Nino Castelnuovo, il piccolo Federico, Aca Gavric, Stefania Careddu, Giovanni Scratuglia, Milan Panic; origine: Italia/Jugoslavia; produzione: A.I.C.A. Cinematografica - Associazione Internazionale Cinema d'Arte, Romor Film, Avala Film; durata: 103'
«Tratto dal racconto omonimo di Edith Bruck, il film racconta i disastri della guerra e la persecuzione razziale durante l'ultimo conflitto mondiale in un paese dell'Est europeo. Ma il vero tema non è dato da questi materiali storici. Essi costituiscono l'orizzonte entro il quale il film si muove, non il suo fuoco. L'occhio del racconto si fissa piuttosto sulle conseguenze di quel contesto in una famiglia ebraica. Famiglia già smembrata nella quale mancano la madre, morta, e il padre, deportato. La spina dorsale del racconto è la relazione tra la sorella maggiore, Lenka, e Misha, il fratellino cieco di cui si prende cura in sostituzione della madre. La ragazza sfrutta la sua menomazione fisiologica per proteggerlo, per salvaguardarlo dagli orrori della guerra, per non privarlo anzitempo dell'infanzia» (De Giusti). «Sia l'Ungheria che la Polonia dopo vari sopraluoghi hanno rifiutato la storia del bambino ebreo cieco perché a quei paesi dava fastidio, a quell'epoca, toccare il tema dell'ebraismo. Le deportazioni di milioni di persone nei campi di concentramento e sterminio tedeschi hanno lasciato un senso di colpa nei dirigenti comunisti di allora che non volevano toccare quei temi troppo scottanti. [...] Noi pensavamo di poter trovare un terreno fertile proprio là dove erano accadute le atrocità, questo enorme olocausto, invece abbiamo trovato la strada sbarrata politicamente. Alla fine l'unico terreno neutro possibile era la Yugoslavia di Tito, che infatti ci ha aperto le porte» (Risi).
Ingresso gratuito
Nelo Risi, 1920, è uno dei massimi poeti italiani del secondo Novecento. Laureato in Medicina come il fratello Dino, si avvicina al cinema alla fine degli anni '40 con il cortometraggio Ritorno nella valle. L'amore per il documentario, così come l'attenzione pignola e attenta al dato reale lo accompagnano per tutta la vita. Ma il regista-poeta, accanto ai cosiddetti lavori d'impegno sociale, realizza per conto della Olivetti alla fine degli anni '50 dei documentari d'animazione in anticipo sui tempi per un'estetica pop che farà scuola. Il suo esordio nel cosiddetto film di finzione avviene nel 1961 con l'episodio Ragazze madri del zavattiniano Le italiane e l'amore. Il sodalizio artistico e sentimentale con la scrittrice, poetessa e a sua volta cineasta Edith Bruck lo porta a realizzare, subito dopo aver diretto l'interessante e appassionante film televisivo La strada più lunga, il film d'esordio, lo struggente e toccante Andremo in città. Così Risi descrive quell'esperienza: «Un modo pacificato di parlare dei disastri della guerra, sentiti attraverso lo schermo della favola. E qui mi è venuta incontro Edith Bruck [autrice del romanzo omonimo e sceneggiatrice del film], col suo narrare ilare e doloroso, con un'innocenza che noi latini sembriamo avere perduta». A questo film ne seguiranno diversi altri che segnano, come il suo percorso poetico, tappe importanti di un modo personalissimo e originale di fare arte all'insegna di un illuminismo tutto lombardo e da un disgusto sempre crescente per la cosiddetta società dei consumi: da Diario di una schizofrenica, raro e riuscito film psicoanalitico girato in Italia, al ritratto femminile di una donna in crisi in Ondata di calore e all'omaggio da poeta alla poesia di Rimbaud con Una stagione all'inferno, fino al manifesto manzoniano sprovvisto di Provvidenza La colonna infame.
Si è voluto rendere omaggio a Edith Bruck con la proiezione del suo doloroso e lirico Improvviso, dove ci è parso di vedere una continuità stilistica una e tematica affine a Risi: la passione, il dissidio, la perdita, come cause di improvvise trasformazioni della persona e l'attenzione verso gli ultimi, i perdenti, o dimenticati dalla Storia. L'uscita del suo nuovo lavoro cinematografico sull'incontro di due grandi vecchi della poesia (Risi stesso e Andrea Zanzotto) Possibili rapporti. Due poeti, due voci e la pubblicazione di una nuova raccolta poetica Né il giorno né l'ora (Mondadori) testimoniano una vitalità del tutto invidiabile. Gran parte delle citazioni, così come parte del titolo della personale La ragione e il disgusto, sono tratti dall'unica monografia dedicata al cinema del regista: Luciano De Giusti (a cura di), Nelo Risi. Il cinema, la poesia (Antennacinema, Conegliano, 1988). Di se stesso e sul suo essere poeta e cineasta scrive «A vent'anni un uomo di grande gusto, l'editore Giovanni Scheiwiller, mi accolse tra i suoi autori stampando un libriccino dal titolo Le opere e i giorni che risentiva fortemente della lettura di Saint-John Perse più che di Esiodo. Fu il mio debutto letterario, non rilevato da nessuno. Il cinema venne casualmente, nell'immediato dopoguerra quando ogni giovane era alla ricerca di se stesso oltreché di un lavoro. Due documentaristi di fama (l'olandese J. Ferno e l'inglese americanizzato R. Leacock) vennero in Italia per realizzare un cortometraggio sulla valle del Po che testimoniasse dei disastri della guerra. Mi unii a loro rinunciando definitivamente alla carriera di medico, altro versante familiare già abbandonato da mio fratello Dino. [...] Già, la poesia e il cinema su una formazione grosso modo scientifica; avevo almeno il vantaggio di non finire professore di Lettere in qualche liceo della Repubblica. Poi magari ti viene il rimpianto di non aver studiato, chessò, filologia romanza alla Normale di Pisa... Allora ti chiudi in casa con la finestra che dà sul muro di fronte a organizzare un libro di versi che hai incasellato mentalmente per mesi, oppure traduci l'Edipo Re sulla scorta di un "bigino" ritrovato in un angolo basso della libreria. Tutto questo può sembrare uno svago da ricchi, con la poesia non si campa, così cerco di continuare il mio discorso sotto altra forma: per anni ho operato nel campo del documentario e delle inchieste televisive prediligendo "il reale", poi lavorando su "l'immaginario" nei film di finzione scoprendo che il cinema non è poi così lontano dalla poesia, un'immagine e poi un'altra e un'altra ancora... un verso e poi un verso e un altro ancora. A volte le regole del cinema facilitano la scrittura, e viceversa».
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