Nel 1959 Enrico Mattei, ex partigiano, democristiano e capitalista di Stato, chiede a Joris Ivens, già allora uno dei più grandi documentaristi della storia del cinema, di realizzare un film sul crescente impegno dell'Eni - di cui era presidente - nell'attività di estrazione del petrolio e del metano in Italia e nella costruzione della prima centrale nucleare a Latina. Mattei vuole un documentario di propaganda sul futuro sviluppo industriale del paese - la disponibilità di energia ne era il necessario presupposto - e soprattutto sull'obiettivo di indipendenza dal monopolio petrolifero angloamericano rappresentato dalle "sette sorelle", le sette più grandi compagnie multinazionali che controllavano allora il mercato mondiale del petrolio. Joris Ivens si mette al lavoro solo dopo aver consultato i più alti dirigenti del Partito comunista italiano e dopo avere avuto ampie assicurazioni da Mattei circa la propria libertà espressiva. Ad Ivens viene inoltre garantito che il documentario sarà trasmesso dalla Rai e che avrà grande diffusione e visibilità internazionale. Il film viene terminato nei primi mesi del 1960, si intitola L'Italia non è un paese povero. Come c'era da aspettarsi da Ivens, il film non è solo, come lo chiameremmo oggi, uno "spot" a favore dell'Eni e del suo presidente. È anche e soprattutto uno straordinario ritratto cinematografico, per sensibilità e complessità, dell'Italia di quegli anni. La vicenda produttiva di questo film, in cui lavorarono accanto a Ivens i fratelli Taviani, Valentino Orsini, Tinto Brass, Alberto Moravia, Enrico Maria Salerno, meriterebbe un racconto a sé. Il film, infatti, piace a Mattei, ma viene contestato dalla Rai, che lo manda in onda a tarda ora, nell'estate del 1960, in una versione ridotta e depurata, con il titolo Frammenti di un film di Joris Ivens. Rispetto a pochi mesi prima, la situazione politica in Italia è cambiata. A capo del governo c'è Fernando Tambroni, appoggiato dai neofascisti del Movimento sociale. Enrico Mattei, organico alla sinistra democristiana e quindi avversario interno di Tambroni, non può sostenere il film, impegnato com'è a difendere l'Eni dalla politica filo atlantica, quindi filo americana, del governo in carica. Inoltre, senza visto di censura, la versione integrale del film non può uscire dall'Italia: la successiva diffusione internazionale de L'Italia non è un paese povero è poco meno di un romanzo. Ancora oggi il film, nella versione originale è visionabile in Italia soltanto presso la Cineteca Nazionale di Roma.
Ingresso gratuito
"
Condividi