Si è svolto venerdì 27 aprile in sala cinema un incontro tra Nanni Moretti e gli studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia a seguito della proiezione del filmIl Caimano. Moretti ha raccontato il lungo percorso (più di dieci anni) che lo ha portato a quella sceneggiatura e quel film. "Lo avevo in mente fin dalla discesa in campo di Berlusconi ed anzi avevo anche iniziato a filmare qualcosa pensando ad un documentario sulla sua campagna elettorale..." ma ad una manifestazione della sinistra in piazza Navona sale sul palco e decide di aggirare il rapporto strumentale che, a suo avviso, la sinistra ha avuto spesso rispetto all'arte. Arriva così la stagione dei girotondi con il suo impegno diretto: comincia ad 'Usare se stesso', la sua faccia, il suo nome per dar voce a molte persone, alle battaglie in cui crede. La responsabilità che sente per questo impegno lo allontana dalla possibilità di filmare. Per questo il documentario non vede mai la luce e quando torna a pensare un film su Berlusconi, il film gli si presenta in termini diversi, non più un documentario e neppure il racconto dell'ascesa di Berlusconi ma un film nel film. Il racconto dell'indifferente svagatezza con cui l'Italia ha letto il fenomeno Berlusconi e di una tardiva consapevolezza...
“Nanni Moretti incontra gli allievi del Centro Sperimentale di Cinematografia “
L'incontro è continuato con le domande degli studenti: pescandole da un cestino come in una tombola immaginaria, il regista ha composto attraverso le sue risposte, una sorta di autobiografia morale e cinematografica; dice di
considerare i suoi film capitoli di un unico romanzo dove tante cose si ritrovano della sua vita: i pranzi in famiglia, la scuola (entrambi i genitori sono stati insegnanti), le telefonate ( di cui purtroppo il gusto si è un po' perso, gusto che invece il regista coltiva con passione), la palla con cui giocava nella sua stanza, una certa attenzione al linguaggio, lo sport più praticato che visto, i dolci, la passione per le scarpe, una certa
rissosità che si è andata stemperando con gli anni. Elementi che compaiono costantemente nei suoi film e diventano spesso metafora di comportamenti e cambiamenti che hanno attraversato la società italiana. Un tempo, ha ricordato il regista, lo irritava questo associare i suoi film al racconto di una generazione e dei cambiamenti della società italiana, " … mi sembrava una diminuzione della loro originalità, del mio stile, di ciò che volevo dire. Adesso invece mi fa piacere e ne sono persino orgoglioso."Anche la necessità di abitare i suoi film con il suo alter ego, Michele Apicella, si è dissolta negli anni portandolo ancora davanti alla macchina da presa ma, a differenza di prima, come interprete di personaggi: il padre della stanza del figlio, il Berlusconi del Caimano, lo psicoanalista di Habemus papam passando anche per il protagonista di Caos calmo. Dichiara che ama molto lavorare e poco viaggiare ma anche che oggi vede e vive la crisi del cinema mentre prima gli sembrava un argomento fastidioso, usato da persone invecchiate e ormai demotivate. " Pensavo che il cinema fosse in crisi dentro di loro, che la crisi fosse in loro. In me il cinema non è in crisi ma quella crisi io la vedo" e vede con preoccupazione l'avanzare di modelli industriali sempre più stereotipati. Lui che ha sempre e consapevolmente scommesso di essere "dentro" l'industria rimanendo se stesso e alle stasi ha sempre reagito rilanciando: prima con la decisione di fondare una casa di produzione, la Sacher Film (assieme ad Angelo
Barbagallo) con la quale avere un maggior controllo dei propri film ma anche la
possibilità di fare esordire nuovi talenti (Luchetti, Mazzacurati) poi affiancando alla produzione una propria distribuzione quindi con la gestione del cinema
Nuovo Sacher e finché gli sarà possibile, vuole continuare a produrre un cinema personale.
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