“Pubblicato il dodicesimo volume della “Storia del cinema italiano” dedicato al cinema degli anni ’70.”
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Storia del cinema italiano,Vol. XII - 1970/1976
a cura di Flavio De Bernardinis.
E' appena stato pubblicato il dodicesimo volume della Storia del cinema italiano 1970 - 1976, a cura di Flavio De Bernardinis, ultima opera della serie di libri del prestigioso e ambizioso progetto editoriale dedicato alla storia del cinema, di cui il Centro Sperimentale di Cinematografia ne cura la pubblicazione unitamente alla Marsilio Editori di Venezia.
In quest'ultimo volume, il periodo esaminato è quello della prima metà degli anni settanta, che per il cinema italiano è quello "della forbice tra il trionfo e il collasso", come sostenuto nell'introduzione dal suo curatore Flavio De Bernardinis. Dopo gli anni '40 e '50, cosiddetti della ricostruzione, e dopo gli anni '60, cosiddetti della rivoluzione, gli anni '70 sono qui definiticome quelli della revisione.
La peculiarità del periodo si evince da alcuni dati essenziali, basti pensare che mentre nel 1972 l'industria cinematografica italiana raggiunge il picco produttivo e commerciale, di lì a poco comincerà un inarrestabile declino, passando, nell'arco di un quinquennio, da una produzione media di 280 film all'anno a soli 165. Ancor più allarmante la percentuale degli spettatori che disertano le sale: il 57% degli italiani non va più al cinema. Mentre, tra quelli che persistono, prevale l'appartenenza a classi agiate. Il cinema in questi anni perde lo statuto di spettacolo popolare e subisce in maniera crescente il sorpasso della televisione. Chiudono le sale di seconda e terza visione, cala la frequenza del pubblico del grande schermo. Invece aumenta l'audience del tubo catodico. Scompare perfino il film medio, da sempre traino della nostra industria.
Incapace, non solo di portare il pubblico in sala, ma perfino di intercettare e comprendere il mondo circostante, il cinema italiano appare agonizzante. Eppure, contestualmente alle profonde mutazioni, si profilano per esso nuove interessanti configurazioni: si espande, fuori da sé, in televisione, e al contempo vive le prime sperimentazioni e le prime interazioni con la videoelettronica.
Pertanto gli anni '70 sono dunque "gli anni della revisione", una revisione consapevole delle ambiguità e delle contraddizioni, delle dinamiche reali e immaginarie del mezzo filmico che, proprio in virtù delle metamorfosi subite, oltrepassa in questi anni i confini delle categorie e delle classificazioni più note e più consuete.
In dettaglio nel testo, introdotti da un saggio del curatore, dal sottotitolo emblematico di Appunti per una mutazione, gli anni 1970-1976 vengono esaminati all'interno di numerosi saggi di studiosi noti e meno noti del cinema italiano, suddivisi per sezioni.
Tra queste vi è quella in cui I generi vengono visti come lo specchio dellamutazione cinematografica italiana di allora (Vincenzo Buccheri) oppure vengono semplicemente ripercorsi attraverso un'allegra parabolawesterniana (Alberto Pezzotta), una breve stagione larmoyant(Maurizio Porro), riconoscendo anche che, alla decadenza della commedia all'italiana (Tullio Masoni, Paolo Vecchi), da sempre macrogenere della nostra cinematografia, fa eco il fiorire del genere erotico (Manlio Gomarasca) e di un cinema prevalentemente al femminile (Barbara Grespi, Gabrielle Lucantonio e Silvia Colombo).
Vi è poi la sezione in cui Gli autori appaiono o al crepuscolo, come nel caso di Visconti (Luciano De Giusti), oppure spinti verso nuove e insolite esperienze sperimentali, televisive e all'estero, come nei casi di Carmelo Bene, Fellini o Antonioni (Emiliano Morreale, Raoul Grisolia e Adriano Aprà). E mentre persistono autori che in questi anni confermano la loro fama o giungono alla loro definitiva consacrazione, come Bertolucci, Bellocchio e Ferreri (Stefania Carpiceci, Manuela Gieri e Stefania Parigi) , ve ne sono altri immersi nelle loro utopie, come i Taviani (Bruno Torri), o al confine tra una trilogia della vita e un film della morte, come accade a Pasolini (Roberto Chiesi), poco prima della sua scomparsa.
La sezione Impegno, riformismo, militanza si sofferma sull'uso politico del cinema, ma anche sul cinema politico d'autore e di genere (Peppino Ortoleva, Mino Argentieri e Mauro Gervasini).
In quella denominata Tv e video, la televisione viene a tutti gli effetti percepita come nuova forza produttrice di cinema (Vito Zagarrio), ma anche come meta di un nuovo linguaggio didattico, documentaristico e sperimentale, come accade, tra gli altri, anche a Rossellini e Olmi (Sandro Bernardi, Adriano Aprà e Coco). Accanto alla tv fan breccia le sperimentazioni in videotape (Bruno Di Marino).
La penultima e ultima sezione, ovvero Tecnica, produzione, mercato e Il cinema pensato, spaziano dal dibattito critico e teorico di allora (Claudio Bisoni), a considerazioni tecnico-estetiche intorno all'uso della luce, del colore e della musica del cinema del decennio (Enrico Terrone e Sergio Miceli), fino ad affrontare i nuovi modelli produttivi e distributivi italiani, ora attraversati dalla crisi, ora supportati dall'intervento finanziario dello Stato o della RAI (Callisto Cosulich, Flavio De Bernardinis, Domenico Monetti e Annamaria Licciardello).
Infine e come sempre, il volume è corredato da un'ampia appendice, i cui apparati bibliografici e filmografici attengono alla cronologia del volume stesso. Oltre alle tabelle statistiche e ai premi del cinema italiano, vi è l'abituale sezione dedicata ai documenti d'epoca (a cura di Stefania Carpiceci e Annamaria Licciardello), tra cui quelli che ricostruiscono, a mezzo stampa, lo scandalo e la tortuosa vicenda dei sequestri e dissequestri di Salò o le 120 giornate di Sodoma e di Ultimo tango a Parigi, noti capolavori di Pasolini e Bertolucci.
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