Il Centro Sperimentale di Cinematografia ricorda Suso Cecchi d'Amico scomparsa sabato 31 luglio. La scomparsa di Susi Cecchi D'amico, non è semplicemente la fine di una stagione del cinema italiano. E anche la fine di un certo modo di intendere il "mestiere" del cinema nobilitato a arte. Con lei se ne va la "regina", la collaboratrice prediletta di Luchino Visconti, la sceneggiatrice più celebre, la più raffinata che al cinema portò in dote il bagaglio di una cultura multiforme, frutto di una grande famiglia d'artisti. Suso Cecchi d'Amico durante la sua lunga carriera ha collaborato spesso e in diverse occasioni con il Centro Sperimentale di Cinematografia.
Suso Cecchi d'Amico era nata a Roma nel 1914, figlia del critico letterario Emilio Cecchi, per molti anni si dedica alla traduzione di testi letterari inglesi e francesi, nello stesso tempo intraprendendo l'attività giornalistica. Si unisce in matrimonio con il critico musicale Fedele D'Amico. Debutta nella scrittura cinematografica con "Mio figlio professore" (1946) di Renato Castellani, firmato assieme al padre ed al commediografo Aldo De Benedetti. Collabora con Tellini e Luigi Zampa a "Vivere in pace" (1947) e "L'onorevole Angelina" (1947), entrambi diretti da quest'ultimo. Insieme a Cesare Zavattini, dà vita ad alcune delle opere più significative del neorealismo, da "Ladri di biciclette" (1948) a "Miracolo a Milano" (1951): allo sceneggiatore emiliano (come a Flaiano, con cui comincia a lavorare nel '46 per "Roma città libera" di Marcello Pagliero), la unisce il gusto per la fusione del fantastico con il quotidiano in chiave drammatica, tuttavia non aliena da sottolineature ironiche. E' l'inizio di un percorso straordinario, che porterà il suo nome accanto a quello dei più prestigiosi registi di casa nostra: Michelangelo Antonioni ("I vinti", 1952; "La signora senza camelie", 1953; "Le amiche", 1955), Francesco Rosi ("La sfida", 1958; "I magliari", 1959; "Salvatore Giuliano", 1962), Alessandro Blasetti ("Tempi nostri", 1954; "Peccato che sia una canaglia", 1954), Renato Castellani ("Nella città l'inferno", 1958). E', tuttavia, il sodalizio con Luchino Visconti a caratterizzare maggiormente la sua opera: a cominciare da "Bellissima" (1951), ella firma tutti i titoli del regista milanese, ad eccezione de "La caduta degli dei" (1969) e di "Morte a Venezia" (1971). Pronta a farsi coinvolgere anche dal cinema di genere (lo spaghetti-western "L'uomo, l'orgoglio, la vendetta", 1967, di Luigi Bazzoni), predilige in ogni caso gli autori: è con Franco Zeffirelli per "La bisbetica domata" (1967), "Fratello sole, sorella luna" (1972) e "Gesù di Nazareth" (1977); con Citto Maselli per "Gli indifferenti" (1964): con Luigi Comencini per "Le avventure di Pinocchio" (1972); con Nikita Mikhalkov per "Oci ciornie" (1987). Scomparso Visconti, si è legata artisticamente a Mario Monicelli: i frutti migliori dell'unione sono, probabilmente, "Speriamo che sia femmina" (1986) ed "Il male oscuro" (1990). Tra le sue fatiche più recenti, meritano segnalazione "La stanza dello scirocco" (1998) di Maurizio Sciarra e "Il cielo cade" (2000) di Andrea ed Antonio Frazzi. Il racconto dei suoi cinquant'anni d'attività nel cinema è contenuto nel volume "Storie di cinema... e qualcos'altro", pubblicato nel '96 da Garzanti.
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