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“Istituito il Fondo Ennio De Concini presso la Biblioteca “Luigi Chiarini””
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Sceneggiatore, regista cinematografico, commediografo e giornalista, ha collaborato con alcuni dei più importanti registi del cinema italiano e internazionale, spaziando tra i diversi generi e il cinema d'autore. L'approdo al cinema è per De Concini casuale, come egli stesso ha dichiarato, dettato più da esigenze economiche che da una vera aspirazione. Le sue passioni erano la letteratura e il teatro: già a sedici anni pubblica a spese del padre un volumetto di poesie intitolato Aeropoesie futuriste di bombardamenti, scaturito dalla frequentazione del gruppo romano di poeti futuristi Sant'Elia, guidato da Filippo Tommaso Marinetti, mentre nei primi anni '40 alcuni suoi testi, tra i quali Il cavallo (interpretato da una giovanissima Giulietta Masina) vengono messi in scena dalla compagnia teatrale del GUF, diretta da Turi Vasile. Dopo la guerra - durante la quale è nelle file dei GAP (Gruppi Armati Patriottici) - inizia una collaborazione come redattore alla rivista «La Fiera Letteraria». In questi stessi anni, grazie a Zavattini e Monicelli, viene introdotto nel mondo del cinema e collabora alle sceneggiature di Sciuscià (Vittorio De Sica, 1945), Caccia tragica (Giuseppe De Santis, 1947) e L'ebreo errante (Goffredo Alessandrini, 1947). Il successo fu tale che dalla fine degli anni '50 egli divenne una presenza fondamentale per smuovere la macchina produttiva e ciò che considerava come una tappa obbligata, un'attività di passaggio, divenne un'occupazione a tempo pieno che ne fece un professionista. Gli anni '50 lo vedono impegnato - oltreché nella sua prima regia, Gli undici moschettieri (1952, coregia con Fausto Saraceni) - nella stesura di più di cinquanta sceneggiature, tra le quali si ricordano: Totò e i re i Roma (1951) di Steno e Monicelli, Jolanda la figlia del corsaro nero (1952) di Mario Soldati, Europa '51 (1953) di Roberto Rossellini, Casa Ricordi (1954) di Carmine Gallone, Mambo (1954) di Robert Rossen, Guerra e Pace (1955) di King Vidor, Il ferroviere (1956) di Pietro Germi, Il grido (1957) di Michelangelo Antonioni.

Alla fine degli anni '50 è tra gli inventori del peplum. Nella prima metà degli anni '60 si produssero almeno dieci titoli storico-mitologici all'anno, tra i numerosi sceneggiati da De Concini si trovano Le fatiche di Ercole (Mario Francisci, 1958) e Gli ultimi giorni di Pompei (Mario Bonnard e, non accreditato, Sergio Leone, 1959), che incassano cifre record, Il colosso di Rodi (1961), primo film di cui Sergio Leone firma la regia, e Romolo e Remo (1960) di Sergio Corbucci. Nello stesso periodo firma con Pier Paolo Pasolini la sceneggiatura de La lunga notte del '43 (1960), esordio di Florestano Vancini, e lavora tra gli altri, variando continuamente registro narrativo, con Blasetti per Europa di notte (1959), con Lizzani per Esterina (1959), con Bava per La maschera del demonio (1960), e con Germi, con il quale vince due Nastri d'argento per le sceneggiature di Un maledetto imbroglio (1959) e Divorzio all'italiana (1961) e l'Oscar per la migliore sceneggiatura per Divorzio all'italiana.
Nei primi anni '60 il lavoro di stesura del soggetto e della sceneggiatura di Italiani brava gente di Giuseppe De Santis (1964) lo porta a soggiornare per lunghi periodi in Unione Sovietica, dove collabora con la Mosfilm. Successivamente è a Londra dove scrive le sceneggiature de La bataille de San Sebastian (I cannoni di San Sebastian 1967) di Henri Verneuil, Krasnaya palatka (La tenda rossa, 1969) di MicKail Kalatozov, Bluebeard (Barbablù, 1972) di Edward Dmytryk e Luciano Sacripanti, e infine a quella di Hitler. The Last Ten Days (Gli ultimi dieci giorni di Hitler, 1973), che dirige personalmente.
 
Tra le sceneggiature scritte negli anni seguenti, molte delle quali per produzioni estere, figurano Salon Kitty (1976) di Tinto Brass, Le dernier amant romantique (Un uomo in premio, 1978) di Just Jaeckin, Schöner Gigolo, armer Gigolo (Gigolò, 1979) di David Hemmings, Le due vite di Mattia Pascal (1985) di Mario Monicelli e Diavolo in corpo (1986) di Marco Bellocchio.
 
Gli anni '80 lo vedono soprattutto impegnato nella scrittura televisiva che per primo applica ai serial, di cui è considerato a buon diritto l'inventore: con Storie d'amore e d'amicizia (1982) crea infatti un modello originale di sceneggiato televisivo, mentre La piovra (1984), nella quale si uniscono azione e denuncia, ispirerà la nascita di un vero e proprio genere di film prodotti per la televisione.
 
Il fondo, donato nel 2012, è costituito da 208 materiali bibliografici: sceneggiature, soggetti, trattamenti, copioni teatrali, monografie, volumi di rassegna stampa, pressbook e una cartella di corrispondenza.
 

 

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