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“Il CSC ha più volte reso omaggio al suo allievo con rassegne e proiezioni al cinema Trevi”
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È scomparso domenica 10 giugno il regista Franco Rossetti, da tempo malato.
Nato a Siena il 1 ottobre 1930, Rossetti si è diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia nel 1956 con il saggio Il ritorno, sui valori della vita contadina e sulla condizione irreversibile di chi lavora la terra. Un esordio all'insegna di un tardo neorealismo, al pari del suo amico e conterraneo Umberto Lenzi, che si diploma lo stesso anno con I ragazzi di Trastevere. Toscana (di Chiusi, in provincia di Siena) e diplomata al CSCè anche la costumista Gaia Romanini, che si unirà in matrimonio con Rossetti dando vita a un lungo sodalizio professionale.
 
Sceneggiatore alla corte di Ennio De Concini, come lui stesso ha raccontato con la sua consueta verve nel Quaderno della Cineteca Ennio De Concini. Storie di un italiano (2017), Rossetti si fa le ossa, agli inizi degli anni sessanta, nel peplum (Costantino il grande di De Felice, Romolo e Remo di Sergio Corbucci), ma è nella stagione del western all'italiana che si fa un nome, firmando uno dei capolavori del genere, Django di S. Corbucci, fonte di ispirazione per Quentin Tarantino. La collaborazione con Sergio Corbucci prosegue fino alla fine del decennio (L'uomo che ride, Johnny Oro, Bersaglio mobile), parallelamente a quella con Ferdinando Baldi (Texas addio, Io non protesto, io amo, Little Rita nel West, Preparati la bara!).
Un western sui generis, cupo e fangoso, El Desperado (su soggetto, tra gli altri, di Vincenzo Cerami), segna l'esordio di Rossetti nel lungometraggio, nel 1967. Con il successivo Delitto al circolo del tennis il regista toscana alza il tiro, spostando il racconto di Moravia dalla fine degli anni venti al '68: la decomposizione della borghesia è filtrata attraverso la contestazione giovanile, ma tra ricatti e foto compromettenti si cela un groviglio edipico, splendidamente fotografato da Vittorio Storaro. Film di straordinaria attualità, in cui il padre borghese, interpretato da Chris Avram, è un economista che detta la linea dei governi, a livello europeo.
La difficoltà a trovare produzioni in grado di sostenere le sue ambizioni autoriali spinge Rossetti a fare il salto dall'altra parte della barricata: diventa produttore di se stesso, cavalcando l'onda lunga della commedia erotica, in voga dai primi anni settanta, con titoli espliciti divenuti proverbiali (Una cavalla tutta nuda, Nipoti miei diletti, Quel movimento che mi piace tanto). La critica si ferma ai titoli, non cogliendo l'originale visione della società e dei rapporti umani che il pungente Rossetti riesce a instillare all'interno del cinema di genere.
Le traversie produttive frenano definitivamente Rossetti, il quale chiude anzitempo la sua carriera con un film estremo (Il mondo porno di due sorelle, 1979) e una commedia (Al limite, cioè, non glielo dico, 1984) prodotta con l'articolo 28, che avrebbe dovuto favorire l'ingresso nel cinema di giovani autori e in questo caso invece decreta la fine della carriera di un regista costretto a 54 anni a ritirarsi a vita privata.
Un oblio immeritato, condiviso con la moglie Gaia Romanini, anche lei presto dimenticata malgrado la straordinaria filmografia (Miseria e nobiltà, La romana, La ragazza con la valigia, Cronaca familiare, 7 uomini d'oro, Straziami ma di baci saziami, La cicala).
Il Centro Sperimentale di Cinematografia ha più volte reso omaggio al suo allievo con rassegne e proiezioni al Cinema Trevi.
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