Un omaggio tardivo, dopo decenni di recensioni irridenti da parte della critica paludata, a fronte del crescente interesse all’estero e dell’incondizionato appoggio dei cinefili. La retrospettiva, che viene ora riproposta al cinema Trevi, offre l’occasione per riflettere sulle traiettorie del tutto personali del regista romano, capostipite del thriller all’italiana e adesso, per paradosso, eclissatisi i suoi imitatori, unico superstite del cinema di genere ancora attivo ad alti livelli. Ormai proiettato verso il cinema americano, a cercare sponde affettive smarrite in Italia con la morte di Bava, Freda e Fulci, gli unici registi con i quali condivideva una (ir)reale vocazione fantastica. Del tutto fuori luogo nel nostro Paese: di qui le incomprensioni con la critica e la necessità di cercare altre vie per reiterare all’infinito i propri macabri sogni. Come ha scritto Giona A. Nazzaro nel volume curato da Vito Zagarrio Argento vivo. Il cinema di Dario Argento tra genere e autorialità, edito da Marsilio in occasione dell’omaggio di Pesaro, Argento, con Sergio Leone, è il fautore di un cinema celibe e orfano: «Il cinema argentiano, una volta orgogliosamente orfano, oggi si ritrova nella condizione sconcertante di un orfano diventato padre elettivamente ma privo di progenie». Il cinema italiano, ad esso ricollegabile, direttamente o indirettamente è svanito, risucchiato dalla televisione, e in questo vuoto il cinema argentiano risplende ancor più.
venerdì 3
ore 17.00
L’uccello dalle piume di cristallo (1970)
Regia: Dario Argento; soggetto e sceneggiatura: D. Argento; fotografia: Vittorio Storaro; musica: Ennio Morricone; montaggio: Franco Fraticelli; interpreti: Tony Musante, Suzy Kendall, Enrico Maria Salerno, Eva Renzi, Umberto Raho, Mario Adorf; origine: Italia/Germania; produzione: Seda Spettacoli, C.C.C. Film GMBH; durata: 96′.
«Sam, scrittore americano venuto a Roma in cerca d’ispirazione, vi trova invece una spaventosa avventura. Poche sere prima della data fissata per il ritorno in patria con la sua ragazza, Movita, gli accade di essere testimone di un tentato assassinio. Chiuso tra le porte di vetro di una galleria d’arte, egli vede una bella donna colluttare con un individuo tutto vestito di nero, che poi fugge, lasciando la donna accoltellata al suolo. Qualcosa, in tale visione, non quadra. Ma che cosa?» (Biraghi). «Tutto lo sforzo del protagonista sarà quello di ricostruire, retrospettivamente, una scena cui ha assistito un’unica volta: la memoria, purtroppo, non è una moviola, e Argento ne mima l’impotenza continuando a mostrarci porzioni della sequenza senza mai svelarcene l’elemento decisivo, il tratto distintivo dove risiede la chiave dell’enigma» (Pugliese).
Versione ristampata dalla Cineteca Nazionale per gentile concessione di Titanus Film
ore 19.00
Il gatto a nove code (1971)
Regia: Dario Argento; soggetto: D. Argento, Luigi Collo, Dardano Sacchetti; sceneggiatura: D. Argento; fotografia: Enrico Menczer; musica: Ennio Morricone; montaggio: Franco Fraticelli; interpreti: Karl Malden, James Franciscus, Catherine Spaak, Cinzia De Carolis, Pierpaolo Capponi, Aldo Reggiani; origine: Italia/Germania/Francia; produzione: Seda Spettacoli, Terra Filmkunst, Labrador Film; durata: 112′.
«Un enigmista cieco, impersonato da Karl Malden, passeggiando in strada, con la nipotina di dieci anni ode i frammenti di una conversazione dalla quale arguisce trattarsi di un ricatto. Poco dopo un guardiano di un importante Istituto di Genetica, viene tramortito da uno sconosciuto che penetra nell’istituto senza rubare niente. Il giorno seguente, uno scienziato dell’istituto stesso viene spinto sotto un treno dalla pensilina della stazione da una mano ignota che però un fotografo di un giornale riesce a riprendere. […] Il gatto a nove code è un film geometrico e lucido che ha dalla sua una notevole spettacolarità d’impianto e una forte, sia pur rozza, carica di suspense. L’ombra del dubbio cade di volta in volta sui principali personaggi del film, per arrivare infine a una soluzione ingegnosa alla quale nessuno ha certamente pensato. Così come è ingegnoso il movente in un certo senso scientifico dei cinque delitti» (Onorato Orsini). Volevo fare un film un po’ diverso da L’uccello dalle piume di cristallo, non volevo ripetermi. Credo di aver fatto un film un po’ all’americana, con attori protagonisti americani, ispirato a quei film di detection tipicamente americani. Forse proprio per questo motivo non ne rimasi molto soddisfatto, forse oggi ritornerei sul mio giudizio, ma penso che certi dialoghi e certi personaggi abbiano tradito un po’ il mio stile» (Argento).
Versione ristampata dalla Cineteca Nazionale per gentile concessione di Titanus Film
ore 21.00
Presentazione del volume di Fabio Maiello Dario Argento. Confessioni di un maestro dell’horror, Alacrán Edizioni, Milano, 2007
a seguire
Le cinque giornate (1973)
Regia: Dario Argento; soggetto: Vincenzo Ungari, D. Argento, Luigi Cozzi; sceneggiatura: D. Argento, Nanni Balestrini; fotografia: Luigi Kuveiller; montaggio: Franco Fraticelli; musica: Giorgio Gaslini; interpreti: Adriano Celentano, Enzo Cerusico, Sergio Graziani, Marilù Tolo, Glauco Onorato, Carla Tatò; origine: Italia; produzione: Seda Spettacoli; durata: 122′.
Il film più anomalo nella filmografia argentiano. Un’incursione nella Storia, nella quale il regista non rinuncia a inscenare l’orrore e la crudeltà, in questo caso della guerra. Argento fu voluto dagli attori, a cominciare dal protagonista Adriano Celentano. Da riscoprire. «Le cinque giornate è un film crudele, assai poco allineato con i tempi: alla decostruzione della favolistica rivoluzionaria Argento non contribuisce con procedimenti contro storici alla Vancini o atteggiamenti stoici alla Leone ma, ancora una volta, indugiando nel massacro, nella carneficina, nella spendibilità dei corpi umani. Le numerose truculenze allineate nel film giocano così una funzione per la prima volta quasi romeriana: la morte non è più tassello di un edificio estetico coerente, di un progetto logico-matematico (sia pur svolto nel cono d’ombra della follia individuale), ma gratuito, empio smembramento di carni, ammassamento di atrocità quasi risibili, sguardo osceno sul nulla e sull’idiozia» (Pugliese).
Ingresso gratuito
sabato 4
ore 17.00
Suspiria (1977)
Regia: Dario Argento; soggetto e sceneggiatura: D. Argento, Daria Nicolodi; fotografia: Luciano Tovoli; musica: Goblin; montaggio: Franco Fraticelli; interpreti e personaggi: Jessica Harper, Stefania Casini, Alida Valli, Joan Bennett, Flavio Bucci, Miguel Bosè; origine: Italia; produzione: Seda Spettacoli; durata: 100′.
«Una laurea honoris causa in tecnologia degli spaventi. Dario Argento non merita niente di meno per un film che probabilmente farà epoca nel cinema della pelle d’oca. Anche il pubblico più refrattario ai brividi del giallo suderà freddo, stavolta; e sarà difficile d’ora in poi non comprendere Dario Argento in quel pugno di registi che grazie all’eccellenza del mestiere tengono a galla il cinema italiano. I teorici dell’impegno politico e sociale non saranno d’accordo, ma poco male: Suspiria ritrova le radici fantastiche del cinema, facendo leva sul colore e sul sonoro, con una furbizia spettacolare cui si deve tanto di cappello. Naturalmente accadono cose da pazzi nella casa che si suppone essere stata di Erasmo, l’autore dell’elogio della pazzia. Siamo in Germania, a Friburgo, dove la giovane Susy, un’americana, è venuta a studiare in una famosa accademia di danza» (Grazzini). «Suspiria è nato dal mio desiderio di sganciarmi dalla realtà e di librarmi in un mondo assolutamente fantastico. Volevo girare una favola e nello stesso tempo volevo parlare di stregoneria, perché in quel periodo il mio interesse era stato risucchiato dall’esoterismo. La fiaba di Biancaneve e i sette nani fu il punto di partenza per la storia» (Argento).
ore 19.00
Inferno (1980)
Regia: Dario Argento; soggetto e sceneggiatura: D. Argento; fotografia: Romano Albani; musica: Keith Emerson; montaggio: Franco Fraticelli; interpreti e personaggi: Leight McCloskey, Eleonora Giorgi, Gabriele Lavia, Irene Miracle, Sacha Pitoeff, Daria Nicolodi; origine: Italia; produzione: Seda Spettacoli; durata: 107′.
L’inferno argentiano: “tre madri” nascoste nei sotterranei di tre palazzi a Roma, New York, Friburgo, costruiti per loro da un architetto-alchimista, autore di un libro maledetto. «È una storia che si ispira all’alchimia moderna, alchimia di oggi, alchimia dei nostri giorni. Il mio film vuole esplorare e trovare le chiavi dei grandi segreti della vita e della morte. È una storia che si ispira all’alchimia moderna, alchimia di oggi, alchimia dei nostri giorni. Il mio film vuole esplorare e trovare le chiavi dei grandi segreti della vita e della morte» (Argento).
ore 21.00
Tenebre (1982)
Regia: Dario Argento; soggetto e sceneggiatura: D. Argento; fotografia: Luciano Tovoli; musica: Claudio Simonetti, Fabio Pignatelli, Massimo Morante; montaggio: Franco Fraticelli; interpreti: Anthony Franciosa, Daria Nicolodi, Giuliano Gemma, John Saxon, Carola Stagnaro, John Steiner; origine: Italia; produzione: Sigma Cinematografica; durata: 101′.
Uno scrittore americano di polizieschi, venuto a Roma per presentare il suo ultimo libro, si trova invischiato in un giallo. «La trovata di Argento, che si è scritto il soggetto e la sceneggiatura da solo, è questa: a metà del film viene ucciso anche l’assassino! Ma chi ha ucciso allora l’assassino? E perché i delitti continuano a ripetersi? Questo risvolto esce un po’ dalla norma del giallo, così come il convulso finale» (Cosulich). «Ho lavorato con il nostro grande direttore della fotografia Luciano Tovoli: abbiamo voluto una luce metallica, solare in una Roma moderna d’acciaio e cemento, per nulla barocca o decadente. La nostra è una Roma cattiva, con una luce fredda e totale contrapposta alle tenebre dell’anima, della mente. La città diventa un puzzle di immagini» (Argento).
domenica 5
ore 17.00
Phenomena (1985)
Regia: Dario Argento; soggetto: D. Argento; sceneggiatura: D. Argento, Franco Ferrini; fotografia: Romano Albani; musica: Claudio Simonetti, Bill Wyman & Terry Taylor, Goblin, Fabio Pignatelli, Simon Boswell; montaggio: Franco Fraticelli; interpreti: Jennifer Connelly, Donald Pleasence, Daria Nicolodi, Patrick Bauchau, Dalila Di Lazzaro, Fiore Argento; origine: Italia; produzione: D.A.C. Film; durata: 109′.
«C’è una sperduta regione della Svizzera infestata da un pazzo che da anni va assassinando fanciulle trafugandone il corpo. C’è un collegio femminile dove arriva fresca fresca la protagonista, con il suo sonnambulismo e la sua misteriosa capacità di comunicare con gli insetti. C’è un entomologo paralitico (Donald Pleasence) con scimmietta-infermiera (determinante, come gli insetti, nella soluzione della vicenda). E soprattutto ci sono una serie di orrori insostenibili» (Ferzetti). «A sensazione, a pelle, in Phenomena ci trovo tante cose mie. Tanto mio cinema. Ma anche tante storie private. Tanti personaggi che ho conosciuto, che ho amato, che mi hanno amato, cui ho fatto del bene, che mi hanno fatto del male, che ho aiutato, che mi hanno tradito, che non conosco, che non conoscerò mai. Per me, samurai, è stato come un viaggio mistico quindi, quasi religioso, tra bellezze ed orrori, tra sensazioni tenere e terribili» (Argento).
ore 19.00
Opera (1987)
Regia: Dario Argento; soggetto: D. Argento; sceneggiatura: D. Argento, Franco Ferrini; fotografia: Ronnie Taylor; musica: Claudio Simonetti, Bill Wyman & Terry Taylor, Roger Eno, Brian Eno; montaggio: Franco Fraticelli; interpreti: Cristina Marsillach, Ian Charleston, Daria Nicolodi, Urbano Barberini, Coralina Castaldi Tassoni, Antonella Vitale; origine: Italia; produzione: ADC, Cecchi Gori Group, Tiger Cinematografica, in collaborazione con Rai; durata: 105′.
«Si comincia con il Macbeth di Verdi e con la curiosa diceria, diffusa degli ambienti lirici, che porti sfortuna. Durante le prove, infatti, il soprano ha un incidente d’auto, così, quasi alla vigilia di andare in scena, lo sostituisce una giovanissima collega, Betty, ancora agli esordi. Questa Betty, però ha un amichetto e la sera stessa della prima, che per lei è stata un vero trionfo, un individuo mascherato lo uccide selvaggiamente di fronte a lei, dopo averla legata e dopo averla obbligata, con dei punteruoli sotto gli occhi, a vedere fino in fondo l’orribile scena. Siamo agli inizi» (Rondi). «I corvi scritturati per il mio film Opera […] sono stati bravissimi. Non soltanto si sono dimostrati “gli attori” migliori del cast, ma a un certo punto hanno anche organizzato un ammutinamento contro il regista e il sottoscritto si è ritrovato ferito alla bocca e «beccato» in più parti del corpo. Però avevano ragione loro: avevo chiesto troppo alle loro forze sia pure nel rispetto degli animali, da me sempre dimostrato sui miei set con vermi, mosche, topi, lumache, ragni africani & C. Così i corvi si sono ribellati: certo qualche corvo imperiale, nell’alto dei cieli, doveva aver raccontato loro la trama e le vendette degli Uccelli di Hitchcock!» (Argento).
Copia con sottotitoli in inglese gentilmente concessa da Opera Film
ore 21.00
Profondo rosso (1975)
Regia: Dario Argento; soggetto e sceneggiatura: D. Argento, Bernardino Zapponi; fotografia: Luigi Kuveiller; musica: Giorgio Gaslini, Goblin; montaggio: Franco Fraticelli; interpreti e personaggi: David Hemmings, Daria Nicolodi, Gabriele Lavia, Clara Calamai, Glauco Mauri, Eros Pagni; origine: Italia; produzione: Seda Spettacoli, Rizzoli Film; durata: 130′.
«Se l’estrema ambizione di Dario Argento è di restituire ai reduci dai suoi spettacoli il gaudio di sobbalzare a ogni scricchiolio, di guardare sotto il letto e raddoppiare la dose di tranquillante, il “terrorista” del cinema italiano può dirsi contento. Era infatti un bel po’ che un film non prendeva altrettanto allo stomaco e popolava i nostri sonni di incubi così barbari. Perché Profondo rosso è malfermo e tutto epidermico, ma al traguardo della paura va molto vicino: la ragione scalpita, e indispettisce sentirsi coinvolti in un cervellotico congegno, e tuttavia il cuore batte più svelto. Mamma mia, che impressione. Il fattaccio comincia a una seduta di parapsicologia, dove una signora “sente” i pensieri cattivi di un criminale. La poverina ha tanta ragione che dopo poco sente anche spaccarsi la testa da un’accetta. Chi sarà mai l’assassino? Mentre la polizia si gingilla, Marcus, un pianista inglese di jazz che lo ha intravisto, ma non è in grado di riconoscerlo, si intestardisce a scoprirlo, insieme con una giornalista in cerca del solito colpo, tal Gianna. È ovviamente un cacciarsi nei guai» (Grazzini).
lunedì 6
chiuso
martedì 7
ore 18.00
Il gatto nero (ep. di Due occhi diabolici, 1990)
Regia: Dario Argento; soggetto: tratto da un racconto di Edgar Allan Poe; sceneggiatura: D. Argento, Franco Ferrini; fotografia: Beppe Maccari; musica: Pino Donaggio; montaggio: Pasquale Buba; interpreti: Harvey Keitel (Rod Usher), Madeleine Potter (Annabel), John Amos (ispettore Legrand), Martin Balsman (Mr. Pym), Kim Hunter (Mrs. Pym), Sally Kirkland (Eleonora), Holter Ford Graham (Christian), Julie Benz (Betty), Lou Valenzi, Peggy Sanders, J.R. Mac Donald, Barbara Bryne, Lanene Charters, Tom Savini; origine: Italia; produzione: Gruppo Bema, ADC; durata: 40′.
«L’ossessione d’un fotografo di cronaca nera (ancora di Pittsburgh), tale Rod che di cognome, vedi caso, si chiama Usher, perseguitato dallo sguardo d’una gatta in cui legge una demoniaca aggressività. […] Fedele alla propria vocazione, Dario Argento manovra la follia e il delirio con una forte fantasia visiva […], e amministra gli effetti in modo giudizioso. N’esce un racconto, interpretato efficacemente da Harvey Keitel e Madeleine Potter, dove l’alcool alimenta il sadismo in un universo di perverse fascinazioni, avvicinato abilmente alla realtà da potenti temporali» (Grazzini). «Sono andato a Baltimora […] e nel piccolo, segreto giardino di una chiesa gotica ho trovato non una, ma due tombe del mio sventurato, nevrotico e miserabile amico [Edgar Allan Poe] senza un penny, che resta a mio parere il più grande romantico della sofferenza umana e della paura. Così ho deciso di girare un piccolo film nel film per i titoli di testa e ho fermato l’occhio della mia un po’ perversa cinepresa sulla prima tomba di Poe, che è completamente coperta da pennies di “copper” (rame) perché i suoi estimatori continuano a fare per lui una povera colletta» (Argento).
ore 19.00
Trauma (1993)
Regia: Dario Argento; soggetto: Franco Ferrini, Giovanni Romoli, D. Argento; sceneggiatura: D. Argento, T.E.D. Klein; fotografia: Raffaele Mertes; musica: Pino Donaggio; montaggio: Bennet Goldberg, D. Argento; interpreti: Christopher Rydell, Asia Argento, Piper Laurie, Frederic Forrest, Laura Johnson, James Russo; origine: Italia; produzione: ADC, Overseas Film Group; durata: 110′.
Una ragazza anoressica, figlia di romeni immigrati in America, scappa dalla clinica psichiatrica a Minneapolis, mentre la città è sconvolta da una serie di delitti a catena. «In origine il film (soggetto Argento più T. E. D. Klein) s’intitolava L’enigma di Aura, più adatto allo spunto poco sviluppato, purtroppo, della piccola anoressica. Ma alla fine, quando scorrono i titoli di coda, corre un brivido sullo schermo alla carrellata su scheletriche teen-ager danzanti per le strade di Minneapolis (“ne muoiono a migliaia”) popolazione di zombie, che rifiutano un’identità sessuale deformata e la mistica della maternità, all’origine, vedrete di ogni efferate delitto». «Mentre giravo in America Due occhi diabolici, tre anni fa, scrissi un breve racconto intitolato L’enigma di Aura. Poi, mano a mano è nata la sceneggiatura. Ma non parla solo di amore: ci sono dentro la famiglia come luogo di disagio e malattia, il tema dell’emarginazione, le capacità medianiche, i disturbi psichici…» (Argento).
ore 21.00
La sindrome di Stendhal (1996)
Regia: Dario Argento; soggetto: D. Argento, Franco Ferrini, ispirato al libro omonimo di Graziella Margherini; sceneggiatura: D. Argento; fotografia: Giuseppe Rotunno; musica: Ennio Morricone; montaggio: Angelo Nicolini; interpreti: Asia Argento, Thomas Kretschmann, Marco Leonardi, Luigi Diberti, Paolo Bonacelli, Julien Lambroschini; origine: Italia; produzione: Cine 2000, Medusa Film; durata: 119′.
«È bellissima l’intuizione del soggetto, firmato da Dario Argento e Franco Ferrini: una specie di fermentazione diabolica dell’interessante e poco frequentato saggio di Graziella Magherini […] che esplora in tutte le sue connessioni il quadro clinico della cosiddetta “sindrome di Stendhal”. […] Lo stordimento provocato dall’arte – soprattutto in relazione agli episodi di sofferenza mentale riscontrati nei turisti moderni, così in balia di emozioni precarie ed irregolari – è un geniale pretesto per l’atteso ritorno di Argento, cineasta prestidigitatore di inconsci […] a lungo snobbato dalla mezzacultura cineclubistica» (Caprara). «I colori della paura. Il rosso e nero. E l’Argento. Ossia: Stendhal (e non solo come “sindrome”) e l’arte, l’arte come vertigine estetica (estatica), la vertigine come provocazione cinematografica, il cinema come manifestazione del turbamento sensuale (e spirituale), l’eros come devianza. La sindrome di Stendhal – un ritorno alla classicità dopo la fase gore – è un’opera auto-riflessiva, minimalista e, in un certo senso, teorica. L’assassino è subito svelato, la suspense azzerata ai minimi termini, la densità d’orrore lungi dall’accumularsi spasmodicamente. […] Mai come ne La sindrome, Argento riflette sui meccanismi del cinema come arte della rappresentazione» (Fabio Bo).
mercoledì 8
ore 17.00
Il fantasma dell’opera (1998)
Regia: Dario Argento; soggetto: dal romanzo omonimo di Gaston Leroux; sceneggiatura: D. Argento, Gérard Brach; fotografia: Ronnie Taylor; musica: Ennio Morricone; montaggio: Anna Napoli; interpreti: Julian Sands, Asia Argento, Andrea Di Stefano, Nadia Rinaldi, Coralina Cataldi Tassoni, István Bubik; origine: Italia; produzione: Cine 2000, Medusa Film, Reteitalia, in collaborazione con Focus Film, Tele+; durata: 106′.
«Come ognun sa la storia è quella dell’amore folle del Fantasma, salvato dalle acque da una tribù di topi e cresciuto nei sotterranei del teatro lirico di Parigi, per la giovane cantante Christine: amore deluso e tradito, che produce nel Fantasma un furore vendicativo e omicida. Ma l’Argento postmoderno si limita a usare la trama come riferimento, citandola, sottintendendola quasi, per concentrarsi sulla proliferazione visiva che l’occasione gli offre» (Nepoti). «Il film è una storia d’amore nera, con Christine divisa tra il richiamo e il cupo del Fantasma e il rapporto rassicurante con il giovane barone. Sono contento di aver recuperato un altro elemento, l’ironia, è grottesco l’ambiente dell’opera o la vicenda della soprano Nadia Rinaldi. C’era ironia nei miei primi film, fino al ’74/’75, e poi l’ho persa, le storie sono diventate più furiose, incanaglite. In quegli anni guardandosi intorno c’era ben poco da ridere, ma mi dispiaceva, perché a me piace molto ridere» (Argento).
ore 19.00
Nonhosonno (2001)
Regia: Dario Argento; soggetto: D. Argento, Franco Ferrini; sceneggiatura: D. Argento, Franco Ferrini, con la collaborazione di Carlo Lucarelli; fotografia: Ronnie Taylor; musica: Goblin; montaggio: Anna Napoli; interpreti: Max Von Sydow, Stefano Dionisi, Chiara Caselli, Gabriele Lavia, Paolo Maria Scalondro, Roberto Zibetti; origine: Italia; produzione: Opera Film, Medusa Film, in collaborazione con Tele+; durata: 117′.
«Stefano Dionisi, tormentato dalla morte della madre proprio come l’alter ego romanzesco del geniale giallista Ellroy, s’allea con l’insonne e smemorato commissario in pensione Max Von Sydow per scavare nei labirinti del male, ricomporre le tessere del mistero e inchiodare l’assassino tornato furiosamente all’opera. Le stravaganti incongruenze drammaturgiche diventano così peculiarità espressiva, astrazione iconografica o, meglio, vere e proprie amnesie che s’incastonano in un’abissale sinfonia del crimine in cui contano infinitamente di più le carrellate acrobatiche, la decapitazione di un cigno, il rantolo di un asmatico, l’incubo antico dell’annegamento…» (Caprara). «In Non ho sonno viene rappresentato questo contrasto tra il giovane, calcolato e razionale, e il vecchio, pensieroso e pieno di fantasia; l’anziano commissario, diversamente dal più giovane collega, esamina attentamente anche le contraddizioni del linguaggio, i molti segnali lasciati inavvertitamente dall’assassino. Non ho sonno è così la storia di una doppia indagine che viaggia in parallelo» (Argento).
ore 21.00
Il cartaio (2004)
Regia: Dario Argento; soggetto e sceneggiatura: D. Argento, Franco Ferrini; fotografia: Benoit Debie; musica: Claudio Simonetti; montaggio: Walter Fasano; interpreti: Stefania Rocca, Liam Cunningham, Silvio Muccino, Adalberto Maria Merli, Claudio Santamaria, Fiore Argento; origine: Italia; produzione: Opera Film, Medusa Film; durata: 106′.
«Il cartaio è il film più riuscito di Argento da anni. Anche se gli sviluppi sono spesso illogici e i caratteri piuttosto convenzionali, tiene bene l’idea del maniaco misterioso che sfida la polizia a partite di videopoker aventi per posta la vita o la morte della sequestrata di turno. Vincente e convincente è l’atmosfera del film, scandito su ritmi tanto tradizionali quanto infallibili» (Kezich). «L’idea è nata durante un soggiorno a Londra, prima che girassi Nonhosonno. Stavo pensando ad alcune storie da girare per la televisione. Tra i soggetti che mi erano venuti in mente c’era quello di un assassino che si divertiva a sfidare la polizia. All’inizio era un breve racconto, poi è man mano cresciuto. L’ho arricchito di altre idee e altre situazioni e così ho pensato di sfruttarlo per il cinema. Il cartaio volevo intenderlo come una prosecuzione dello stile di Nonhosonno. Poi, scrivendolo, ho capito che non poteva discendere dal precedente. Era troppo diverso, più contemporaneo, molto nervoso, eccitato. Non si apparenta per niente ai miei film precedenti» (Argento).
giovedì 9
ore 17.00
Suspiria (replica)
ore 19.00
Inferno (replica)
ore 21.00
La terza madre (2007)
Regia: Dario Argento; soggetto: D. Argento; sceneggiatura: D. Argento, JaceAnderson, Adam Gierasch, Walter Fasano, Simona Simonetti; fotografia: Frederic Fasano; musica: Claudio Simonetti; montaggio: Walter Fasano; interpreti: Asia Argento, Cristian Solimeno, Adam James, Moran Antias, Valeria Cavalli, Philippe Leroy; origine: Italia; produzione: Opera Film, Medusa Film, in collaborazione con Sky, Myriad Pictures; durata: 95′.
«La scena si apre sul cimitero di Viterbo, su uno scavo, sul ritrovamento di una antica tomba e di un’urna. Un prete, una studiosa, una giovane ricercatrice (Sarah-Asia Argento), pagheranno ovviamente per la loro curiosità. A fare le spese del dissotterramento però non sono solo singoli, ma un’intera città, Roma, improvvisamente invasa da un nugolo di streghe pronte a far capitolare la caput mundi per la seconda volta. Questa la scarna, ma rigorosa trama de La terza madre. Gli elementi che gli appassionati del genere horror amano, ci sono tutti o quasi, enfatizzati dalla musica (anche questa scontata, nel miglior senso del termine. Firmata Simonetti). Elementi a cui Argento aggiunge – coadiuvato pesantemente da due giovani sceneggiatori americani del genere zombie – una quantità insolita e appetitosa di morti splatter (alcune magistralmente realizzate negli effetti dal solito Stivaletti), un coté stregonesco a tinte darkpunk (la cosa meno riuscita del film, peccato), la scelta di una Roma più gotica che barocca, truculenta quanto tristemente verosimile nella sua violenza che le streghe diffondono come peste» (Roberta Ronconi).
Per gentile concessione di Medusa Film – Ingresso gratuito
venerdì 10
ore 17.00
L’uccello dalle piume di cristallo (replica)
ore 18.45
Profondo rosso (replica)