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Cinema e psicanalisi: Un mondo precario
03 Ottobre 2015 - 03 Ottobre 2015
Cinema e Psicoanalisi hanno diversi punti in comune: nati e sviluppatisi nello stesso periodo storico, hanno continuato ad influenzare, con la propria ricerca, la cultura e l’arte da versanti diversi. Partendo da un incontro fecondo d’interessi, la Società Psicoanalitica Italiana e il Centro Sperimentale di Cinematografia hanno da alcuni anni avviato delle iniziative comuni, tra cui il ciclo “Cinema e psicoanalisi”, articolato con delle proiezioni mensili al Cinema Trevi, giunto alla quinta edizione. Il tema della programmazione 2015 è un argomento di drammatica attualità: la precarietà. La psicoanalisi se, da un lato, si è sviluppata partendo dallo studio dei processi psichici che strutturano la nostra vita mentale, d’altra parte ci interroga anche su come certe condizioni di disagio, anche esterno, finiscono per interagire con i nostri livelli più profondi in un rimando tra realtà interna e mondo reale. Con tali presupposti il tema della precarietà verrà affrontato nei diversi terreni in cui emerge, come la vecchiaia, la sessualità, la malattia, l’adolescenza, ma anche nelle situazioni sociali legate alle difficoltà nel mondo del lavoro e in quello dei migranti. Parteciperanno agli incontri (introdotti e coordinati da Fabio Castriota, Membro Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana) registi, critici e psicoanalisti.
 
ore 17.00 Emigrantes di Aldo Fabrizi (1948, 105)
«Giuseppe Borbone, muratore trasteverino, decide di lasciare l’Italia per trasferirsi in Argentina insieme alla moglie Adele e alla figlia Maria. Giuseppe e la figlia sono pieni di entusiasmo mentre Adele, non più giovanissima e prossima a divenire madre, parte a malincuore. Durante il viaggio a bordo di un piroscafo argentino, Adele dà alla luce un bimbo il quale, benché battezzato con il nome di Italo, sarà un argentino. Giunto a destinazione, Giuseppe si mette subito al lavoro e per la famiglia trova presto una casetta, anche se non molto accogliente. Su sua proposta e con l’aiuto degli italiani d’Argentina si dà inizio alla costruzione di case per gli immigrati. Il giovane direttore del cantiere, un ingegnere argentino, che ama, riamato, la figlia di Giuseppe, favorisce l”iniziativa. Adele, però, soffrendo di nostalgia insiste per tornare a Roma» (www.cinematografo.it).
 
ore 19.00 La ragazza in vetrina di Luciano Emmer (1961, 92′)
«La ragazza in vetrina reca i segni di una meditazione, di una ispirazione non occasionale, di un irrobustimento della vena narrativa. […] Il prologo del film, nella miniera, è dotato di un vigore drammatico, di un vigore realistico insoliti per Emmer, e costituisce forse quanto di più intenso il cinema abbia dato sull’aspro lavoro dei minatori e sulla presenza incombente, assidua della morte nei cunicoli del sottosuolo. […] Nella pittura della celebre strada delle vetrine – dietro le quali le prostitute stanno in offerta come una merce -, nello scorcio di certi locali (come quelli per uomini soli), nell’introduzione di talune antitesi (l’Esercito della Salvezza), nella definizione delle psicologie Emmer ha spiegato una lucidità di linguaggio resa più accattivante dalla discrezione, dal pudore di cui egli ha dato prova» (Castello). Con Lino Ventura e Marina Vlady.
 
ore 21.00 Incontro moderato da Fabio Castriota con David Emmer, Lidia Tarantini
 
a seguire Così ridevano di Gianni Amelio (1998, 128′)
«Un film, diciamolo subito, con due anime. La prima, che chiameremo un po’ rozzamente “sociale”, è il grande affresco popolare sui giovani del Sud che affrontavano il viaggio al Nord in cerca di lavoro; un tema che racchiude in sé le principali contraddizioni del nostro dopoguerra, e per il quale Amelio confessa di avere avuto come Bibbia il saggio di Goffredo Fofi L’emigrazione meridionale a Torino. Il secondo, che è invece estremamente intimo, è il rapporto fra i due fratelli Scoria, Giovanni e Pietro: e qui, dall’affresco si passa al ritratto in primissimo piano, grazie al quale Amelio scava con maestria in un’atmosfera familiare dove i silenzi contano assai più delle parole. Quando si parla di emigrazione e di fratelli, non può non venire in mente un titolo: Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti. Ma se quello di Visconti era un grande romanzo, forse il grande romanzo che la letteratura italiana di quegli anni non ha avuto, Così ridevano di Amelio sembra una raccolta di sei novelle in cui la scrittura non si lascia andare, non si distende, ma semmai si prosciuga, in un esasperato lavoro di taglio in cui ogni parola, ogni gesto debbono essere essenziali. […] Alla fine, Così ridevano è un film sull’amore fraterno e sull’espropriazione culturale di un popolo: un seguito ideale di Lamerica, e paradossalmente un’anticipazione a posteriore di Il ladro di bambini. Perché è in quegli anni, e in quella Torino, che comincia a nascere l’Italia devastata di quel bellissimo film» (Crespi). 
Date di programmazione