«In Albasuite», spiega Cuccia, «ho coinvolto altri nove registi (Guido Chiesa, Enzo Mercuri, Fatmir Koci, Rosita Bonanno, Emma Rossi-Landi, Marco Bertozzi, Mario Balsamo, Rossella Schillaci, Antonio Bellia) e ho chiesto loro di realizzare il proprio lavoro in piena libertà: nell’arco di un anno abbiamo realizzato nove documentari. Il concetto di serie, nell’accezione odierna, in cui tutto è standard, format, viene annullato. Qui la regola è la libertà di espressione, la differenza dei linguaggi, sia per quanto riguarda i contenuti che le modalità, le forme. I documentari sono accomunati dal racconto della vita di queste antiche popolazioni, le loro forme religiose, le musiche e i canti, la lingua e la cultura, e contengono una sintesi dei concetti di migrazione e trasformazione. Albasuite è un’indagine sui linguaggi e di ciò che cresce tra i cineasti che prediligono la forma del documentario. È il Sud che parla, è il Sud che fa sentire la sua voce, questa volta in una lingua antica: l’Arbëresh!». Albasuite, finanziato dal Ministero per gli Affari Regionali, dalla Regione Sicilia, dal Comune di Piana degli Albanesi e da Palomar-Endemol, è dedicata agli italo-albanesi, che, spinti dalla pressione turca, tra il 1400 e il 1700 lasciarono l’Arbëria e si stabilirono nell’Italia meridionale, tra Sicilia, Calabria, Puglia, Basilicata e Molise. Albasuite è un viaggio in una cultura e in una lingua antiche e, insieme, un’esplorazione dei linguaggi, straordinariamente ricchi, del cinema del reale italiano.
Proiezioni a ingresso gratuito
guarda i traliler su www.albasuite.eu
sabato 11
ore 17.00
Sangue sperso (2007)
Regia: Rosita Bonanno; fotografia: Fabrizio Profeta; musica: Caterina Clesceri; montaggio: Valentina Cesari; origine: Italia; produzione: Nicola Sofri per Palomar; durata: 52′.
Caterina fa la guida al museo di un paesino in provincia di Palermo, Piana degli Albanesi, ed è una pianista e cantante folk. Ama la storia delle origini del suo paese e degli arbëresh, gli albanesi d’Italia, giunti in Sicilia tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, e si adopera per mantenerne vive le tradizioni. Quando aveva vent’anni Caterina restò incantata dai racconti di un uomo albanese che da qualche giorno si rifugiava in paese. Un eroe che, proprio come Giorgio Skanderbeg, aveva lottato per la libertà dell’Albania. Poco prima di lasciare Piana degli Albanesi quell’uomo notò lo sguardo curioso di Caterina e vissero un unico momento d’intimità prima che lui continuasse a fuggire. Sarebbe stato per sempre un romantico e trasgressivo segreto se non fosse successo quello che avrebbe potuto accadere ma che non sempre accade. Caterina e Ilir avevano concepito un bambino. Cosa succede ad una ragazza di provincia, in Sicilia, che a vent’anni concepisce un figlio con uno sconosciuto e fuggiasco?
ore 18.00
Vjesh/Canto (2007)
Regia: Rossella Schillaci; immagini: Sonia Antonini, R. Schillaci; montaggio: Marta Zen; origine: Italia; produzione: Nicola Sofri per Palomar; durata: 57′.
Basilicata. Le donne di San Costantino e San Paolo Albanese cantano con la loro voce acuta e lacerata. Cantano gli antichi vjeshet, tramandati da madre in figlia, che raccontano la fuga degli albanesi rifugiatisi nell’Italia meridionale cinque secoli fa. Ma sono anche sfoghi di donne, che per alleviare la fatica del lavoro nei campi “gettavano” canti da una collina all’altra. Il documentario mostra la vita in questi due paesi, il rapporto tra individui e tradizioni, alcune ancora sentite e tramandate, altre subite ed odiate. Storie di donne coraggiose ed ironiche, storie di emigrazioni e di ritorni raccontate nello spazio di un’estate, attraverso incontri semplici e quotidiani che svelano i ricordi, le gioie e le durezze della vita di ognuna di loro.
ore 19.00
Il senso degli altri (2007)
Regia: Marco Bertozzi; immagini: M. Bertozzi, Alfredo Betrò; musica: Piero Messina; animazione: Simone Massi; montaggio: Desideria Rayner; origine: Italia; produzione: Nicola Sofri per Palomar; durata: 58′.
«Da quando penso al film, inspiegabili apparizioni arbëreshë si materializzano in luoghi lontani dalle regioni del Sud. A casa di un’amica di San Marino incontro il figlio di un maestro arbëreshë della Puglia (avevo conosciuto suo padre in un vecchio documentario); a Bolzano conosco uno scrittore italo-albanese che mi parla del suo ultimo romanzo sull’abbandono e sul ritorno; a Rimini alcuni attori mi raccontano di un loro eccezionale allievo calabro-albanese, con cui vogliono fare un film. Scopro che Pasolini, prima di morire, aveva incontrato un Papas arbëreshë e profetizzato il loro futuro… Forse, per capirci qualcosa, devo ripartire dall’Albania di oggi, dalla memoria a pezzi di una comune, più antica, storia» (Bertozzi).
ore 20.30
Incontro con Mario Balsamo, Antonio Bellia, Marco Bertozzi, Guido Chiesa, Salvo Cuccia, Emma Rossi-Landi, Rossella Schillaci
a seguire
Rockarbëresh (2007)
Regia: Salvo Cuccia; soggetto e sceneggiatura: S. Cuccia; fotografia: Alfredo Betrò; musica: Pappi Marriti Band, Spasulati Band; montaggio: Benni Atria; origine: Italia; produzione: Eleonora Cordaro e Nicola Sofri per Palomar; durata: 56′
Alla fine del Medioevo, alcuni albanesi lasciarono la loro terra per stabilirsi nel Sud Italia, tra la Sicilia, la Calabria, la Puglia, la Basilicata e il Molise. Poi, 500 anni fa, ne arrivarono altri tre milioni per sfuggire alla persecuzione ottomana. A queste onde migratorie ne sono seguite molte altre. Oggi le comunità arbëreshë, benché abbiano cercato sempre di mantenere la propria identità di albanesi, hanno acquisito un dialetto influenzato dalla lingua italiana. Oggi, in Calabria, ci sono due gruppi musicali, la Peppa Marriti Band e la Spasulati Band, che tentano di conservare la lingua arbëreshë e i canti tradizionali della loro terra natìa.
domenica 12
ore 17.00
La nostra chiesa (2007)
Regia: Guido Chiesa, Enzo Mercuri; fotografia: Pino Iannelli; montaggio: Benni Atria, Stefano Cravero; origine: Italia; produzione: Nicola Sofri per Palomar; durata: 50′.
L’identità arbëreshë si declina in alcuni tratti forti: la provenienza etnica, la lingua, le tradizioni, il rito religioso d’origine greco-bizantina. Proprio nelle celebrazioni religiose l’identità arbëreshë trova un legame profondo che permette alla comunità di identificarsi attorno a un evento collettivo e condiviso. In realtà, la vicenda del rito greco-ortodosso nelle comunità arbëreshë è tutt’altro che lineare e omogenea. Partendo da tre paesi della provincia di Cosenza (San Demetrio Corone, Spezzano Albanese, Falconara Albanese), tre situazioni diverse eppure legate tra di loro da un invisibile filo identitario, parte il nostro viaggio dentro la religione degli arbëresh, la sua storia e la sua realtà odierna.
ore 18.00
Storie arbëreshë (2007)
Regia: Mario Balsamo; fotografia: Alfredo Betrò; montaggio: Ilaria Fraioli; origine: Italia; produzione: Nicola Sofri per Palomar; durata: 52′.
Per raccontare cosa significhi “arbëresh” oggi si parte dalla banda di Mezzojuso, a forte tasso di professionalità e dotata delle fascinazioni che hanno da noi tali complessi musiciali, proseguendo con scene quotidiane riprese a Piana degli Albanesi: personaggi che raccontano le loro storie di vita difficile, in un luogo povero e inospitale; le scuole elementari dove i bambini imparano la lingua arbëreshë che, ancor oggi, è la prima lingua parlata in paese; un prete di rito greco-bizantino che spiega alle figlie i connotati di questa forma di religiosità cristiana… Il ritmo del documentario alterna momenti serrati ai tempi lenti della vita di paese, in una Sicilia che mischia indissolubilmente il presente con il passato.
ore 19.00
La favola perduta (2007)
Regia: Antonio Bellia; fotografia: Alessandro Abate; musica: Giuseppe Lo Meo, Stefano Cogolo, Marco Ariano; montaggio: Giuseppe Gamberini; origine: Italia; produzione: Nicola Sofri per Palomar; durata: 52′
Ad Ururi, un piccolo paese di origine albanese del Molise, la lingua arbëreshë si sta perdendo. Le nuove generazioni non sembrano più attratte dalla propria storia e non parlano più la lingua madre. Uno sparuto gruppo di abitanti cerca in ogni modo di risvegliare l’interesse dei giovani nei confronti della cultura arbëreshë e di non lasciar cadere nell’oblio la lingua. Una classe di scuola elementare fa un corso sulle favole arbëreshë, un signore in pensione dedica il suo tempo a fare un giornalino in lingua madre e l’amministrazione comunale si mobilita per organizzare la prima festa arbëreshë del paese…
ore 20.00
Via mare Adriatico (2007)
Regia: Fatmir Koci; soggetto e sceneggiatura: F. Koci; fotografia: Alfredo Betrò; montaggio: Benni Atria; produttori: Eleonora Cordaro e Nicola Sofri per Palomar; durata: 52′.
Il documentario si snoda tra passato e presente, attraverso un’investigazione ed un’analisi della cultura e della storia arbëreshë. Partendo dall’Albania di oggi, e dalle ricerche negli archivi di Tirana di documenti e materiali di repertorio che ci mostrano quali erano le percezioni delle comunità italiane nell’antica patria, il viaggio ci porta nei paesi arbëreshë siciliani, dove l’occhio di un regista albanese affronta da una diversa prospettiva cosa è avvenuto in Sicilia agli arbëresh 500 anni dopo: dove sono, quanti sono, cosa fanno? Come vivono, cosa pensano, sono cambiati? Nell’incontro con i giovani di Piana degli Albanesi vengono indagati i problemi dell’identità della comunità e del matenimento di tradizioni e legami con l’Albania di oggi.
ore 21.00
La canzone di Vaccarizzo (2007)
Regia: Emma Rossi-Landi; fotografia: Walter Romeo; musica: Anton Giulio Priolo; montaggio: E. Rossi-Landi, Silvia Natale; origine: Italia; produzione: Nicola Sofri per Palomar; durata: 58′.
Vaccarizzo è un paese arbëreshë di mille anime alle pendici della Sila dove il mantenimento delle tradizioni è costretto a confrontarsi con logiche di omologazione e profitto. Molte famiglie non hanno più interesse ad insegnare l’antico dialetto ai figli e la lingua, i riti e le tradizioni sono visti come sinonimo di arretratezza. In questo contesto i giovani rappresentano il ponte tra 500 anni di vita da esuli ed un futuro nuovo in cui il mantenimento delle tradizioni va assumendo nuove forme. La scuola media di Vaccarizzo, dove al normale piano di studi si accostano diverse attività dirette al mantenimento della cultura locale, rappresenta il microcosmo ideale per descrivere aspirazioni ed aspettative dei giovani del paese che, a cavallo tra infanzia e pubertà, rispecchiano lo stato d’animo di una comunità a cavallo tra l’antico ed il moderno.