Quattro giorni sul cinema di Anna Maria Guerra, in arte Anna Maria Ferrero, nei primi anni Cinquanta una delle più popolari “ingenue” del Neorealismo minore.
La Cineteca Nazionale dedica quattro giorni alla figura di Anna Maria Guerra, in arte Anna Maria Ferrero, con undici film che la vedono protagonista. La rassegna avrà inizio giovedì 14 maggio alle ore 17.00 con Le due verità di Antonio Leonviola e proseguirà con Il cielo è rosso e Febbre di vivere di Claudio Gora, Ragazze da marito di Eduardo De Filippo, Kean – genio e sregolatezza di Vittorio Gassman, Cronache di poveri amnati di Carlo Lizzani, Le Infedeli di Mario Monicelli e Steno, Notte brava di Mario Bolognini, I delfini di Francesco Maselli, Il gobbo di Carlo Lizzani e terminerà domenica 17 maggio alle ore 19.00 con L’oro di Roma di Carlo Lizzani.
Il ritratto di Stefano Masi sull’Enciclopedia del Cinema della Treccani ricostruisce dettagliatamente la sua parabola professionale:«Attrice cinematografica e teatrale, nata a Roma il 18 febbraio 1934. Una serie di piccoli e grandi ruoli di ragazza sventurata, travolta da disgrazie sentimentali e sociali ma animata da una disarmante dolcezza, fecero di lei, nei primi anni Cinquanta, una delle più popolari “ingenue” del Neorealismo minore. Le sue doti melodrammatiche e la grande naturalezza la resero anche una convincente interprete di personaggi del teatro classico e contemporaneo.
Cresciuta in una famiglia benestante, a quindici anni fu notata da Claudio Gora, che nel suo film d’esordio come regista,Il cielo è rosso (1950), le assegnò la parte di un’adolescente consumata dalla tubercolosi e da un amore infelice. Fin dall’inizio della carriera l’attrice assunse come nome d’arte il cognome del padrino, il musicista Willy Ferrero. Nei film degli anni successivi ricoprì ruoli che caratterizzarono la sua carriera: sfruttata, ricattata e aspirante suicida in Domani è un altro giorno (1951) di Léonide Moguy; vittima nel giallo giudiziario Le due verità (1951) di Antonio Leonviola, il suo primo film da protagonista; ancora vittima, questa volta di un teppista, in Febbre di vivere (1953) di Gora; infelice fidanzatina borghese nell’episodio italiano di I vinti (1953) di Michelangelo Antonioni; servetta altruista in Cronache di poveri amanti (1954) di Carlo Lizzani. Neppure nelle commedie si discostò dal suo abituale personaggi: in Totò e Carolina (1955) Mario Monicelli le affidò il ruolo della ragazza di paese che non vuole tornare a casa e medita il suicidio perché incinta. L’incontro con Vittorio Gassman significò per la F., allora diciassettenne, l’ingresso sulle scene teatrali, dove passò con disinvoltura da ruoli brillanti a quelli del repertorio shakespeariano: fu Ofelia in Amleto (1954) e fornì una delle sue prove migliori nel musical Irma la dolce (1958). Con Gassman girò anche alcuni film: fu la principessina Maria in War and peace (1955; Guerra e pace) di King Vidor, e in Kean genio e sregolatezza (1957), dello stesso Gassman (portato sul palcoscenico due anni prima), interpretò un ruolo denso di risonanze autobiografiche, quello della figlia di un ricco commerciante che per amore dell’attore Kean si avvia alla carriera teatrale. Dopo la fine del sodalizio con il grande attore, la F. ritornò al cinema e ai suoi ruoli di una volta, arricchiti tuttavia di maggiori sfumature. Impersonò una prostituta in La notte brava (1959) di Mauro Bolognini, e una borghese di provincia in I delfini (1960) di Francesco Maselli. Ruoli tipicamente “alla Ferrero” furono anche quelli che Lizzani le affidò in due film ambientati a Roma durante la Seconda guerra mondiale: in Il gobbo (1960) interpretò la figlia di un commissario infatuata del delinquente che l’ha violentata, e in L’oro di Roma (1961) una ragazza ebrea avviata alla deportazione. Sul set di questo film recitò insieme a Jean Sorel, destinato a diventare suo marito. Nel 1964, abbandonò il cinema».
giovedì 14
ore 17.00 Le due verità di Antonio Leonviola (1951, 111′)
«Secondo la pubblica accusa (Pisu) la morte di Maria Luce (Ferrero) è l’opera evidente del suo cinico amante (Auclair), che peraltro durante il processo non vuole rispondere a nessuna domanda. Ma il casuale intervento di un ex avvocato (Simon), sospeso dall’ordine per le sue tesi irrispettose, dimostra che gli stessi avvenimenti possono essere letti in modo diametralmente opposto […]. Melodramma giudiziario, […], suddiviso in due parti opposte e speculari che piuttosto che rappresentare, pirandellianamente, un’impossibile verità costruiscono il ritratto di una Donna doppia e inafferrabile. Concedendosi anche qualche frecciata antifemminista […], Leonviola centra tutto il film sul fascino ambiguo della Ferrero, ingenua orfanella che finisce schiacciata dagli avvenimenti nella prima parte o perversa arrivista che predilige il mostrarsi in sottoveste, con l’invitante spallina cadente» (Mereghetti).
Durante la guerra il sedicenne Daniele perde i genitori in un bombardamento. Rimasto solo tra le macerie si unisce a un gruppo di ragazzi sbandati come lui, il ladruncolo Tullio (Jacques Sernas), l’orfana Giulia (Anna Maria Ferrero) e la prostituta Carla (Marina Berti). «I personaggi di Giulia e soprattutto di Carla, raccontati senza falsi moralismi e inutile manicheismo, sono indimenticabili e il loro disperato bisogno di amore (tenera e impotente la prima, volgare ma vitale la seconda) ne fa i simboli toccanti di un’umanità che non riesce a illudersi in un domani migliore» (Mereghetti).
ore 21.00 Febbre di vivere di Claudio Gora (1953, 110′)
«Ribelle e amorale, Massimo (Serato) si vede costretto a confrontarsi con le proprie azioni quando scopre che la fidanzata Elena (Ferrero) è incinta e Daniele (Mastroianni), che lui aveva tradito, esce di prigione. Per cavarsi d’impiccio cerca di piegare ai propri voleri il giovane Sandro (Milani) e l’ex fidanzata Lucia (Berti), ma questa volta l’esito delle sue azioni sarà ben più tragico. Uno dei più insoliti e crudeli film dei primi anni Cinquanta, che tra i primissimi punta l’obiettivo su personaggi di giovani borghesi ai margini del bel mondo romano. […] il film rivela, dietro una trama non perfettamente controllata e qualche dialogo un po’ troppo letterario, un moralismo acre e spregiudicato, decisamente controcorrente per quegli anni (per esempio parlando di aborto – cui Massimo costringe Elena – come di una pratica molto conosciuta nella rispettabile, e religiosa, borghesia). Problemi finanziari rallentarono le riprese iniziate nel 1951 e permisero la distribuzione del film solo due anni dopo» (Mereghetti).
venerdì 15
ore 17.00 Ragazze da marito di Eduardo De Filippo (1952, 94′)
Un impiegato modello (Eduardo De Filippo) intrallazza per guadagnare i soldi per le vacanze, ma le sue speculazioni gli costeranno care. In compenso durante le vacanze le sue tre figlie (Lianell Carell, Delia Scala, Anna Maria Ferrero) si accaseranno… «La relativa felicità di Ragazze da marito deriva proprio dal fatto che il film, diversamente dagli altri di Eduardo, dà l’impressione di esser stato pensato genuinamente per questa forma di svelta aneddotica. Vi è una certa copia di osservazioni esatte, pungenti, sia pur nei limiti, appunto, dell’aneddoto. Persino la spinosa pittura di Capri, del mondo borghese, è qui accennata con tocchi più sicuri, che non trasudano la maniera. […] E il linguaggio, in genere, è spedito, chiaro, con un’esatta intuizione dell’equilibrio tra descrizione e racconto, tra racconto e ritratto. Giova dire che sostanziosa porzione di merito va attribuita agli interpreti, non solo a Titina e a Eduardo, di una squisita essenzialità umana, ma anche al trio delle ragazze, così agilmente differenziate nelle psicologie» (Castello).
Per gentile concessione di Ripley’s Film
ore 19.00 Kean genio e sregolatezza di Vittorio Gassman (1957, 83′)
Per il suo esordio nella regia Gassman sceglie una commedia di Dumas padre nell’adattamento di Jean Paul Sartre. Edmund Kean è un attore geniale, ma pieno di debiti per la vita sregolata e godereccia che conduce. Contende al principe di Galles, suo amico, le grazie della moglie dell’ambasciatore danese, per poi innamorarsi della giovane Anna (Anna Maria Ferrero) che vuole accanto a sé sul palcoscenico. L’inesperienza della ragazza sta per rovinare la rappresentazione, ma Kean riesce a recuperare il favore del pubblico con la sua bravura e il suo talento. «Il film fu fatto in grande economia, girato in tre settimane, era qualcosa a metà fra teatro e cinema. […] Ricordo un’enorme fatica perché fu appunto un’acrobazia spaventosa, però mi insegnò tante cose, logicamente. Era il primo film a colori di Di Venanzo, e rivisto regge ancora abbastanza. E poi c’era questo dialogo Dumas-Sartre divertente, ben sceneggiato dalla D’Amico, insomma un’operazione abbastanza positiva» (Gassman).
ore 21.00 Cronache di poveri amanti di Carlo Lizzani (1953, 109′)
Intorno al 1925, Mario, giovane tipografo fiorentino, per essere più vicino alla sua fidanzata, Bianca, va ad abitare in del Corno, dietro Palazzo Vecchio, e fa amicizia col maniscalco “Maciste”, suo padrone di casa, e col fruttivendolo Ugo, tutti e due antifascisti. Alfredo Campolmi, proprietario di una pizzicheria, essendosi rifiutato di versare certi contributi al partito, viene selvaggiamente bastonato dai fascisti. Al capezzale del Campolmi, all’ospedale, Mario incontra spesso la di lui moglie Milena, amica della sua fidanzata, Bianca, e se ne innamora, rompendo il fidanzamento con Bianca. «È l’ambiente fiorentino di Via del Corno che il romanzo di Vasco Pratolini, dal quale il film è tratto, ha efficacemente delineato, e che ora Lizzani delinea non meno efficacemente. È tutto un piccolo mondo che l’obiettivo non si stanca di frugare, unendo mura e botteghe, finestre e dimore a volti e cadenze, tipi e caratteri. È una umanità semplice, e rilevata, che ben presto desta una pensosa attenzione» (Gromo). La Ferrero interpreta la parte di una domestica.
sabato 16
ore 17.00 Le infedeli di Steno, Mario Monicelli (1953, 100′)
Un ricco medico incarica un investigatore senza scrupoli di seguire la moglie perché sospetta un adulterio. In realtà vorrebbe liberarsi della moglie per poter stare con l’amante. L’investigatore riesce ad inserirsi nell’alta società grazie a sotterfugi e ricatti. «È un’operazione molto intelligente, un melodramma che unisce le tinte forti di Matarazzo all’atmosfera più fredda e borghese dell’Antonioni di Cronaca di un amore» (Della Casa). La Ferrero interpreta, come inCronache di poveri amanti, la parte di una giovane domestica.
Per gentile concessione di Ripley’s Film
ore 19.00 La notte brava di Mauro Bolognini (1959, 95′)
La notte brava dei ragazzi di vita pasoliniani: «Epidermicamente picaresco, elegantemente erotico, raffinatamente manierista» (Morandini). «È stato un film di rottura per l’Italia, perché in precedenza la generazione dei giovani era stata rappresentata al cinema solo dai “poveri ma belli”. In La notte brava, invece, ci sono i ragazzi veri, si parlava di sottoproletariato, di prostituzione, di magnaccia. Il cast era composto da attori giovani e straordinari, c’erano la Ferrero e la Lualdi, con me, ma anche Terzieff e Brialy, che in Francia avevano fatto i film della Nouvelle vague. Pasolini veniva spesso sul set ma, malgrado fosse lo sceneggiatore del film, non si permetteva di aprire bocca con Bolognini. Si limitava ad osservare» (Martinelli).
ore 21.00 I delfini di Francesco Maselli (1960, 103′)
«Delfini sarebbero i giovani ricchi e viziati della provincia, i figli di papà falsamente spregiudicati e sempre pronti a rientrare nei ranghi della buona società borghese; e Maschi, lungi dall’assumerli come un dato di fatto, magari per limitarsi a una versione provinciale dei “tricheurs” di Carné, vorrebbe dare attraverso le loro esperienze sbagliate un giudizio preciso sulle strutture del loro mondo. I genitori, una volta tanto, sono peggiori dei figli: fin dalla prima sequenza, in cui il giovane medico “positivo” si trova di fronte alla ragazza alcoolizzata ed esprime il desiderio di parlare ai suoi genitori, si sente dire, per bocca di Cheré, che è “troppo tardi”. E quarantenni, più che “delfini”, appaiono nella “vetrina” del caffè Meletti, o al “party” dopoteatro a casa di Alberto, dove il gioco dell’assassino, in voga fra il ’30 e il ’40, è pretesto a flirt e a sbaciucchiamenti: la ribellione del “letterato” Anselmo e gli stessi turbamenti e abbandoni di sua sorella Elsa appaiono, in un certo senso, logicamente e umanamente giustificati dal comportamento disonesto del padre (un affarista che ha iniziato la sua fortuna depredando un ebreo) e della madre, che ogni notte folleggia nei dintorni in cerca di novelle emozioni» (Fink). La Ferrero è Marina, la compagna di Anselmo, il narratore della storia.
domenica 17
ore 17.00 Il gobbo di Carlo Lizzani (1960, 103′)
Nell’ultima fase della guerra, un giovane della periferia romana, Alvaro, soprannominato “il gobbo”, è diventato famoso compiendo una serie di attentati contro i tedeschi e i fascisti. Suo personale e accanito avversario è il commissario della polizia fascista, Poletti. Per vendicarsi di lui, Alvaro non esita a usare la violenza sulla sua giovane figlia Ninetta (Anna Maria Ferrero). Da quel momento il destino accomuna le sorti di entrambi. Alvaro viene ferito dai tedeschi; si rifugia in casa di Ninetta e la ragazza, innamoratasi nonostante tutto del fuorilegge, lo nasconde. «Si deve dare atto alla regia di Carlo Lizzani di aver saputo risolvere sia il personaggio del protagonista, sia l’ingrata cornice che gli fa da sfondo con un linguaggio quanto si vuole aspro e violento, ma sempre rigoroso e preciso, attento ai disegni psicologici più complessi, sicuro nell’evocazione delle atmosfere più drammatiche, sulla scia (quanto a immagini e a ritmo narrativo) dei migliori film gangster americani» (Rondi).
ore 19.00 L’oro di Roma di Carlo Lizzani (1961, 97′)
Il maggiore Kappler, durante l’occupazione nazista di Roma, ordina agli ebrei della città di consegnare, nel giro di poche ore, cinquanta chilogrammi di oro, pena la consegna di duecento ostaggi. La comunità immediatamente organizza la raccolta del prezioso metallo. Davide, un giovane calzolaio, esprimendo anche il pensiero di altri giovani, vorrebbe rispondere alla iniqua richiesta con la violenza delle armi. Lizzani «non vuol limitarsi a una rievocazione commossa ed eloquente della tragedia degli ebrei romani, ma mira molto più in alto, alla ricerca appunto delle ragioni che determinarono allora nei perseguitati un atteggiamento di passività e di rassegnazione, e cerca di indicare nel contempo una diversa prospettiva, di reazione e di ribellione, affidata a un personaggio il quale rispecchia aspirazioni che sono la conseguenza di un discorso anche autocritico degli ebrei oggi» (Adelio Ferrero). Anna Maria Ferrero interpreta la parte di Giulia, divisa tra l’appartenenza alla comunità ebraica e l’amore per Massimo, che invece non ne fa parte.