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Basta! Ci faccio un film. Il cinema di Luciano Emmer (parte prima)
12 Marzo 2018 - 02 Aprile 2018

 

 
Per il centenario dalla nascita del grande cineasta Luciano Emmer (Milano, 19 gennaio 1918 – Roma, 16 settembre 2009), la Cineteca Nazionale ha voluto ricordarlo con una rassegna dei suoi film. Come scrive giustamente Silvio Danese, Emmer «era un cordiale riottoso. Non la mandava a dire a nessuno. E poi il cinema. Francesca Bertini, abbarbicata lasciva a qualche cortina, domina l’atrio di casa Emmer nei primi anni ’20, quando c’erano ancora i calessi e le lampade a carbone. Emmer, ha scoperto il cinema così, a cinque anni. Ha studiato al liceo, a Milano, con Dino Risi. Ha diretto documentari insostituibili sull’arte, nell’immediato dopoguerra, facendo sobbalzare Mussolini sulla poltrona di Villa Torlonia con la celebre frase “Non eravamo più ignari del dolore e della morte” nel documentario su Predappio. Ha esordito nel 1950: Domenica d’agosto è una commedia che, in pieno neorealismo, sovvertì le regole del racconto, con una fragilità narrativa che diventa forza di verità. Per un decennio Emmer ha lasciato il segno. Poi ha lasciato il cinema. L’incorruttibile personalità di un autore da rimpiangere si era scontrata con la censura, l’ipocrisia morale dei politicanti, l’indifferenza degli intellettuali. L’addio di Emmer al cinema fu intemperante, cioè profondamente onesto. La vedeva così: “Una bella lapide con una data e un’iscrizione: 1960 (o giù di lì), il cinema italiano è morto qui” […]. Seduto nel suo minuscolo ufficio tra i prefabbricati anonimi di Saxa Rubra, qualche anno fa ci affidò questa riflessione sul cinema: “La storia del cinema alla mia maniera è la storia di uno che anziché fare l’idraulico ha fatto il cinema. Cioè un mestiere. La gente lo piglia per chi sa che cosa. Io non l’ho mai considerato di più. I film lasciano tracce forti? Come i rubinetti buoni, che fanno la tranquillità di una famiglia. Se un rubinetto funziona per quattro o cinque anni, è stato riparato bene. Ma poi, chi decide se si fa bene o male un film?”».

lunedì 12
ore 15.30 Domenica d’agosto di Luciano Emmer (1950, 80′)
«Ad Ostia, in una calda domenica d’agosto, nascono e muoiono piccole e grandi storie, intimi drammi. Due giovani giocano a mentirsi (si fingono ricchi) per poi alla fine accettarsi per quello che sono. Un giovane disoccupato, la cui ragazza è andata al mare con un altro, partecipa a una rapina ed è arrestato. Un uomo e una donna, non più giovani, si liberano dei rispettivi figli e passano insieme la giornata…» (Chiti-Poppi). «Domenica d’agosto, pur così difettosa, è pellicola girata anche per un’altra ragione: la spontaneità. Il gran difetto di tanti film intellettuali è infatti la noia, della quale in cotesto film non v’è traccia» (Bianchi). Con Marcello Mastroianni, Ave Ninchi, Massimo Serato, Vera Carmi, Franco Interlenghi, Elvy Lissiak.
 
ore 17.30 Parigi è sempre Parigi di Luciano Emmer (1951, 104′)
Le vacanze degli italiani all’estero, in trasferta a Parigi per vedere la partita di calcio: ognuno cerca di divertirsi come può, ma a farla da padrone è il solito provincialismo dei gustosi personaggi in scena. Un Emmer leggero ed effervescente come in Domenica d’agosto, da cui prende la struttura narrativa ad episodi: dopo la grande stagione del dopoguerra, questo film, scritto tra gli altri da Sergio Amidei, apre le porte alla fase del cosiddetto neorealismo rosa.
 
lunedì 19
ore 15.30 Le ragazze di Piazza di Spagna di Luciano Emmer (1952, 97′)
« Marisa, Elena e Lucia, lavoranti d’una grande sartoria nelle vicinanze di Piazza di Spagna, sono legate da intima amicizia. Abitano alla periferia di Roma: Marisa alla Garbatella, Elena a Monteverde, Lucia alle Capannelle. Marisa, di famiglia proletaria, è fidanzata con un operaio che minaccia di lasciarla quando inizia a fare l’indossatrice. Elena è promessa ad un impiegato: quando scopre che il fidanzato non l’ama veramente, ma mira solo al modesto appartamento in cui vive con la madre, la delusione la turba tanto da indurla a tentare il suicidio. L’amore di un onesto autista di piazza la salverà dalla disperazione. Lucia che è piccina, si sente particolarmente attratta dai giovanotti d’alta statura e non si cura di un piccolo ed esile fantino, che l’ama da anni… «La personalità del regista […] si va sempre meglio delineando, nei suoi limiti e nelle sue risorse. I suoi limiti sono segnati dall’esilità della sua vena crepuscolare, affabile del resto e maliziosa. Le sue risorse sono costituite dalla delicatezza del tocco, dalla levità dei suoi estri e dalla freschezza delle sue percezioni visive e psicologiche che col loro brio danno una specie di spuma» (Mario Luzi).
 
ore 17.30 Il bigamo di Luciano Emmer (1955, 100′)
«Sposato con Valeria (Ralli), il rappresentante di commercio Mario De Santis (Mastroianni) è accusato di aver contratto matrimonio sette anni prima anche con Isolina Fornaciari (Valeri): la scarsissima abilità del suo avvocato (De Sica, gigione come non mai) gli aumenterà i problemi invece di risolverli. Commedia improbabile su un caso di omonimia, ma piacevolmente comica, specie per merito di Mastroianni e Carotenuto (il detenuto Quirino, che prende in simpatia il “bigamo” e si ingegna per aiutarlo). Sceneggiatura di Sergio Amidei, Age, Furio Scarpelli, Vincenzo Talarico (che interpreta l’avvocato della moglie) e Francesco Rosi» (Mereghetti).
 
lunedì 2 aprile
ore 15.30 La ragazza in vetrina di Luciano Emmer(1961, 92′)
«La ragazza in vetrina reca i segni di una meditazione, di una ispirazione non occasionale, di un irrobustimento della vena narrativa. […] Il prologo del film, nella miniera, è dotato di un vigore drammatico, di un vigore realistico insoliti per Emmer, e costituisce forse quanto di più intenso il cinema abbia dato sull’aspro lavoro dei minatori e sulla presenza incombente, assidua della morte nei cunicoli del sottosuolo. […] Nella pittura della celebre strada delle vetrine – dietro le quali le prostitute stanno in offerta come una merce -, nello scorcio di certi locali (come quelli per uomini soli), nell’introduzione di talune antitesi (l’Esercito della Salvezza), nella definizione delle psicologie Emmer ha spiegato una lucidità di linguaggio resa più accattivante dalla discrezione, dal pudore di cui egli ha dato prova» (Castello). Con Lino Ventura e Marina Vlady.
Copia restaurata e ricostruzione della versione originale a cura della Cineteca Nazionale
 
ore 17.30 Basta! Ci faccio un film di Luciano Emmer (1990, 101′)
«Dadi e Andrea, assieme ai loro amici, hanno concluso le scuole superiori. La loro idea è di rimanere uniti durante i due mesi di vacanze. Le loro vite sono in una importante fase di cambiamento che li vedrà più maturi. A distanza di ben 36 anni, da un suo film con un tema identico come Terza liceo, Emmer affronta il difficile momento, ma se vogliamo ancora spensierato, di passaggio tra la scuola e ciò che si vuole diventare nella vita. Del film del 1954 c’è anche una divertente autocitazione quando viene proiettato all’aperto e bersagliato dagli studenti che non vogliono più sentir parlare di scuola. Il titolo originale, voluto dal regista, è Basta! Ci faccio un film» (Farinotti).

 

 

 

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