Cinema Trevi: Vittorio Gassman, un mattatore scatenato
12 Ottobre 2010 - 27 Ottobre 2010
Quando si nomina Vittorio Gassman, si pensa subito all’attore per antonomasia. Così Soldati tanto tempo fa colse nel segno l’evoluzione di questo mattatore, più unico che raro: «Esistono due grandi categorie di attori. Quelli che si trasformano di volta in volta, componendo il loro personaggio. E quelli che, al contrario, sono sempre loro stessi. Metterei nella seconda categoria Jules Berry, Gary Cooper, Nazzari, Ferzetti. Metterei nella prima Guinness, Mastroianni, e Gassman. […] Chiunque abbia conosciuto Gassman da giovanissimo, Gassman alle sue prime armi, Gassman ragazzo prodigio e famoso a Genova e a Milano prima che a Roma, ricorderà la serietà della sua fisionomia, la classicità aulica e addirittura astratta della sua recitazione di allora, la sua triste impassibilità, che pareva muoversi soltanto al vento oratorio delle più celebri tirate, nelle tragedie classiche. Altero, grigio, corretto, e con un fondo di timidezza: così, ricorderà di averlo giudicato. Un attore giovane, insomma, che, secondo ogni verosimiglianza, secondo ogni pronostico, avrebbe presto finito per trasformarsi in primo attore, dimostrando di appartenere, senza alcuna possibilità di dubbio, alla categoria di quelli che sono sempre loro stessi. Invece… Vedo di qui Vittorio che ride. Invece… un terremoto, un temporale, una gragnuola! Altro che caratterizzazioni! In questo momento non ricordo bene: ma mi pare che i primi divertimenti, le prime evasioni, i primi strappi al suo ideale giovanile di attore in endecasillabi, Gassman se li concedesse con Il Mattatore in TV, e con Il Mattatore in cinema: film, dove, anziché interpretare vari personaggi come nei Mostri […], interpretava un truffatore che, per truffare, si travestiva successivamente da idraulico, da prete, da avvocato, da generale… Ricordo, soprattutto, uno stupendo generale di aviazione, tanto spavaldo all’apparenza quanto intimamente gaglioffo. Adesso non vorrei sbagliare con le date: forse Il Mattatore era stato preceduto da un film di Monicelli, La grande guerra: dove nella parte del soldato Busacca, ipocrita, infingardo, spaccone, vigliacco, Gassman fornì, se non la prima, una delle prime e formidabili prove della sua nuova maniera. […] Come mai, dunque, Gassman si è rivelato un attore completamente diverso, anzi opposto, a quello che, verso la fine della sua adolescenza, si poteva prevedere e lui stesso voleva diventare? Ho la risposta: sarebbe troppo lungo esporla in lungo e in largo, e di corredarla di tutta una serie di esempi, come senza dubbio meriterebbe: la riassumo in una sola frase. Nelle parti serie, di attore giovane o da primo attore, e soprattutto in cinema (dove per forza di cose il volto ha altrettanta importanza della voce e forse di più: in teatro la voce e i gesti sono sufficienti all’espressione), Gassman non riusciva a essere “buono e simpatico”. Dai suoi tratti duri, dagli occhi non grandi e come timidi, dalla linea forte e spezzata del naso, dalla bocca piccola e crudele, traspariva una riflessività, una lucidità mentale, un controllo di se medesimo, come una incapacità ad abbandonarsi, ad entusiasmarsi, a credere, a gioire, a soffrire, ad amare: qualcosa che gelava e scostava lo spettatore. […] Ed è andata così, che a un certo momento, Vittorio si è capovolto. Aveva, fino allora, fatto soltanto gli eroi? Bene, d’ora innanzi, avrebbe fatto proprio il contrario: soltanto i vigliacchi. La galleria è praticamente innumerevole. E sarebbe una stupenda tesi di laurea per uno studioso di storia cinematografica elencare, classificare, analizzare tutti i vari tipi di vigliacchi interpretati da Gassman in questi anni. Ce n’è di tutte le sfumature. […] Gassman ci ha dato, così, in mille specchi, un ritratto spaventevole dell’Italia di oggi. Rido, rido: ma poi esco dal cinema mortificato, avvilito: e sento che non è giusto. Solo conforto è questo: ho controllato: la mia reazione è identica a quella di una buona maggioranza degli spettatori. Gassman ci ha dato tanti vigliacchi meravigliosi. E ci ha dato anche qualche scemo, qualche idiota straordinario: il più bello, il più umano, il più patetico è, senz’altro, l’indimenticabile boxeur “suonato” dell’episodio finale dei Mostri». Il Gassman cui si riferiva Soldati arrivava al gigionismo degli anni Sessanta, che riusciva a rappresentare il perfetto contraltare del cosiddetto boom economico, ma poi c’è quello più interiore, più intimista degli anni Settanta, in cui non c’è (quasi) più il grottesco, ovvero Profumo di donna, C’eravamo tanto amati…, fino agli anni del “minimalismo” dei due decenni successivi, in cui la recitazione dell’attore da barocca ed eccessiva si riduceva, si scorticava, fin quasi a sottrarsi e a sconfinare nella vita vera e propria. Poi quel terribile male ben descritto da Lietta Tornabuoni: «La depressione, malattia impossibile, lo costringeva a lunghe assenze dal lavoro. Provava insofferenza per se stesso, “l’attore che consuma una perpetua dissociazione dalla sua essenza”. Si autocriticava scrivendo: “Tu non ti guardi: ti ammiri o ti fai pena”. Odiava la vecchiaia con tutte le sue mortificazioni. Era stato così bello, e non riusciva ad accettare il proprio aspetto fisico di settantenne. Neppure la poesia gli piaceva più: “I miei versi/sono sempre più corti/perché più breve/é l’ansito dei miei polmoni insecchiti/della mia vita strinata”». Questa retrospettiva, nel decennale della morte, intende ripercorre l’arte di un attore che è riuscito a plasmare la propria phoné al proprio corpo. E scusate se è poco.
martedì 12
ore 17.00
Il cavaliere misterioso (1948)
Regia: Riccardo Freda; soggetto e sceneggiatura: R. Freda, Mario Monicelli, Steno [Stefano Vanzina]; fotografia: Rodolfo Lombardi; scenografia: Piero Filippone; costumi: Vittorio Nino Novarese; musica: Alessandro Cicognini; montaggio: Otello Colangeli; interpreti: Vittorio Gassman, Maria Mercader, Yvonne Sanson, Gianna Maria Canale, Elli Parvo, Antonio Centa; origine: Italia; produzione: Lux Film; durata: 93′
Il fratello di Giacomo Casanova viene accusato ingiustamente di aver sottratto alla moglie del doge un importante documento. In realtà il furto è stato compiuto da alcuni emissari di Caterina di Russia. Casanova li inseguirà per scagionare il fratello e impedire che il documento finisca nelle mani di Caterina. «Il cavaliere misterioso fu la prima di due o tre esperienze con Freda, che io ho sempre considerato e continuo a considerare un caso molto anomalo del cinema. Un uomo sicuramente di grande intelligenza, di grande capacità tecnica e di forte conoscenza del cinema, accompagnati da un cinismo quasi totale, e ciononostante, come tu ben sai, ancora in Francia, per esempio, ci sono dei cineclub dedicati a lui, e vi sono degli assertori del cinema di Freda, accaniti» (Gassman).
ore 18.45
Riso amaro (1949)
Regia: Giuseppe De Santis; soggetto: G. De Santis, Carlo Lizzani, Gianni Puccini; sceneggiatura: Corrado Alvaro, G. De Santis, C. Lizzani, Carlo Musso, Ivo Perilli, G. Puccini; fotografia: Otello Martelli; scenografia: Carlo Egidi; costumi: Anna Gobbi; musica: Goffredo Petrassi; montaggio: Gabriele Varriale; interpreti: Vittorio Gassman, Silvana Mangano, Raf Vallone, Doris Dowling, Checco Rissone, Nico Pepe, Adriana Sivieri; origine: Italia; produzione: Lux Film; durata: 109′
Francesca e Walter sono una coppia di ladri che, dopo aver rubato una collana, si nascondono nel treno che porta le mondine alle risaie. Francesca si fa assumere come lavoratrice in nero e Walter fa perdere le sue tracce. Silvana, un’altra mondina, stanca della dura vita delle risaie, ruba la collana a Francesca e cerca di farla cacciare. Walter capisce che la collana non ha valore e circuisce Silvana per farsi aiutare a rubare il riso destinato alle mondine. «Appena trentaduenne, De Santis firma il suo capolavoro: un appassionante e complesso melodramma a sfondo sociale, dove la pianura del vercellese diventa teatro di lotte politiche e duelli personali dal sapore western» (Mereghetti).
mercoledì 13
ore 17.00
Frenesia dell’estate (1963)
Regia: Luigi Zampa; soggetto e sceneggiatura: Age [Agenore Incrocci] & [Furio] Scarpelli, Leo Benvenuti e Piero De Bernardi, Mario Monicelli, [Giulio] Scarnicci e [Renzo] Tarabusi; fotografia: Marcello Gatti; scenografia e costumi: Dario Cecchi, Gianfranco Fini; musica: Gianni Ferrio; montaggio: Eraldo Da Roma; interpreti: Vittorio Gassman, Sandra Milo, Michèle Mercier, Philipe Noiret, Lea Padovani, Amedeo Nazzari; origine: Italia/Francia; produzione: Ge. Si. Cinematografica, Federiz, C.I.S.A., Les Films Agiman; durata: 100′
Cinque episodi intrecciati tra loro: un capitano dell’esercito perde la testa per un travestito che lavora in un cabaret; Marcello, un indossatore che si finge marchese, cerca di fare ingelosire la propria amante; la giovane Foschina alle prese con la sua complicata vita amorosa; le avventure di un simpatico quanto sfortunato seduttore; la venditrice ambulante Yvonne s’innamora di un ciclista spagnolo del Giro d’Italia. Nel solco della commedia all’italiana degli anni Sessanta, fra infedeltà, contrattempi ed equivoci, il complicato sovrapporsi di storie amorose dei protagonisti. Nazzari interpreta uno dei suoi più riusciti personaggi del dopoguerra; Gassman, con largo anticipo sui tempi, affronta il tema della differenza sessuale con humour e turbamenti non convenzionali.
ore 19.00
Mambo (1954)
Regia: Robert Rossen; soggetto: Ennio De Concini; sceneggiatura: R. Rossen, Ivo Perilli, E. De Concini; fotografia: Harold Rosson; scenografia: André Andrejeff, Bruno Fabrizio; costumi: Giulio Coltellacci; musica: Nino Rota, Angelo Francesco Lavagnino; montaggio: Adriana Novelli; interpreti: Vittorio Gassman, Silvana Mangano, Michael Rennie, Shelley Winters, Katherine Dunham, Eduardo Ciannelli, Martita Palmer; origine: Italia; produzione: Ponti-De Laurentiis Cinematografica; durata: 106′
Giovanna è fidanzata con Mario che la spinge ad accettare la corte del conte Enrico. Dopo una breve relazione, Giovanna decide di abbandonare entrambi e di diventare ballerina. Dopo qualche tempo li rincontra e ancora una volta Mario la invita ad accettare l’offerta di matrimonio del conte sapendo che questi ha una malattia che lo porterà presto alla morte. «La Mangano per me è rimasta uno dei pochi personaggi femminili del cinema italiano di un certo interesse, di un certo mistero, di una certa carica, tant’è vero che abbiamo conservato sempre un’amicizia fondata sulla reciproca stima […]. Comunque in Mambo ero di nuovo un figlio di puttana che combinava delle gagliofferie non bene giustificate» (Gassman).
Vietato ai minori di anni 14
ore 21.00
I soliti ignoti (1958)
Regia: Mario Monicelli; soggetto: Age[nore] Incrocci & [Furio] Scarpelli; sceneggiatura: Age & Scarpelli, Suso Cecchi D’Amico, M. Monicelli; fotografia: Gianni Di Venanzo; scenografia e costumi: Pietro Gherardi; musica: Piero Umiliani; montaggio: Adriana Novelli; interpreti: Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Renato Salvatori, Carla Gravina, Claudia Cardinale, Tiberio Murgia; origine: Italia; produzione: Vides Cinematografica, Lux Film, Cinecittà; durata: 100′
La trovata delle trovate è Vittorio Gassman nella parte di Beppe, il giovanotto pugile suonato e a corto di espedienti che dalle confidenze di Cosimo, a Regina Coeli, edotto di un possibile colpo magistrale, di introdursi cioè attraverso un appartamento disabitato nel locale dov’è la cassaforte di un Monte pegni di periferia, appena fuori ne fa parte ai compari, e insieme lo decidono. Sono una ben scalcinata banda questi soliti ignoti, una banda del buco da strapazzo, sì che il film finisce per diventare un Rififìtutto da ridere, la descrizione circostanziata di un colpo ladresco» (Sacchi). «Con I soliti ignoti finalmente arrivò la grande svolta che in qualche modo io sentivo che doveva arrivare, e che arrivava anche, intendiamoci, perché parallelamente c’era un discorso teatrale che si svolgeva. […] Monicelli insistette abbastanza e con l’aiuto – notevole devo dire – di Gherardi, mi combinò una “faccia”, cioè mi fece praticamente una laparatomia alla faccia, mi sbassò la fronte, mi allargò il naso, mi distrusse come idolo marmoreo, storico, e fece di me un personaggio simpatico, usando, certo, anche delle mie qualità di attore che indubbiamente credo che avessi» (Gassman).
giovedì 14
ore 17.00
Fantasmi a Roma (1961)
Regia: Antonio Pietrangeli; soggetto: Ennio Flaiano, A. Pietrangeli, Ettore Scola, Ruggero Maccari, da un’idea di Sergio Amidei; sceneggiatura: E. Flaiano, R. Maccari, A. Pietrangeli, E. Scola; fotografia: Giuseppe Rotunno; scenografia: Mario Chiari, Vincenzo Del Prato; costumi: Maria De Matteis; musica: Nino Rota; montaggio: Eraldo Da Roma; interpreti: Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman, Sandra Milo, Tino Buazzelli, Eduardo De Filippo, Belinda Lee; origine: Italia; produzione: Lux Film, Vides Cinematografica, Galatea; durata: 100′
Il principe di Roviano vive in un principesco palazzo pericolante circondato dai fantasmi dei suo antenati finché un giorno muore nello scoppio dello scaldabagno e si aggiunge agli altri fantasmi, i quali rischiano di doversi cercare un’altra sistemazione perché le autorità vogliono demolire il palazzo. «Concorre allo spasso del pubblico la presenza di un gruppo di attori briosi e divertenti, quali Eduardo De Filippo, un vecchio patrizio savio e brontolone, Vittorio Gassman, il pittore “maledetto” del Cinquecento, Tino Buazzelli, un aristocratico fratone, guida spirituale dei fantasmi, Sandra Milo, una sventata principessina morta per amore, Marcello Mastroianni in tre parti, quella di un avo dongiovanni, quella del principe scriteriato, quella di un discendente illegittimo. Al suo fianco, Belinda Lee nelle vesti dell’amica del principe» (Rondi).
Vietato ai minori di anni 16
ore 19.00
Kean genio e sregolatezza (1957)
Regia: Vittorio Gassman; soggetto: dalla commedia omonima di Alessandro Dumas padre; sceneggiatura: Suso Cecchi D’Amico, V. Gassman; fotografia: Gianni Di Venanzo; scenografia: Gianni Polidori; costumi: Giulio Coltellacci, Jacques Lecocq, Marilù Carteny; musica: Roman Vlad; montaggio: Enzo Alfonsi; interpreti: V. Gassman, Eleonora Rossi Drago, Anna Maria Ferrero, Helmut Dantine, Gérard Landry, Mario Carotenuto, Cesco Baseggio; origine: Italia; produzione: Vides Cinematografica, Lux Film; durata: 83′
Per il suo esordio nella regia Gassman sceglie una commedia di Dumas padre nell’adattamento di Jean Paul Sartre. Edmund Kean è un attore geniale, ma pieno di debiti per la vita sregolata e godereccia che conduce. Contende al principe di Galles, suo amico, le grazie della moglie dell’ambasciatore danese, per poi innamorarsi della giovane Anna che vuole accanto a sé sul palcoscenico. L’inesperienza della ragazza sta per rovinare la rappresentazione, ma Kean riesce a recuperare il favore del pubblico con la sua bravura e il suo talento. «Il film fu fatto in grande economia, girato in tre settimane, era qualcosa a metà fra teatro e cinema. […] Ricordo un’enorme fatica perché fu appunto un’acrobazia spaventosa, però mi insegnò tante cose, logicamente. Era il primo film a colori di Di Venanzo, e rivisto regge ancora abbastanza. E poi c’era questo dialogo Dumas-Sartre divertente, ben sceneggiato dalla D’Amico, insomma un’operazione abbastanza positiva» (Gassman).
venerdì 15
ore 17.00
Il mattatore (1960)
Regia: Dino Risi; soggetto: da un racconto di Age[nore] & [Furio] Scarpelli su spunto di Sergio Pugliese; sceneggiatura: Sandro Continenza, Ruggero Maccari, Ettore Scola; fotografia: Massimo Dallamano; scenografia: Giorgio Giovannini; costumi: Marisa D’Andrea, Romolo Martino; musica: Pippo Barzizza; montaggio: Eraldo Da Roma; interpreti: Vittorio Gassman, Dorian Gray, Anna Maria Ferrero, Peppino De Filippo, Mario Carotenuto, Alberto Bonucci; origine: Italia; produzione: Cei-Incom, S.G.C., Maxima Film; durata: 103′
«Gerardo, erede di Fregoli, diventa un asso della truffa. Inutilmente la moglie tenta di redimerlo: è una vocazione irresistibile. Commedia brillante, diretta con mano sicura da D. Risi è soprattutto un’esibizione dello strepitoso fregolismo di V. Gassman che passa da un personaggio all’altro. La sceneggiatura ha più di un debito con I tromboni (1956) di F. Zardi che lo stesso Gassman aveva interpretato sul palcoscenico» (Morandini).
Restauro a cura della Cineteca Nazionale con il contributo di Sky Cinema
ore 19.00
I mostri (1963)
Regia: Dino Risi; soggetto e sceneggiatura: Age[nore] & [Furio] Scarpelli, Elio Petri, D. Risi, Ettore Scola, Ruggero Maccari; fotografia: Alfio Contini; scenografia e costumi: Ugo Pericoli; musica: Armando Trovajoli; montaggio: Maurizio Lucidi; interpreti: Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, Ricky Tognazzi, Franco Castellani, Lando Buzzanca, Maria Mannelli, Marisa Merlini, Michèle Mercier; origine: Italia/Francia; produzione: Fair Film, Incei Film, MontFlour Film, Dicifrance; durata: 118′
Dino Risi costruisce in 22 episodi, di durate diverse, un ritratto crudele e graffiante dell’Italia del miracolo economico, tra vecchie e nuove manie, vizi e malcostumi. Tra i bersagli alcuni dei topoi della commedia all’italiana: il consumismo, la coppia, la spiaggia, l’automobile. Tutti gli episodi sono interpretati, insieme o alternativamente, da Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman, impegnati in un tour de force di caratterizzazioni comiche. «Un altro film importante che metterei fra i cinque o sei della mia filmografia, che è I mostri, in cui c’è se non altro da ricordare l’episodio finale della boxe che secondo me sono dieci minuti proprio di cinema notevole, in tutti i sensi» (Gassman).
Restauro della Cineteca Nazionale con il contributo di Sky Cinema
ore 21.15
Il sorpasso (1962)
Regia: Dino Risi; soggetto e sceneggiatura: D. Risi, Ettore Scola, Ruggero Maccari; dialoghi: E. Scola, R. Maccari; fotografia: Alfio Contini; scenografia e costumi: Ugo Pericoli; musica: Riz Ortolani; montaggio: Maurizio Lucidi; interpreti: Vittorio Gassman, Jean-Louis Trintignant, Catherine Spaak, Claudio Gora, Luciana Angiolillo, Luigi Zerbinati; origine: Italia; produzione: Incei Film, Sancro Film, Fair Film; durata: 108′
«La storia de Il sorpasso è nata da un viaggio che io ho fatto con l’Avv. Martello che un giorno mi ha detto: “andiamo a Varese a comprare il radiatore a mio zio”, poi mi ha detto: “andiamo in Svizzera a comprare le sigarette”. Poi ha chiesto: “già che siamo qui, perché non andiamo nel Liechtenstein?”, siamo volati nel Liechtenstein – due o tre ore di macchina – e mi ha chiesto: “ti piacerebbe mangiare col principe del Liechtenstein?”. E io gli ho detto: “ma come facciamo?”. Lui è entrato mostrando una tessera da giornalista, che invece era la tessera del tram di Milano e mezz’ora dopo eravamo a tavola col principe e la sua famiglia. Allora quel viaggio avventuroso mi ha suggerito l’idea appunto di un viaggio da Roma al Nord» (Risi). «La considero tuttora la mia presenza cinematografica più felice e più riuscita. […] Un film anche con una gran fortuna e con una grande gioia espressiva, e rappresentava fra l’altro, come credo pochi altri film, l’aria di quell’Italia dell’epoca, questa euforia già venata dai primi brividi pre-allarme, dai primi campanelli angosciosi, di cui il finale era un dosatissimo annuncio» (Gassman).
Restauro a cura della Cineteca Nazionale – Vietato ai minori di anni 14
domenica 17
ore 17.00
Il divorzio (1969)
Regia: Romolo Guerrieri; soggetto e sceneggiatura: Alberto Silvestri, Franco Verucci; fotografia: Sante Achilli; musica: Fred Bongusto; scenografia: Dario Micheli; costumi: Luca Sabatelli; montaggio: Sergio Montanari; interpreti: Vittorio Gassman, Anna Moffo, Nino Castelnuovo, Anita Ekberg, Hélène Ronée, Claudia Lange; origine: Italia; produzione: Fair Film; durata: 100′
«L’ingegnere Leonardo (Gassman), separatosi dalla moglie (Moffo), crede di ritrovare la libertà tra una hippie (Lange) e una collega assatanata (Ekberg), desiderosa (già nel lontano ’69) di esperienze scambiste: si ritroverà solo, e imparerà a fare i conti con la propria pochezza. La commedia all’italiana si guarda allo specchio e non riesce più neanche a pronunciare l’assoluzione, mentre la società sta cambiando e i giornali annunciano la battaglia parlamentare per il divorzio (la legge Fortuna-Baslini venne approvata nel novembre 1969). Abbastanza impietoso nel mettere alla berlina l’italiano falsamente liberato e finto-progressista, il film di Guerrieri […] tocca una malinconia e una disillusione sincere. Primo film della Cassini e di Momo (che interpreta il figlio di Gassman)» (Mereghetti).
ore 19.00
La grande guerra (1959)
Regia: Mario Monicelli; soggetto e sceneggiatura: Age [Agenore Incrocci] & [Furio] Scarpelli, Luciano Vincenzoni, M. Monicelli; fotografia: Giuseppe Rotunno; scenografia: Mario Garbuglia; costumi: Danilo Donati; musica: Nino Rota; montaggio: Adriana Novelli; interpreti: Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Silvana Mangano, Folco Lulli, Bernard Blier, Romolo Valli; origine: Italia/Francia; produzione: Dino De Laurentiis Cinematografica,Gray Films; durata: 135′
«La vicenda di questo film, premiato di recente alla Mostra di Venezia con il Leone d’oro ex aequo con Il generale Della Rovere, è quasi tutta imperniata sulle gesta di due soldati paurosi che, durante la guerra 1915-18, cercano di riportare a casa la pelle in tutti i modi» (Rondi). «Era un ruolo bellissimo, ricordo soprattutto la bellezza del copione. Il copione era anche un pochino più bello di come è nel film che fu girato benissimo, magistralmente, secondo me, ma ne uscì un pochino infarcito di dialetti e di trovate, mentre il copione era veramente un copione esemplare. Un buon film, un bellissimo ruolo, e la conferma che in qualche modo potevo essere utilizzato positivamente» (Gassman).
Versione restaurata a cura di Cineteca Nazionale e Aurelio De Laurentiis
ore 21.30
L’armata Brancaleone (1966)
Regia: Mario Monicelli; soggetto e sceneggiatura: Age[nore] Incrocci & [Furio] Scarpelli, M. Monicelli; fotografia: Carlo Di Palma; scenografia e costumi: Piero Gherardi; musica: Carlo Rustichelli; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Vittorio Gassman, Catherine Spaak, Gian Maria Volonté, Maria Grazia Buccella, Ugo Fangareggi, Enrico Maria Salerno; origine: Italia/Francia/Spagna; produzione: Fair Film, Les Films Marceau, Vertice Film; durata: 120′
Nel Medioevo un gruppo di sbandati entra in possesso di una pergamena che li rende proprietari del feudo di Aurocastro nelle Puglie. Guidati da Brancaleone, si mettono in marcia incorrendo in mille traversie. Film epocale, «pirotecnico nelle trovate (la lingua postlatina-viterbese, i costumi di Pietro Gherardi, i colori di Carlo Di Palma, la musica di Carlo Rustichelli, i titoli animati di testa e di coda di Gianini e Luzzati), è una delle punte più alte del cinema popolare italiano, un autentico capolavoro di fantasia e avventure farsesche» (Mereghetti). «L’Armata Brancaleone fu finalmente di nuovo un’operazione molto originale. È uno dei miei film prediletti. […] E poi c’era la bellissima invenzione di quel linguaggio e di quel personaggio, una specie di samurai che ormai tutti conoscono, e che è stato credo il personaggio che mi ha dato più popolarità, soprattutto nel pubblico giovane e infantile, che conta, come è noto, moltissimo» (Gassman).
lunedì 18
chiuso
martedì 19
ore 17.00
L’arcidiavolo (1966)
Regia: Ettore Scola; soggetto e sceneggiatura: Ruggero Maccari, E. Scola; fotografia: Aldo Tonti; scenografia: Luciano Ricceri; costumi: Maurizio Chiari; musica: Armando Trovajoli; montaggio: Marcello Malvestiti; interpreti: Vittorio Gassman, Claudine Auger, Mickey Rooney, Gabriele Ferzetti, Ettore Manni, Annabella Incontrera; origine: Italia; produzione: Fair Film; durata: 103′
«L’Arcidiavolo, naturalmente, è Belfagor, con tutto il suo seguito di diavolerie rinascimentali. La sua maggior diavoleria, questa volta, consiste nel sostituirsi al figlio del Papa Cibo mandato a Firenze per sposare la figlia del Magnifico e metter pace con quelle nozze tra Firenze e la Chiesa. Nei panni del giovane Cibo, Belfagor, com’è chiaro, anziché a metter pace, tende solo a far scoppiare la guerra (perché giù, all’inferno, è dalle guerre che traggono i massimi profitti), ma alla fine, come spesso succede ai diavoli e agli arcidiavoli della migliore novellistica italiana, si innamora della donna che voleva beffare (Maddalena, la figlia di Lorenzo de’ Medici)» (Rondi). «L’arcidiavolo è il terzo film che ho fatto con Scola, era molto bello formalmente, ben fotografato, ben girato […]. C’era una scena divertente che inventammo, improvvisammo, come succedeva spesso in quei film, di una partita di pallone nei giardini medicei» (Gassman).
ore 19.00
La famiglia (1987)
Regia: Ettore Scola; soggetto e sceneggiatura: Ruggero Maccari, Furio Scarpelli, E. Scola, con la collaborazione di Graziano Diana; fotografia: Ricardo Aronovich; scenografia: Luciano Ricceri; costumi: Gabriella Pescucci; musica: Armando Trovajoli; montaggio: Franco Malvestito; interpreti: Vittorio Gassman, Stefania Sandrelli, Fanny Ardant, Jo Champa, Carlo Dapporto, Massimo Dapporto; origine: Italia/Francia; produzione: Massfilm, Cinecittà, Rai, Cinémax France, Les Films Ariane; durata: 128′
I ricordi di Carlo, anziano professore d’italiano in pensione, si sviluppano a partire da una foto scattata nel 1906 e scorrono sullo schermo in nove flash-back di un decennio ciascuno, nei quali rivivono – sempre all’interno di una casa romana del quartiere Prati – i personaggi di una famiglia borghese fino al 1986.«La famiglia è secondo me uno dei film più belli di Scola. […] Più lo vedo e più risulta importante, anche come documento di epoche italiane; e poi è il suo mondo, un mondo borghese-romantico, sentimentale addirittura, che è la sua corda, contro la quale lui ogni tanto erige la corda ideologica, e io a volte gli ho anche detto “dai, privilegia quell’altra, perché è la tua”» (Gassman).
ore 21.15
C’eravamo tanto amati (1974)
Regia: Ettore Scola; soggetto: Age[nore] Incrocci & [Furio] Scarpelli, E. Scola; sceneggiatura: Age & Scarpelli, E. Scola; fotografia: Claudio Cirillo; scenografia e costumi: Luciano Ricceri; musica: Armando Trovajoli; montaggio: Raimondo Crociani; interpreti: Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Stefano Satta Flores, Stefania Sandrelli, Giovanna Ralli, Aldo Fabrizi, Marcella Michelangeli; origine: Italia; produzione: Dean Cinematografica, Delta; durata: 111′
«Dall’unità della Resistenza allo sfrangiarsi dei destini individuali, in una società tanto diversa dalle speranze di tutti, gli amici del film di Ettore Scola toccano con mano la corrosione degli ideali politici e l’estrema difficoltà dei rapporti umani. […] È un film rapsodico, lieve, graffiante, servito benissimo (anche grazie alle acrobazie di un ottimo truccatore) da un Manfredi sempre intonato, da un acre Gassman, dalla Sandrelli e da Satta Flores: un bravo attore che dai tempi di I basilischi aspettava un’altra occasione» (Kezich). «C’eravamo tanto amati è un film molto serio, che ha girato con successo nel mondo, un film di grande dignità, in cui ho fatto un altro dei pochi personaggi totalmente disinvolti e naturali, naturalistici diciamo, della mia carriera, con un buon risultato» (Gassman).
mercoledì 20
ore 17.00
La vita è un romanzo (1983)
Regia: Alain Resnais; sceneggiatura: Jean Gruault; fotografia: Bruno Nuytten; scenografia: Enki Bilal, Jacques Saulnier; costumi: E. Bilal, Catherine Leterrier; musica: M. Philippe-Gérard; montaggio: Jean-Pierre Besnard, Albert Jurgenson; interpreti: Vittorio Gassman, Ruggero Raimondi, Geraldine Chaplin, Fanny Ardant, Pierre Arditi, Sabine Azéma; origine: Francia; produzione: Fideline Films; durata: 109′
Ambientato in un castello, il film intreccia tre storie. Subito dopo la prima guerra mondiale, il conte Forbek fa del castello un “tempio della felicità” e vi riunisce gli amici per dimenticare gli orrori della guerra appena passata. Nel 1982 vi si svolge un convegno di psicosociologia infantile sull’immaginazione, che ben presto degenera in una babele di voci e di teorie astruse che si sovrappongono. Dal canto loro e in maniera felicemente autonoma, i figli dei congressisti inventano una favola medievale che, ambientata nelle stanze del castello, vede trionfare il bene e l’amore. «Resnais possiede il mestiere in una maniera graziosissima; ho ancora molta ammirazione per un regista sicuramente bravo, mai volgare, bravo direttore di attori; la parte negativa, tanto per dire qualcosa, è una sua notevole pignoleria anche formale» (Gassman).
ore 19.00
Benvenuta (1984)
Regia: André Delvaux; soggetto: tratto dal romanzo di Suzanne Lilar À la recerche d’une enfance; sceneggiatura: A. Delvaux; fotografia: Charles Van Damme; scenografia: Véronique Melery; costumi: Rosine Delamare; musica: Frédéric Devreese; montaggio: Albert Jurgenson; interpreti: Vittorio Gassman, Fanny Ardant, Françoise Fabian, Mathieu Carrière, Claire Wauthion, Philippe Geluck, Renato Scarpa; origine: Belgio/Francia/Italia; produzione: UGC, Europe 1, France 3 Cinéma, La Nouvelle Imagerie, Opera Films; durata: 106′
François, giovane sceneggiatore belga, si reca a Gand per incontrare Jeanne, il cui romanzo lo ha fortemente impressionato e dal quale vorrebbe trarre un film. All’inizio la donna è reticente, ma pian piano si lascia andare ai ricordi e al racconto di questa storia d’amore travolgente tra una giovane concertista fiamminga e un maturo magistrato napoletano. Finzione e realtà si confondono, il romanzo con i ricordi, così come la giovane Benvenuta, protagonista del romanzo, con la scrittrice. «Abbiamo girato a Pompei, mi ricordo anche lui [Delvaux] molto attento a certi aspetti della calligrafia, però anche con un’apertura verso il misterioso che lì c’era, c’erano delle sinestesie curiose» (Gassman).
sabato 23
ore 17.00
Caro papà (1979)
Regia: Dino Risi; soggetto e sceneggiatura: Bernardino Zapponi, Marco Risi, D. Risi; fotografia: Tonino Delli Colli; musica: Manuel De Sica; scenografia: Luciano Ricceri; costumi: Danda Ortona; montaggio: Alberto Galletti; interpreti: Vittorio Gassman, Aurore Clément, Julien Guiomar, Andrée Lachapelle, Stefano Madia, Pietro Tordi; origine: Italia/Francia/Canada; produzione: Dean Film, AMLF, Société Les Film Prospect; durata 109′
Conflitto generazionale tra Stefano Madia e Vittorio Gassman, padre modello passato con ben troppa disinvoltura dalla resistenza al capitalismo industriale. Risi inocula il dramma nell’alveo ottundente della commedia all’italiana, e proprio per questo il suo film colpisce con una forza imprevista e risulta ancor oggi cinico e sorprendente. «Un ennesimo, quattordicesimo, per la verità, film di Dino Risi, con cui andiamo sempre più in là nel distacco dalla commedia all’italiana che usava dieci anni fa, per affrontare temi anche importanti, come questo, un rapporto generazionale e difficile tra un padre e un figlio, tema a me carissimo in cinema e in teatro, e nella vita, svolto con molta solidità, un bel copione di Zapponi» (Gassman).
ore 19.00
In nome del popolo italiano (1971)
Regia: Dino Risi; soggetto e sceneggiatura: Age[nore Incrocci] & [Furio] Scarpelli; fotografia: Alessandro D’Eva; scenografia: Luigi Scaccianoce; costumi: Enrico Sabbatini; musica: Carlo Rustichelli; montaggio: Alberto Gallitti; interpreti: Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, Yvonne Furneaux, Michele Cimarosa; origine: Italia; produzione: International Apollo Films; durata: 103′
«Da una parte un magistrato probo, integerrimo, ostinatamente teso a imporre il rispetto della legge ovunque e comunque, facendo piazza pulita di quanti la trasgrediscono; e facendolo, a volte, anche con un briciolo di polemica sociale, forse persino un po’ politica; dall’altra un industriale alla moda, arrivato, protetto, uso a sfiorare il Codice penale, ma uso anche a cavansi sempre d’impaccio grazie ad avvocati di grido ed anche ad amicizie potenti. L’industriale, un giorno, si trova, senza colpa reale, immischiato nella morte di una squillo di lusso che a lui era soprattutto servita per rallegrare e addolcire i suoi soci in affari […].
I due avversari, al suo centro, sono Ugo Tognazzi nel riserbo, nell’asciuttezza, nei risentimenti spesso umorali del magistrato (esatto, interiore, tormentato fin quasi al trauma, al complesso) e Vittorio Gassman in uno dei suoi personaggi abituali dal Sorpasso in poi, abilissimo, però, nel trasformare a poco a poco l’euforica tracotanza del vincitore a tutti i costi, nelle ansie, nelle esitazioni, nei timori di quello che, invece, sente via via franargli il terreno sotto ai piedi» (Rondi).
I due avversari, al suo centro, sono Ugo Tognazzi nel riserbo, nell’asciuttezza, nei risentimenti spesso umorali del magistrato (esatto, interiore, tormentato fin quasi al trauma, al complesso) e Vittorio Gassman in uno dei suoi personaggi abituali dal Sorpasso in poi, abilissimo, però, nel trasformare a poco a poco l’euforica tracotanza del vincitore a tutti i costi, nelle ansie, nelle esitazioni, nei timori di quello che, invece, sente via via franargli il terreno sotto ai piedi» (Rondi).
ore 21.00
Profumo di donna (1974)
Regia: Dino Risi; sceneggiatura: Ruggero Maccari, Dino Risi, dal romanzo Il buio e il miele di Giovanni Arpino; fotografia: Claudio Cirillo; scenografia: Lorenzo Baraldi; costumi: Benito Persico; musica: Armando Trovatoli; montaggio: Alberto Gallitti; interpreti: Vittorio Gassman, Alessandro Momo, Agostina Belli, Moira Orfei, Lorenzo Piani, Sergio Di Pinto; produzione: Dean Film; origine: Italia; durata: 102′
«Fausto G. intraprende un viaggio da Torino a Napoli, con tappe a Genova e a Roma, in compagnia di un soldatino-studente (il personaggio che dice “io”, destinato a turare le somme dell’esperienza). Il cieco sembra travolto da una smania di vivere: parla senza posa, agita il bastone, tracanna whisky, corre dietro alle prostitute; in realtà la scoperta di una rivoltella nella valigia fa intuire all’attendente che al termine del viaggio il capitano è deciso a incontrare la morte» (Kezich). «Credo che Risi sia stato il regista italiano con cui mi sono trovato meglio, come ho già detto. E poi perché mi piaceva molto il ruolo, che mi riportava ad usare entrambe le armi a mia disposizione, cioè questa capacità di essere divertente e naturale e totalmente disteso, che finalmente avevo appreso, e nello stesso tempo anche di portare il peso una espressività di carattere di origine teatrale, perché il personaggio è un personaggione, è una grossa caratterizzazione» (Gassman). Gassman fu premiato al Festival di Cannes come miglior attore.
Ristampa a cura di Cineteca Nazionale in collaborazione con Dean Film
domenica 24
ore 17.00
Il potere del male (Paradigma) (1985)
Regia: Krysztof Zanussi; soggetto e sceneggiatura: K. Zanussi; fotografia: Slawomir Idziak, Pierluigi Santi; scenografia: Peter Scharff; costumi: Anna Sheppard; musica: Wojciech Kilar; montaggio: Huguette Pierson, Sylvie Nicolet; interpreti: Vittorio Gassman, Silvana Mangano, Raf Vallone, Doris Dowling, Checco Rissone, Nico Pepe, Adriana Sivieri; origine: Francia/Italia; produzione: Maki Films, Pierson Productions, Tf1 Films Productions, Challenge Film and Television Productions, Rai; durata: 109′
Il film, realizzato per la televisione, è costruito come una parabola e i personaggi sono dei tipi paradgmatici: il giovane e povero studente di teologia, il ricco industriale dell’acciaio che si arricchisce vendendo armi, sua moglie. Il giovane ha una relazione con la donna, che rimane incinta. Come espiazione lo studente va via con il bambino frutto della colpa. «Questo di Zanussi era un teorema sul male; non era un film commerciale, non voleva esserlo, infatti fu visto credo da… diciottomila persone, però insomma non era male. […] Infatti anche a cena stavamo sempre insieme con la troupe e con lui; lui è anche spiritoso, a starci insieme, è un uomo spiritoso e intelligente» (Zanussi).
ore 19.00
SI AVVISA IL GENTILE PUBBLICO CHE LA PREVISTA PROIEZIONE DEL DOCUMENTARIO “DI PADRE IN FIGLIO” NON SARA’ POSSIBILE. L’INCONTRO CON GIANCARLO SCARCHILLI SI TERRA’ EGUALMENTE. IL FILM SARA’ SOSTITUITO DA UNA REPLICA DI “C’ERAVAMO TANTO AMATI”.
C’eravamo tanto amati (1974)
Regia: Ettore Scola; soggetto: Age[nore] Incrocci & [Furio] Scarpelli, E. Scola; sceneggiatura: Age & Scarpelli, E. Scola; fotografia: Claudio Cirillo; scenografia e costumi: Luciano Ricceri; musica: Armando Trovajoli; montaggio: Raimondo Crociani; interpreti: Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Stefano Satta Flores, Stefania Sandrelli, Giovanna Ralli, Aldo Fabrizi, Marcella Michelangeli; origine: Italia; produzione: Dean Cinematografica, Delta; durata: 111′
«Dall’unità della Resistenza allo sfrangiarsi dei destini individuali, in una società tanto diversa dalle speranze di tutti, gli amici del film di Ettore Scola toccano con mano la corrosione degli ideali politici e l’estrema difficoltà dei rapporti umani. […] È un film rapsodico, lieve, graffiante, servito benissimo (anche grazie alle acrobazie di un ottimo truccatore) da un Manfredi sempre intonato, da un acre Gassman, dalla Sandrelli e da Satta Flores: un bravo attore che dai tempi di I basilischi aspettava un’altra occasione» (Kezich). «C’eravamo tanto amati è un film molto serio, che ha girato con successo nel mondo, un film di grande dignità, in cui ho fatto un altro dei pochi personaggi totalmente disinvolti e naturali, naturalistici diciamo, della mia carriera, con un buon risultato» (Gassman).
ore 20.45
Incontro moderato da Graziano Marraffa con Giancarlo Scarchilli
a seguire
Vittorio racconta Gassman – Una vita da mattatore (2010)
Regia: Giancarlo Scarchilli; ideato da G. Scarchilli, Alessandro Gassman; fotografia: Roberto Meddi; musica: Nicola Piovani, Pasquale Filastò; montaggio: Daniel De Rossi; origine: Italia; produzione: Studio Immagine; durata:79′
Come suggerisce il titolo del film-documentario Vittorio racconta Gassmanil percorso professionale e umano di Vittorio Gassman è stato ricostruito utilizzando principalmente Gassman stesso e i suoi racconti-confessione. All’interno del film, una speciale rilevanza ha la figura del figlio Alessandro che, come Virgilio, ci guida all’interno dell’universo appassionato, divertente, spettacolare e problematico di suo padre Vittorio, il grande Mattatore delle scene italiane. Il film-documentario è composto da documenti inediti, interviste, brani di pellicole popolarissime o dimenticate, spezzoni di repertorio delle Teche Rai (come i rari materiali ritrovati relativi all’autobiografia). Per raccogliere significative testimonianze su Vittorio Gassman sono stati realizzati incontri con colleghi e amici, tra i quali: Dino De Laurentiis, Ettore Scola, Paolo Villaggio, Marco Risi, Gigi Proietti, Giancarlo Giannini, Carlo Verdone, Paolo Virzì, Gian Luigi Rondi, Jacques Perrin, Jean Gili, Anna Galiena, Jean-Louis Trintignant, Enrico Lucherini, Ornella Muti, Anna Proclemer, Franco Giacobini, Roberto Herlitzka, Daniele Luchetti, Giuseppe Piccioni, Nicola Piovani, Carlo Lizzani, Giovanni Veronesi, Giovanna Ralli, Francesco Rosi, Mario Monicelli, Agostina Belli, Ricky Tognazzi, Sergio Castellitto, ecc.
Per gentile concessione di Maurizio Carrano (Studio Immagine) – Ingresso gratuito
mercoledì 27
ore 17.00
Due pezzi di pane (1979)
Regia: Sergio Citti; soggetto e sceneggiatura: S. Citti; fotografia: Giuseppe Ruzzolini; scenografia: Luciano Ricceri; costumi: Mario Ambrosino; musica: Alessandro Alessandroni; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Vittorio Gassman, Philippe Noiret, Luigi Proietti, Paolo Volponi, Alessandro La Torre, Anna Melato, Giorgio Martina; origine: Italia/Francia; produzione: Parva Cinematografica, Les Artistes Associès; durata: 107′
Pippo e Peppe sono due amici inseparabili che si guadagnano la vita suonando per strada e nelle osterie. Senza saperlo hanno anche una relazione con la stessa donna, Lucia. Quando Lucia muore, suo figlio viene portato all’orfanotrofio. Pur non sapendo chi è il padre dei due, Pippo e Peppe lo portano via e lo allevano insieme. «Io dovevo fare inizialmente un’apparizione, nel ruolo del “Destino”, che invece ha fatto Proietti, e io avevo detto di sì perché Citti mi interessa come talento libero, autonomo, fresco. Poi invece mi propose di fare uno dei due protagonisti, e lì ebbi delle remore perché non sapevo, in un personaggio così candido, se potevo essere credibile. Adesso l’ho fatto e – spero di non sbagliarmi – sono contento perché tutto sommato la cosa è proprio una favola, quindi non deve basarsi sulla credibilità, ed è condotta con molta sensibilità anche musicale» (Gassman).