Tinto Brass. Atto primo: Il tempo della rivolta
02 Febbraio 2012 - 07 Febbraio 2012
Ricominciare da capo. In capo al mondo. Prima de La chiave, del sesso, delle attrici-feticcio, degli scandali, delle facili identificazioni. Tornare indietro nel tempo, ancora prima e dopo la rivoluzione, al grido chi lavora è perduto. Quando il cinema italiano incontra la contestazione e cadono le barriere. Temporali: «Ricordo l’ossessione di Rossellini: “Perché siamo obbligati ad avere un’ispirazione che dura un’ora e tre quarti? Se mi dura un’ora e venti?”». Quando si facevano i film per geniale ispirazione, film “scritti, diretti e montati”, l’artista completo che concepisce e realizza un’opera d’arte utilizzando la macchina da presa come il pennello, la pellicola come la tela, i personaggi come i colori, la realtà come lo sfondo. Opere uniche, non imitabili, dei dischi volanti che svettano impazziti nel cielo, sempre lindo, del cinema italiano, schegge impazzite di un’utopia irrealizzabile, ma proprio per questo affascinante. Titoli come slogan: col cuore in gola, nerosubianco, l’urlo, dropout, secchi, incisivi, dritti al cuore, a spezzare la quiete. Echi ovunque: realismo e surrealismo, fumetto e pop art, Ivens e Langlois, Vigo e Godard, nouvelle vague e swinging London. Barriere formali: «Voi siete dei brutali contenutisti! Ma se non c’è la forma che cos’è il contenuto?». Di scrittura: «I suoni onomatopeici: “Ough!”, “Slam!”, esistevano già nella sceneggiatura. Il produttore diceva: “Ma come scrivi?”. “E beh scrivo così”». Tutto può essere abbattuto, nel nome del montaggio, atto superbamente creativo, montaggio delle attrazioni: «Attraction. Diciamo addio a sotterfugi / ipocrisie e qui pro quo […] Nero su bianco bianco su nero / nero su bianco su nero» e montaggio delle distruzioni: «Io adoro le bombe, adoro l’angoscia adoro la distruzioni. Io adoro i distruttori di idoli. Io sono un idolatra. Io mi adoro. Io sono anche distruttore di idoli. Io sono un idolatra!». Immagini subliminali, marchi pubblicitari, istantanee nel cervello dello spettatore, colpito nell’inconscio, prima che nel cuore. Già prematuramente postmoderno, incredibilmente moderno, nel provincialismo del cinema italiano, forte dell’esperienza della nouvelle vague, assorbita in loco, a Parigi, alla Cinémathèque Française, «una rottura radicale con un modo classico di raccontare, di esprimersi, di fare cinema». Una lezione non semplicemente assimilata e riprodotta, ma filtrata attraverso una cultura personale e un sottile gioco di reminescenze: «La mia formazione è sicuramente più di tipo figurativo che narrativo o letterario. Quindi il bombardamento di immagini cui sono stato sottoposto da giovane, sia della pittura di mio nonno che dei quadri che lui raccoglieva (era un collezionista, possedeva una gran collezione di dipinti veneti, liguri, ecc.), sia in fondo della stessa città di Venezia – un vero trionfo figurativo di immagini, di forme – mi hanno condizionato, hanno segnato fortemente il mio gusto estetico».
La Cineteca Nazionale rende omaggio a un autentico maestro del cinema (non solo italiano) che ha rinnovato e sovvertito il linguaggio cinematografico: Tinto Brass. In due atti: prima e dopo La chiave…
Si ringrazia per la collaborazione Caterina Varzi. Le citazioni nell’introduzione e nelle schede sono tratte dall’imprescindibile libro nerosubrass, a cura di Lorenzo Codelli, Dino Audino Editore, 1996.
giovedì 2
ore 17.00
Ça Ira (Il fiume della rivolta) (1964)
Regia: Tinto Brass; soggetto: T. Brass; commento: Giancarlo Fusco; voci narranti: Sandra Milo, Tino Buazzelli, Enrico Maria Salerno; musica: Romolo Grano; montaggio: T. Brass; origine: Italia; produzione: Zebra Film; durata: 95′
«È un’opera violenta, radicale, totale. Un film insofferente verso qualsiasi forma di potere costituito, così come Chi lavora è perduto. […] Conoscevo le fonti delle immagini cinematografiche che documentavano le rivoluzioni nel mondo. Allora ne avevo parlato con il produttore di Rossellini, Moris Ergas. Ergas aveva accettato e abbiamo iniziato così una collaborazione che è continuata negli anni a seguire. Il materiale proveniva dall’Irlanda, dalla Polonia, dall’America. La ricerca e il reperimento delle immagini non è stata cosa semplice. I tempi erano lunghissimi, soprattutto per quei paesi con i quali l’Italia non aveva rapporti diplomatici, in particolar modo per i paesi dell’Est Europa. Bisognava trattare con la Yugoslavia e farsi mandare lì tutto il materiale richiesto. Dato che le cose andavano per le lunghe, ci siamo detti: “Perché nel frattempo non girare un altro film?”. L’accordo prevedeva due settimane di riprese che avrebbero dovuto svolgersi a Venezia. Per cui abbiamo cominciato Ça Ira, ma abbiamo finito prima Chi lavora è perduto. È il clima ad accomunare i due film: una totale insofferenza nei confronti del “cinema di papà”, da un lato, e dall’altro, nei confronti dell’autorità» (Brass).
a seguire
Tempo libero (1964)
Regia: Tinto Brass; montaggio: T. Brass, Kim Arcalli; durata: 8′
a seguire
Tempo lavorativo (1964)
Regia: Tinto Brass; montaggio: T. Brass, Kim Arcalli; durata: 8′
«Me l’aveva commissionato Umberto Eco. Quando l’ho realizzato ho tenuto conto dell’utilizzo che se ne sarebbe fatto alla Fiera Campionaria di Milano: avevano infatti allestito una stanza di forma piramidale, tutta a specchi. Da una parte c’era un proiettore che bombardava una parete, dall’altra ce n’era un altro. Duravano dieci minuti e venivano proiettati ad anello. Insomma era un delirio di immagini. A momenti il montaggio è un vero e proprio montaggio subliminale che mescola contenuti diversi che, questo sia detto per chi è ossessionato dai contenuti, mescolati assieme perdono qualsiasi significato e diventano puri significanti di altre cose» (Brass).
ore 19.00
Il disco volante (1964)
Regia: Tinto Brass; soggetto e sceneggiatura: Rodolfo Sonego; fotografia: Bruno Barcarol; scenografia: Elvio Costanti; musica: Piero Piccioni; montaggio: Tatiana Casini; interpreti: Alberto Sordi, Monica Vitti, Eleonora Rossi Drago, Silvana Mangano, Guido Celano, Alberto Fagliani; origine: Italia; produzione: Dino De Laurentiis Cinematografica; durata: 87′
«[Dino De Laurentiis] mi ha proposto di fare Il disco volante. Io ho accettato ad una sola condizione: che Sordi interpretasse tutti e quattro i personaggi. […] Il film si basava su un’idea che circolava a Roma da tempo. Si chiamava Un marziano a Roma, ed era stata scritta da Ennio Flaiano. Il tema vero era la grettezza della piccola borghesia messa di fronte a un fatto, un fenomeno che non riesce a capire, a comprendere. […] Sordi è un vero talento; la sua bravura fa rimanere sbalorditi. […] Delle volte c’erano sequenze nelle quali era necessario passare da un personaggio all’altro in un breve arco di tempo. Entrava nei camerini e subito dopo il trucco sembrava davvero un’altra persona. Non solo fisicamente, ma negli atteggiamenti, nella psicologia, nei movimenti, nei denti, eccetera. Era davvero impressionante il modo in cui si adattava al nuovo ruolo» (Brass).
a seguire
L’uccellino (ep. de La mia signora, 1964)
Regia: Tinto Brass; soggetto e sceneggiatura: Rodolfo Sonego, Alberto Bevilacqua; fotografia: Otello Martelli; scenografia: Mario Garbuglia; costumi: Gabriella Mayer; musica: Armando Trovajoli; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Silvana Mangano, Alberto Sordi; origine: Italia; produzione: Dino De Laurentiis Cinematografica; durata: 7′
Moglie e marito litigano a causa di un canarino…
a seguire
L’automobile (ep. de La mia signora, 1964)
Regia: Tinto Brass; soggetto e sceneggiatura: Rodolfo Sonego; fotografia: Bruno Barcarol; scenografia: Mario Garbuglia; costumi: Gabriella Mayer; musica: Armando Trovajoli; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Silvana Mangano, Alberto Sordi; origine: Italia; produzione: Dino De Laurentiis Cinematografica; durata: 9′
Moglie e marito divisi da una macchina…
ore 21.00
Incontro moderato da Enrico Magrelli con Tinto Brass
a seguire
Chi lavora è perduto (1963)
Regia: Tinto Brass; soggetto e sceneggiatura: T. Brass, con la collaborazione di Kim Arcalli; fotografia: Bruno Barcarol; scenografia: Raul Schultz; costumi: Danilo Donati; musica: Piero Piccioni; montaggio: Tinto Brass; interpreti: Sady Rebbot, Pascale Audret, Nando Angelini, Andreina Carli, Gino Cavalieri, Tino Buazzelli; origine: Italia/Francia; produzione: Zebra Film, Franco London Film; durata: 80′
«Avevo steso da solo un primo trattamento che poi ho sottoposto all’attenzione di Kim Arcalli. In quel periodo stavamo in Yugoslavia per Ça Ira. Il primo copione traeva spunto da Joyce. Mi divertivo molto a creare piccoli giochetti di parole. Molti sono entrati a far parte del lungo monologo del film. Insieme a Kim, dopo il trattamento, abbiamo proceduto nella stesura della sceneggiatura, sulla base della prima scrittura realizzata da me soltanto. Molte cose sono rimaste intatte. […] Il film disorientava, era diverso rispetto ai film che si producevano, che si giravano all’epoca. Questo modo diverso di riprendere la realtà veniva sicuramente dal fatto di aver svolto l’apprendistato in Francia. La struttura del film, il modo di raccontare, l’uso della macchina, il linguaggio erano diversi e sconcertavano. E in più c’era anche una vena anarchica e trasgressiva, di contestazione. […] Mi discosto dalle lotte operaie. Era una mia personale angoscia. Tutti per il lavoro… vogliamo il lavoro. Nessuno si rendeva conto quanto fosse brutto e noioso. Il lavoro è una condanna. Questa non era certo una posizione ortodossa» (Brass).
Proiezione in dvd per gentile concessione di Minerva – Ingresso gratuito
venerdì 3
ore 17.00
Yankee (1966)
Regia: Tinto Brass; soggetto e sceneggiatura: Alberto Silvestri, T. Brass; fotografia: Alfio Contini; scenografia e costumi: Giulia Mafai, Juan Alberto Soler; musica: Nini Rosso; montaggio: Juan Oliver; interpreti: Philippe Leroy, Adolfo Celi, Mirella Martin, Jacques Herlin, Tomas Torres, Paco Sanz; origine: Italia/Spagna; produzione: Tigielle 33, P.C. Balcazar; durata: 104′
«Era soprattutto il linguaggio quello che mi affascinava. Che la sperimentazione sul linguaggio fosse applicata al western, alla commedia di costume o al giallo non importava. Mi interessava fare esperimenti narrativi, linguistici. Yankee era forse uno degli esperimenti più arditi che ho tentato. Poi con la produzione del film ci furono molti problemi. […] Volevo fare un film a ideogrammi. Alla maniera della scrittura cinese ove un segno indica il tutto. Io allora non filmavo il cavallo, ma un occhio, oppure uno sperone. Nel film si passa dal totale, con la canna della pistola in primo piano, al dettaglio e al primissimo piano. I personaggi sembrano bidimensionali, come in un fumetto. In sede di montaggio sono cominciati a nascere i primi malumori; poi ho fatto causa alla produzione e ho vinto il processo. Così ho ritirato il nome dal film» (Brass).
ore 19.00
Col cuore in gola (1967)
Regia: Tinto Brass; soggetto: T. Brass, liberamente tratto dal romanzo Il sepolcro di carta di Sergio Donati; sceneggiatura: T. Brass, Francesco Longo, Pierre Levy-Corti; suggerimenti grafici di Guido Crepax; scenografia: Carmelo Patrono; costumi: Bice Brichetto; musica: Armando Trovajoli; montaggio: T. Brass; interpreti: Jean-Louis Trintignant, Ewa Aulin, Roberto Bisacco, Charles Kohler, Luigi Bellini, Vira Silenti; origine: Italia/Francia; produzione: Panda Cinematografica, Les Films Corona; durata: 78′
«Londra all’epoca rappresentava quello che in precedenza aveva rappresentato Parigi: il luogo della trasgressione, della libertà. […] Anche se il film era tratto da un romanzo di Sergio Donati, e la storia non era ambientata a Londra, ce l’ho portata io. […] La sceneggiatura è stata scritta tenendo presenti i moduli del fumetto. I suoni onomatopeici: “Ough!”, “Slam!”, esistevano già nella sceneggiatura. Il produttore diceva: “Ma come scrivi?” “E beh scrivo così”. […] C’era un clima di libertà assoluta. Trintignant in alcune interviste diceva che era meravigliato dal modo in cui giravo. Stavamo in mezzo alla strada, ce ne fregavamo di tutti, anche della polizia» (Brass).
Road To Ruins Film Festival – Suoni e Visioni del Rock
Il Road To Ruins rinnova la collaborazione con la Cineteca Nazionale, inaugurata lo scorso novembre presso il Cinema Farnese, proponendo la punta di diamante della prima edizione del festival: W Zappatore, promettente opera prima di Massimiliano Verdesca, premiato come miglior film narrativo e come migliore protagonista femminile (Sandra Milo) al Brooklyn Film Festival 2011. Verdesca dà vita ad un’opera che fonde l’immaginario più cupo del rock, suoni estremi e satanismo, con un’estetica “salentina” stilizzata totalizzante. Silenzi irreali e trovate esilaranti supportate da un cast di attori straordinari riportano al miglior cinema di Kaurismaki, dando vita a un’opera d’autore di rara bellezza e coraggio… Per chi volesse saperne di più sul film: www.wzappatore.com
ore 21.00
W Zappatore (2011)
Regia: Massimiliano Verdesca; soggetto: M. Verdesca; sceneggiatura: M. Verdesca, Emiliano Ereddia; scenografia: Alessio Baskakis; costumi: Susan Boffi, Alessandra Impalli; musica: Marcello Zappatore; montaggio: Claudio Bonafede; interpreti: M. Zappatore, Sandra Milo, Guia Jelo, Monica Nappo, Ilario Suppressa, Raffaele Maisto; origine: Italia; produzione: Apnea Film, Rock’n’Dog; durata: 85′
Marcello Zappatore è un ragazzo di 33 anni che, per guadagnarsi da vivere, suona la chitarra elettrica in una band metal satanista famosa nella provincia di Lecce. La vita di Marcello è presto sconvolta da uno straordinario evento: un fastidioso prurito al costato si rivela, in seguito, essere una stigmate. Dono divino o necessità di cambiamento? Questo Marcello non lo sa, ma la stigmate gli procura non pochi problemi. In breve tempo, a causa della sua involontaria vicinanza a Dio, Marcello perde la ragazza e la casa in cui convivevano. Inoltre, cacciato dalla sua band che rifiuta un chitarrista “stigmatizzato”, perde anche il lavoro. Si ritrova così a dover affrontare un viaggio tutto personale attraverso due mondi apparentemente incompatibili: quello di Dio e quello del rock’n’roll.
a seguire
Incontrocon Massimiliano Verdesca e Sandra Milo
sabato 4
ore 17.15
Nerosubianco (1969)
Regia: Tinto Brass; soggetto e sceneggiatura: T. Brass, con la collaborazione di Francesco Longo; collaborazione ai dialoghi: Giancarlo Fusco; fotografia: Silvano Ippoliti; scenografia: Peter Murray; costumi: Giuliana Serrano; musica: The Freedom; montaggio: T. Brass; interpreti: Anita Sanders, Terry Carter, Nino Segurini, Umberto Di Grazia; origine: Italia; produzione: Lion Film; durata: 75′
«Non esisteva una sceneggiatura. Ho scritto un po’ di pagine, in rima. Sapevo che si sarebbe trattato di un musical sui generis. Ho convinto De Laurentiis a lavorare con il solito sistema: “Dammi un po’ di soldi che me la vedo io”. “E perché vai a girare a Londra?” “Perché mi va”. E comunque dopo lui ha fatto un sacco di soldi con questo film. Ha fatto colpo soprattutto in America, dove De Laurentiis si era preoccupato di distribuirlo. Coloro a cui l’ha mostrato erano impazziti. Cosicché sono andato in America. Le Major mi hanno aperto tutte le porte. A Hollywood avevo addirittura un ufficio negli stabilimenti della Paramount. C’era un corridoio che sembrava lungo un chilometro con tutti quei nomi famosi scritti sulle porte, e su una di queste c’era scritto anche Tinto Brass. […] È girato come un happening. Uscivamo dall’albergo con questa piccola troupe. “Dove andiamo?”. “Boh, andiamo!”. Giravamo per Londra, entra di qua, vai di là, prendevamo un battello, andavamo sul fiume…”» (Brass).
ore 19.00
L’urlo (1970)
Regia: Tinto Brass; soggetto: T. Brass; sceneggiatura: T. Brass, Francesco Longo; dialoghi: Giancarlo Fusco, Luigi Proietti; fotografia: Silvano Ippoliti; arredamento: Enzo Varano; costumi: Maricia D’Alfonso; musica: Fiorenzo Carpi; montaggio: Tinto Brass; interpreti: Tina Aumont, L. Proietti, Nino Segurini, Germano Longo, Edoardo Florio, Tino Scotti; origine: Italia; produzione: Lion Film; durata: 93′
«Lo stimolo erano i fatti che succedevano. Mi ricordo che avevo scritto due o tre cartelle che cominciavano così: “Se la storia si mette a correre il cinema non può continuare a camminare”. Ciò rende l’idea del film a cui pensavo quando l’ho proposto a De Laurentiis. Tutti quei fermenti erano nell’aria. Non è un film sul Sessantotto, ma del Sessantotto. Che respira quegli umori. E che ruota attorno ad un’idea metaforica: una fuga virtuale che può durare sette giorni – infatti c’è una scansione a episodi che fa pensare a una durata di sette giorni – oppure sette minuti, sette secondi, eccetera» (Brass).
ore 20.45
Salon Kitty (1976)
Regia: Tinto Brass; soggetto: T. Brass, Antonio Colantuoni, Maria Pia Fusco; sceneggiatura: Ennio De Concini, M. P. Fusco, T. Brass; fotografia: Silvano Ippoliti; scenografia: Enrico Fiorentini; costumi: Ugo Pericoli, Jost Jacob; musica: Fiorenzo Carpi; montaggio: T. Brass; interpreti: Helmut Berger, Ingrid Thulin, Thérèse Ann Savoy, John Steiner, Sara Sperati, Maria Michi; origine: Italia; produzione: Coralta Cinematografica; durata: 129′
«Anzitutto non considero né Salon Kitty né Caligola dei film sul sesso. Sono ancora film sociali, film sul potere, in cui magari uso metafore di carattere sessuale per rendere più accessibile il discorso. Ho affrontato seriamente il tema del sesso solo a partire da La chiave. Gli altri film rientrano ancora nell’ottica di quelli precedenti, in cui si ha l’uso strumentale di certi temi. […] Mentre prima i film erano quasi sperimentali o comunque vi prevaleva l’esigenza espressiva, poi diventa importante la comunicazione col pubblico. È così che cambia la struttura del film. È solo da allora ad esempio che ho cominciato a scrivere sceneggiature vere e proprie: esattamente da Salon Kitty, che ho scritto assieme a De Concini, a Caligola con Gore Vidal, e La chiave, per la quale ho scritto una grossa sceneggiatura con Fusco e da solo. […] Con Salon Kitty ho avuto problemi, ma di carattere censorio. La censura chiedeva tagli che non volevo fare» (Brass).
martedì 7
ore 20.45
Action (1980)
Regia: Tinto Brass; soggetto: T. Brass; sceneggiatura: Giancarlo Fusco, Roberto Lerici, T. Brass; fotografia: Silvana Ippoliti; scenografia: Claudio Cinini; costumi: Jost Jakob; musica: Riccardo Giovannini; montaggio: T. Brass; interpreti: Luc Merenda, Adriano Asti, Susanna Javicoli, Paola Senatore, Alberto Sorrentino, Franco Fabrizi; origine: Italia; produzione: Ars Cinematografica; durata: 119′
«Era una riflessione, non sul mio lavoro, ma su come veniva recepito. Simili dilemmi che venivamo sollevati allora avevano un fondamento, bisognava trovare una risposta. Vedere cosa si intendeva per arte, cosa per pornografia, ecc. […] Da Action esce un grande amore per il cinema, per la finzione. La finzione non finisce mai: l’attore si ritrova a fare nella vita quello che faceva all’inizio come attore. Alla fine risulta che comunque sta sempre recitando» (Brass)