Sergio Castellitto. Senza arte né parte
13 Giugno 2012 - 17 Giugno 2012
«Un volto inconfondibile che si presta a delle imprevedibili trasformazioni grazie a una sottile capacità di introspezione del personaggio da interpretare: Sergio Castellitto è l’erede dei mostri sacri del cinema italiano, Marcello Mastroianni, Ugo Tognazzi, Nino Manfredi, Alberto Sordi e Vittorio Gassman, attori in grado di calarsi in ogni ruolo mantenendo una precisa identità, in un gioco di immedesimazione che punta tutto sulla sottigliezza recitativa piuttosto che sul camaleontismo fisico. L’apparente normalità della recitazione, una naturalezza di gesti ed espressioni raggiunta grazie allo studio e all’applicazione, con decisive esperienze teatrali alle spalle. Questa naturalezza ha consentito a Castellitto di prestare il suo volto ad alcuni dei personaggi più amati dagli italiani, come Fausto Coppi, Enzo Ferrari e padre Pio, ed è in queste interpretazioni, al cospetto di autentiche icone popolari, che l’attore svela un altro lato del suo carattere: l’umanità che abbatte qualsiasi mito e mistificazione. Un attore di estrema finezza che ha contribuito, negli ultimi trent’anni, al rinnovamento del cinema italiano legando il suo nome a quello di registi come Amelio (La stella che non c’è), Bellocchio (L’ora di religione, Il regista di matrimoni), Scola (La famiglia, Concorrenza sleale), Tornatore (L’uomo delle stelle) […], per poi imporsi anche all’estero, con una presenza ormai costante nel cinema francese, dove ha modo di farsi apprezzare da Jacques Rivette (Chi lo sa? e Questione di punti di vista)» (dalla quarta di copertina del volume a cura di Enrico Magrelli, Sergio Castellitto. Senza arte né parte, Rubettino, Soveria Mannelli, 2012, realizzato in occasione dell’omaggio all’attore nell’ambito della 13° edizione del Festival del Cinema Europeo di Lecce).
mercoledì 13
ore 17.00
Tu sei differente (1985)
Regia: Alberto Taraglio; soggetto e sceneggiatura: Luca Benedetti, A. Taraglio; fotografia: Paolo Sanna; scenografia: Giacomo Calò Carducci; costumi: Luigi Bonanno; montaggio: L. Benedetti; interpreti: Sergio Castellitto, Monica Rametta, Clara Colosimo, Alberto Mangiante, Pierluigi Cuomo, Bianca Pesce;origine: Italia; produzione: Csc; durata: 39′
Vite di Francesco Grigioni, oscuro impiegato dell’ufficio di collocamento, e di Diana Parmeggiani, neo laureata in attesa di prima occupazione. Inevitabile l’incontro, con effetti tragici per entrambi. Lui conduce un programma in una radio e sogna di sfondare in tv, lei sogna l’amore. In stile Zelig: voce fuori campo (di Pino Locchi), immagini di repertorio, fotografie, interviste, per ricostruire le vite dei due. Ironico e, malgrado il tema, spensierato.
a seguire
Le général de l’Armée morte (L’armata ritorna, 1984)
Regia: Luciano Tovoli; soggetto: dal romanzo omonimo di Ismael Kadaré; sceneggiatura: Jean-Claude Carrière, M. Piccoli, L. Tovoli; fotografia: L. Tovoli, G. Tinelli; scenografia: Alessandro Dell’Orco; costumi: Karl Lagerfeld, Giulia Mafai; montaggio: Noëlle Boinou, Marie Robert, Jennifer Auge; interpreti: Marcello Mastroianni, Michel Piccoli, Anouk Aimée, Gérard Klein, Sergio Castellitto, Daniele Dublino; origine: Italia/Francia; produzione: Antea Cinematografica, Rai, A.2 Films, Films 66, U.G.C. – Union Générale Cinématographique; durata: 87′
Nei primi mesi del 1960, quasi 20 anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, un generale italiano, accompagnato da un sacerdote che è anche un colonnello dell’esercito italiano, viene inviato dal Governo italiano in Albania per individuare e raccogliere le ossa dei connazionali e dare dignitosa sepoltura. Organizzando il lavoro si interrogano sul loro compito e sul significato delle guerre. Si accorgono che anche un generale tedesco è lì con lo stesso compito. «Un giorno si presentò Castellitto. Io non lo conoscevo minimamente. […] Vidi subito in lui un certo tipo di humour unito a una timidezza venata d’innocenza e di delicatezza. Scelsi senza alcuna remore Sergio e non me ne sono pentito. Per il ruolo che doveva interpretare recitava accanto a Mastroianni e Piccoli. C’era in lui la timidezza di attore giovane che non aveva ancora fatto molto e si trovava vicino a questi grandi mostri sacri. Aveva quindi un atteggiamento estremamente attento, ma mai preoccupato. Nel film Castellitto ha sfoggiato una serie di sorrisi che sono perfetti per il personaggio che doveva interpretare» (Tovoli).
ore 19.15
Sembra morto… ma è solo svenuto (1986)
Regia: Felice Farina; soggetto: Sergio Castellitto; sceneggiatura: F. Farina, S.Castellitto, Gianni Di Gregorio; fotografia: Renato Tafuri; scenografia: Valentino Salvati; costumi: Cinzia Milani; musica: Lamberto Macchi; montaggio: Roberto Schiavone; interpreti: S. Castellitto, Marina Confalone, Mario Prosperi, Claudio Spadaro, Marco Giardina, Susanne Rust; origine: Italia; produzione: Rai, Tecno Image Production;durata: 86′
I fratelli Romano e Marina Duranti vivono in un piccolo appartamento in periferia. Marina batte a macchina tesi di laurea, Romano rapisce cani di razza per chiedere il riscatto. Nella loro vita entra Alfio, un nuovo dirimpettaio, che diventa l’amante di Marina. Alfio nasconde nel frigorifero di casa Duranti un chilogrammo di cocaina. Romano se ne accorge, ma mentre litiga con Alfio, irrompe la polizia. Alfio si dà alla fuga con Marina, mentre Romano riesce con uno stratagemma a liberarsi degli agenti. Dopo qualche anno Romano è diventato un boss di quartiere. Un giorno torna Marina, incinta e con le doglie. Mentre accompagna la sorella in ospedale, Romano viene colpito da un colpo di fucile. «Sembra morto… ma è solo svenuto è un film importantissimo per me e per la mia carriera, perché è un film che ho scritto, che ho inventato nel soggetto e nella sceneggiatura, poi firmata con gli altri, ma so, e lo sanno anche gli altri, che il dna di quel progetto è completamente mio. […] È importantissimo perché lì si affaccia per la prima volta un gusto, che scopro di avere, verso quello che banalmente o in maniera il più possibile semplice, si definirebbe il grottesco o un certo grottesco, che preferisco chiamare il paradossale e in un certo senso irreale, e non irrealismo, perché qui viene fuori la mia profonda educazione teatrale» (Castellitto).
ore 21.00
Stasera a casa di Alice (1990)
Regia: Carlo Verdone;soggetto e sceneggiatura: Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, C. Verdone, Filippo Ascione; fotografia: Danilo Desideri; scenografia: Virginia Vianello; costumi: Tatiana Romanoff;musica: Vasco Rossi; montaggio: Antonio Siciliano;interpreti: C. Verdone, Ornella Muti, Sergio Castellitto, Yvonne Sciò, Cinzia Leone, Beatrice Palme; origine: Italia;produzione: Cecchi Gori Group – Tiger Cinematografica, Pentafilm;durata: 122′
Filippo e Saverio hanno sposato due sorelle, Gigliola e Caterina. Gigliola scopre che Filippo ha una relazione con una certa Alice, ne parla con la sorella e con Saverio, il quale prende a cuore la cosa e invita il cognato a tornare in famiglia. Poi si reca a casa di Alice per mandarla via dall’appartamento, che è di proprietà di Gigliola. Il giorno dopo Saverio torna a casa di Alice per la consegna delle chiavi e cade anche lui nella trappola degli occhi della ragazza. Inizia così per Saverio un periodo di “frequentazione” segreta, mentre Filippo cade in una profonda depressione. «Carlo Verdone è stato il primo incontro con la commedia […] Carlo mi ha insegnato, oltre al gusto di saper stare dentro la commedia maneggiando tutti i materiali del genere, compresa la volgarità senza però rimanerne seppelliti. Perché quella è la grandezza anche di un attore come lui, saperla sfiorare, saper anche dire la parolaccia, però sempre dentro un equilibrio. […] E poi Carlo ha una generosità nei confronti degli attori con cui lavora che è impressionante. […] Non è mai geloso. È un piacere reciatre con lui. Insieme ci siamo divertiti da matti! È difficile da spiegare, perché non sai quando finisce e quando cominci con il ciak, certe volte» (Castellitto).
giovedì 14
ore 17.00
La carne (1991)
Regia: Marco Ferreri;soggetto: M. Ferreri, Liliana Betti; sceneggiatura: M. Ferreri, Liliana Betti; fotografia: Ennio Guarnieri; scenografia: Sergio Canevari; costumi: Nicoletta Ercole; montaggio: Ruggero Mastroianni;interpreti: Sergio Castellitto, Francesca Dellera, Philippe Léotard, Farid Chopel, Petra Reimhard, Gudrun Gundelach; origine: Italia;produzione: Master Movie Distribution;durata: 90′
Paolo, separato con due figli, è impiegato al Comune e la sera suona il piano un po’, dove capita. Il suo problema è ritrovare Dio. La sua Prima Comunione è stata un’esperienza di totale immersione nel divino e lui vorrebbe riviverla. Francesca è una giovane donna autosufficiente, bianca e luminosa. Gira il mondo senza meta, vivendo quello che le capita. Viene da un’esperienza con un guru indiano. È rimasta incinta. Ha abortito ed è tornata a vagare. Paolo e Francesca si incontrano nel night di un amico di Paolo. Tra loro è subito amore. Si rinchiudono nella casa al mare di Paolo, da cui escono solo per acquistare cibo, specialmente carne, conservata in un frigorifero vicino al letto. Ma gli amplessi frenetici non riescono a realizzare la totalità che Paolo sogna. Il rapporto si esaurisce e Francesca pensa di andare via. Paolo sogna un’altra possibilità di fusione… «La carne di Marco Ferreri è una commedia in forma di incubo, un film che verrà rivalutato negli anni. La sceneggiatura era composta solo da una trentina di pagine di una storia al limite della comprensibilità e ho capito subito che tutto sarebbe stato cambiato sul set, che avremmo lavorato in un modo totalmente diverso. E infatti è stata un’esperienza importante sul piano dell’improvvisazione e dell’immediatezza» (Castellitto).
ore 19.00
Il grande cocomero (1993)
Regia: Francesca Archibugi;soggetto e sceneggiatura: F. Archibugi; fotografia: Paolo Carnera; scenografia: Livia Borgognoni; costumi: Paola Marchesin; musica: Battista Lena, Roberto Gatto; montaggio: Roberto Missiroli; interpreti: Sergio Castellitto, Anna Galiena, Alessia Fugardi, Silvio Vannucci, Alessandra Panelli, Victor Cavallo; origine: Italia/Francia; produzione: Ellepi Film, Italian International Film, Rai, Crysalide Films, Moonlight Films; durata: 103′
Valentina, una ragazzina di dodici anni chiamata da tutti Pippi, viene ricoverata al reparto di neuropsichiatria infantile del Policlinico di Roma dopo una crisi epilettica. Arturo, il giovane psichiatra che la prende in cura, tenta prima di farle accettare la sua malattia, poi cerca di capire la complessa struttura della sua famiglia. Il padre e la madre sono incapaci di fronteggiare il male della loro unica figlia, tentano di proteggerla ma allo stesso tempo lasciandola sola. Al reparto Pippi trova un ambiente affettivo in cui Arturo la induce a tentare nuove relazioni. «Il grande cocomero lo considero da questo punto di vista uno dei film più romantici e generazionali, perché c’era dietro la storia di Marco Lombardo Radice. Il personaggio era ispirato naturalmente a lui anche se si chiama in un altro modo. Nel film c’è stato questo incontro con questi ragazzi, con questa generazione, cioè il racconto di una malattia sociale, che era l’epilessia, o supposta tale, incarnata nel personaggio di quella ragazzina. […] Fu proprio Francesca Archibugi a propormi il film. Lessi il copione e rimasi abbagliato da questo personaggio che era luminoso e nello stesso tempo pieno di contraddizioni, con un passato difficile. […] Ricordo davvero il film come un’avventura emotivamente molto forte. Avevamo tutti la sensazione di compiere qualcosa che in qualche misura sarebbe rimasto ed è rimasto» (Castellitto). «Ho rischiato di farlo affogare in trenta centimetri d’acqua. Era un’inquadratura semplicissima, un primo piano del suo viso che scivolava sott’acqua in una vasca da bagno. Sergio era nudo. Le mutande rischiavano di entrare in campo. […] Al quarto o quinto ciak si è scomposto, ha fatto un movimento incomprensibile, sconclusionato, gli è entrata l’acqua nel naso, ha aperto la bocca, ha inspirato una sorsata d’acqua e ha annaspato come fosse in mezzo all’oceano pacifico. Ho dato lo stop e dopo poco è arrivato in accappatoio. Lo sguardo sulla soglia, quando è apparso, è forse il ricordo più vivido che ho di lui» (Archibugi).
ore 21.00
L’uomo delle stelle (1995)
Regia: Giuseppe Tornatore; soggetto: G. Tornatore; sceneggiatura: Fabio Rinaudo, G. Tornatore; fotografia: Dante Spinotti; scenografia: Francesco Bronzi; costumi: Beatrice Bordone; musica: Ennio Morricone; montaggio: Massimo Quaglia; interpreti: Sergio Castellitto, Tiziana Lodato, Clelia Rondinella, Jane Alexander, Tony Sperandeo, Leo Gullotta; origine: Italia; produzione: Cecchi Gori Group – Tiger Cinematografica, Rai; durata: 114′
Joe Morelli, uomo dal passato avventuroso, è uno scopritore di nuovi talenti per il cinema e promette, a quelli che supereranno un accurato provino, una brillante carriera d’attore a Cinecittà. Davanti alla macchina da presa di Joe gli aspiranti attori provano a recitare, ma soprattutto si confessano. Raccontano storie comiche e tragiche, peccati, soprusi, drammi mai rivelati a nessuno. Raccontano la Sicilia, la sua solitudine, il suo bisogno di riscatto, di dignità, di benessere. E, nel caleidoscopio di casi umani, emerge quello di Beata, una trovatella diciottenne che potrebbe cambiare la vita di Joe se l’avventura dell'”uomo delle stelle” non prendesse a un certo punto una piega imprevista. Joe si renderà conto che anche lui, come i siciliani, è solo, incompreso, vinto, capace soltanto di sognare. Premio miglior attore Nastri d’Argento 1996. «L’uomo delle stelle di Giuseppe Tornatore è un film cupo seppur con note da commedia all’italiana. Joe Morelli, il personaggio che interpreto, è “figlio” di Alberto Sordi, di Gassman o di Manfredi ma andava rielaborato per essere inserito in questa cornice drammatica. All’inizio Tornatore era preoccupato per il tipo di interpretazione che volevo dare al personaggio ma poi mi ha lasciato completamente libero. Ho un ricordo bellissimo del film anche perché è stato un viaggio dentro la Sicilia, una Sicilia che io non conoscevo. […] Ero abituato a una Sicilia marina. Non a una Sicilia delle montagne, di certi entroterra terribili e scuri, ma anche vivi, raccontati in modo particolare grazie anche alla luce di quel genio che è Dante Spinotti» (Castellitto).
venerdì 15
ore 17.00
Libero Burro (1999)
Regia: Sergio Castellitto; soggetto: dal racconto di Bruno Gambarotta Torino, Lungodora Napoli; sceneggiatura: Piero Bodrato, S. Castellitto, Margaret Mazzantini, Giulia Mibelli; fotografia: Gianfilippo Corticelli, Chicca Ungaro; scenografia: Sonia Peng; costumi: Paola Bonucci; musica: Angélique Nachon, Jean-Claude Nachon; montaggio: Mauro Bonanni; interpreti: S. Castellitto, Margaret Mazzantini, Michel Piccoli, Chiara Mastroianni, Bruno Armando, Pietro Contento; produzione: Intrepido Film, Rai Cinemafiction, MA Productions; durata: 100′
Libero Burro è un quarantenne di origine centromeridionale che ha deciso di fare il manager a Torino. Eccolo lanciarsi nell’azzardo di accaparrarsi La Cavalerizza, uno stabile in pieno centro di proprietà del suo amico perdigiorno Marione, indefesso giocatore di cavalli e padre della bella Rosa. Nelle sere di afa estiva, al tavolo del ristorante del marsigliese Tony, Libero racconta a gran voce sogni e progetti, e i ragazzi presenti lo ascoltano ammirati. Si mette poi a studiare alle scuole serali insieme ai marocchini per prendere il diploma di geometra. In questa occasione conosce Caterina, professoressa d’italiano, di cui diventa l’amante. Libero è estroverso, simpatico, dalla battuta pronta. Ma troppa invadenza comincia a dare fastidio. «Mi proposero la regia del film. Accettai di realizzare questo progetto, poi ci furono, come al solito, problemi produttivi, organizzativi, anche di relazioni. Il libro era molto bello, molto divertente e grottesco […]. Per me è stata un’esperienza importante perché è stata la prima volta che recitavo e dirigevo. Dal punto di vista proprio “sportivo”, ho capito quanto fosse interessante la fatica fisica della regia, non quella intellettuale. Quella intellettuale è stimolante, spesso è anche noiosa, è implosiva, è tutta interiorizzata, mentre dirigere un film è già di per sé un esercizio fisico, almeno per quello che mi riguarda: io sono sudato, puzzo alla fine della giornata, puzzo fisicamente come un operaio. Anche il corpo del regista lavora» (Castellitto).
ore 19.00
Concorrenza sleale (2001)
Regia: Ettore Scola; soggetto: Furio Scarpelli; sceneggiatura: E. Scola, F. Scarpelli, Silvia Scola, Giacomo Scarpelli; fotografia: Franco Di Giacomo; scenografia: Luciano Ricceri; costumi: Odette Nicoletti; musica: Armando Trovajoli; montaggio: Raimondo Crociani; interpreti: Diego Abatantuono, Sergio Castellitto, Gerard Depardieu, Sabrina Impacciatore, Claudio Bigagli, Elio Germano; origine: Italia; produzione: A.GI.DI., Medusa Film, Telepiù, Filmtel; durata: 106′
I protagonisti sono due commercianti di stoffe che hanno negozi attigui nell’Italia del 1938. Uno è ebreo, l’altro no. Li divide una piccola rivalità professionale, alimentata da screzi, tiri mancini e furbizie da commercianti. In poche parole non si amano. Finché non vengono promulgate le terribili e tristemente famose leggi razziali contro gli ebrei. Il rapporto tra i due allora comincia a cambiare. L’intolleranza, l’esclusione, non avere gli stessi diritti, non poter frequentare le stesse scuole, non poter esercitare il proprio lavoro, né tenere aperto il proprio negozio, scoprire di essere considerati “diversi” per nascita e per razza fanno avvicinare i due, una volta nemici. Nasce così un’amicizia, un mutuo soccorso alle ingiustizie subite da uno dei due. Solo l’unione può fare la forza. «Il bozzettismo tipico di Scola non manca; c’è un puntiglio persino eccessivo nella ricostruzione d’epoca […] ma i momenti autentici esistono e il duo Abatantuono-Castellitto è ammirevole per misura e intensità» (Morandini).
ore 21.00
L’ora di religione (2002)
Regia: Marco Bellocchio; soggetto e sceneggiatura: M. Bellocchio; fotografia: Pasquale Mari; scenografia: Marco Dentici; costumi: Sergio Ballo; musica: Riccardo Giagni; montaggio: Francesca Calvelli; interpreti: Jacqueline Lustig, Chiara Conti, Gigio Alberti, Alberto Mondini, Gianfelice Imparato, Gianni Schicchi Gabrieli; origine: Italia; produzione: Filmalbatros, Rai Cinema; durata: 105′
Ernesto è un affermato pittore, illustratore di favole per bambini, separato dalla moglie Irene, padre del piccolo Leonardo, al quale è profondamente legato. Apprende da un misterioso Don Pugni, segretario dell’altrettanto enigmatico Cardinal Piumini, che vogliono fare santa sua madre. Ernesto resta colpito dalla notizia, non solo perché si rende conto di essere stato tenuto all’oscuro di tutto dalla sua famiglia, ma anche perché la vicenda contrasta con il suo mondo di artista e di uomo libero e ateo. Le pressioni e le iniziative affinché partecipi al processo di beatificazione si accentuano. I conflitti esplodono. Il ricordo della madre apre una vertigine che lo spinge a rielaborare il passato e a vivere diversamente il presente. «È un film decisivo, importante sia per me che per Bellocchio. […] Ernesto Picciafuoco, il personaggio che interpreto nel film di Bellocchio, è come Marco, un uomo con una spiritualità inquieta, che nega attraverso un ateismo troppo insistito per essere vero, e che realizza un cinema profondamente religioso. In questo, seppur in maniera rigorosa, è un cinema che rasenta il melodramma» (Castellitto).
sabato 16
ore 17.00
Caterina va in città (2003)
Regia: Paolo Virzì; soggetto: P. Virzì, F. Bruni; sceneggiatura: P. Virzì, F. Bruni; fotografia: Arnaldo Catinari; scenografia: Tonino Zera; costumi: Bettina Pontiggia; musica: Carlo Virzì; montaggio: Cecilia Zanuso; interpreti: S. Castellitto, Margherita Buy, Alice Teghil, Claudio Amendola, Antonio Carnevale, Paola Cruciani; origine: Italia; produzione: Rai Cinema, Cattleya, Sky; durata:107′
Giancarlo Iacovoni, insegnante di ragioneria, si trasferisce con la sua famiglia dalla provincia laziale alla capitale, animato da sogni di riscossa per seppellire un decennio segnato da umiliazioni e sconfitte. Temuto dai parenti, sempre in soggezione di fronte alla sua presunta superiorità e adorato dalla moglie Agata, donna semplice, provinciale e, ingenua, Giancarlo punta le sue carte su Caterina, figlia tredicenne, timida e appassionata di canto polifonico. La ragazzina deve districarsi tra le amiche della classe, di più nobile provenienza, fino ad attirare l’attenzione e diventare il principale oggetto di contesa tra le rivali Margherita e Daniela. Nel corso dell’anno scolastico si compie il percorso di scoperta, da parte di Caterina, di una certa umanità metropolitana e quello di disillusione di Giancarlo. «Caterina va in città conferma che il cinema italiano attraversa un momento bellissimo, forte d’ispirati miniaturisti della recitazione come Sergio Castellitto e Margherita Buy; o come il sorprendente Claudio Amendola, che per mettere allo spiedo il suo uomo politico deve essere preparato su Porta a porta» (Kezich).
ore 19.00
Non ti muovere (2004)
Regia: Sergio Castellitto; soggetto: dal romanzo omonimo di Margaret Mazzantini; sceneggiatura: S. Castellitto, M. Mazzantini; interpreti: S. Castellitto, Penelope Cruz, Claudia Gerini, Angela Finocchiaro, Marco Giallini, Pietro De Silva; fotografia: Gianfilippo Corticelli; scenografia: Francesco Frigeri; costumi: Isabella Rizza; musica: Lucio Godoy; montaggio: Patrizio Marone; origine: Italia/Spagna/Gran Bretagna; produzione: Cineritmo, Medusa Film, Cattleya, Alquimia Cinema S.A., The Producers Films Ltd, Telecinco; durata: 122′
In una giornata piovosa una ragazza di quindici anni frena, scivola e cade dal motorino: non ha rispettato lo stop. Una corsa in ambulanza verso l’ospedale. Lo stesso in cui il padre lavora come chirurgo. Mentre un collega opera sua figlia, Timoteo rimane in attesa. Nel terrore dell’evento estremo, racconta, gettando la sua maschera di fermezza e cinismo, di padre e marito modello, la sua vicenda con Italia, una ragazza che viveva in miseria. Nella speranza di poter barattare le parole con il silenzio del coma, la morte con la vita, rivela, in un immaginario dialogo con la figlia, un segreto doloroso: un amore extraconiugale potente e viscerale. Ed ecco apparire un’estate arroventata di tanti anni prima, una squallida periferia urbana, una donna capace di amare. «Non mi sono scelto subito come attore, all’inizio non pensavo di prendermi, perché pensavo che quel personaggio, quel Timoteo, dovesse avere le sembianze di un attore che avesse un’antipatia, una freddezza, che non mi riconoscevo. Avevo pensato a John Malkovich, attore che considero immenso perché ha qualcosa di feroce, di disperato e di dolcissimo, come certi killer possono avere. Poi mi sono detto: “Ma ne vale la pena? Un personaggio così bello lo vado a dare a Jonh Malkovich? Lo faccio io!”» (Castellitto).
ore 21.15
La stella che non c’è (2006)
Regia: Gianni Amelio; soggetto: G. Amelio, Umberto Contarello, dal romanzo La dismissione di Ermanno Rea; sceneggiatura: G. Amelio, U. Contarello; fotografia: Luca Bigazzi; scenografia: Attilio Viti; costumi: Cristina Francioni; montaggio: Simona Paggi; musica: Franco Piersanti; interpreti:Sergio Castellitto, Tai Ling, Angelo Costabile, Hiu Sun Ha, Catherine Snq, Enrico Vanigiani; origine: Italia, Svizzera, Francia, Singapore; produzione: Cattleya, Achab Film, Rai Cinema, Babe Films, Carac Film, Berne, RTSI – Radio Televisione Svizzera Italiana; durata:104′
Una delegazione cinese arriva in Italia per rilevare il grande impianto di un’acciaieria in disarmo. Vincenzo Buonavolontà, manutentore specializzato, è convinto che l’altoforno in vendita non sia in buone condizioni e ostinatamente tenta trovare i problemi, perché non succedano, come già in passato, incidenti gravi agli operai. Vincenzo scopre il danno dell’impianto quando i cinesi sono già ripartiti con il carico. Vola a Shanghai per consegnare la centralina modificata che permetterà all’altoforno di funzionare perfettamente. Scoprirà che l’azienda cinese lo ha già rivenduto ad altri e nessuno sa o vuole dire dove sia finito l’altoforno. Inizia così l’odissea di Buonavolontà in una Cina che non somiglia affatto all’immagine che ne aveva da lontano. Accompagnato da Liu Hua, una ragazza poco più che ventenne, studentessa di italiano e guida volenterosa quanto inesperta, Vincenzo percorre in lungo e in largo il grande Paese alla ricerca dell’impianto. «Credo che sia l’ultimo grande film sull’archeologia industriale, psicologica e dove l’oggetto-fabbrica è quasi un’installazione artistica. Quella specie di ruggine, di mostruosità. […] Devo molto a Gianni Amelio, nel senso che lui m’ha consentito di fare un viaggio, appunto, non in un paese, ma su un pianeta! Per me è stato come andare sulla Luna e poi tornare sulla Terra!» (Castellitto).
domenica 17
ore 17.00
Questione di punti di vista (2009)
Regia: Jacques Rivette; soggetto e sceneggiatura: J. Rivette, S. Castellitto, P. Bonitzer, C. Laurent, S. Amitay; interpreti: Jane Birkin, S. Castellitto, André Marcon, Jacques Bonnaffé, Julie-Marie Parmentier, Hélène de Vallombreuse; fotografia: Irina Lubtchansky; scenografia: Manu De Chauvigny, Giuseppe Pirrotta; costumi: Laurence Struz; musica: Pierre Allio; montaggio: Nicole Lubtchansky; origine: Francia/Italia; produzione: Pierre Grise Productions, France 2 Cinéma, Canal +, France 2, Centre National de la Cinématographie, Cinemaundici, Alien Produzioni, Rai Cinema; durata: 86′
Il giorno prima dell’inizio della tournée estiva, il proprietario e fondatore di un piccolo circo scompare tragicamente. Per tentare di salvare la stagione, i membri della compagnia decidono di rivolgersi alla figlia maggiore, Kate. Anche se ha lasciato il circo da una quindicina d’anni, Kate accetta di unirsi a loro. Il caso vuole che sulla sua strada incontri un italiano, Vittorio, che, intrigato dalla personalità di Kate e appassionatosi alla vita del circo, decide di seguirli per un periodo. Poco a poco si inserirà nella vita della compagnia, fino a fare il grande passo ed entrare nello spettacolo. «Capisco che quel film può essere incomprensibile […]; però quel film dovrebbe essere studiato, perché quel film è un nocciolo nucleare di un cinema. Ci sono due, tre immagini che per me, per la mia storia, per la mia carriera valgono quanto la lacrima di Rutger Hauer alla fine di Blade Runner» (Castellitto).
ore 19.00
Alza la testa (2009)
Regia: Alessandra Angelini; soggetto: A. Angelini, Angelo Carbone; sceneggiatura: A. Angelini, A. Carbone, Francesca Marciano; fotografia: Arnaldo Catinari; scenografia: Alessandro Marrazzo; costumi: Daniela Ciancio; musica: Luca Tozzi; montaggio: Massimo Fiocchi; interpreti: S. Castellitto, Gabriele Campanelli, Anita Kravos, Giorgio Colangeli, Laura Maria Ilie, Duccio Camerini; origine: Italia; produzione: Bianca Film, Rai Cinema, Alien Produzioni; durata: 91′
Mero, operaio specializzato in un cantiere nautico, è un padre single. Lorenzo, il figlio nato da una relazione con una ragazza albanese, è la sua unica ragione di vita e il sogno dell’uomo è che il ragazzo diventi un campione di boxe, riscattando così la sua anonima carriera da dilettante. Per questo lo allena duramente, insegnandogli giorno dopo giorno a tirar pugni e a proteggersi dai colpi bassi della vita. L’equilibrio di questo rapporto è sconvolto dal ritorno di Denisa, la madre di Lorenzo, e dall’incontro tra il figlio e la giovane Ana. «Sono molto legato a quel film, sono molto legato a quell’uomo e all’incontro con Alessandro Angelini, perché abbiamo lavorato così bene insieme. Alessandro è uno molto consapevole di quello che vuole fare ma anche felicissimo di poter collaborare, cioè non ha mai storto il naso su nessuna proposta» (Castellitto).
ore 21.00
La bellezza del somaro (2010)
Regia: Sergio Castellitto; soggetto e sceneggiatura: M. Mazzantini; fotografia: Gianfilippo Corticelli; scenografia: Francesco Frigeri; costumi: Chiara Ferrantini; musica: Arturo Annecchino; montaggio: Francesca Calvelli; interpreti: S. Castellitto, Laura Morante, Enzo Jannacci, Marco Giallini, Barbora Bobuleva, Gianfelice Imparato, Nina Torresi; origine: Italia; produzione: Cinemaundici, Alien Produzioni; durata: 107′
Un casale, una famiglia moderna, un gruppo di amici di famiglia,una nonna, una cameriera straniera, uno spaccato della nostra società, un micro mondo. Genitori e figli che si scoprono e riscoprono sotto un’inaspettata provocazione di una figlia minorenne ancora per poche settimane. «Il desiderio di ricchezza e questa paura della povertà è un bell’argomento da trattare. Mi andava, sì, di pisciare sulle scarpe di qualcuno e di essere irriverente nei confronti di questa borghesia politically correct. Alla quale tutti apparteniamo, alla fine. Ci siamo divertiti come matti a scriverla e a recitarla! […] Il film ha avuto la sua storia, anche i suoi detrattori, come al solito. Questo è il mio destino… se no farei altri film. Mi complico la vita. Ho provato a fare una commedia e non un film comico. Penso ci sia una grande differenza» (Castellitto).
Per gentile concessione di Cinemaundici e Alien Produzioni – Ingresso gratuito