“Martedì 18 novembre, al cinema Trevi, incontro con Jacopo Chessa e Emiliano Morreale per la presentazione del volume di Gianni Volpi “Il cinema secondo Lattuada. Bellezza, eros e stile”
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A distanza di cinque anni dalla retrospettiva alla Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro (21-29 giugno 2009), organizzata dal Centro Sperimentale di Cinematografia - Cineteca Nazionale, replicata a settembre dello stesso anno al Cinema Trevi, si torna a rendere omaggio ad Alberto Lattuada, nel centenario della nascita.
venerdì 14
ore 17.00 La freccia nel fianco di Alberto Lattuada (1945, 82')
Dal romanzo omonimo di Luciano Zuccoli. «Lattuada ha sentito il carattere vecchiotto e un po' salottiero della vicenda e nella prima parte del film si è sforzato di ricostruire, sullo sfondo di un castello nobilesco, l'ambiente di dissipazione e di decadenza mondana in mezzo al quale si svolge l'infanzia del precoce piccolo musicista […] Meno ci convincono le parti che vogliono illustrare il successo del musicista al concerto. La seconda parte, con il ritorno al castello e l'adulterio ha assai buoni argomenti e Lattuada, al contrario di Zuccoli, tratta con molta serietà il problema del peccato» (Moravia).
ore 19.00 Il bandito di Alberto Lattuada (1946, 84')
«Reduce dalla prigionia in Germania, Ernesto arriva a Torino, uccide lo sfruttatore della sorella, diventa capo di una banda e muore in uno scontro con la polizia. Film neorealista sui generis: il suo neorealismo è tutto nella prima, suggestiva sequenza, ma poi si trasforma in una gangster story di modello americano sulla quale il regista innesta la sua cultura cinematografica. […] A. Nazzari vinse il Nastro d'argento come miglior attore» (Morandini).
ore 20.45 Il delitto di Giovanni Episcopo di Alberto Lattuada (1947, 92')
«Il protagonista, che narra di sé in prima persona, è un impiegato dell'Archivio di Stato, un tipo dostoevskiano di "umiliato e offeso", succube di un uomo prepotente e sanguigno, un certo Wanzer che vive di espedienti e di cui egli ha sposato l'amante Ginevra. A Ginevra lo lega una sensualità avvilente e miserabile, avendo per unico bene lo struggente amore per il figlio Ciro, decenne» (Cosulich).
sabato 15
ore 17.00 Senza pietà di Alberto Lattuada (1948, 90')
«L'ambiente delle donne costrette dalla miseria alla crudeltà e all'amarezza del commercio con i soldati stranieri, e quello degli speculatori trafficanti, riprodotti senza compiacimenti di effetti facili, inquadrano la vicenda candida di un negro e di una ragazza: non c'è vizio ma dolore, non abbruttimento ma coscienza, e in tutti un'ansia di liberazione e di purificazione, fuorché nei loschi affaristi solo intenti al denaro, al loro mestiere di sciacalli mai sazi» (Valori).
ore 19.00 Il mulino del Po di Alberto Lattuada (1949, 104')
«Tratto dal terzo volume del romanzo di Riccardo Bacchelli, Il mulino del Po è un film corale, in cui i personaggi di primo piano vengono sommersi dalla folla, dalla vasta corrente del fiume, dall'accaldata pianura ferrarese. Lattuada vi racconta la storia d'amore della mugnaia Berta Saraceni e del contadino Orbino Verginesi; ma principalmente racconta un brano di storia della pianura padana, la nascita del socialismo in una zona che ancor oggi ospita le più accanite lotte di fazioni. I contadini scoprono per la prima volta la forza della solidarietà, e collaudano con lo sciopero tale forza ancora incerta, per opporsi al dispotismo del padrone» (Baracco).
domenica 16
ore 17.00 Luci del varietà di Federico Fellini, Alberto Lattuada (1950, 98')
«Il capo di una compagnia di guitti (Peppino De Filippo) che presenta la sua scalcinata rivista in meschini teatri di provincia, inganna un'innamorata (Giulietta Masina) con una fresca campagnola (Carla Del Poggio) che l'abbandona per un impresario (Folco Lulli). Più che di Lattuada, il film reca l'impronta di Fellini. Già si avverte il suo "universo", la divertita tenerezza, la tristezza ironica, il gusto per il barocco, l'amore per il povero mondo dei "guitti"» (Sadoul).
ore 19.00 Anna di Alberto Lattuada (1951, 107')
«Anna è una sirena di locali notturni, è l'amante del barista (Vittorio Gassman), cui ella soggiace con l'oscura impressione d'una degradazione e d'una colpa, come al vizio d'una droga. Si innamora di lei un giovane signore di campagna (Raf Vallone) in cui ella intuisce che cosa può essere il compagno ed amico di tutta una vita. Finirebbe col consentire a sposarlo, e gli si presenta in casa dopo aver attinto ancora una volta all'uomo che la domina in ogni fibra, se non che, alla vigilia delle nozze, un incontro fra l'amante e il fidanzato si conclude in una tragedia» (Alvaro).
ore 21.00 La tempesta di Alberto Lattuada (1958, 122')
«Un cadetto della zarina Caterina II si presenta ubriaco fradicio al cospetto di lei. Viene allontanato per punizione e, per avventura, salva da sicuro assideramento l'indomito Pugaceev, cosacco che diverrà protagonista di una prodigiosa ribellione. […] Il massimo incasso della stagione 1957-58. Dice lo stesso regista: "È un film popolare ma anche una lezione di storia"» (Sesti).
martedì 18
ore 17.00 Gli italiani si voltano di Alberto Lattuada (ep. de L'amore in città, 1953, 14')
«Per il suo episodio, Gli italiani si voltano, Lattuada sguinzaglia in una Roma estiva e accaldata uno sciame di belle ragazze vistosamente truccate e abbigliate, poi nasconde la cinepresa in un camioncino che - come in una candida camera - le segue passo passo mentre camminano, registrando le reazioni dei passanti che si voltano e commentano» (Camerini).
a seguire La lupa di Alberto Lattuada (1953, 96')
«Da un racconto di Giovanni Verga. Focosa contadina quarantenne fa sposare la tenera figlia a un soldato che fu suo amante e che vuole riconquistare. A. Lattuada ha letto il testo letterario in chiave di inconscio collettivo e arcaico, di mito, di "natura". Bello il personaggio di Kerima donna tutta fame, animalità, corpo, misteriosa nella sua torbida lussuria» (Morandini).
ore 19.00 La mandragola di Alberto Lattuada (1965, 102')
«L'angolo visuale dal quale è osservata la storia di Callimaco, il giovinotto che con l'aiuto di un parassita, d'un frate e della madre di Lucrezia, e il favore di Nicia, marito stupidotto, riesce a godere delle grazie di madonna, è ora modificato. Ciò che in Machiavelli era nuda contemplazione, così ghiaccia da risultare caustica, e celebrazione dell'astuzia intesa come misura dell'intelligenza della storia nei confronti degli sciocchi e degli ignobili, in Lattuada diviene la maliziosa ironia d'un intellettuale e gusto della beffa licenziosa. Per certi aspetti siamo alle soglie del Settecento, più che ai primi del Cinquecento, nel regno del ridicolo più che del sardonico» (Grazzini).
ore 21.00 Incontro con Jacopo Chessa e Emiliano Morreale
Nel corso dell'incontro verrà presentato il volume di Gianni Volpi Il cinema secondo Lattuada. Bellezza, eros e stile, a cura di Jacopo Chessa e Emiliano Morreale (Donzelli Editore, Centro Sperimentale di Cinematografia, 2014)
a seguire L'amica di Alberto Lattuada (1969, 105')
«Una bella donna dell'alta società milanese, tradita dal marito, decide di inventarsi un amante. Ma la prima con cui si confida è proprio l'amante vera dell'uomo da lei scelto, che non perde quest'ulteriore occasione per spettegolare. La bella allora si vendicherà seducendo non solo l'amico dell'amica, ma anche il marito di lei e il figlio adolescente» (Farinotti).
Ingresso gratuito
mercoledì 19
ore 17.00 Matchless diAlberto Lattuada (1967, 104')
«Un giornalista americano, capitato in Cina con lo scoperto desiderio d'un qualche servizio sensazionale, viene catturato come spia e condannato a morte. Ma nella prigione riceve in consegna da un vecchio cinese un anello per mezzo del quale gli è possibile rendersi invisibile per venti minuti ogni dieci ore. Sfuggito alla fucilazione e ritornato in patria, il giornalista che al pubblico è noto con lo pseudonimo di Matchless, viene forzato ad interessarsi di un'azione di spionaggio internazionale» (www.cinematografo.it ). «È un divertissement giocato sull'iperbole […]. È ricco di situazioni tese che peraltro il dialogo brillante e le gags comiche s'incaricano di sdrammatizzare e volgere allo scherzo» (Zanellato). Con Patrick O'Neil, Ira Fürstenberg, Donald Pleasance, Nicoletta Machiavelli e Henry Silva.
ore 19.00 Sono stato io! diAlberto Lattuada (1973, 104')
«Nell'aula del processo a carico del mostro Biagio Solise, accusato di aver strangolato un soprano della Scala durante la Lucia di Lammermoor, c'è anche il regista Lattuga che prende appunti. Lo impersona, un po' alla Hitchcock, lo stesso Alberto Lattuada, che mentre gira i suoi film si diverte a scherzare con gli amici (il presidente del tribunale, per esempio, è lo scrittore Piero Chiara). Anche Lattuada, come Lattuga, ha l'abitudine di annotarsi le cose; e i primi appunti che fece per Sono stato io!risalgono a oltre dieci anni fa, quando voleva far debuttare sullo schermo l'ancora inedito Adriano Celentano in un progetto dal titolo Essere un mostro. Quelle poche paginette, scritte con Luigi Malerba in margine alla realtà della cronaca nera, hanno poi trovato una dimensione di spettacolo nel copione di Ruggero Maccari, uno sceneggiatore che conosce l'arte di divertire; la carta decisiva l'ha giocata Giancarlo Giannini, in gran forma dopo le virtuosistiche esibizioni nei film di Lina Wertmüller. Film girato su un attore, Sono stato io! è il ritratto di un bullo di periferia che aspira alla fama fatua dei rotocalchi e della Tv: tanto che non esita ad accusarsi di un delitto, facendo ricadere su di sé ogni sorta di indizi, perché crede di avere in tasca un'assoluzione a sorpresa con relativi titoli in prima pagina» (Kezich).
ore 21.00 Le farò da padre diAlberto Lattuada (1974, 108')
«Saverio Mazzacolli, giovane avvocato romano, vuol realizzare nel Salento un villaggio turistico. Le idee e le amicizie altolocate non gli mancano: i soldi sì. Li ha, però, una nobildonna locale, la contessa Raimonda Spina e in lei, portandosela anche a letto, Saverio ripone le sue speranze. Ma la donna è furba e pretende, per finanziare il progetto, un'esosa percentuale dei guadagni. Per aggirare l'ostacolo, l'avvocato chiede in isposa la sedicenne figlia della contessa, Clotilde, bella ma mentalmente ritardata. La proposta accettata non rende tuttavia donna Raimonda più disposta a cedere» (www.cinematografo.it). «Film di amore per il cinema e dunque la vita, film di calda e travolgente lussuria» (Turroni). Con Gigi Proietti, Irene Papas e Teresa Ann Savoy.
giovedì 20
Lattuada e la Titanus
ore 17.00 Il cappotto di Alberto Lattuada (1952, 107')
«Nel Cappotto […] vediamo, da un lato, feroci, inumani, corrotti, vanitosi, ipocriti volgari, i funzionari di uno spietato potere egemonico (e vestono i panni della borghesia, arrecano tutti i segni emblematici di questa classe); e dall'altro, oppressi e umiliati, popolani la cui miseria contrasta con la ricchezza e il fasto dei potenti borghesi, popolani la cui sete di giustizia è soffocata e i cui più elementari diritti di cittadino sono negati e vilipesi. […] Il cappotto di Carmine è ridotto a tal partito da non poter più sopportare nemmeno un rammendo. L'impiegato cercherà di ottenere un poco di tepore, e un poco di rispetto umano, e magari anche l'amore di un'affascinante e statuaria donna con un cappotto nuovo. Cercherà di ottenere felicità con una finzione» (Viazzi).
ore 19.00 Scuola elementare di Alberto Lattuada (1954, 100')
«Un maestro di ruolo a Milano ha una relazione con una collega che finisce male. Lui allora abbandona il lavoro e si mette in società con un bidello» (Chiti-Poppi). «Se per esempio Lattuada avesse potuto lasciar da parte il romanzetto sentimentale tra il maestro Trilli e la sua bella e giovane collega Laura […] se fosse riuscito a darci di Milano un'immagine meno sbiadita […] Scuola elementare sarebbe un film molto bello. Così com'è, invece, è un film dignitoso, piacevole, a tratti ricco di sincera commozione, ma evasivo nei riguardi dell'assunto» (Aristarco).
ore 20.45 Presentazione del volume a cura di Sergio M. Germani, Simone Starace, Roberto Turigliatto, Titanus. Cronaca familiare del cinema italiano (Centro Sperimentale di Cinematografia, Edizioni Sabinae, 2014).
a seguire I dolci inganni di Alberto Lattuada (1960, 95')
L'adolescenza di Francesca: la scuola, la danza, il nuoto, la libertà, i primi amori…«Forse il miglior film di Lattuada (benché non apprezzato in Italia), che qui torna al mondo dell'adolescenza già esaminato in Guendalina. Il ritratto della protagonista è ottimo, e serve da legame tra ambienti e personaggi secondari, altrimenti bozzettistici. La descrizione dei turbamenti della fanciulla, fatta con un'attenzione e un'intelligenza non comuni, ha provocato al film molte noie con la censura» (Sadoul).
Ingresso gratuito - Sottotitoli in spagnolo
venerdì 21
ore 17.00 Oh, Serafina! di Alberto Lattuada (1976, 100')
«L'incontro [tra Giuseppe Berto, autore del romanzo omonimo, e Lattuada, n.d.r.] è stato felice: non meno convinto di Berto della bontà della causa ecologica, il regista milanese ha saputo farne materia di una favola candida e piccante insieme, fervida e maliziosa, popolare ed ottimista, che divulga assai gustosamente i temi della battaglia per la difesa dell'ambiente, risolvendosi in un bizzarro quanto caldo, appassionato inno alla natura» (Zanelli).
ore 21.30 Cuore di cane di Alberto Lattuada (1976, 110')
«Alberto Lattuada, traducendo fedelmente il romanzo, ha seguito soprattutto due chiavi; una, la "satira feroce", dello strapotere della scienza e la sua sconfitta finale […]; l'altra - la si intuisce fra gli spazi bianchi della rilettura di Bulgakov, colmati con una interpretazione oltre la lettera, ma forse probabilmente nello spirito -, un atteggiamento più solidale nei confronti dell'uomo-cane, che, nel film […] è più scopertamente vittima di un'ingiustizia» (Rondi).
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