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Call for papers per “CINEFOLLIE. Influenze e interazioni tra varietà e cinema”, Convegno Internazionale promosso da CSC-Cineteca Nazionale e AIRSC-Associazione italiana per le ricerche di storia del cinema
Centro Sperimentale di Cinematografia
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11 Aprile 2025

CINEFOLLIE. Influenze e interazioni tra varietà e cinema
Convegno Internazionale promosso da
CSC-Cineteca Nazionale e AIRSC-Associazione italiana per le ricerche di storia del cinema
Roma, CSC-Cineteca Nazionale, 16-17 settembre 2025


Fin dall’epoca del muto, il cinema interagisce con il teatro di arte varia in una duplice modalità: da un lato come spettacolo-nello-spettacolo, dall’altro fagocitandone artisti e “numeri”. Illusionisti, acrobati, giocolieri, ballerine, comici e cantanti figurano tra i molteplici artisti che dai palcoscenici del teatro popolare trovano posto sullo schermo, portando con sé le attrazioni e la scuola-pratica del palcoscenico.

Si pensi a Leopoldo Fregoli (Colagreco 2018; Artigas 2020), che include il cinema nei suoi spettacoli, mentre i suoi numeri di trasformismo confluiscono nel Fregoligraph, ma anche a Ruth St. Denis (Shelton 1981; Di Bernardi 2006) e Mistinguett (Bret 1990), Lina Cavalieri (Mosconi 2018), Karl Valentin (Calandra 2016) e Tórtola Valencia (Clayton, 2012), per restare nei confini del cinema muto.

Con l’avvento del sonoro, il fenomeno è destinato a crescere: avanspettacolo e rivista offrono al cinema un repertorio apparentemente infinito di testi, repertori, sketch, attori, autori e temi, a cui il cinema attinge a piene mani. 

Per quanto riguarda l’Italia, nel periodo tra le due guerre approdano al grande schermo grandi mattatori della scena, come Ettore Petrolini (Mazzei-Orecchia 2018), Sergio Tòfano (Faccioli-Pitassio 2005) e Totò (Anile 2017, Fofi 2017), quest’ultimo anche in coppia con un altro protagonista del teatro popolare come Macario, in Il feroce Saladino (di Mario Bonnard, 1938). Poi negli anni Quaranta è la volta di Za Bum, l’innovativa compagnia che tra radio, teatro e cinema, sorprende gli italiani fin dalle sue campagne promozionali, prima ancora che entrino in sala (Mosconi, 2022).

Ma è negli anni Cinquanta che si assiste a una vera e propria esplosione, quando il teatro leggero innerva di sé l’ampio e vario filone del cinema comico italiano e la commedia. Nasce il format dei cosiddetti «film-carosello» (Autelitano, 2011): si tratta di vere e proprie carrellate di comici in grado di richiamare un pubblico di modeste pretese. Poi è la volta dei film-barzelletta, come Ridere! Ridere! Ridere! (1954) di Edoardo Anton. Mentre Café Chantant di Camillo Mastrocinque (1954) denota un maggiore impegno produttivo, attraverso le riprese a colori e la presenza di Corrado che introduce gli sketch dei migliori numeri tratti dagli spettacoli di varietà della stagione. Accanto a questi spettacoli di “varietà filmato”, vi sono alcune pellicole che cercano di sviluppare una trama in parte autonoma, nella forma del backstage-show, volto all’allestimento di uno spettacolo di varietà o musicale. Si tratta di veri è propri “film-rivista”: un filone che si sviluppa dalla fine degli anni Quaranta alla metà dei Cinquanta, fino a spegnersi, dopo che la rivista è stata “vampirizzata” dal nuovo mezzo televisivo (Mosconi, 2024). Si pensi a I pompieri di Viggiù (Mario Mattoli, 1949) e Vita da cani, di Mario Monicelli e Steno (1950) con Aldo Fabrizi, Gina Lollobrigida e Delia Scala o ancora Luci del varietà (1950), di Alberto Lattuada e Federico Fellini, con Peppino De Filippo, Carla Del Poggio e Giulietta Masina.

Cabaret, music-hall, vaudeville, burlesque, varieté, café-chantant, caffè-concerto, avanspettacolo e la più strutturata rivista: sono molteplici le identità assunte dal teatro d’arte varia, ovvero da quella forma di teatro popolare che fra la seconda metà dell’Ottocento e gli anni Cinquanta del Novecento impiega intere generazioni di artisti e intrattiene con successo un pubblico altrettanto variegato, da quello proletario a quello aristocratico e alto-borghese.

Negli anni Settanta e Ottanta la prospettiva cinematografica sul varietà si fa amara e nostalgica allo stesso tempo: è così, ad esempio in Polvere di stelle (di Alberto Sordi, 1973), Primo amore (di Dino Risi, 1978) e Ginger e Fred (Federico Fellini, 1986).

Per quanto riguarda il contesto internazionale, lo spettacolo di varietà assume prerogative specifiche, che fanno riferimento a modelli e tradizioni differenti: dal vaudeville e music hall americano al café chantant, il varieté e la revue francesi, al cabaret e alla Kabarett Revue tedesca, fino alle più svariate esperienze europee e mondiali.

Nell’ampio e variegato contesto angloamericano, i modelli più fortunati spaziano dai numeri di danza, animal acts e i dramatic sketches assorbiti dal muto americano (Mayer 2022), a quelli di canto, contorsionismo, clown e specialty dancers che verranno valorizzati nei primi talkies, come The Broadway Melody (Harry Beaumont, 1929); The Hollywood Revue of 1929 (Charles Reisner, 1929) e King of Jazz (John Murray Anderson, Pál Fejös, 1930). Questi apriranno la strada ai film-musical, dalle “regie coreografiche” di Busby Berkeley e i film con Fred Astaire e Ginger Rogers degli anni Trenta, a quelli con Gene Kelly negli anni Cinquanta, fino a La la land (Damien Chazelle, 2016), per citare solo alcuni tra i nomi e i titoli più celebri.

Si invitano studiose e studiosi a proporre interventi inerenti alle intersezioni tra teatro d’arte varia largamente inteso e cinema, dalle origini ai giorni nostri, con interventi che integrino l’analisi del film con la ricostruzione del contesto culturale, possibilmente basandosi su nuove acquisizioni nel campo della ricerca documentale.

Gli argomenti trattati potranno includere (senza per questo escludere ulteriori proposte):

  • Il backstage-show e il film-rivista: modelli, formule, intersezioni e differenze
  • L’influenza delle tecniche di recitazione teatrale sulle performance cinematografiche
  • La musica e le canzoni tra la ribalta e lo schermo
  • Lo sketch come modello di organizzazione testuale
  • La trasmigrazione di specifici performers e autori, dal palcoscenico allo schermo
  • La trasmigrazione di specifici testi e numeri, dal palcoscenico allo schermo
  • I movimenti artistici e la loro influenza tra lo schermo e il palcoscenico
  • Varietà, morale e censura
  • I rapporti con il varietà televisivo
  • Le forme testuali ibride e le contaminazioni tra varietà e generi cinematografici e televisivi
  • Questioni razziali tra palcoscenico e schermo cinematografico (ad esempio in riferimento a black-face e minstrel shows; specifiche/ci performers; discriminazioni; etc.)
  • Questioni di genere tra palcoscenico e schermo cinematografico (ed esempio in riferimento a performance en travesti; discriminazioni; etc.)
  • Le teorie del corpo e il loro impatto sulle performance artistiche tra palcoscenico e schermo
  • Il rapporto con lo spazio, inteso come il contesto destinato ad accogliere lo spettacolo, sia quello d’arte varia che quello cinematografico (le proiezioni).

Le proposte, della lunghezza approssimativa di 300 parole e accompagnate da un breve profilo biografico-professionale (circa 250 parole), dovranno essere inviate entro il 10 giugno 2025 a Maria Assunta Pimpinelli (mariaassunta.pimpinelli@fondazionecsc.it), Elena Mosconi (elena.mosconi@unipv.it) ed Elisa Uffreduzzi (elisa.uffreduzzi@uniroma2.it). Tutti i proponenti riceveranno una risposta entro il 20 giugno 2025.

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