Domenica 20 novembre è morto Jean-Marie Straub, autore, con la sua compagna Danièle Huillet (1936-2006), di un cinema radicale, allo stesso tempo rigoroso e appassionato. Nato a Metz l’8 gennaio del 1933, Straub fa parte dei cineasti formatisi intorno ai Cahiers du Cinéma, negli anni ’50 scrive di cinema, organizza proiezioni nei cineclub della sua città e conosce i futuri registi Godard, Rohmer, Chabrol, Truffaut e Rivette, di cui sarà assistente nel suo primo cortometraggio Le coup du berger. Per sfuggire alla chiamata alle armi e alla guerra d’Algeria si rifugia in Germania, dove nel 1963 esordisce alla regia con il cortometraggio Machorka-Muff, tratto da un racconto di Heinrich Böll e presentato al Festival di Oberhausen e alla Mostra di Venezia. Due anni dopo, ancora da Böll, gira Nicht Versohnt/Non riconciliati, titolo esplicativo di una visione e una posizione, estetica, storica e politica che Straub e Huillet non abbandoneranno mai. Sempre in Germania la coppia gira nel 1967 Cronaca di Anna Magdalena Bach, in cui Bach è interpretato dal musicista Gustav Leonhardt e la musica è eseguita con strumenti del 1700: il film ottiene una buona accoglienza anche in Italia, tanto da essere trasmesso sei anni dopo in prima serata su Raidue, in una versione italiana con il doppiaggio curato direttamente dagli autori.
L’attenzione della rivista Cinema&Film e l’infuocato clima dell’Italia di quegli anni, spingono “gli Straub”, come vengono comunemente chiamati in Italia, a trasferirsi a Roma, dove rimarranno fino al 2006, quando Huillet inizia la sua battaglia con la malattia.
Il rapporto dei due registi con l’Italia resta un caso unico, per quantità e diversità, nella storia del nostro cinema, darà vita negli anni a una serie di film, prima solo ambientati e poi anche parlati in italiano, porterà anni dopo alla definizione di “Straub-Huillet cineasti italiani”.
Nel 1969 a Roma, tra le rovine del Palatino, Huillet-Straub girano Othon (1970), da Corneille, con protagonisti Adriano Aprà e Olimpia Carlisi, un film caratterizzato da uno sguardo diverso e mai visto prima sulla Città Eterna. Nel 1974 ambientano in Abruzzo Mosè e Aronne, dall’omonima opera lirica di Arnold Schönberg, e nel 1976, con Fortini/Cani girano il primo film in italiano, tratto dal libro “I cani del Sinai” di Franco Fortini con lo stesso scrittore che legge dei brani. Pochi anni dopo, con Dalla Nube alla Resistenza (1979), iniziano un viaggio nell’opera di Cesare Pavese, in particolare “Dialoghi con Leucò”, che riprenderanno nel 2006 con Quei loro incontri e in seguito con Il ginocchio di Artemide (2007), L’inconsolabile (2011) e La madre (2012), conclusi dal solo Straub dopo la morte di Huillet.
L’altro scrittore italiano prediletto dalla coppia sarà Elio Vittorini, da cui provengono Sicilia! (1998), Operai, contadini (2001), Il ritorno del figliol prodigo/Umiliati (2002), più alcuni cortometraggi.
Caratteristica fondamentale di tutta l’opera di Straub-Huillet è il rapporto con il testo che non viene mai trasposto o adattato ma ripreso nella sua forma originaria e detto in modo assolutamente antinaturalistico. Tra gli autori di cinema moderno Danièle Huillet e Jean-Marie Straub sono spesso associati al termine rigore, per una messa in scena precisa che guarda con attenzione maniacale allo spazio e si concentra su ogni singolo momento della composizione cinematografica: dalla scelta dell’inquadratura alla durata, dal suono sempre in presa diretta alla recitazione volutamente straniante, alla cura di ogni singola ripresa che li ha portati negli anni a comporre più versioni di uno stesso film. Insieme a Godard gli Straub hanno indagato e si sono interrogati sul rapporto del cinema con le altre arti, dalla prosa alla poesia, dalla musica alla pittura.
Amati visceralmente da una parte della critica e dal proprio pubblico Huillet e Straub sono stati omaggiati in tutto il mondo con retrospettive complete, nel 2005 sono stati insigniti di un Leone speciale per l’innovazione del linguaggio (parola odiata dai registi che hanno sempre preferito lingua) cinematografico alla Mostra del Cinema di Venezia, e nel 2017 Straub ha ricevuto il Pardo d’oro alla carriera al Festival di Locarno.
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