Incontro con Hagai Levi
Ospite di un incontro alla Diaspora degli artisti in guerra è stato Hagai Levi, regista, sceneggiatore, produttore televisivo e critico. Grazie ai suoi testi, in grado di parlare a tutte le generazioni e tipologie di pubblico, è noto per aver creato le serie televisive In Treatment, The Affair e il riadattamento di Scene da un matrimonio, per citarne alcune.
Alla domanda dello sceneggiatore Nicola Lusuardi su cosa possa fare un autore di fronte alla storia nel momento stesso in cui accadono eventi tragici, Hagai Levi dichiara di voler prendere “decisioni radicali”. Continua Levi: “Dopo questo incontro volerò ad Amsterdam dove mi accingo a girare la mia nuova serie, un period drama a sfondo politico. L’idea alla base è stata quella di renderla attuale il più possibile per avvicinarmi a chiunque stia affrontando questo difficile periodo storico. Nella mia storia saremo nella Amsterdam del 1941 durante l’occupazione nazista, ma saranno presenti elementi legati alla contemporaneità e le persone saranno vestite come ai giorni nostri. È un’ambientazione che può creare confusione ma volevo far percepire la storia come qualcosa di vicino, che non appartiene al passato, e questo elemento era per me cruciale. Due fattori hanno contribuito a questa scelta artistica: la tragedia del 7 ottobre (a seguito della quale immagini come quelle dell’Olocausto sono tornate ad essere attuali) e l’ascesa della destra nei Paesi Bassi, che ha scioccato l’opinione pubblica e molte persone a me vicine. Il passato non può essere osservato solo attraverso il filtro dei period drama; un film recente che racconta la storia da una prospettiva diversa è stato per me The Zone of Interest. Anche Jonathan Glazer ha preso delle decisioni radicali».
In merito al suo rapporto con Israele, Levi ha ammesso che per la prima volta nella sua vita sta pensando di lasciare il proprio paese, e così i suoi figli. «Quel che è accaduto negli ultimi mesi ci ha fatto percepire un senso di impotenza. Ho il privilegio di avere il passaporto italiano e sto prendendo seriamente in considerazione l’ipotesi di venire in Italia. È sempre giusto cercare di essere solidari con la propria comunità, ma stiamo arrivando alla conclusione che bisogna lasciare perdere».
Incontro con Ali Asgari
Il programma di Diaspora degli artisti in guerra, al Centro Sperimentale di Cinematografia, ha visto ospite Ali Asgari e la proiezione del suo Kafka a Tehran (Terrestrial Verses). Il film ha entusiasmato il pubblico di giovani studenti e appassionati di cinema che hanno coinvolto il regista in un lungo e intenso dibattito.
Dalle dichiarazioni del regista: «Da quando ho iniziato a scrivere il film sapevo che non volevo mostrare il potere. Volevo mostrare invece l’effetto che il regime ha sulle persone normali, sulla loro vita quotidiana, sul loro lavoro, sulla scuola, sui bambini. Non volevo che il sistema avesse un corpo, non volevo umanizzarlo. Il sistema è soltanto il sistema».
«Il cinema iraniano è sempre stato composto da un cinema commerciale e un cinema indipendente. Oggi invece ci sono un cinema commerciale e un cinema clandestino. Il governo vieta il cinema indipendente, lo ha distrutto, lo ha sostituito con la propaganda. Non ci sono fondi per altri tipi di film. Ma io volevo usare il cinema per dire qualcosa, i mezzi, il linguaggio del cinema e l’ho fatto in una maniera mia, rompendo le regole classiche».
«La mia generazione sta cercando di fare un passo avanti per creare un nuovo mondo, un nuovo paese. Dovremmo tutti fare un passo avanti, in qualsiasi modo, con un film, con una poesia. Io so che devo resistere, anche per gli altri. Voglio rimanere in Iran e fare film, anche se “non autorizzati”».
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