Incontro con Mohamed Kordofani
«È un onore presentare il mio film di fronte a tanti studenti: siete fortunati ad avere chi permetta l’organizzazione di eventi del genere” – ha esordito il regista sudanese Mohamed Kordofani alla presentazione di Goodbye Julia nell’ambito della Diaspora degli artisti in guerra al Centro Sperimentale di Cinematografia.
La scelta del regista è stata quella di traslare storia del conflitto del proprio paese in una dimensione privata. «Il mio dovere di artista imponeva di scegliere una prospettiva sociale più che politica» - ha raccontato Mohamed Kordofani. Goodbye Julia è un film sulla memoria collettiva sudanese, ovvero sulla secessione del paese, ma mi sono voluto concentrare sulla mancanza di comunicazione che è alla radice di tutti i problemi.
Continua Kordofani: «Il Sudan non ha una tradizione cinematografica e non ci sono fondi. Non avevo mai lavorato con una troupe, anche perché lavoravo come ingegnere e ho iniziato ad approcciarmi al cinema proprio per raccontare questa storia. Questo film è stato per me un viaggio di trasformazione personale. Sottolineo anche che il pubblico del Sudan non ha famigliarità con il cinema di nicchia: i riferimenti principali sono il cinema egiziano, Bollywoodiano e Hollywoodiano. Il mio gusto va più in una direzione più intima, tanto che il film è girato quasi interamente dentro una casa e crea un senso di claustrofobia, ma ho combinato la componente artistica con quella più mainstream (ad esempio inserendo l’elemento musicale); il mio produttore mi ha aiutato ad aumentare il budget a disposizione da 25.000 a un milione di euro, e ho trovato sensati i suoi suggerimenti di realizzare più esterni mostrando il Sudan in alcune scene».
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Incontro con Ariel Nasr e Sahraa Karimi
Si è svolto oggi l’incontro con Sahraa Karimi, moderatrice d’eccezione del film The Forbidden Reel del regista Ariel Nasr, che racconta dell’archivio straordinario che i lavoratori dell’Afghan film hanno nascosto e salvato dalla distruzione dei talebani.
Sahraa Karimi, Visiting Professor nel 2021 e 2022 alla Scuola Nazionale di Cinema, prima donna afghana ad aver conseguito un PhD in Cinema (all'Università di Bratislava) e ad aver guidato l’Afghan Film Organization, ha evidenziato come presso la Cineteca Nazionale del CSC siano conservati tantissimi film in pellicola e digitalizzati, mostrati in eventi internazionali ma anche nei Festival nazionali. In Afghanistan gli archivi invece, anche nel passato, sono stati difficilmente mostrati ai cittadini che non conoscono la propria storia. Perché, chiede al regista Ariel Nasr, è così importante per te che i giovani afghani conoscano i propri archivi?
«Pur essendo vissuto in Canada ho sentito una forte connessione con il passato e la mia terra, volevo mostrarlo ma non mi è stato possibile trovare il supporto giusto. Ho notato che ogni volta che si proietta un nostro film ai festival internazionali c’è sempre un cittadino afghano che lo guarda fuori dalla sua patria e questo film rappresenta appunto questi spettatori, un Afghanistan in movimento che si sposta per cercare la propria identità».
«È anche un film sulla memoria, della mia famiglia, del mio paese. Dimenticare è la cosa peggiore che possa accadere».
«I filmmaker sono ambasciatori di pace» ha concluso Sahraa Karimi rivolgendosi ai tanti studenti presenti in sala. «Siete voi che avete la responsabilità di registrare il tempo in cui vivete, il vostro tempo. A noi afghani oggi questo è precluso».
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