Per l’omaggio a Francesco Barilli ci si è serviti dell’imprescindibile Nocturno dossier n. 30: Percorsi alternativi (Controcorrente 2). Guida al cinema di Aldo Lado, Francesco Barilli, Romoli Guerrieri, risalente al gennaio 2005, “rubando” il titolo dell’intervista al cineasta parmense e citando la bella ed esaustiva introduzione di quella lunga conversazione, a cura di Manlio Gomarasca: «La figura di Francesco Barilli all’interno del cinema italiano è a dir poco curiosa. Di origini parmensi, appartenente a una nobile e famosa dinastia di artisti, Francesco si innamora del cinema molto giovane e, complice Antonio Pietrangeli, esordisce come attore in La parmigiana a cui fa immediatamente seguito il film di contestazione di Bernardo Bertolucci, Prima della rivoluzione. Debutta dietro la macchina da presa nel 1968 con un documentario dal titolo Nardino sul Po e nel 1974 dirige il suo primo lungometraggio, Il profumo della signora in nero. Nonostante l’entusiasmante esito (anche commerciale) del film, Barilli non proseguirà a lungo e con costanza la carriera di regista, ma con sole due pellicole per il cinema (più un segmento del film collettivo La domenica specialmente) lascerà un segno indelebile del suo passaggio nel cinema italiano. Come Lado, più di Lado […], Barilli ha in ogni suo film minato gli stilemi del genere cercando di scardinarne le regole per assurgere a una cinematografia “astratta”, di difficile collocazione. Si pensi a un film come Il profumo della signora in nero che, partendo come un giallo classico, finisce per fondere al suo interno intuizioni favolistiche (Alice nel paese delle meraviglie) e oniriche (il pasto cannibalico nel truculento finale). Ancora di meglio farà nel successivo film, il fin troppo sottovalutato Pensione paura, dove il delirio psichico di una ragazzina che vive isolata dal mondo (reale) in un decadente albergo di provincia sul finire della Seconda Guerra Mondiale, si trasforma in un incubo (reale) dai risvolti inquietanti. Pur nascondendosi dietro a una facciata neorealistica, i film di Barilli hanno sempre cercato una dimensione onirica più affine a certa arte astratta che non al mondo del cinema in cui si è mosso – e ne è una piena dimostrazione l’episodio Le chiese di legno di La domenica specialmente, dove finalmente il regista è libero di sfociare nel surrealismo puro. Incapace di scendere a compromessi con il “castrante” mondo della produzione romana, Francesco Barilli abbandona il cinema troppo presto e, salvo sporadiche apparizioni come attore, più per amicizia che per un reale desiderio di tornare sul set, come nel caso del Sabato italiano (1992) di Luciano Manuzzi o di USD – Uomini senza donne (1996) di Angelo Longoni, preferisce dedicarsi al suo antico amore: la pittura. Gli ultimi suoi lavori come regista sono per il piccolo schermo, come, ad esempio, la personale rilettura delle proprie radici in Casa Barilli o l’ambizioso progetto di Giuseppe Verdi. Nel 2002 è andata in onda la miniserie Giorni da leoni con Barbareschi, la sua ultima fatica dietro e davanti la macchina da presa».
Cinema Trevi: “Francesco Barilli: lastrattismo del genere”. Alle ore 20.45
incontro moderato da Marco Giusti con Francesco Barilli e Massimo DAvack
29 Maggio 2009 - 29 Maggio 2009
ore 17.00
La domenica specialmente (1991)
origine: Italia/Francia/Belgio; produzione: Basic Cinematografica, Titanus Distribuzione, Rai, Paradis Film, Intermédias, Dusk Motion Pictures; durata: 112′
1° episodio: Il cane blu; regia: Giuseppe Tornatore; soggetto: tratto da quattro racconti di Tonino Guerra dal suo libro Il polverone; sceneggiatura: T. Guerra; fotografia: Tonino Delli Colli; musica: Ennio e Andrea Morricone; montaggio: Mario Morra; interpreti: Philippe Noiret, Nicola Di Pinto
2° episodio: La neve sul fuoco; regia: Marco Tullio Giordana; soggetto: tratto da quattro racconti di T. Guerra dal suo libro Il polverone; sceneggiatura: T. Guerra; fotografia: Franco Lecca; musica: Ennio Morricone; montaggio: Sergio Nuti; interpreti: Maria Maddalena Fellini, Ivano Marescotti
3° episodio: La domenica specialmente; regia: Giuseppe Bertolucci; soggetto: tratto da quattro racconti di T. Guerra dal suo libro Il polverone; sceneggiatura: T. Guerra; fotografia: Fabio Cianchetti; musica: E. Morricone; montaggio: Fiorella Gionnelli; interpreti: Ornella Muti, Bruno Ganz
4° episodio: Le chiese di legno; regia: Francesco Barilli; soggetto: tratto da quattro racconti di T. Guerra dal suo libro Il polverone; sceneggiatura: T. Guerra; fotografia: Gianni Marras; musica: Ennio Morricone; montaggio: Cecilia Zanuso; interpreti: il mago Bustric [Sergio Bini], Betty Romani
«Quel ruolo di gran provocatore, suggeritore, autocontestatore del cinema romano che fu svolto entusiasticamente per decenni dall’emiliano Cesare Zavattini, oggi è stato assunto dal romagnolo Tonino Guerra. È strano che non si sottolinei abbastanza l’affinità fra questi due maestri: scrittori innanzitutto, ma anche pittori, sceneggiatori, politici o ruspanti fabulatori instancabili. Due profeti contadini che celebrano, sull’arco di oltre mezzo secolo e a non troppi chilometri di distanza, il trionfo di Strapaese (l’uno con Suzzara, l’altro con Sant’Arcangelo). […] Da Il polverone (magnifico libretto edito da Bompiani, che non si trova più: a quando l’opera omnia di Tonino Guerra?) il film ruba, traducendolo, il titolo di una breve poesia dialettale, “La dmenga specialment”. […] I capitoli derivano da scritti sparsi e l’ultimo da un’altra poesia, affidati a registi in grado di fare ciascuno il proprio dovere senza rinunciare a se stessi» (Kezich).
Film vietato ai minori di anni 14
ore 19.00
Pensione paura (1978)
Regia: Francesco Barilli; soggetto: Barbara Alberti, Amedeo Pagani; sceneggiatura: B. Alberti, A. Pagani, F. Barilli; fotografia: Gualtiero Manozzi; musica: Adolfo Waitzman; montaggio: Amedeo Salfa; interpreti: Leonora Fani, Francisco Rabal, Luc Merenda, Jole Fierro, Lidia Biondi, José Maria Prada; origine: Italia/Spagna; produzione: Aleph Cinematografica, Alexandra Cinematográfica; durata: 95′
«Non ho voluto fare […] la ricostruzione di un’epoca, ma un film d’incubi infantili. Per questo, i miei anni Quaranta sono quelli della memoria, appena intravisti nella prima età: la fine della guerra più raccontata che vissuta, le storie di sesso grevi e romantiche, e tutto ciò che si può aver visto dalla fessura di una porta: un cappello di donna, un vecchio fonografo, l’ombra di una pistola contro il muro… come da un vecchio libro. O da un vecchio sogno […]. È una storia di mostri, gli adulti; contro una ragazzina che passa da un’adolescenza tutta incanti agli incubi di una maturità forzata. Ed è anche una storia di violenza, che partorisce violenza, ambientata nel ’45, con un apologo che riguarda, ahimé, anche il presente. La guerra sta per finire: in un piccolo albergo sulla riva di un lago, ai confini con la Svizzera, i prototipi dell’Italia sbandata consumano la loro violenza oziosa e crudele contro la figlia dell’albergatore, che aspetta un mitico padre partito per la guerra. Ci sono uomini inquietanti e pericolosi nascosti in soffitta, antiche bellezze, mantenuti; e corridoi bui, grida soffocate, canzoncine spensierate che accompagnano l’angoscia delle notti. Le fonti? […] Ora, è come se mi fossi liberato della mia infanzia, fosca e sognante. Da domani, mi dedicherò a temi del tutto diversi: raccontando, magari, la mia pazzia di uomo adulto che vuol disobbedire» (Barilli).
Film vietato ai minori di anni 14
ore 20.45
Incontro moderato da Marco Giusti con Francesco Barilli e Massimo D’Avack
a seguire
Cinecittà 50 (1987)
Regia: Francesco Barilli; soggetto e sceneggiatura: F. Barilli, Pier Danio Forni, Vanni Ricottini; testo: Oreste Del Buono, Lietta Tornabuoni; fotografia: Massimo Pau; montaggio: Luigi Zitta; origine: Italia, produzione: Cinecittà; durata: 30′
Documentario girato in occasione del cinquantenario di Cinecittà, vincitore di diversi premi qualità fra cui Filmselezione e il Festival di Vienna IIFC. Contiene importanti testimonianze come le interviste a Vittorio Storaro, Dante Ferretti, Ferdinando Scarfiotti, Terry Gilliam, oltre ad alcune riprese girate sul set de L’ultimo imperatore.
Ingresso gratuito – Copia proveniente da Cinecittà Holding
a seguire
Il profumo della signora in nero (1974)
Regia: Francesco Barilli; soggetto e sceneggiatura: F. Barilli, Massimo D’Avack; fotografia: Mario Masini; musica: Nicola Piovani; montaggio: Enzo Micarelli; interpreti: Mimsy Farmer, Maurizio Bonuglia, Mario Scaccia, Jo Jehkins, Nike Arrighi, Daniela Barnes; origine: Italia; produzione: Euro International Films; durata: 103′
«Silvia Hackerman, una giovane chimica, è traumatizzata dal ricordo di un amplesso della madre con un amante, al quale ha assistito da piccola. La fragile psiche della ragazza, che vive di piccoli riti e di fobie, tracolla nel momento in cui il suo universo viene invaso da una serie di segnali sinistri. Ma è proprio follia, la sua, o esiste davvero un oscuro disegno intorno a Silvia?. […] Il nostro [Francesco Barilli, n.d.r.] esordì nella non facile arte del lungometraggio proprio con questo Il profumo della signora in nero. Che all’epoca – anno di grazia 1974 – venne accolto con annoiata sufficienza dai critici “togati”[…]. Il profumo della signora in nero è senza dubbio diretto da un regista degno di questo nome: e senza dubbio da un “autore”, nonostante Barilli ci abbia donato, per il cinema solo un altro lungometraggio e mezzo. A dimostrazione, del suo solido mestiere basterebbe prendere in considerazione l’accorta direzione degli attori […] e soprattutto il sapiente uso delle locations, l’accorta scelta degli ambienti: non è da tutti trasformare il quartiere romano di Coppedè in un asfittico labirinto degli orrori: non tutti sanno illuminare i tendaggi di un salotto piccolo-borghese alla Gozzano per mostrarne le polveri sedimentate e il putridume che si cela sotto alle sottocoppe di peltro e alla bottiglietta del rosolio… Francesco Barilli vi riesce con rara maestria […], spogliando sempre di più gli interni nei quali si agita la tremula “vittima designata” di Mimsy Farmer, fino all’agghiacciante finale, a quell’osceno rito precipitato tra i chiaroscuri di uno scantinato già preludio di catacomba, eseguito in un gorgogliante e cerimoniale silenzio e ripreso con il lucido distacco dell’esteta» (Andrea Bruni).
Ingresso gratuito – Film vietato ai minori di anni 14