Cinema Trevi: Francesco Nuti, di padre toscano
02 Giugno 2009 - 07 Giugno 2009
Forse il meglio del cinema italiano degli anni Ottanta va ricondotto ai film attoriali degli allora giovani talenti comici: Roberto Benigni, Carlo Verdone, Massimo Troisi, Maurizio Nicchetti, ma anche Alessandro Benvenuti e soprattutto Francesco Nuti. Da loro si apprendeva che la timidezza, unita a una saggia dose di autoironia, non era più un handicap nell’avvicinare una donna, ma una virtù. Francesco Nuti è fra coloro che ha più sperimentato, rischiando molto di suo, cercando di rinnovarsi sempre, affrontando tematiche scomode con raffinata e mai pedante intensità. Toscano, classe 1955, si esibisce da giovanissimo come attore cabarettista, scrivendosi da sé i testi. Ben presto si unisce al gruppo cabarettistico dei Giancattivi (Alessandro Benvenuti e Athina Cenci) riscuotendo grande successo in trasmissioni televisive come Non stop e Black Out. Il trio esordisce al cinema con Ad ovest di Paperino, delicato manifesto generazionale inizio anni Ottanta. L’anno successivo si separa dal gruppo e si fa dirigere da Maurizio Ponzi in tre piccole gemme che raccontano i giovani, i sogni, i desideri e qualche volta gli amori della provincia pigramente metafisica e sonnolente. I titoli sono emblematicamente programmatici: Madonna che silenzio c’è stasera, Io, Chiara e lo Scuro e Son contento. Ben presto decide di proseguire, come altri suoi colleghi, facendo tutto da solo, dirigendosi in film dai forti aromi cinefili (Casablanca Casablanca)e dai delicati sentimenti nei rapporti tra uomo e donna (Tutta colpa del paradiso, Stregati). E se il biliardo ritorna spesso come metafora della relazione maschile/femminile, la vita – ci suggerisce l’attore regista ne Il signor Quindicipalle – è spesso popolata di fantasmi, non solo cinefili, che a volte appaiono, ma è essa stessa una partita di biliardo: il biliardo è come «una donna, il tappeto verde è la sua gonna». E spesso i pensieri sono più tortuosi di una semplice partita e occorre l’aiuto della psicoanalisi per cercare di sciogliere i nodi in ognuno di noi (Caruso Pascoski (di padre polacco), Caruso, zero in condotta). Se gli anni cambiano così come i rapporti sociali e d’identità (Willy Signori e vengo da lontano, Donne con le donne, Io amo Andrea), la vita può avere delle svolte favolistiche (OcchioPinocchio). In un’intervista Francesco Nuti disse: «la solitudine è un tema portante di tutti i miei film. Caruso veniva abbandonato da Giulia (Caruso Pascosky), Willy era un giornalista solo con un fratello disabile anche lui solo (Willy Signori) in Tutta Colpa del Paradiso ero un ex-galeotto privato della famiglia, in Stregati ero un dj nottambulo che si aggirava per le vie di Genova e così via. Io amo molto la solitudine e la cerco, per questo poi si riflette nei miei lavori».
La retrospettiva si inserisce tra le iniziative intraprese negli ultimi mesi per ricordare lo sfortunato comico toscano, in particolare la prima monografia a lui dedicata (Francesco Nuti. La vera storia di un grande talento di Matteo Norcini, con la collaborazione di Stefano Bucci, Ibiskos Editrice Risolo, Empoli, 2009) e la nascita su Facebook del gruppo “Non dimentichiamo Francesco Nuti”, che già conta novemila iscritti.
martedì 2
ore 17.00
Ad ovest di Paperino (1981)
Regia: Alessandro Benvenuti; soggetto e sceneggiatura: A. Benvenuti; fotografia: Romano Albani; musica: Steffen Head, Dado Parisini, A. Benvenuti; montaggio: Sergio Montanari; interpreti: Athina Cenci, A. Benvenuti, Francesco Nuti, Paolo Hendel, Donata Genazzani, Silvano Panichi; origine: Italia; produzione: Hera International Film; durata: 93′
«Una giornata a Firenze passata casualmente insieme da un disc-jockey, una pittrice e un disoccupato. Esordio cinematografico di tre cabarettisti toscani, i Giancattivi, destinati poi a strade diverse. Riflessioni dolci-amare e gracilità giovanilistiche sull’inconcludenza della vita e dei suoi incontri» (Mereghetti). «Tre giovani squattrinati e un po’ folli si incontrano una mattina a Firenze e passano l’intera giornata tra stravaganti incontri e avventure demenziali. All’esordio cinematografico, il trio cabarettistico fiorentino de “I Giancattivi” (Nuti, Benvenuti e la Cenci, tutti destinati a un brillante futuro “solista”) porta sullo schermo una forma di comicità surreale ricca di trovate e di argute caratterizzazioni» (Farinotti).
ore 19.00
Madonna che silenzio c’è stasera (1982)
Regia: Maurizio Ponzi; soggetto: Francesco Nuti; sceneggiatura: F. Nuti, Elvio Porta; fotografia: Carlo Cerchio; musica: Barluna; montaggio: Sergio Montanari; interpreti: F. Nuti, Edy Angelillo, Massimo Sarchielli, Gianna Sammarco, Mario Cesarino, Lucilla Baroni; origine: Italia; produzione: Hera International Film; durata: 95′
«Una giornata della sconclusionata vita di Francesco (Nuti), un giovane di Prato senza arte né parte: cerca lavoro, vince involontariamente un concorso per cantautori, va in bianco con una prostituta, si riconcilia con la fidanzata. Il primo film da protagonista di Nuti (che si farà dirigere da Ponzi altre due volte) fu quasi una rivelazione: giocato sui mezzi toni con una vena melanconica che non esclude la cattiveria, e girato con un ritmo stralunato che sembra modellato sul personaggio» (Mereghetti).
ore 21.00
Io, Chiara e lo Scuro (1983)
Regia: Maurizio Ponzi; soggetto: Francesco Nuti, M. Ponzi; sceneggiatura: Franco Ferrini, Enrico Oldoini, F. Nuti, M. Ponzi; fotografia: Carlo Cerchio; musica: Barluna; montaggio: Sergio Montanari; interpreti: F. Nuti, Giuliana De Sio, Marcello Lotti, Renato Cecchetto, Novellantonio Novelli, Antonio Petrocelli; origine: Italia; produzione: Hera International Film; durata: 104′
«Madonna che chiasso c’è stasera… Chi mette a rumore il cinema italiano, e dà un bel sorso di ricostituente, è la coppia Francesco Nuti – Maurizio Ponzi, autori d’un film da comprendere fra i migliori della stagione brillante, di svariate lunghezze più riuscito di altri pur nati dal tronco dei cosiddetti “nuovi comici”. Distribuiti equamente i meriti fra quanti lo hanno scritto (a Nuti e Ponzi si affiancano Franco Ferrini ed Enrico Oldoini), recitato e diretto, siamo infatti persuasi che Io, Chiara e lo Scurodebba piacere a molti, e sul finire persino commuoverli: per l’originalità del racconto, la sua onestà intellettuale, la pulizia dei sentimenti, con una sola parolaccia ma finalmente al posto giusto, la freschezza degli attori e il brio delle situazioni. L'”Io” del titolo è Francesco Piccioli, che da quando vive a Roma tutti chiamano il Toscano. Di origini modeste fa il portiere in un “residence”: quando non lavora gioca al biliardo, e quando lavora ci pensa. Non ha ereditato dal nonno soltanto la passione della stecca: anche la sua virtù, e ne dà prova in una sala cittadino quando sfida, temerario, Marcello Lotti detto lo Scuro, un campione costretto da dieci anni a giocare da solo perché non ha più avversari. […] Chi è Chiara? È una coinquilina, a sua volta in cerca di successo come suonatrice di sassofono e cantante» (Grazzini).
mercoledì 3
ore 17.00
Son contento (1983)
Regia: Maurizio Ponzi; soggetto: Francesco Nuti, M. Ponzi; sceneggiatura: F. Nuti, M. Ponzi, Enrico Oldoini, Franco Ferrini; fotografia: Carlo Cerchio; musica: Barluna; montaggio: Sergio Montanari; interpreti: F. Nuti, Barbara De Rossi, Carlo Giuffré, Laurie Sue Sherman, Novellantonio Novelli, Riccardo Tognazzi; origine: Italia; produzione: Hera International Film; durata: 101′
«Terzo film di Maurizio Ponzi con Francesco Nuti. Un sodalizio fortunato, che ad ogni esperienza nuova da frutti più convincenti, più saldi. Questa volta ci si allontana un po’ dalla commedia, ma senza preferire il dramma, approdando a un genere in cui il sentimento e l’intelligenza si fanno privilegiare senza con questo dimenticare il sorriso […]. L’avvio lo dà la separazione di una coppia in crisi. Senza spiegazioni, senza dispute. Tutto è successo prima ed ora non resta che tirare le somme. Ma è lei, Paola, che vuole andare via; lui, Francesco, vorrebbe trattenerla ad ogni costo e tenta ancora un’ultima volta, con mille astuzie. […] Intimismo, psicologia, ma anche, nel calore e nel colore, vitalità di racconto, densità di rapporti interpersonali e, pur con una nota malinconica tenuta in primo piano lungo tutto l’arco dell’azione, un’ironia fine e garbata che dà sapori vivi ai caratteri persino nei passaggi più raccolti, quando ci si affanna e si soffre. […] Erano anni che non mi accadeva di salutare sugli schermi italiani l’affermazione di un nuovo grande attore […]. Nuti ha tutte le qualità dell’attore vero, con una padronanza così piena dei propri mezzi espressivi che gli consente qui […] di toccare tutte le gamme della commedia e del dramma […]. Lo attendono, immagino, tutti i premi dell’anno; come Ponzi del resto, un autore che ha tardato un po’ a farsi avanti ma che adesso è arrivato al traguardo. Per andare oltre» (Rondi).
ore 19.00
Casablanca Casablanca (1984)
Regia: Francesco Nuti; soggetto e sceneggiatura: Luciano Vicenzoni, Sergio Donati, F. Nuti; musica: Giovanni Nuti; montaggio: Sergio Montanari; interpreti: F. Nuti, Giuliana De Sio, Daniel Olbrychski, Novello Novelli, Carlo Monni, Marcello Lotti; origine: Italia; produzione: Union Film; durata: 105′
«Francesco lavora, senza troppo entusiasmo e neppure con soddisfazioni, come cameriere. Ama Chiara, una giovane sassofonista, ed è riamato. Un brutto giorno (ma solo per Francesco) la ragazza riceve un’allettante proposta da un manager tanto affascinante quanto interessato non solo alle sue qualità artistiche: suonare insieme ad un gruppo più qualificato su una nave per crociere di lusso. Chiara accetta con entusiasmo, lasciando il “suo” Francesco a struggersi di gelosia. Il giovane decide così, dopo qualche tempo, di partecipare ad un torneo di biliardo insieme al suo vecchio amico-rivale, lo Scuro: ciò perché le finali si svolgono a Casablanca, dove ora suona la sua ragazza» (Poppi). «Film atipico, solo superficialmente leggero, Casablanca Casablanca conferma l’originalità di Nuti, il più astratto tra i nostri nuovi autori (comici?), qualche volta surreale come un grande clown» (Taggi).
ore 21.00
Tutta colpa del paradiso (1985)
Regia: Francesco Nuti; soggetto e sceneggiatura: Vincenzo Cerami, F. Nuti, Giovanni Veronesi; fotografia: Giuseppe Ruzzolini; musica: Giovanni Nuti; montaggio: Sergio Montanari; interpreti: F. Nuti, Ornella Muti, Roberto Alpi, Laura Betti, Marco Vivio, Novello Novelli; origine: Italia; produzione: C.G. Silver Film / Union P.N.; durata: 106′
«Romeo Casamonica ha trascorso gli ultimi cinque anni della sua vita in carcere. Uscito, cerca di rintracciare moglie e figlioletto, che non trova più nel quartiere in cui abitavano. Viene poi a scoprire che il bambino è stato adottato da una coppia che vive in una baita isolata fra i monti della Val d’Aosta. Ma le sue “pacifiche” intenzioni (non vuole creare drammi, ma è intenzionato a riprendersi il figlio) sono ben presto sconvolte da un avvenimento imprevisto: s’innamora come uno studentello della bellissima mamma adottiva» (Poppi). «Il secondo film da regista è considerato l’esame di maturità. Nuti l’ha superato con leggerezza, non sai se sia più furbo o più sincero. È anche riuscito a trasformare la Muti da splendida ospite ornamentale in una creatura apprensiva che sa recitare con lo sguardo» (Reggiani).
venerdì 5
ore 17.00
Stregati (1986)
Regia: Francesco Nuti; soggetto e sceneggiatura: Vincenzo Cerami, F. Nuti, Giovanni Veronesi; fotografia: Giuseppe Ruzzolini; musica: Giovanni Nuti; montaggio: Sergio Montanari; interpreti: F. Nuti, Ornella Muti, Novello Novelli, Alex [Alessandro] Partexano, Sergio Solli, Mirta Pepe; origine: Italia; produzione: C.G. Silver Film, Union P.N; durata: 96′
«Amore in corsa, fra burrasche e schiarite, per le vie notturne di Genova, dove un finto taxista carica una sposa alla vigilia delle nozze. Lui pratica la filosofia del “carpe diem”, ma non è abbastanza cinico; lei lascia fare, ma non è abbastanza fredda. Succede che la bella perde due treni e quasi tre per destinazione Verona, dov’è fissato il sacro rito; e lui scopre intorno a sé continue conferme che la vita è sogno. Maturato come regista, l’autore pilota l’occhio incantato della macchina da presa di Giuseppe Ruzzolini in una Genova vera che qualcuno ha paragonato alla Livorno ricostruita in teatro di Le notti bianche. Ulteriori citazioni della critica vanno da I vitelloni di Fellini, per il quartetto canagliesco degli uomini maschilisticamente solidali, a Paris, Texas di Wenders, per il palpito frenato dal sentimento della provvisorietà. La vicenda non è importante […], ma i respiri sono giusti, i momenti contano di per sé e gli attori si muovono con adeguata leggerezza. Nuti sa intrattenere con grazia anche quando non ha molto da dire: è un piccolo poeta della perplessità, un Amleto della canzonetta sentimentale. Sa sbrigliare gli umori pagliacceschi e gaglioffi degli amici e sa centellinare le grazie, non solo fotogeniche, di un’Ornella Muti finalmente vicina a un personaggio tutto credibile» (Kezich).
ore 19.00
Caruso Pascoski (di padre polacco) (1988)
Regia: F. Nuti; soggetto e sceneggiatura: Giovanni Veronesi, David Greco, F. Nuti; fotografia: Gian Lorenzo Battaglia; musica: Giovanni Nuti; montaggio: Sergio Montanari; interpreti: F. Nuti, Clarissa Burt, Ricky Tognazzi, Novello Novelli, Carlo Monni, Antonio Petrocelli; origine: Italia; produzione: Cecchi Gori Group-Tiger Cinematografica, Unione Cinematografica,Rai; durata: 100′
«Francesco Nuti in un momento di allegria. Sempre secondo le sue solite cifre sentimentali ma voltate questa volta anche in burla, con guizzi e lazzi vicini non di rado alla farsa; sottile, però, e di grana fine. Comincia il protagonista, che di nome si chiama proprio Caruso e di cognome Pascovski perché – avverte il sottotitolo – è “di padre polacco”. Poi si fa avanti la storia. Come sempre in Nuti avviata da una separazione straziante: Giulia, la moglie amatissima di Caruso, lo lascia, e lui, che pure di professione è psicanalista, diventa quasi pazzo, agendo e muovendosi nella colorata Firenze in cui vive con modi addirittura dissennati, tanto che, pur essendo un cittadino rispettabile, passa molte notti in guardina, “per ubriachezza molesta”. Qui però comincia il gioco del tira e molla, con la scoperta che il nuovo amore di Giulia è Edoardo, proprio un paziente di Caruso, affetto da omosessualità latente […]. Inutile dire dove si arrivi […], va detto, invece, che ci si arriva dopo una serie di “zingarate” festose e tutte fiorentine che sprizzano euforia ad ogni angolo. Intanto quel personaggio di innamorato pazzo cui Nuti presta, ancora una volta, la sua maschera afflitta percorsa però qui anche da lampi ghiotti di malizia, poi gli altri personaggi di contorno, non tanto Giulia, un po’ astratta e di maniera […], ma quello ora fragile ora candido, con ironie, di Edoardo (cesellato con finezza da Ricky Tognazzi) e gli avvocati, i carabinieri, altre donne, altre apparizioni a margine, segnati sempre da tratti ameni, con il gusto di una caricatura che non si separa però quasi mai da un sottofondo umano, sulla linea di quell’umorismo con sentimenti che, in cifre toscane, si era già fatto avanti nel nostro cinema con i tre Amici miei, un confronto cui, pur in climi diversi, rimandano abbastanza i momenti più ilari del film» (Rondi).
ore 21.00
Willy Signori e vengo da lontano (1989)
Regia: Francesco Nuti; soggetto: F. Nuti; sceneggiatura: F. Nuti, Giovanni Veronesi, Ugo Chiti; fotografia: Gianlorenzo Battaglia; musica: Giovanni Nuti; montaggio: Sergio Montanari; interpreti: F. Nuti, Alessandro Haber, Anna Galiena, Isabella Ferrari, Cristina Gaioni, Novello Novelli; origine: Italia; produzione: Cecchi Gori Group-Tiger Cinematografica, Union P.N.; durata: 105′
«Quando diresse nel 1989 Willy Signori e vengo da lontano […] FrancescoNuti era reduce dal successo di Caruso Pascoski. E sentiva ancora le implicazioni autobiografiche della psicoanalisi trattata in chiave sarcastica di quel film. L’attore toscano, al suo quinto film da regista, volle raccontare con toni grotteschi una vicenda che ruota intorno al senso di colpa, un topos della letteratura sull’inconscio, […]. Willy Signori, un giornalista di cronaca nera di un quotidiano milanese, trascorre le sue giornate dividendosi tra la fidanzata Alessandra e Ugo, il fratello paralitico, con cui vive. Scampato a un mortale incidente automobilistico, viene accusato della morte di un uomo che era alla guida di un’auto dalla fidanzata di lui Lucia, incinta. La donna comincia a perseguitare Willy sconvolgendo la sua vita e il cronista decide di occuparsi di lei e della sua maternità. […] Nuti riprende i temi a lui cari dello sradicamento esistenziale, della presenza fisica ma dell’assenza mentale e morale del partner maschile, della mancanza di certezze e punti di riferimento che affliggono i suoi personaggi. L’autore trova un buon equilibrio tra gag visive e verbali e esibisce quella vena di malinconico umorismo toscano» (Alberto Castellano).
sabato 6
ore 17.00
Donne con le gonne (1991)
Regia: Francesco Nuti; soggetto e sceneggiatura: Giovanni Veronesi, Ugo Chiti, F. Nuti; fotografia: Gianlorenzo Battaglia; musica: Giovanni Nuti; montaggio: Sergio Montanari; interpreti: F. Nuti, Carole Bouquet, Gastone Moschin, Didi Perego, Cinzia Leone, Antonio Petrocelli; origine: Italia; produzione: Piccioli Film, Filmone, Filmauro; durata: 116′
«Come dice il titolo, siamo nel rifiuto d’una femminilità emancipata al punto da preferire i pantaloni, nell’elogio delle brave donne di casa. Ma anche nell’ironicamente affettuosa celebrazione del maschio italiano che ha inteso l’amore come un possesso totale, e della sua metà che invece vuole affermare la propria libertà. Siamo insomma nella storia di una coppia che dagli anni Settanta in poi ha vissuto molte contraddizioni dell’epoca, con un Renzo dentista e una Margherita di volta in volta hippy, amica d’un terrorista, donna in carriera, ribelle al cliché della brava mogliettina, e finalmente incatenata dal marito che ha un’idea a suo modo romantica dell’amore, al punto di arrendersi, da vecchio, alla volontà dell’amata consorte, per la quale conviene farsi cremare. […] Benché appesantito da qualche lungaggine, il racconto funziona, animato da estrose esasperazioni di crisi coniugali, e lo sfondo della campagna toscana – siamo nella Val d’Orcia – addolcisce il grottesco. Il film costeggia problemi grossi (l’ipocrisia dei maschi, il femminismo) con un’arguzia che talora sbocca nella farsa. Manca la coerenza stilistica, ma Nuti esprime senza equivoci la dedizione appassionata caratterizzante le generazioni successive al mito della coppia aperta. È fra quanti credono di nuovo all’amore eterno che mette a tacere la guerra dei sessi, e appunto per questo possono essere accusati di avere un ramo di follia…» (Grazzini).
ore 19.15
OcchioPinocchio (1994)
Regia: Francesco Nuti; soggetto e sceneggiatura: Ugo Chiti, Giovanni Veronesi, F. Nuti; fotografia: Maurizio Calvesi; musica: Giovanni Nuti; montaggio: Sergio Montanari; interpreti: F. Nuti, Chiara Caselli, Joss Ackland, Charles Simon, Jacques Dacqmine, Pina Cei; origine: Italia; produzione: Pentafilm, Filmone; durata: 139′
«Supercult pinocchiesco. Disastro produttivo, ma anche affascinante tentativo autoriale megalomane di un comico al massimo del suo successo pronto a giocarsi tutto. Film bizzarro, difficilmente collocabile nel panorama italiano, difeso strenuamente da Nuti, che ci ha speso tre anni di lavoro, scrivendolo, dirigendolo, interpretandolo e parzialmente producendolo, portandolo a termine un anno dopo la sua prevista uscita di Natale ’93. Ma soprattutto è un caso, rarissimo nel nostro di cinema, di film monstre, di eccesso autoriale che si scontra con il potere della produzione […]. A novembre del 1993, infatti, il film venne interrotto (“per la mia ‘probabile labilità’, questa è la causa ufficiale che ho letto. Ma io stavo benissimo” dice Nuti), gli studi vennero smontati e sembrò che tutto il progetto andasse in fumo. Le tesi erano diverse. Si parlava di eccessi di spese di lavorazione, di follie registiche […]. A un anno esatto di distanza, Francesco Nuti riesce a riprendere in mano il suo film, a terminare le riprese e a lanciarlo in sala per Natale. […] Il film è troppo lungo, non ben funzionante, perché si passa dall’eccesso iniziale di film alla Cimino a un minimalismo pieraccioniano. Il pubblico non ci va, ha capito che siamo di fronte a un’operazione Joan Lui, e non è interessato a un Nuti-Pinocchio, al comico che vuole far l’autore, vuole le vecchie storie comiche-romantiche. E Pieraccioni è dietro l’angolo. Nuti, comunque, riuscirà a risollevarsi dal suo Occhiopinocchio, che rimane a tutti i livelli un film di culto, eccessivo e bizzarro» (Giusti).
ore 21.45
Il signor Quindicipalle (1998)
Regia: Francesco Nuti; soggetto: F. Nuti, Mario Rellini, Carla Giulia Casalini; sceneggiatura: F. Nuti, M. Rellini, Malù [Maria Luisa] Di Leonardo; fotografia: Danilo Desideri; musica: Giovanni Nuti; montaggio: Ugo De Rossi; interpreti: F. Nuti, Sabrina Ferilli, Alberto Gimignani, Gianna Giachetti, Evelina Gori, Novello Novelli: origine: Italia; produzione: Videomaura, Filmone, Medusa Film; durata: 104′
«Paghi uno e prendi due film. Da una parte Il signor Quindicipalle, effetto specialissimo del biliardo, ciriporta dopo 4 anni, benvenuto, il brillante talento disperso di Nuti, ancora alle prese con il suo “sport” preferito e naturalmente incastrato in una vicenda di sogni e donne proibiti, ma con sospiri d’amore più edipici, che non hanno più il cinismo dello sciupafemmine. Dall’altra il film, concluso dopo varie traversie, è sincero e “malinconico” da parte del regista al punto che diventa una sua recherche, con gradite impennate surreali, come il cavallo della giostra che s’imbizzarrisce, un delicato sfumare della cinepresa sui volti (il pranzo musical espressionista nella famiglia tutte donne), azzardati movimenti di macchina tra le tombe, la voglia di raccontare una storia semplice ma che sotto sotto ribolle: la scelta di ambientare l’incontro sentimentale al cimitero, scusi dottor Freud, vorrà pure dire qualcosa. E poi c’è lei, la nuova signora in rosso, una vitale, smagliante, sorridente e spiritosa Sabrina Ferilli che nel disegnare la ragazza squillo (del telefonino) da un milione e mezzo a botta, tira fuori l’anima brillante della storiella un po’ (pre) – testuosa, gioca con gli equivoci, fa tutt’uno con la simpatia della fossetta di Nuti. Un Nuti meno toscano, con più timidezza, pensieri e occhiaie rispetto al passato. Ma restano le costanti degli affetti e dei rimpianti, cinema e realtà si confondono tra le spacconate» (Porro).
domenica 7
ore 17.00
Io amo Andrea (1999)
Regia: Francesco Nuti; soggetto e sceneggiatura: Carla Giulia Casalini, Ugo Chiti, F. Nuti; fotografia: Maurizio Calvesi; musica: Giovanni Nuti, Riccardo Galardini; montaggio: Ugo De Rossi; interpreti: F. Nuti, Francesca Neri, Agathe De La Fontaine, Marina Giulia Cavalli, Ginevra Nuti, Giulia Weber; origine: Italia; produzione: FrancescAndrea; durata: 111′
«Tenero, affettuoso, conciliante. Il nuovo film di Francesco Nuti Io amoAndrea, è il suo più compiuto e racconta con giusti toni l’odissea di un veterinario 40enne, cordialmente divorziato, che si innamora di una ragazza e poi della sua amica del cuore, omosessuale militante, riuscendo ad aprire con lei una temporanea breccia per un bebé. Nessuno rinuncerà alle sue preferenze, l’uomo coltiva il suo lato femminil – casalingo, la donna fa qualche concessione alle sorprese dell’amore. Ed ecco il diagramma dei sentimenti che schizzano sempre dove vogliono, incastrandosi e contraddicendosi a vicenda, rendendo a tutti più complicato il dare e avere del cuore: ma i meccanismi sono sempre gli stessi. Così Nuti, vendicando il suo seduttore senza scrupoli ’80, torna ad essere il “malincomico” che preferiamo e annuncia che chi comanda non è oggi la passione ma gli affetti, un puzzle in cui ciascuno reclama la sua parte: e vissero insieme bisessuali e contenti. Non è un film scandalo, ma una quasi sofisticata commedia d’amore a tre, da ridere e sorridere, in cui Nuti è sessualmente molto correct, si concede due dolly che si arrampicano sul tetto del mondo, un’inutile scorciatoia nell’AIDS e non rinuncia a qualche compiacimento, finendo con un surreale sdoppiamento in cane dalmata che lo aiuta a districarsi nel finale con bebé, la sua Ginevra. Ad infiocchettare il pacchetto, di cui ci piace il senso, c’è una colonna sonora a tutto musical, in cui l’attore, che offre in saldo tutti i dubbi maschili con una rete di reale malinconia, rifà Gene Kelly singing in un allagamento casalingo» (Porro).
ore 19.00
Caruso, zero in condotta (2001)
Regia: Francesco Nuti; soggetto e sceneggiatura: Carla Giulia Casalini, Ugo Chiti, F. Nuti; fotografia: Tani Canevari; musica: Riccardo Galardini, Giovanni Nuti; montaggio: Ugo De Rossi; interpreti: F. Nuti, Remo Remotti, Cecilia Dazzi, Giulia Serafini, Massimo Salvianti, Lorenzo De Angelis; origine: Italia; produzione: Medusa Film, FrancescAndrea; durata: 91′
«Va dato atto a Francesco Nuti, per una volta, di aver tentato di affrancarsi da quel singolare mix di donne e stecche da biliardo che negli anni Ottanta l’aveva portato al successo: con Caruso, zero in condotta, scritto da Nuti con Ugo Chiti e Carla Giulia Casalini, il popolare regista e attore toscano prova con la leggerezza che gli è consueta a proporre qualcosa di nuovo. Di positivo nel suo ultimo film è da segnalare uno stile di regia di marca sperimentale che conferma quanto di buono già si intravedeva in certe inquadrature anomale di Io amo Andrea, col quale era tornato alla ribalta un paio d’anni fa: inoltre una colonna sonora fresca e giovanilistica (opera, al solito, del fratello Giovanni) e, in particolare, la scelta di due tematiche neanche troppo facili da affrontare come il problema delle baby gangs e del rapporto tra padre e figlia. […] Il protagonista si chiama […] Caruso, psicoterapeuta di professione, giovane vedovo e padre attaccatissimo alla figlia, la quindicenne Giulia, dotata di un caratterino ribelle e con la tendenza a ficcarsi nei guai. […] Nonostante qualche momento troppo naïf e fuori registro, Caruso, zero incondotta a tratti diverte e talvolta arriva anche a segno, comunicando frammenti di disagio e di non detto adolescenziale: la nuova via intrapresa da Nuti merita d’esser percorsa ancora» (Paolo Boschi).
ore 21.00
Concorso di colpa (2005)
Regia: Claudio Fragasso; soggetto e sceneggiatura: Rossella Drudi; fotografia: Tani Canevari; musica: Pino Donaggio; montaggio: Ugo De Rossi; interpreti: Francesco Nuti, Alessandro Benvenuti, Gabriele Ferzetti, Massimo Bonetti, Antonella Ponziani, Luca Lionello; origine: Italia; produzione: Blu Cinematografica; durata: 99′
«Francesco De Bernardi, commissario di polizia, è a capo della squadra omicidi. Lo aspetta una brillante carriera: è integerrimo nel lavoro e ha uno straordinario rapporto con il suo vate, il giudice Vito Santamaria (GabrieleFerzetti ), un magistrato prossimo alla pensione, che ha svolto alcune fra le indagini più delicate del vecchio e del nuovo terrorismo. I due uomini di legge si concedono spesso lunghe chiacchierate e partite a scacchi, che terminano quasi sempre in pareggi. In famiglia, invece, è un disastro: il commissario vive costantemente messo sotto accusa dal figlio diciottenne no-global, mentre dalla moglie viene più temuto che amato. Un giorno il poliziotto si trova a svolgere un’indagine sul terrorismo, mentre tenta di risolvere un caso di omicidio, avvenuto 25 anni prima. Con Concorso dicolpa, il regista Claudio Fragasso riporta Francesco Nuti sul grande schermo, dopo 5 anni di assenza. E gli affida il ruolo del commissario capo della squadra omicidi De Bernardi: la prima parte drammatica della carriera di Nuti. Il film, benché sia intriso di ideologie, miti (e drammi) degli anni Settanta, grazie al meccanismo del thriller, si tiene lontano dalla retorica. E il regista riesce a portare al cinema la generazione più raccontata del mondo, senza fare ricorso alla classica “operazione nostalgia” e, soprattutto, senza la morale» (Roberta Bottari).
lunedì 8
chiuso