Cinema Trevi: Indipendente italiano. La volontà oltre la rappresentazione. Il cinema di Ettore Ferettini
28 Aprile 2010 - 28 Aprile 2010
«La creazione non accoglie al suo interno l’idea che ci sia una creazione dilettantistica e un’altra autoriale»
Tonino Valerii
Tonino Valerii
Ettore Ferettini (Genova, 18 novembre 1925 – Roma, 7 giugno 2008) viveva un conflitto. C’era il Ferettini borghese (o in borghese) col suo lavoro in banca. Uomo solitario, taciturno. Un intimista, esistenzialista, un nostalgico. Una visione pessimistica della vita la sua, uno sguardo rassegnato quello dietro i suoi spessi occhiali. C’era poi il Ferettini Autore con la sua Super 8. Uomo e «cittadino» (in senso gramsciano) che tutto vedeva filmava interpretava giudicava! Il suo sguardo critico si esprimeva attraverso la sua Opera, vissuta come vera e propria missione/vocazione. Guardando i suoi film si percepisce l’esigenza inalienabile e ossessiva di esprimersi, di comunicare il proprio punto di vista, di «parteggiare»! Questi due Ferettini in apparenza erano inconciliabili.
In verità proprio nei suoi film avveniva il “miracolo”: si riconosce in molti di essi la rassegnazione dell’uomo… ma la volontà di esprimere la rassegnazione è di per sé una negazione di questo sentimento! C’è in questo atto la volontà di annientarla, di superarla, di vincerla! Nella sua opera si legge la stessa ricerca vittoriniana di una Cultura che non si limiti più a consolare nelle sofferenze, «ma una cultura che protegga dalle sofferenze, che le combatta e le elimini».
La cosa più evidente nel cinema di Ferettini è la rinuncia all’utilizzo di attori consapevoli (i suoi erano «attori involontari» secondo la definizione dell’Autore in una nota al film From London) e conseguentemente ad un cinema narrativo (o di finzione). Ciò non toglie che egli non rinunciasse a raccontare una storia (o meglio la Storia), senza però imitare/scimmiottare/mummificare la vita, senza rappresentare la realtà (ovvero il «cinema in natura» come azzarda Pasolini), ma con la vita e la realtà stesse… almeno così come egli stesso le vedeva e interpretava attraverso quello che Ferettini chiamava «il discorso “diretto” delle immagini». Ogni suo film, nel bene e nel male, è “un Ferettini”, cioè un prodotto artistico e comunicativo totalmente ascrivibile alla sua persona, coi suoi limiti d’uomo e d’artista, il suo mondo, le sue paure e speranze, le sue idee… i suoi ideali!
«Autore dal 1957 al 2008 di circa [77] cortometraggi autoprodotti e con finalità espressamente culturali. Riconoscimenti a numerosi festival in Italia e all’estero. Biografie, interviste e recensioni su varia editoria specializzata. “Personali” presso università, circoli culturali, sale d’essai, TV private, pubbliche piazze» (note biografiche dell’autore). Il cinema di Ferettini per tutto questo non può considerarsi “minore” (dopotutto non è ragionevole fare dell’indipendenza – artistica, intellettuale, industriale, produttiva – una colpa), piuttosto viene in noi il dubbio che questo disinteresse delle istituzioni verso il cinema non-commerciale sia un’ammissione tacita della sua “pericolosità”…
(Dalla tesi di laurea Ettore Ferettini: l’Uomo con la macchina da presa… di Giulio Della Rocca)
Dal 1967 Ferettini è stato socio “militante” della Fedic – Federazione Italiana dei Cineclub. Angelo Tantaro, presidente dello storico cineclub Roma Fedic, sarà presente all’incontro.
Programma, testo introduttivo e schede a cura di Giulio Della Rocca con la collaborazione di Valentino Catricalà
Proiezioni a ingresso gratuito vietate ai minori di anni 18
ore 21.15
Incontro moderato da Giulio Della Rocca con Valentino Catricalà, Fulvio Lo Cicero, Angelo Tantaro, Tonino Valerii
a seguire
Settima galassia (1965)
Prodotto, scritto e diretto da Ettore Ferettini; durata: 10′
Il film si apre con la didascalia «Realizzazione sperimentale di Hector». Ferettini dietro uno pseudonimo “gioca” con il mezzo espressivo audiovisivo trascendendo il realismo: con una perfetta combinazione di suono e immagini fa “recitare” e “parlare” come fossero alieni, statue sculture, mentre dei dettagli architettonici diventano magicamente Ufo.
a seguire
Morte a Frosinone (1973)
Prodotto, scritto e diretto da Ettore Ferettini; durata: 7′
«Autopsia crittografica di una notizia di cronaca italiana» (didascalia d’apertura del film). Con una operazione che si potrebbe dire “dadaista” il trafiletto di una notizia di cronaca (nello specifico la morte di un bambino in un ospedale di Frosinone per denutrizione) viene scomposto parola per parola e “rimontato” di volta in volta con un diverso significato tra senso e nonsense.
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Park Hotel (1976)
Prodotto, scritto e diretto da Ettore Ferettini; durata: 27′
«Alta Baviera, fine estate 1975. Un grande albergo è ritrovo privilegiato di anziani rappresentanti dell’alta borghesia della Germania d’oggi, nostalgiche figure di una generazione che aveva sognato di dominare il mondo» (Ferettini).
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De bello fallico (1975)
Prodotto, scritto e diretto da Ettore Ferettini; durata: 10′
«Il culto morboso delle armi come indice di frustrazioni nascoste, manifestazione di insicurezza o di impotenza. Il bisogno di impugnare un revolver o un mitra come surrogato o prolungamento del sesso si rivela sintomo di una tendenza sopraffattrice, tipica delle ideologie autoritarie che coltivano la violenza e il mito del “superman” in guerra e in amore» (Ferettini).
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Financial Times (1999)
Prodotto, scritto e diretto da Ettore Ferettini; durata: 6′
«Immagini tratte dal repertorio del cinema muto fanno da supporto ad una “sonora” metafora del cosiddetto “mercato globale” dei giorni nostri» (Ferettini).
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God Bless America (2000)
Prodotto, scritto e diretto da Ettore Ferettini; durata: 5′
«Video composto da 50 frammenti iconografici per lo più tratti da film di genere catastrofico hollywoodiano, qui “piegati” a più nobile intento. Il motivo “God bless America” è un inno patriottico concepito come preghiera a Dio ed è qui usato a far da contraltare alla tragica violazione di uno dei più fondamentali diritti umani» (Ferettini).
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Deposizione (2002)
Prodotto, scritto e diretto da Ettore Ferettini; durata: 9′
«Allegoria dell’ideale marxista qui osservato – nella composizione di immagini operata dall’autore – come “icona” alla deriva, spinta via dal fiume degli eventi. Nel volo di rapaci levatisi frattanto nel cielo della Storia, l’inquietante presagio di un incerto futuro» (Ferettini).
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Hopper periferia dell’anima (1997)
Prodotto, scritto e diretto da Ettore Ferettini; durata: 10′
«Elegia cinematografica ispirata all’opera dell’artista statunitense Edward Hopper […]. La macchina da presa tenta qui di seguirne la poetica affiancando i celebri interni hopperiani con immagini dal vero che si “prolungano” all’esterno in dialettico raffronto, ad ampliarne e confermarne l’assunto drammaturgico. Il mutismo e l’isolamento dei personaggi raffigurati da Hopper, la moderna architettura vista come “carcere” urbano, quegli interni osservati dall’esterno (effetto acquario) in cui si consuma la tristezza e la noia degli uomini e donne senza speranza, sono evidentemente il mesto riflesso della vita difficile del “fuori”. Il film ha la pretesa di tentare questo approccio» (Ferettini).
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From London (2004-2008)
Prodotto, scritto e diretto da Ettore Ferettini; durata: 20′
«Aspetti di vita londinese registrati nell’arco di una intera giornata e scanditi dal passar delle ore, di volta in volta filtrati attraverso tipiche ambientazioni della “Underground”, di una grande stazione ferroviaria o immersione totale lungo gli affollati marciapiedi del centro e limitrofi ingorghi. Osservazione metodica e indugiata sui gesti, comportamenti e stimoli indotti colti all’insaputa di attori involontari: semplice evidenza quindi viva e vivace nelle immagini, registrate oltretutto con sonoro in diretta simultanea. Cinema allo stato puro […] allorquando l’immagine non abbia necessità di ricorrere al sostegno di verbosi commenti esplicativi o di accattivanti sottolineature musicali» (Ferettini).
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Manifesto – Quasi una bandiera (2007)
Prodotto, scritto e diretto da Ettore Ferettini; durata: 15′
«Pamphlet sulle problematiche venute a determinarsi in relazione alluso e all’abuso dei vari strumenti della “comunicazione”, vecchi e nuovi. I vari fenomeni di dipendenza ora da una televisione annichilente, ora da tecnologie sempre più avanzate quanto più disumanizzanti e, rilievo non ultimo, da una “moda” cinematografica ripiegata su stilemi hollywoodiani, che ricopia se stessa all’infinito senza scosse innovative. Tutto ad uso e consumo di utenze allevate ed educate nel solco di una cultura generalmente omologata, abitudinaria, spenta. Vale qui dirla con Apollinaire: “Il est grand temps de rallumer les étoiles”» (Ferettini).