Cosa resterà degli anni Ottanta?, si domandava Raf, in una canzone ormai entrata nel costume del nostro Paese. Volendo estendere questo interrogativo al cinema italiano di quel decennio, caratterizzato da una crisi, senza precedenti, di idee e di identità, è facile rispondere: i film dei (malin)comici, esplosi in televisione alla fine degli anni Settanta (l’indimenticabile varietà Non stop) ed esportati sul grande schermo, con una felice intuizione, su cui si reggerà gran parte del cinema italiano a venire (ancor oggi…). Spesso registi di se stessi, i vari Nuti, Verdone, Troisi (mentre il percorso di Benigni è più vario e comprende interpretazioni in film diretti da registi come Ferreri e Fellini) adattano la loro comicità ai tempi cinematografici, rivelando, nel tempo, non solo una grande padronanza del mezzo, ma anche, e soprattutto, una sensibilità nel raccontare i loro “mondi”, che si rivelerà una prospettiva privilegiata da cui captare i cambiamenti della società italiana. Ognuno con il suo stile, i suoi tempi, il suo universo comico, strettamente legato alle rispettive origini. Così Troisi è simbolo della napoletanità, come lo era stato, in precedenza, Eduardo De Filippo, al quale è stato spesso accostato dalla critica.
Cinema Trevi: “Non ci resta che ridere. Il cinema di Massimo Troisi”
30 Maggio 2009 - 31 Maggio 2009
Nato a San Giorgio a Cremano, in provincia di Napoli, il 19 febbraio 1953, Troisi a metà degli anni Settanta crea il gruppo La Smorfia insieme a Lello Arena ed Enzo Decaro, con il quale riscuote uno straordinario successo in televisione, sull’onda del quale firma il suo primo film da regista, Ricomincio da tre (1981), folgorante esordio destinato a segnare e a cambiare il cinema comico. Dopo un decennio di degenerazione della commedia all’italiana, ecco finalmente un film che fa ridere “con la testa”, senza volgarità, battuttacce e doppi sensi, raffinato e penetrante nella sua descrizione di una gioventù in cerca di speranze. Due anni dopo è la volta di Scusate il ritardo, che conferma il suo talento e la capacità di dirigere gli attori (e prima ancora, insieme alla fidata Anna Pavignano, di delineare dei personaggi che rimangono scolpiti nella memoria dello spettatore). Nel 1984 divide onori e successi con Roberto Benigni per il fortunatissimo Non ci resta che piangere, forse il film manifesto del cinema italiano anni Ottanta, in cui Storia e comicità si fondono mirabilmente. Il successivo film, Le vie del signore sono finite (1987), si fa invece apprezzare per una maggiore costruzione narrativa e una vena più intimista: Troisi si è ormai trasformato in una abile regista, capace di raccontare storie e di mettere la sua verve al servizio della narrazione. Dopo alcune esperienze significative solo come attore per Ettore Scola (Splendor, Che ora è, Il viaggio di Capitan Fracassa), Troisi ci regala nel 1991 un film di grande leggerezza,Pensavo fosse amore… invece era un calesse, in cui per l’ennesima volta declina la parola amore alla sua maniera: un vortice di parole, sentimenti negati e mai espressi, rimpianti e rimorsi, fidanzamenti e abbandoni, che tanto assomiglia all’universo giovanile contemporaneo. Prima di morire prematuramente, ormai quindici anni fa, Troisi entra definitivamente nel cuore della gente con la sofferta e ispiratissima interpretazione de Il postino di Michael Radford, il film che ha rivelato al mondo intero il suo talento, impossibile da tradurre in parole. Per questo, non ci rimane che invitare all’ennesima visione dei suoi film.
Dopo le retrospettive dedicate a Carlo Verdone e a Roberto Benigni (utilizzando lo stesso titolo, Non ci resta che ridere), la Cineteca Nazionale rende omaggio a un grande artista.
sabato 30
ore 17.00
Ricomincio da tre (1981)
Regia: Massimo Troisi, soggetto: M. Troisi; sceneggiatura: M. Troisi, Anna Pavignano; fotografia: Sergio D’Offizi; musica: Pino Daniele; montaggio: Antonio Siciliano; interpreti: M. Troisi, Fiorenza Marchegiani, Lino Troisi, Marco Messeri, Lello Arena, Marina Pagano; origine: Italian International Film, Factory Cinematografica; durata: 109′
«Si saluta con piacere la nascita di un nuovo talento nel giovane cinema italiano. Il versante comico, con le sue agre malinconie, si rivela il più praticabile dai nuovi autori […]. Forse Troisi in quest’operazione è il più scaltro e insieme sincero. Ha addosso Napoli, un peso enorme, una tradizione di commedia in cui perdersi. Ha vicino l’esempio di chi è arrivato prima, il contagio dei linguaggi e della caricatura non più regionale e vernacola, ma sofferentemente italiana. Ne viene fuori bene, con una storia che si srotola come un pretesto, ma non si perde mai, che tiene insieme con umorismo e intelligenza i lembi dei caratteri e delle situazioni. Comincia con una famiglia napoletana troppo tipica, pregiudizi, pazienza e fantasia proletaria, il padre del giovane Gaetano aspetta che un miracolo gli faccia ricrescere la mano persa in un incidente. Gaetano ha bisogno di aria, vuol viaggiare, anche se un napoletano che viaggia viene sempre preso per un emigrante. Fugge lontano, addirittura a Firenze da una zia, vuol ricominciare se non da zero almeno da tre («due o tre cose buone vorrei conservarle»). […] Col Gaetano di Troisi arriva dunque al cinema un altro nevrotico, anzi uno speciale nevronapoletano che deve scontare nel riso e nell’ironia la sua cultura antica. Un giovane che si salva per saggezza ereditaria e nuova virtù analitica, che mette in crisi la napoletanità e l’antinapoletanità. Certe parole di gola in napoletano stretto, accentuato dal suono in diretta, appartengono alla scuola di Eduardo» (Reggiani).
ore 19.00
Scusate il ritardo (1982)
Regia: Massimo Troisi, soggetto: M. Troisi; sceneggiatura: M. Troisi, Anna Pavignano; fotografia: Romano Albani; musica: Antonio Sinagra, con la collaborazione di Vassili Kojucharov; montaggio: Antonio Siciliano; interpreti: M. Troisi, Giuliana De Sio, Lina Polito, Lello Arena, Francesco Acampora, Olimpia Di Maio; origine: Italia; produzione: Yarno Cinematografica; durata: 112′
«Troisi è napoletano e giovane e ci parla di quello che sa e conosce. In Ricomincio da tre con lo sradicamento di un napoletano da Napoli ma senza farlo rinunciare a nessuna delle sue virtù di origine, nel film di oggi con una analisi più approfondita di un giovane napoletano a Napoli, Vincenzo, privo di molte virtù e votato soprattutto al culto un po’ pigro di se stesso. In un solo caso un po’ altruista, nel confortare l’amico Tonino che, reduce da una negativa esperienza d’amore, vorrebbe addirittura uccidersi. Per Vincenzo, invece, l’amore è facile tanto che mentre lui quasi non se ne accorge, Anna, un’amica di sua sorella, uscita anch’essa da una delusione sentimentale, si mette ad amarlo con il cuore che trabocca. Vincenzo, naturalmente, non dice di no, ma anche in quell’incontro porta la distrazione, il distacco e l’egocentrismo che mette in tutti i suoi rapporti con gli altri, compresa la madre ed un fratello attore, il cui successo in fondo, quando non è troppo pigro, arriva anche a invidiare. […] L’analisi dei caratteri e, appunto, dei sentimenti, è certamente il pregio più significativo del film, tanto più significativo quanto più Troisi, pur facendo della psicologia dal vero, non rinuncia, nemmeno tra i sospiri, alla comicità con risultati piuttosto insoliti nel cinema italiano di questo tipo, tutto indirizzato invece alla superficialità e all’estroversione. Le pene d’amore, le schermaglie, le ripicche, i ritardi (del titolo) a capire, le sveltezze, al contrario con cui certe fiamme subito divampano sono seguiti sempre con un segno d’autore che, nonostante certi curiosi sbagli di racconto, rivela non solo una grande conoscenza del mondo giovane di oggi (il nostro, borghese), ma anche una sensibilità calda nel rappresentarlo ora con partecipazione ora con ironia semplice e affettuosa. Senza eccessi, senza note false, senza pretesti artificiosi» (Rondi).
ore 21.00
Le vie del Signore sono finite (1987)
Regia: Massimo Troisi, soggetto e sceneggiatura: M. Troisi, Anna Pavignano; fotografia: Camillo Bazzoni; musica: Pino Daniele; montaggio: Nino Baragli; interpreti: M. Troisi, Jo Chiampa, Massimo Bonetti, Marco Messeri, Clelia Rondinella, Enzo Cannavale; origine: Italia; produzione: Esterno Mediterraneo Film, Rai, con la collaborazione di Cecchi Gori Group – Tiger Cinematografica; durata: 117′
Durante il fascismo, il barbiere Camillo è affetto da una paralisi alle gambe di origine psicosomatica e vive alle spalle del fratello Leone, fin troppo premuroso. L’incontro con un giovane paralitico e l’amore travagliato per una ragazza cambieranno la sua vita. «La critica al cospetto di Le vie del Signore sono finite, ha storto la bocca. Temo che non abbia capito o che sia stata distratta. Non è di tutti i giorni un film che suoni su questi tasti, men che mai nei territori del comico e della commedia. Troisi […] in questa occasione non si è risparmiato. Più che allungare il brodo, come hanno ritenuto certi recensori, Troisi ha impresso al film il ritmo che si addice a un protagonista che sprofonda nelle spirali delle sue meditazioni, tira i pensieri con le pinze e sguazza nei sofismi, con una tipica propensione meridionale. Anche in Le vie del Signore sono finite guadagnano un primato la parola, la mimica, la gestualità, esaltate dalla ripresa ravvicinata che disincaglia l’esecuzione da quel tanto di teatrale insito nella predominanza dei dialoghi. Ma nel film c’è, inaspettata e finora inedita, […] una ricerca compositiva nelle immagini e fantasia nelle soluzioni scenografiche» (Argentieri).
domenica 31
ore 17.00
Non ci resta che piangere (1984)
Regia: Roberto Benigni, Massimo Troisi; soggetto: R. Benigni, M. Troisi; sceneggiatura: R. Benigni, M. Troisi, Giuseppe Bertolucci; fotografia: Giuseppe Rotunno; musica: Pino Donaggio; montaggio: Nino Baragli; interpreti: M. Troisi, R. Benigni, Iris Peynado, Amanda Sandrelli, Paolo Bonacelli, Carlo Monni; origine: Italia; produzione: Yarno Cinematografica, Best International Film; durata: 112′
Il maestro Saverio e il bidello Mario rimangono bloccati con la loro auto davanti a un passaggio a livello in una zona di campagna. Vengono sorpresi da un temporale e si rifugiano in una locanda. Il giorno dopo scoprono di essere tornati indietro al 1492. Affrontano innumerevoli peripezie cercando di adeguarsi agli usi del tempo e poi intraprendono un viaggio picaresco nel tentativo di giungere in Spagna e bloccare la partenza di Colombo. «Provenienti da due universi comici tanto diversi, Troisi e Benigni inseriscono agevolmente i propri personaggi in una struttura narrativa libera e vivace che ne valorizza le reciproche virtù in un gioco verbale e mimico senza soste. Firmando insieme la regia, anche come autori Troisi e Benigni si dividono il merito già acquisito facendo l’uno la spalla dell’altro, improvvisando pause e battute, e favorendo quello straniamento linguistico e figurativo che dà gaiezza e passatempo» (Grazzini).
ore 19.00
Pensavo fosse amore… invece era un calesse (1991)
Regia: Massimo Troisi, soggetto e sceneggiatura: M. Troisi, Anna Pavignano; fotografia: Camillo Bazzoni; musica: Pino Daniele; montaggio: Angelo Nicolini; interpreti: M. Troisi, Francesca Neri, Angelo Orlando, Marco Messeri, Natalia Bizzi, Alessio Salustri; origine: Italia; produzione: Esterno Mediterraneo Film, Cecchi Gori Group – Tiger Cinematografica; durata: 114′
«Per due volte, Tommaso e Cecilia, che si amano e si odiano, preparano le bomboniere, e per due volte saranno inutili. […] La sceneggiatura, scritta con la fedele Anna Pavignano, si potrebbe ridurre a uno sketch, ma il film è invece ricco di osservazioni, di caratteristi “napoletan style” (lo scrivano che ruba la bionda all’amico, l’ottimo e inedito Angelo Orlando) e di amari tiri d’amore incrociati. E mentre Troisi sceglie una Napoli non folk, tutta in interni, da commedia di Eduardo (a lui rimandano spesso anche i suoi tipici monologhi, con i balbettii, i tentennamenti, le confusioni, le iterazioni, le nevrosi), ricompaiono, in versione cinica, le piccolissime serenate con l’inevitabile “Malafemmina” e la fattucchiera (Nuccia Fumo al suo massimo) che manovra il pittoresco dell’irrazionale. […] Troisi diverte e occupa lo schermo in modo non vanaglorioso (pur non lesinando in monologhi, alcuni gustosissimi e comprensibili anche al Nord), muove con grazia la macchina cinema, si destreggia tra il dolce e l’amaro, tra la borghesia media e piccola, evita il rischio del pittoresco, offre bellissime occasioni ai colleghi. Francesca Neri, ex Lulù di Bigas Luna, è bella e brava come non mai, si esprime con gli stupendi occhi al di qua e al di là dell’inconscio, trasmette la confusione e la duplicità del possesso sentimentale, ci spiega le sorprese dell’amore» (Porro).
ore 21.00
Il postino (1994)
Regia: Michael Radford; soggetto e sceneggiatura: Furio Scarpelli, Anna Pavignano, Massimo Troisi, Giacomo Scarpelli, M. Radford; fotografia: Franco Di Giacomo; musica: Luis Enriquez Bacalov; montaggio: Roberto Perpignani; interpreti: Philippe Noiret, M. Troisi, Maria Grazia Cucinotta, Renato Scarpa, Linda Moretti, Mariano Rigillo; origine: Italia/Francia/Belgio; produzione: Cecchi Gori Group – Tiger Cinematografica, Pentafilm, Esterno Mediterraneo Film, Blue Dahlia Productions, K2 Two; durata: 116′
Pablo Neruda, in esilio su un’isola del Mediterraneo, stringe amicizia con un postino, al quale insegnerà la poesia (della vita) e trasmetterà i suoi valori. Cinque nominations all’Oscar, di cui uno vinto (migliore colonna sonora a Bacalov), riconoscimenti ovunque, soprattutto da parte del pubblico, che ha adorato questo film, rendendo così omaggio alla memoria di Massimo Troisi. «Il postino è uno di quei film che mescolano abilmente l’alto e il basso della vita e girano l’elica della poesia portando in modo semplice, con la complicità di un volto noto e amato, un “messaggio” positivo al pubblico. Straordinaria la sintonia fra Philippe Noiret e l’artista napoletano. In fondo Il postino è una tripla elaborazione di lutto: quello politico per il socialismo cileno, quello per Neruda e quello per l’amatissimo comico napoletano dalla mimica e lessico irresistibile» (Porro).