Cineteca Classic: Nagisa Oshima
30 Marzo 2013 - 30 Marzo 2013
Un ritratto dolente del trasgressivo cineasta nipponico l’ha delineato recentemente Silvio Piersanti con il titolo La doppia morale del Giappone. Sesso estremo sì, ma che non si sappia troppo in giro (Il Venerdì, 8 febbraio 2013): «È terminata così, nel più borghese dei modi, la vita terrena di Nagisa Oshima, il regista giapponese che ha scandalizzato il Giappone e gran parte del mondo con i suoi film dissacratori con i quali intendeva svegliare a colpi di frusta la società giapponese che riteneva addomesticata e colonizzata dagli americani dopo la Seconda guerra mondiale. […] Oshima firmò una cinquantina di opere e non una uscì senza suscitare polemiche. Da Notte e nebbia del Giappone, che gli stessi produttori ritirarono dalla circolazione temendo reazioni violente da parte dei movimenti di sinistra che il giornalista protagonista del film accusa di non aver saputo gestire l’ondata studentesca antiamericana del 1960; a Furyo, storia di un amore omosessuale tra David Bowie (prigioniero dei giapponesi) e Ryuichi Sakamoto (inflessibile ufficiale imperiale), dove si vede il più bel bacio d’amore tra due uomini della storia del cinema; sino a Max, amore mio commedia d’amore tra Charlotte Rampling e uno scimpanzè. Ogni sua opera era una sfida al perbenismo ipocrita della società giapponese che considera atto offensivo al pudore un bacio in pubblico di una coppia, ma ospita una delle maggiori industrie pornografiche del mondo».A completare l’appuntamento di Cineteca Classic, dedicato stavolta al cinema giapponese la proiezione di Ran, un film di un altro cineasta, Akira Kurosawa, definito “l’imperatore del cinema giapponese”, nonostante si consideri, al contrario, uno “schiavo della settima arte”. Perfetta nemesi della poetica trasgressiva e scapigliata di Oshima, «certamente Kurosawa è un grande narratore, maestro nell’articolazione dei tempi cinematografici, in questo senso direttamente inserito lungo la linea dei narratori statunitensi; la sua adesione a un linguaggio cinematografico di tipica matrice occidentale non gli impedisce di essere un fedele descrittore della tradizione nipponica, che anzi trova adeguata espressione proprio nei ritmi di un modello narrativo “mitico”» (Lorenzo Vitalone)
ore 17.00
Max, amore mio (1986)
Regia: Nagisa Oshima; soggetto: Jean-Claude Carrière; sceneggiatura: N. Ôshima, J.-C. Carrière; fotografia: Raoul Coutard; scenografia: Pierre Guffroy; costumi: Bernard Perris; musica: Michel Portal; montaggio: Hélène Plemiannikov; interpreti: Charlotte Rampling, Anthony Higgins, Victoria Abril, Anne-Marie Joubert, Nicole Calfan, Pierre Étaix; origine: Francia/Giappone/Stati Uniti; produzione: Greenwich Films, Film A2; durata: 95′
Max, amore mio (1986)
Regia: Nagisa Oshima; soggetto: Jean-Claude Carrière; sceneggiatura: N. Ôshima, J.-C. Carrière; fotografia: Raoul Coutard; scenografia: Pierre Guffroy; costumi: Bernard Perris; musica: Michel Portal; montaggio: Hélène Plemiannikov; interpreti: Charlotte Rampling, Anthony Higgins, Victoria Abril, Anne-Marie Joubert, Nicole Calfan, Pierre Étaix; origine: Francia/Giappone/Stati Uniti; produzione: Greenwich Films, Film A2; durata: 95′
Peter è un diplomatico britannico a Parigi. Quando scopre che la moglie trascorre del tempo tutti i giorni in un altro appartamento, non si scandalizza perché a sua volta fedifrago, ma vuole conoscere l’identità dell’amante. Rimarrà invece sorpreso nello scoprire che la moglie gli preferisce uno scimpanzé. «Può non apparire evidente la carica trasgressiva di un film che mette fuori campo lo scandalo, che sembra troppo reticente e composto, o troppo classico stilisticamente per un cineasta come Oshima. Ma tutto ciò ha anche un’altra spiegazione. Prodotto da Serge Silberman, che realizzò tutti gli ultimi film di Buñuel, e scritto da Jean Claude Carrière che fu il suo fedele sceneggiatore, Max amore mio è un film che idealmente apparteneva a Buñuel e Oshima, pur ritrovandovi alcuni suoi temi (dall’irruzione della diversità di Furyo alla ritualità familiare de La Cerimonia) sembra aver voluto soprattutto rispettare un soggetto altrui, filmandolo con cura, affetto e distacco» (Farassino).
ore 19.00
Furyo (1983)
Regia: Nagisa Ôshima; soggetto: tratto dal romanzo The Seed and the Sower di Laurent Van Der Post; sceneggiatura: N. Ôshima, Paul Mayersberg; fotografia: Toichiro Narushima; scenografia: Jusho Toda, Andrew Sanders; musica: Ryuichi Sakamoto; montaggio: Tomoyo Oshima; interpreti: David Bowie, R. Sakamoto, Tom Conti, Takeshi Kitano, Jack Thompson, Jonny Okura, Alistair Browning ; origine: Giappone/Gran Bretagna/Nuova Zelanda; produzione: Asahi National Broadcasting Company, Cineventure Productions, National Film Trustees, Oshima Productions, Recorded Picture Company; durata: 119′
Regia: Nagisa Ôshima; soggetto: tratto dal romanzo The Seed and the Sower di Laurent Van Der Post; sceneggiatura: N. Ôshima, Paul Mayersberg; fotografia: Toichiro Narushima; scenografia: Jusho Toda, Andrew Sanders; musica: Ryuichi Sakamoto; montaggio: Tomoyo Oshima; interpreti: David Bowie, R. Sakamoto, Tom Conti, Takeshi Kitano, Jack Thompson, Jonny Okura, Alistair Browning ; origine: Giappone/Gran Bretagna/Nuova Zelanda; produzione: Asahi National Broadcasting Company, Cineventure Productions, National Film Trustees, Oshima Productions, Recorded Picture Company; durata: 119′
Giava 1942, in un campo per prigionieri di guerra giapponese per soldati britannici si confrontano due culture e due codici morali. Il campo è comandato dal capitano Yonoi che, tramite il capitano Lawrence, un soldato inglese che ha vissuto a lungo in Giappone, cerca di imporre la cultura giapponese ai prigionieri. La situazione raggiungerà un punto di crisi irreversibile all’arrivo nel campo del soldato inglese Celliers. «Un famoso cantante-attore di lingua inglese, un famoso cantante-musicista giapponese, un campo di prigionieri, l’irrazionalità della guerra e quella più profonda delle passioni. È possibile che i cantanti popolari abbiano «un senso ben vivo della rappresentazione e della modernità», come dice Nagisa Oshima. Lui, mettendo insieme David Bowie e Ryuichi Sakamoto, è riuscito a far scattare la sua trappola narrativa e simbolica» (Reggiani).
ore 21.15
Ran (1985)
Regia: Akira Kurosawa; soggetto: tratto da Re Lear di William Shakespeare; sceneggiatura: A. Kurosawa, Hideo Oguni, Masato Ide; fotografia: Asakazu Nakai, Takao Saito, Masaharu Ueda; scenografia: Shinobu Muraki, Yoshiro Muraki; costumi: Emi Wada; musica: Tôru Takemitsu; montaggio: A. Kurosawa; interpreti: Tatsuya Nakadai, Akira Terao, Jinpachi Nezu, Daisuke Ryu, Mieko Harada, Yoshiko Miyazaki; origine: Giappone/Francia; produzione: Herald Ace, Nippon Herald Films, Greenwich Film Productions; durata: 162′
Regia: Akira Kurosawa; soggetto: tratto da Re Lear di William Shakespeare; sceneggiatura: A. Kurosawa, Hideo Oguni, Masato Ide; fotografia: Asakazu Nakai, Takao Saito, Masaharu Ueda; scenografia: Shinobu Muraki, Yoshiro Muraki; costumi: Emi Wada; musica: Tôru Takemitsu; montaggio: A. Kurosawa; interpreti: Tatsuya Nakadai, Akira Terao, Jinpachi Nezu, Daisuke Ryu, Mieko Harada, Yoshiko Miyazaki; origine: Giappone/Francia; produzione: Herald Ace, Nippon Herald Films, Greenwich Film Productions; durata: 162′
Nel Cinquecento in Giappone Hidetora è un signore feudale che ha governato con il terrore e la violenza sui propri possedimenti. Ormai anziano decide di dividere il proprio dominio e le ricchezze tra i tre figli: Taro, Jiro e Saburo. Solo quest’ultimo si oppone presagendo la rovina che questa scelta potrebbe portare. «Ridotta all’osso la trama di Re Lear, con Ran (caos, follia) Kurosawa ha fatto un grande film sul disfacimento e il crollo del mondo. Dopo una 1ª parte espositiva nella 2ª i momenti di canto alto sono parecchi. Oscar per i costumi (Emi Wada); tre candidature: regia, fotografia (Takao Saito), scenografie (Yoshiro Muraki). […] È un Re Lear per il nostro tempo, e per ogni tempo» (Morandini).