Giuseppe Taffarel
29 Gennaio 2013 - 29 Gennaio 2013
Il 29 gennaio si apre al cinema Trevi, per proseguire in più spazi romani legati alla cultura del documentario, un omaggio al documentarista veneto Giuseppe Taffarel, scomparso il 9 aprile 2012 poco dopo aver festeggiato i novant’anni. L’omaggio, promosso da Officina Filmclub-Roma, vede in collaborazione Cineteca Nazionale, Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio, Casa della Memoria e della Storia, le associazioni Apollo 11 e Cineclub Detour, e FUORI ORARIO – Rai Tre. L’evento è patrocinato dal DAMS di Padova e dal Dipartimento dei Beni Culturali: archeologia, storia dell’arte, del cinema e della musica dell’Università degli Studi di Padova, e realizzato in collaborazione con Fondazione Cineteca di Bologna, Cineteca Lucana, Aniene Film Festival, Comune di Valstagna (VI).
Dopo aver combattuto nella Resistenza veneta nel ’43, insieme agli amici Emilio Vedova e Roberto Sonego, a circa 20 anni Taffarel si trasferisce a Roma dove si iscrive all’Accademia d’Arte Drammatica, partecipa alla scrittura di numerose sceneggiature e intraprende la carriera di attore cinematografico che lo vede in circa una ventina di titoli tra cui Achtung! Banditi! di Lizzani (1951). Alla fine degli anni ’40 collabora con Glauco Pellegrini e Rodolfo Sonego alla realizzazione di documentari ed è aiuto regia in Ceramiche umbre di Glauco Pellegrini (1949), il primo documentario sperimentale a colori della Ferraniacolor, prodotto dalla Lux Film. Nel 1960 – dopo aver teorizzato la nascita del “nuovo cinema documentario” con Antonioni e l’amico coetaneo Vittorio De Seta – dirige il suo primo film, La croce. Da allora fino all’inizio degli anni ’80, realizza oltre trecento documentari. In tutte le sue opere lo sguardo antropologico/etnografico confluisce nell’estetica dell’immagine, con momenti di assoluta liricità. La sua capacità di osservare la vita, afferrando i fili che collegano la storia del singolo essere umano alla grande storia dell’umanità, è riconoscibile in una ventina di cortometraggi di stile neorealista. Questi documentari possono essere considerati delle piccole perle nella storia del cinema, come i da poco restaurati e digitalizzati a cura del Comune di Vastagna Fazzoletti di terra (1962), L’alpino della Settima (1969) e Via Crucis (1972).
La giornata di apertura al cinema Trevi prevede alle 21.00 un incontro dal titolo Giuseppe Taffarel. Il documentario tra poetica dell’immagine e riscoperta delle radici perdute, che vedrà interventi di Enrico Colelli, Luigi Di Gianni, Michele Fornelli, Carlo Lizzani, Cecilia Mangini, Mirco Melanco, Andrea Meneghelli, Giuliano Montaldo. E anche le altre sedi vedranno numerose partecipazioni e testimonianze.
sedi:
Cinema Trevi (martedì 29 gennaio)
Apollo 11 (mercoledì 30 gennaio)
Archivio Audiovisivo Movimento Operaio (giovedì 31 gennaio)
Casa della Memoria e della Storia (venerdì 1° febbraio)
Cineclub Detour (sabato 2 febbraio)
Cinema Trevi (martedì 29 gennaio)
Apollo 11 (mercoledì 30 gennaio)
Archivio Audiovisivo Movimento Operaio (giovedì 31 gennaio)
Casa della Memoria e della Storia (venerdì 1° febbraio)
Cineclub Detour (sabato 2 febbraio)
Per il programma generale clicca QUI
Programma al cinema Trevi (ingresso gratuito):
ore 16.30
Ceramiche umbre di Glauco Pellegrini (1949, 10′)
Primo film documentario italiano a colori, prodotto dalla Lux Film, che si specializzò in quegli anni in una grande opera di divulgazione del patrimonio artistico italiano attraverso la realizzazione di numerosi documentari (per altro palestra cinematografica di registi, sceneggiatori, direttori della fotografia).
a seguire
Achtung! Banditi! (1951)
Regia: Carlo Lizzani; soggetto e sceneggiatura: C. Lizzani, Rodolfo Sonego, Giuseppe Dagnino, Ugo Pirro, Massimo Mida, Enrico Ribulsi, Mario Socrate, Giuliani G. De Negri; fotografia: Gianni Di Venanzo; scenografia: Carlo Egidi; costumi: Edith Bieber; musica: Mario Zafred; montaggio: Enzo Alfonsi; interpreti: Gina Lollobrigida, Andrea Checchi, Lamberto Maggiorani, Vittorio Duse, Giuseppe Taffarel, Bruno Berellini; origine: Italia; produzione: Cooperativa Spettatori Produttori Cinematografici; durata: 96′
Carlo Lizzani dirige un film che racconta la guerra partigiana combattuta sui pendii dell’Appennino ligure. Mentre Genova sta per essere liberata, un gruppo di partigiani tenta di rubare delle armi contenute all’interno di una fabbrica occupata dai nazisti. Nel film accanto a Gina Lollobrigida e Andrea Checchi sono protagonisti Giuseppe Taffarel (nel ruolo del Comandante Vento) e Giuliano Montaldo (nel ruolo del Commissario Lorenzo). Tra gli sceneggiatori del film il bellunese Rodolfo Sonego, compagno di Taffarel sia nella guerra partigiana sia nell’avventura che li vedrà emigrare verso Roma alla ricerca di un lavoro che, nel 1946, era piuttosto un’intuizione che una realistica avventura da affrontare.
ore 18.30
La montagna del sole di Giuseppe Taffarel (1966, 13′)
Il cortometraggio narra delle difficili condizioni di vita di una comunità di contadini montanari delle prealpi bellunesi-trevigiane alla metà degli anni Sessanta (quando il progresso industriale del nord-est era ancora un miraggio). Riuniti in un gruppo, che comprende anche dei bambini, sono costretti a risalire la ripida cima della montagna per tagliarne l’erba fino all’ultimo filo sulla roccia. Il fieno serve a nutrire i bovini, unica fonte di sopravvivenza durante il freddo inverno. Da ricordare la scena della discesa della slitta da un rapidissimo pendio e il rovesciamento della stessa con lo sbalzo dell’ottantenne protagonista (nella parte dell’ammalato portato a valle per le cure) coinvolto nella pericolosa caduta. La scena, filmata da Taffarel con un certo cinismo, porta sullo schermo il fatalismo di un’azione accaduta durante le riprese, ma non preventivata.
a seguire
Montegrappa ’44 di Giuseppe Taffarel (1966, 17′)
Il film ricostruisce le fasi del rastrellamento del Monte Grappa nel 1944 e la conseguente rappresaglia che costò la vita a 141 partigiani impiccati e 600 fucilati e deportati. Bassano del Grappa fu teatro allora dell’impiccagione dimostrativa di 31 partigiani. Nel documentario sono mostrati i parenti delle vittime, nelle loro case e in attività quotidiane, mentre la voce fuori campo restituisce le loro dichiarazioni. Oggi in molti portano ancora fiori sugli alberi, ma i giovani sembrano indifferenti, qualcuno ha disegnato una svastica su un muro.
a seguire
Via Crucis di Giuseppe Taffarel (1972, 17′)
Taffarel approfondisce il tema della silicosi, malattia che ha colpito centinaia di emigranti bellunesi nelle miniere del Nord Europa. Lo fa grazie alla testimonianza di un bambino che ogni giorno rimane per ore sulla tomba del padre di cui non ha memoria. Il ragazzo lo interroga e, misticamente, sente le risposte del genitore che gli risponde dall’oltretomba anche se la morte, nella sua crudeltà, non permette ritorni. La poetica del racconto si scontra, volutamente, con la cruda inchiesta sociale riguardante la malattia e il suo decorso, pressoché mortale, di numerosi bellunesi, ex emigrati, protagonisti del documentario.
a seguire
la proiezione prevista da programma di Sui sentieri del 18 (1975, 22′)
la proiezione prevista da programma di Sui sentieri del 18 (1975, 22′)
è sostituita dalla proiezione di L’ultimo contadino di Giuseppe Taffarel (1975, 18′)
La vita e il lavoro di una famiglia contadina di Auronzo, attraverso l’analisi della drammatica realtà determinata dallo spopolamento della montagna veneta; i piccoli centri sono abbandonati, a causa delle maggiori prospettive economiche offerte dalle città di pianura, con la perdita fatale di una dimensione culturale e sociale e di identità ben definite.
La vita e il lavoro di una famiglia contadina di Auronzo, attraverso l’analisi della drammatica realtà determinata dallo spopolamento della montagna veneta; i piccoli centri sono abbandonati, a causa delle maggiori prospettive economiche offerte dalle città di pianura, con la perdita fatale di una dimensione culturale e sociale e di identità ben definite.
a seguire
La solitudine di Giuseppe Taffarel (1966, 23′)
Cortometraggio preparatorio a un lungometraggio non realizzato. La vita di un barbone a Roma. L’anziano suona la chitarra per strada tra i passanti. Sotto un ponte del Tevere si fa un letto di cartoni; una vecchia lo raggiunge, lava dei fazzoletti nel fiume e lui le si avvicina. La sera le propone di “fare società”, ma la mattina lei è scomparsa. Da sotto, vede sul ponte la vecchia allontanarsi con un uomo. Ancora scende al fiume dove alcuni ragazzi giocano a pallone. Dall’altro lato del fiume vede la vecchia che si prepara sotto il ponte per la notte, la chiama, lei non risponde.
a seguire
Il contadino che viene dal mare di Giuseppe Taffarel (1967, 13′)
Il film girato a Bagnara Calabra racconta la vita di due agricoltori obbligati alla faticosa realizzazione di campi a terrazzamento su pendii ripidissimi situati al di sopra del golfo, il cui mare riserva piccole fonti di guadagno ottenute dalla pesca artigianale. Il film si conclude con l’immagine della figlia del contadino intenta a studiare matematica. Il sogno del padre è che i suoi sacrifici possano permettere alla figlia di vivere una vita lontana dalle difficoltà di quel mondo contadino. Taffarel riesce a cogliere questo desiderio paterno con la poetica dell’immagine che lo contraddistingue.
ore 20.30
Giuseppe Taffarel – L’altro volto del neorealismo di Michele Fornelli e Enrico Colelli (2012, 30′)
Documentario biografico prodotto dal Laboratorio di videoscrittura del DAMS – Università di Padova, docente il prof. Mirco Melanco.
Con interviste, dichiarazioni e brani di numerosi suoi film, questo documentario biografico nasce da un lavoro di ricerca di oltre due anni e spiega l’opera di Giuseppe Taffarel. Attore, sceneggiatore e prolifico regista di documentari, l’autore ha vissuto a lungo sapendo ben guardare la vita degli altri, cercando di capire e cogliere i fili tra la piccola invisibile storia e la grande storia. Per questo oggi i suoi documentari rimangono come piccole perle nella storia del cinema, trasformando la vita e il dolore di persone comuni in poetica dell’immagine.
ore 21.00
Incontro su Giuseppe Taffarel. Il documentario tra poetica dell’immagine e riscoperta delle radici perdute con Enrico Colelli, Luigi Di Gianni, Michele Fornelli, Carlo Lizzani, Cecilia Mangini, Mirco Melanco, Andrea Meneghelli, Giuliano Montaldo
ore 22.00
Fazzoletti di terra di Giuseppe Taffarel (1963, 13′)
In questo piccolo capolavoro molto amato dallo stesso Taffarel, il regista racconta la realtà contadina di una famiglia della Valbrenta, ispirandosi al concetto etico/morale ereditato dalla guerra partigiana che si fonda sul principio di giustizia sociale. Il cortometraggio spiega il logorante lavoro che i due coniugi protagonisti eseguono instancabilmente per sottrarre piccoli pezzi di terreno alla montagna per poi coltivarli a tabacco. L’insoddisfazione è un sentimento silenzioso, il duro lavoro.
a seguire
La croce di Giuseppe Taffarel (1960, 10′)
Il primo film diretto da Taffarel vede come protagonista la vita intima e segreta dei montanari noti per trasportare sulle spalle la croce, una grande slitta di legno, fino alla cima del monte Visentin. Dopo una marcia di circa sette ore, e con il sopraggiungere della neve, il protagonista raccoglie il fieno lasciato a essiccare lungo i pendii durante l’estate e lo porta a valle con la slitta, scendendo per sentieri impervi e pietrosi. Il contadino controlla la veloce discesa verso valle gestendo con abilità e fatica l’enorme peso che ha sulla schiena. Sono immagini di cruda realtà, girate con abilità tecnica ed estetica.
a seguire
Il ritorno di Barbagiovanni di Giuseppe Taffarel (1960, 10′)
Protagonista è il triste Giovanni Segat detto “Barba” che in veneto è un nomignolo ad indicare “vecchio zio”. Ex-minatore di Marcinelle in Belgio, malato di silicosi e ritornato a Fais, frazione montana in comune di Vittorio Veneto, in seguito alla morte della moglie Maria e del figlio Bepi. Giovanni, rimasto in compagnia della sola malattia, vive nel luogo natio carico di ricordi nostalgici. L’uomo sembra conscio che la sua realtà rimarrà tale fino alla morte.
a seguire
Un alpino della settima di Giuseppe Taffarel (1969, 18′)
È un documentario intimista la cui trama si basa sull’impossibile promessa che un figlio fa alla madre morente di trovare i resti del padre morto durante i combattimenti della Grande Guerra sui monti sovrastanti Auronzo di Cadore, tra i quali si esaltano per magnificenza le Tre Cime di Lavaredo. Le riprese panoramiche sono spettacolari, mentre il racconto parla della ricerca ossessiva e disperata del protagonista, dal momento che in una sola settimana, sul monte Piana, morirono circa quarantamila soldati. Il dolore dell’inutilità di una guerra tanto feroce quanto vana permea l’intero documentario.
a seguire
Il bosco delle castagne di Giuseppe Taffarel (1971, 19′)
La Resistenza partigiana nel bellunese è narrata nella sua più realistica atrocità. Taffarel da ex-partigiano racconta dei suoi compagni impiccati dalla rappresaglia nazista partendo proprio dal Bosco delle Castagne, sovrastante la città di Belluno, dove furono giustiziati suoi compagni nei primi mesi del 1945. Il racconto scava nella memoria del sacrificio di tanti ragazzi ventenni che sono morti per un ideale basato soprattutto sul concetto di giustizia sociale. Il film termina con le parole del Rettore dell’Università degli Studi di Padova Concetto Marchesi, antifascista militante.