Nel caso di Ermanno Olmi, il tempo si è veramente fermato, quasi cristallizzato, consentendo al regista di percepire e, soprattutto, di restituire attraverso la macchina da presa la magia racchiusa nella vita, con la sensibilità di un poeta che, nel vortice della Storia, riesce a guardare dentro se stesso e dentro gli altri uomini alla ricerca di valori immortali. Che nella sua opera riaffiorano completamente, offrendoci una dimensione del tempo finalmente placata, rispetto ai caotici ritmi della quotidianità: un cinema che nasce da riflessioni profonde e si interroga sul “mestiere di vivere”, in tutte le sue forme, riuscendo a evocare un sentimento nostalgico verso tradizioni ormai perdute, ma, dall’altra, proponendo una via d’uscita attraverso un approccio antico alla vita e al rapporto con gli altri.
Spesso nel cinema si abusa del termine maestro: Olmi, che pure non è mai voluto essere didascalico, con i suoi film ha impartito a generazioni di spettatori, spesso inconsapevoli, grandi insegnamenti e oggi la sua voce, sempre più sollecitata sulle grandi questioni esistenziali, è una delle poche che valga la pena di essere ascoltata. Questo omaggio della Cineteca Nazionale, che ripercorre l’intera carriera del regista, è l’occasione per riflettere su un diverso modo di fare cinema in Italia, fuori dai consueti schemi (e giri…) produttivi, lontano da Cinecittà, dalle sirene del botteghino, dai divi senza domani, dai titoli in prima pagina. Un’avventura iniziata in modo singolare nel Servizio Cinematografico della Edison, creando dal nulla un apparato produttivo e imparando sul campo il mestiere, in modo del tutto artigianale, e proseguita dal primo all’ultimo film con una coerenza morale e stilistica che rende il cinema di Olmi unico in Italia e nel mondo.
mercoledì 7
ore 17.00
Il tempo si è fermato (1960)
Regia: Ermanno Olmi;soggetto e sceneggiatura: E. Olmi; fotografia:Carlo Bellero; musica:Pier Emilio Bassi; montaggio:Carla Colombo;interpreti:Natale Rossi,Roberto Seveso,Paolo Quadrubbi; origine: Italia; produzione: 22 dicembre; durata: 86′
A 2600 metri, alla vedretta del Venerocolo (Adamello) stanno costruendo una diga. Durante la pausa invernale, il cantiere viene abbandonato. Rimangono solo due uomini. Il più giovane dei due deve tornare a valle perché la moglie sta per partorire. Viene sostituito da Roberto, un ragazzo. La sua presenza non è ben accolta dal collega più anziano, Natale, che si sente disturbato dal carattere estroverso del giovane. «Non ricordo di avere trovato difficoltà, perché le persone che interpretavano quei ruoli erano persone che quotidianamente vivevano quelle realtà. Il set era reale, per cui tutto era assolutamente autentico. Bastava suggerire possibili situazioni ed accadimenti e tutto si metteva in moto da solo» (Olmi).
a seguire
Piccoli calabresi a Suna sul Lago Maggiore (1954)
Regia: Ermanno Olmi; produzione: Servizio Cinematografico della Società Edison; origine: Italia; durata: 10′
Trecento bambini vengono ospitati a Suna nella colonia del gruppo Edison, dopo che un nubifragio ha pesantemente colpito molti paesi della Calabria. La nuova esperienza e l’iniziale nostalgia per la famiglia lontana vengono raccontate da uno dei giovani protagonisti in una lettera alla famiglia. Olmi sceglie anche di raccogliere la testimonianza diretta di uno dei bambini, intervistandolo in un ospedale milanese dove è ricoverato per motivi di salute. «La lettera è una delle forme di dialogo devo dire quasi a livello di confessione; perché la lettera sei proprio tu, perché prima la racconti a te stesso con tutte le ambiguità per cui ti puoi compiacere; ma se il rapporto è giusto affidi i tuoi pensieri a te stesso, finalizzati a te stesso; la rileggi, dopo che l’hai riletta la chiudi e la spedisci. Quindi mandi una parte di te stesso che non si perderà più. La lettera è una confessione ed è un affidare il proprio pensiero…è come un’opera d’arte, perché trasferisci il tuo pensiero, il tuo stato d’animo in qualche cosa di concreto e di definito, come l’opera d’arte. Infatti le lettere sono quasi sempre piccole o grandi opere d’arte» (Olmi).
a seguire
Giochi in colonia (1958)
Regia: Ermanno Olmi; origine: Italia; produzione: Sezione Cinema della Edisonvolta; durata: 20′
L’attività delle colonie Sicedison di Cesenatico, Marina di Massa, Suna.
ore 19.15
Il posto (1961)
Regia: Ermanno Olmi; soggetto e sceneggiatura: E. Olmi; fotografia: Lamberto Caimi; musica:Pier Emilio Bassi; montaggio:Carla Colombo;interpreti: Loredana Detto, Alessandro Panseri, Tullio Kezich, Mara Ravel, Guido Chiti, Bice Melegari; origine: Italia; produzione: The 24 Horses; durata:93′
Domenico, un ragazzo della Brianza, lascia il suo paese per andare a cercare a Milano un posto fisso in una grande azienda. Si presenta all’esame di assunzione e, durante la pausa pranzo, conosce una ragazza, Antonietta, anche lei in cerca di un posto. I due, dopo una serie di esami, vengono assunti, ma in reparti diversi. I sentimenti dei due giovani verranno messi a dura prova dai tempi tirannici della fabbrica e dalle difficoltà quotidiane. Domenico lavora come fattorino in attesa che se ne liberi uno da impiegato. La scrivania rappresenta la tranquillità, il miraggio della felicità. Ma il posto fisso non riesce a sanare le ferite di sentimenti traditi. «[Il posto] racconta la storia di un ragazzo che, finite le scuole di avviamento al lavoro, le tre classi dopo le elementari, va a lavorare in una grande azienda. Perciò ho preso spunto da un percorso che ho sperimentato, raccontando poi situazioni che non mi sono inventato, ma che sono tanti frammenti di vita che ho osservato in quel mondo che ho attraversato nei primi anni della giovinezza» (Olmi).
ore 21.00
I fidanzati (1963)
Regia: Ermanno Olmi; soggetto e sceneggiatura: E. Olmi; fotografia: Lamberto Caimi; musica: Gianni Ferrio; montaggio: Carla Colombo; interpreti: Anna Canzi, Carlo Cabrini; origine: Italia; produzione: Società Editoriale Cinematografica Italiana 22 Dicembre, Titanus; durata: 77′
Giovanni è un operaio milanese che accetta di trasferirsi in Sicilia per ottenere una migliore qualifica professionale. Tuttavia si sente solo e ripensa agli affetti lasciati: al vecchio padre sistemato in una pensione privata e a Liliana, con la quale trascina un lungo fidanzamento. «Ma il discorso sull’ambiente operaio che Olmi fa nella prima parte del film è assai più soddisfacente, avanzato e impegnato, di quello che faceva sull’ambiente degli impiegati nella prima parte del Posto. Non troviamo più la presa in giro garbata gli intermezzi comici che avevano conquistato pubblico e critica. Il mondo operaio, a Milano e in Sicilia, è visto con una straordinaria partecipazione ed è inevitabile che la sola dimensione qui sia quella sottilmente tragica. Una tragedia in cui tutto crolla: l’amore, la prospettiva di far carriera, persino la presunzione di poter conquistare e difendere una certa dignità. La vita dell’operaio, al ballo milanese, o nella foresteria della fabbrica siciliana, o nella pensione per emigrati, è quotidianamente distrutta, consumata, rubata dal sistema industriale. E il quadro fatto da Olmi è tanto più impressionante e convincente, in quanto egli non parte con l’idea di descrivere la situazione di alienazione dell’operaio, ma vuole semplicemente seguire due personaggi presi dalla realtà e illustrare la crisi dei loro sentimenti. Una situazione analoga a quella dell’Eclisse. Anche qui l’eclisse dei sentimenti è determinata dalle leggi della società» (Fofi).
a seguire
Il grande paese d’acciaio (1960)
Regia: Ermanno Olmi; fotografia: Lamberto Caimi; musica: Pier Emilio Bassi; montaggio: Giampiero Viola; origine: Italia; origine: Italia; produzione: Sezione Cinema della Edisonvolta; durata: 11′
Documentario sulla Sicilia e sulle realizzazioni industriali in via di sviluppo per la produzione di prodotti chimici per l’agricoltura e altre applicazioni.
a seguire
Buongiorno natura (1955)
Regia: Ermanno Olmi; soggetto e sceneggiatura: Ermanno Olmi, Walter Locatelli; musica: Pier Emilio Bassi; montaggio: Carla Colombo; origine: Italia; produzione: Sezione Cinema della Edisonvolta; durata: 9′
«Buongiorno natura, girato a colori in Val di Viù (sede degli stabilimenti Edison), è un curioso cortometraggio incentrato sulla breve vacanza in campeggio trascorsa dai fratelli Gabriele, Marco e Tobia, lontano dai ritmi abituali della grande città. […] Le luminose immagini di una stradina stretta e poi il paesaggio montano fanno da sfondo alla vicenda naïve, sostenuta da una vena giocosa e dilettantesca, quasi un corrispettivo della parentesi distensiva e riposante vissuta dai tre giovani, esprimendo, ma solo a parole, un’opposizione tra città e campagna nella lode ripetutamente innalzata alla purezza campestre e montana» (David Bruni).
giovedì 8
ore 17.00
E venne un uomo (1965)
Regia: Ermanno Olmi; soggetto e sceneggiatura: E. Olmi, Vincenzo Labella, da Il giornale dell’anima di Angelo Roncalli; fotografia:Piero Portalupi; musica:Franco Potenza; montaggio: Carla Colombo; interpreti:Rod Steiger, Adolfo Celi, Giorgio Fortunato, Rita Bertocchi, Pietro Gelmi, Antonio Bertocchi; origine: Italia; produzione: Vincenzo Labella; durata: 98′
Biografia di papa Giovanni XXIII, visto non solo come il “papa buono”, ma anche come un pontefice intelligente, pervaso dallo Spirito Santo, colto, umile, consapevole della sua semplicità e del valore della stessa. Fedele agli scritti del pontefice, il film ripercorre le tappe più significative della vita di papa Roncalli, che con il suo esempio, ha posto la parola evangelica come elemento fondante nella quotidianità. «È un film di tipo giornalistico. Potevo lasciare una traccia dello sconvolgimento che quella figura ha portato, ma non ho voluto fare il film “immaginetta”, quanto piuttosto dare alcune risposte ai molti perché che io e molti altri ci ponevamo. Quest’uomo arriva e dice cose, da umile parroco di campagna, che ti arrivano dentro. È riuscito a toccare il mondo intero, cattolici e non, perché probabilmente nella sua vita ha vissuto le sue esperienze mettendosi sempre in gioco con la realtà» (Olmi).
ore 19.00
Racconti di giovani amori (1967)
Regia: Ermanno Olmi; soggetto e sceneggiatura: E. Olmi; fotografia: E. Olmi; musica: Elvio Favilla; montaggio: Carla Colombo; interpreti: Luciano Piergiovanni, Graziella Menichelli, Eugenio Cirelli Bruni, Giustino De Paoli, Caterina Barbero, Roberto Nonnavecchia; origine: Italia; produzione: Solproduzioni Milano; durata: 102′
«Film a episodi. In La cotta […] un ragazzo s’innamora di una donna molto più matura di lui; in La regina […] un’aspirante attrice vive una travagliata relazione con un ragazzo che non la capisce; in Il ragazzo di Gigliola […] invece di abbandonare il fidanzato accusato di furto, una ragazza lo assiste durante il processo e scopre di amarlo ancora di più. Prodotto per la televisione e originariamente limitato al primo episodio (gli altri due furono aggiunti per consentire la diffusione del film nelle sale cinematografiche) tratta storie di gente comune, raccontate con affetto verso i personaggi e attenzione ai dettagli. Minimalismo ante litteram, all’insegna dell’autenticità» (Mereghetti).
ore 21.00
Un certo giorno (1969)
Regia: Ermanno Olmi; soggetto e sceneggiatura: E. Olmi; fotografia: Lamberto Caimi; musica: Gino Negri; montaggio: E. Olmi; interpreti: Brunetto Del Vita, Lidia Fuortes, Vitaliano Damioli, Giovanna Ceresa, Raffaele Modugno, Maria Crosignani; origine: Italia; produzione: Cinema, Ital-Noleggio Cinematografico; durata: 102′
Il direttore tecnico di un’azienda pubblicitaria deve sostituire provvisoriamente il consigliere delegato costretto da un collasso a ritirarsi. Tutto sembra andare per il meglio; la proposta di un collega tedesco per combinare il lancio di un nuovo prodotto e la facile avventura con una giovane intervistatrice lo convincono che la fortuna stia finalmente premiando la sua abilità. Ma un incidente automobilistico e la morte di un operaio investito rompono l’incantesimo. «Tornando al cinema dopo una lunga attività in campo televisivo, Ermanno Olmi ha scelto di nuovo i suoi temi e personaggi fra la gente qualsiasi. Stavolta l’impresa era più ardua che nei film precedenti […] perché Un certo giorno scavalca la semplicità almeno apparente del mondo operaio per affrontare una vicenda complessa a livello alto borghese, nell’ambiente della pubblicità. Cercato nei suoi aspetti aneddotici e di dialogo sottobraccio con gli interpreti, tutti autentici pubblicitari, il film di Olmi fa dimenticare la presenza della macchina da presa. […] Si potrà discutere, come altre volte, la immobilità del mondo che Olmi rappresenta, la sua tendenza a vedere le cose secondo una prospettiva da cattolico lombardo dell’altro secolo, ma la realtà su cui il regista ferma la sua attenzione è ben attuale, ed è spesso poetico il suo modo di restituircela con rispetto assoluto dei particolari di ambiente e di comportamento. Nel cinema degli ultimi anni forse Faces di John Cassavetes […] rispecchia la vita d’ogni giorno con la proprietà dell’ottica di Olmi» (Kezich).
a seguire
Dialogo tra un venditore di almanacchi e un passeggiere (1954)
Regia: Ermanno Olmi; soggetto: dall’operetta morale di Giacomo Leopardi Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere (1832-1834); fotografia: Adriano Bernacchi, Carlo Pozzi; musica: Pier Emilio Bassi; montaggio: Giampiero Viola; interpreti: Enzo Tarascio, Paolo Pampurini; origine: Italia; produzione: RCT; durata: 10′
Il cortometraggio racconta il “piccolo mondo” degli ambulanti a Milano, nel periodo di passaggio dalla civiltà contadina alla civiltà industriale, dalla campagna alla periferia. Sotto le insegne dei negozi, un venditore di almanacchi e un passante dialogano sul senso della vita e sull’illusione di un futuro migliore, adattando ai giorni nostri l’omonimo dialogo di Giacomo Leopardi. «Chiedo alla direzione generale [della Edison] di acquistare una nuova macchina da presa. […] L’acquisto viene autorizzato direttamente dal direttore generale. Arriva la nuova Eclair 330, una bellissima macchina da presa, con cui poi faccio Il tempo si è fermato. […] Così, per collaudare la macchina – e collaudare anche noi stessi – decido di girare un piccolo dialogo. Scelgo Leopardi perché l’autorevolezza dell’autore giustificava il provino di una macchina così importante. Poi mi interessava l’intreccio di varie nozioni di tempo: quello del calendario, il tempo del pensiero, delle aspirazioni del futuro» (Olmi).
a seguire
Grigio (1958)
Regia: Ermanno Olmi; soggetto e sceneggiatura: Gian Luca Guzzetti, E. Olmi; testo: Pier Paolo Pasolini; fotografia: Carlo Bellero; musica: Pier Emilio Bassi; montaggio: Piero Viola; origine: Italia; produzione: RCT; durata: 10′
«Grigio, insieme a Dialogo tra un venditore di almanacchi e un passeggiere, è l’unico cortometraggio che Olmi realizza al di fuori delle produzioni della Edisonvolta (per la quale dirige o supervisiona ben 39 documentari). Il bastardino Grigio è un cane liberato dal canile da Olmi stesso e addestrato per più di un mese al fine di comparire di fronte alla mdp. Il cortometraggio è una parabola simbolica, dietro la quale si intravedono nettamente le tracce della “poetica della sofferenza” del regista. Per questo la definizione di documentario, in tal caso, è piuttosto limitativa; una definizione più pertinente potrebbe essere quella di favola documentaria, un paradosso caratterizzato dalla fusione della morale fiabesca e del non-intervento sul profilmico. Grigio è diviso nettamente in tre parti: la vita libera del cane campagnolo, l’arrivo in città e la cattura, l’istituto di ricerca» (Ivelise Perniola).
venerdì 9
ore 17.00
I fidanzati (replica)
a seguire
Dialogo tra un venditore di almanacchi e un passeggiere (replica)
a seguire
Grigio (replica)
ore 19.00
Durante l’estate (1971)
Regia: Ermanno Olmi; soggetto e sceneggiatura: Fortunato Pasqualino, E. Olmi; fotografia: E. Olmi; musica: Bruno Lauzi; montaggio: E. Olmi; interpreti: Renato Paracchi, Rosanna Callegari, Mario Barillà, Mario Cazzaniga, Gabriele Fontanesi, Bruno Grossi; origine: Italia; produzione: Palumbo Produzioni, Rai; durata: 102′
Un professore di mezza età, illustratore di carte geografiche, ama occuparsi di araldica durante il tempo libero: percorre le strade, scruta i volti dei passanti per scorgervi eventuali segni di nobiltà e propone l’acquisto di certificati di sangue blu. Ma per la legge questo passatempo – esercitato un po’ per gioco e un po’ per guadagno – è una vera e propria truffa e l’epilogo vede il professore in tribunale. «Durante l’estate la città si svuota e questo omino può finalmente non solo possedere la sua città, ma incontrare anche altre persone come lui, che non si sono spostate dalla metropoli del lavoro a quella delle vacanze, scoprendo così la dignità» (Olmi).
ore 21.00
La circostanza (1974)
Regia: Ermanno Olmi; soggetto e sceneggiatura: E. Olmi; fotografia: Elvidio Burattini; montaggio: E. Olmi; interpreti: Ada Savelli, Gaetano Porro, Raffaella Bianchi, Mario Sireci, Barbara Pezzuto, Massimo Tabak; origine: Italia; produzione: Rai, E. Olmi, Ital-Noleggio Cinematografico; durata: 97′
Alcune circostanze casuali modificano gli atteggiamenti e la vita dei componenti della famiglia Liberti. Laura, la madre, presta cure materne a un ragazzo, rimasto vittima di un incidente stradale. Il marito, l’ingegnere, viene licenziato, in seguito allo svecchiamento del personale. La figlia sedicenne Silvia, al mare, fa amicizia con un ragazzo cieco che le infonde una serenità a lei sconosciuta. Il fratello di Silvia, Tommaso è sempre indaffarato a provare piccoli congegni elettronici. Mentre il fratello maggiore è sposato con Anna che è incinta. «De La circostanza ho soprattutto in mente quella specie di sensazione da chiromante, che guarda nella palla di vetro, che ti fa vedere cosa sarà il tuo futuro. Tutto il momento della lavorazione è stato vissuto come una specie di messa in fila di determinati comportamenti di questa famiglia, che corrispondevano a una realtà non immaginata» (Olmi).
sabato 10
ore 17.00
Camminacammina (1983)
Regia: Ermanno Olmi; soggetto e sceneggiatura: E. Olmi; fotografia: E. Olmi; collaborazione alla fotografia: Gianni Maddaleni; musica: Bruno Nicolai; montaggio: E. Olmi; interpreti: Alberto Fumagalli, Antonio Cucciarrè, Eligio Martellucci, Fernando Guarguaglini, Anna Vanni, Renzo Samminiatesi; origine: Italia; produzione: Rai, Scenario Film; durata: 168′
«Un poeta che, per raccontare il Natale, la nascita del Figlio di Dio, la risposta dell’uomo a questa nascita annunciata per secoli dai profeti della Bibbia, si serve subito di un’invenzione che sulle prime sembra già nota ma che poi rivela un’originalità tutta speciale, sia lirica sia drammatica: la sacra rappresentazione. Non la sacra rappresentazione per i modi e gli schemi con cui il racconto si costruirà, ma per lo spunto dal vero che poi darà luoghi e verità, in un’epoca precisa, a tutto quanto ci verrà mostrato. Una Toscana forse di oggi, forse di qualche secolo fa. Tutto un paese si muove, in abiti fra il rinascimentale e il medievale, sempre disadorni, però, e contadini, per mettere in scena nelle strade la rappresentazione di un evento che si è verificato secoli prima. Siamo di colpo nel clima di questo evento, richiamati solo all’idea di rappresentazione dalle lingue rozze e dai toni ora stentati ora improvvisati di quelli che “recitano”[…]. La parafrasi natalizia, avviata con un viaggio di una settimana guidato da una cometa, si conclude, nel sangue, lasciando tutti gli altri testimoni dell’Evento a tu per tu con le proprie colpe, soprattutto i “Magi”, responsabili o di non aver capito o, peggio, di aver tradito dopo aver capito, vinti dai difetti umani; presenti comunque, questi difetti, in varia misura, anche in tutti gli altri, o perché ciechi, o perché sordi, o perché aridi. Secondo il campionario abituale dell’umanità di tutti i tempi. Niente invece è abituale nella rappresentazione di questa parafrasi perché Olmi, appunto, è un poeta e il suo canto vola alto, su ali che non lo fanno somigliare a nessuno. La sua meditazione è amara, le sue considerazioni sui tradimenti nei confronti dell’Evento sono dolorose fino allo strappo, alla lacerazione, ma la sua favola “sul vero” non sfiora mai quei toni di predica che egli invece, per dolersene, attribuisce ai suoi personaggi sacerdotali. […] Autore totale, e autore perciò anche della fotografia, dei costumi, delle scenografie, del montaggio, Olmi ha dato infatti alla sua opera una compattezza rotonda in cui tutto è ordine, misura, armonia: i ritmi lenti ma variati del viaggio, l’alternarsi di pause ora drammatiche ora gioiose, il sapore grezzo di terra e di campagna che tutta quella gente riflette, i colori sempre naturali e ottenuti sempre con luci naturali in cui la notte è notte davvero e i panorami con sole hanno tinte di un limpido intenso, gli abiti filati a mano che non fanno mai costume ma incontri di ieri, per strada, le musiche, da cantata e da ballata, in equilibrio fra antico e moderno, e una recitazione, finalmente, che frutto solo di fatiche e di sforzi di non professionisti, nelle voci sporche, negli impacci verbali, nei dialetti regionali toscani cui quasi per intero si affida, fa udire toni ed accenti cui il cinema non ci aveva più abituati dai tempi del neorealismo, qui tanto più efficaci in quanto la cronaca, anche se è dal vero, spazia nelle leggende e nella storia, portando i secoli nel quotidiano. Un film che nuovamente ricongiunge Olmi a Bresson e a Rossellini, che forse qualcuno non capirà, come in molti non hanno capito l’Evento, ma che, pur nei tormenti che esprime, dà gioia all’anima. Confermando la grandezza del cinema, anzi, dell’arte del film» (Rondi).
a seguire
Michelino 1º B (1956)
Regia: Ermanno Olmi; soggetto e sceneggiatura: E. Olmi, Goffredo Parise; fotografia: Carlo Bellero, Carlo Pozzi; musica: Pier Emilio Bassi; montaggio: Lilli Scarpa, Giampiero Viola; interpreti: Sandro Beretta, Stefano Pargoletti, Giovanni Pandocchi; origine: Italia; produzione: Sezione Cinema della Edisonvolta; durata: 43′
Le vicende di un bambino calabrese: dal piccolo paese di pescatori al corso di formazione professionale Edison di Voghera per diventare un operaio specializzato. Gli studi e la crescita professionale del giovane accompagnano il delicato momento del passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Lontano dalla famiglia, nella grande Milano, alla fine del primo anno scolastico Michelino ritornerà al suo paese natale un po’ più sicuro di sé, più autosufficiente, più adulto. «Le immagini mostrano dapprima il bimbo nel suo paese, che si affaccia sul mare; poi durante il viaggio di iniziazione compiuto alla volta di Milano con scorci della metropoli, una “piccola New York”, in vista dell’esame da superare per essere ammesso alla scuola: il suo temporaneo ritorno nei luoghi natii; e la partenza, questa volta definitiva, per frequentare la scuola professionale. A partire da ora, la componente documentaristica affiora prepotentemente, illustrando una serie di situazioni tipo proposte agli studenti, divisi fra l’apprendimento delle prime nozioni tecniche e i momenti spensierati trascorsi all’aperto, a giocare a calcio o a scambiarsi pallate di neve» (David Bruni).
ore 21.00
Lunga vita alla signora! (1987)
Regia: Ermanno Olmi; soggetto e sceneggiatura: E. Olmi; fotografia: E. Olmi, in collaborazione con Maurizio Zaccaro; musica: Georg Philip Teleman; montaggio: E. Olmi; interpreti: Marco Esposito, Simona Brandalise, Stefania Busarello, Simone Dalla Rosa, Lorenzo Paolini, Tarcisio Tosi; origine: Italia; produzione: Rai, Cinemaundici, Istituto Luce; durata: 108′
Un gruppo di studenti di una scuola alberghiera viene mandato a lavorare presso un lussuoso castello, trasformato in albergo. Dovranno servire gli ospiti di un raffinato pranzo di gala in onore di un’anziana signora. I ragazzi entusiasti e pieni di vita si troveranno davanti un mondo cupo e mortifero, abitato da personaggi grotteschi. L’ipocrisia, la sete di potere, la sudditanza opportunista verso l’anziana signora colpisce il più sensibile dei ragazzi, Libenzio. «Tutto appartiene a una realtà di apparenze senza essere una realtà di materia nel senso sacro della parola; è come dire che il potere è di cartapesta, finto. […] Il potere è una semplice apparenza, poiché vuole essere apparenza, vuole essere appariscente» (Olmi).
a seguire
Il pensionato (1958)
Regia: Ermanno Olmi; soggetto: Walter Locatelli; sceneggiatura: Water Locatelli; montaggio: Giampiero Viola; interpreti: Piero Faconti, Mary Valente; origine: Italia; produzione: Sezione Cinema della Edisonvolta; durata: 10′
Giuseppe Bonfanti, meccanico in pensione, è disturbato dal rumore della tipografia che alcuni giovani hanno aperto nel locale sottostante la sua abitazione. Quando però questi ultimi gli chiedono aiuto per riparare una macchina, il pensionato resta a lungo con loro, riscoprendo il piacere. «Il pensionato è un cortometraggio sulla gestione del tempo nel momento in cui il lavoro viene meno e sulla difficoltà di affrontare la crisi del proprio ruolo attivo all’interno della società. Il racconto si sviluppa con una fluidità leggera e gradevole, che lascia presagire in Olmi un’abilità per la narrazione che il cinema documentario aveva messo in secondo piano» (Ivelise Perniola).
domenica 11
ore 17.00
L’albero degli zoccoli (1978)
Regia: Ermanno Olmi; soggetto e sceneggiatura: E. Olmi; fotografia: E. Olmi; musica: Joseph Sebastian Bach; montaggio: E. Olmi; interpreti: Luigi Ornaghi, Francesca Moriggi, Omar Bignoli, Antonio Ferrari, Teresa Brescianini, Giuseppe Brignoli; origine: Italia; produzione: G.P.C. – Gruppo Produzione Cinema, Ital-Noleggio Cinematografico, Rai; durata: 186′
La vicenda si svolge fra l’autunno del 1897 e l’estate del 1898 nella Bassa Bergamesca tra Martinengo e Palosco. L’ambiente è una cascina in cui vivono alcune famiglie le cui vicende parallele si intrecciano mentre si succedono le stagioni condizionando la vita e il lavoro di quei contadini: uomini, donne, bambini, animali e mondo vegetale. Piccoli e grandi episodi si succedono con ritmo regolare, cadenzando e dando senso alla vita quotidiana. «Il viaggio nella memoria contadina e lombarda di Ermanno Olmi. Raramente un film ha suscitato reazioni critiche simili a quelle seguite alla presentazione a Cannes e all’attribuzione della Palma d’oro a L’albero degli zoccoli. Ben inteso non si è trattato questa volta d’una accoglienza controversa: al contrario si è avuta la sensazione unanime d’essere di fronte ad un film rilevante, fra i più prestigiosi degli ultimi anni di cinema. […] C’era a far meraviglia la personalità dell’Autore cui si dava credito, con una certa frettolosa superficialità, tuttalpiù di una coerenza professionale rara nel cinema italiano e d’una sua vena sommessa e pudica. Per i molti che nei film precedenti di Olmi non avevano saputo cogliere – dentro la disadorna semplicità del linguaggio, nella sua predilezione per situazioni esistenziali elementari e tipiche, nella diffidenza per un cinema programmaticamente intellettualistico e raffinato – la sapienza di costruzione del racconto, la complessità di disegno dei personaggi, l’uso discreto della dimensione metaforica, non potevano non sorprendere il respiro epico de L’albero degli zoccoli, il suo andamento robusto e pacato. […] Col tramite della memoria Olmi muove all’analisi delle origini sue e della sua gente. Il film è un viaggio nell’Ade contadina, compiuto non ubbidendo ad una sorta di atteggiamento di “fantascienza retrospettiva” (per intenderci quello teorizzato nel Satyricon di Fellini), bensì mirando ad una concreta ricostruzione della realtà passata, sulla base dei ricordi propri ed altrui. L’albero degli zoccoli è dunque prima di tutto l’analisi della “competenza culturale” d’un gruppo, nato certo come atto di amore, ma progettato senza alcuna nostalgia né alcun settarismo. I contadini bergamaschi non sono enfants sauvages dei quali rimpiangere l’intima dignità, la ruvida compostezza, i valori oggi perduti; né tanto meno sono espressione d’una cultura subalterna disarmata e dolente, aperta solo all’attesa d’una liberazione, improbabile in quegli anni ed in quei luoghi, che possa venir loro dalla coscienza di classe, e quindi dalla lotta di classe. Olmi è al contrario, paradossalmente da questo punto di vista, un osservatore freddo ed acuto che guarda al suo universo col rigore scientifico d’un etnologo» (Cereda).
ore 20.45
La leggenda del santo bevitore (1988)
Regia: Ermanno Olmi; soggetto: dal racconto omonimo di Joseph Roth; sceneggiatura: E. Olmi, in collaborazione con Tullio Kezich; fotografia: Dante Spinotti; montaggio: E. Olmi; interpreti: Rutger Hauer, Anthony Quayle, Sandrine Dumas, Dominique Pinon, Sophine Segalen, Francesco Aldighieri; origine: Italia; produzione: Cecchi Gori Group Tiger Cinematografica, Aura Film, Rai; durata: 127′
Andreas è un barbone dedito all’alcol. Un giorno un uomo gli dona duecento franchi, chiedendogli di restituirli non a lui, ma di portarli la domenica mattina dopo la messa alla chiesa, in cui si trova una statuetta di Santa Teresa di Lisieux. Andreas, che è un uomo onesto, vorrebbe restituirli, ma alcuni incontri lo sviano dal suo proposito e finisce sempre con lo spendere per il bere con gli amici tutti i soldi che ha. «Perché Andreas non è un alcolista, è un bevitore. […] Spendere con gli amici all’osteria è una forma di comunione, un modo per celebrare insieme il rito della solidarietà umana, e per questo Andreas viene premiato. La piccolo Thérèse, che lui vede come la santa, gli dice “tu non hai alcun debito con me”. E lo stesso credo sia con Dio: noi non abbiamo debiti con Dio; abbiamo debiti con gli uomini, perché gli uomini sono quel che Dio ama di più» (Olmi).
a seguire
La pattuglia del passo San Giacomo (1954)
Regia: Ermanno Olmi; commento: Silvano Rizza; fotografia: Carlo Pozzi; musica: Pier Emilio Bassi; montaggio: Carla Colombo; origine: Italia; produzione: Servizio Cinematografico della Società Edison; durata: 14′
Un piccolo fatto di cronaca avvenuto nell’Alta Val Formazza in primavera: un albero reciso da un maldestro tagliaboschi recide un cavo dell’alta tensione. I lavori della squadra di emergenza intervenuta per riattivare la linea elettrica sono per Olmi l’occasione per descrivere la comunità montana e la quotidianità di questi lavoratori, fatta di lavoro e momenti conviviali. «Le immagini abbandonano la funzione meramente illustrativa conquistando una loro autonomia rispetto alla parola, e strutturano un racconto fitto di brevi digressioni, cadenzato secondo un ritmo e un tempo quasi sospesi, che fanno a tratti dimenticare lo scopo insito nel film, la documentazione dell’utile attività svolta dalla squadra di operai specializzati nel riparare le linee di alta tensione danneggiate da incidenti» (David Bruni).
lunedì 12
chiuso
martedì 13
ore 17.00
Il posto (replica)
a seguire
Piccoli calabresi a Suna sul Lago Maggiore (replica)
ore 19.00
Genesi – La creazione e il diluvio (1994)
Regia: Ermanno Olmi; soggetto e sceneggiatura: E. Olmi; musica: Ennio Morricone; montaggio: Paolo Cottignola, Fabio Olmi; interpreti: Omero Antonutti; origine: Italia, Germania; produzione: Rai, Lube, BetaFilm, Lux; durata: 97′
«Sulle prime, quando Ettore Bernabei gli aveva proposto di dirigere la Genesi, Ermanno Olmi aveva declinato l’offerta. Poi, dietro le insistenze dell’ex direttore generale della Rai, aveva accettato, ma a una condizione: che il film potesse prendere a modello, nella sua stupefatta ingenuità e nel suo candore innocente, il racconto biblico fattogli dalla nonna quando lui era bambino. Non la scoperta di una favola arcana o la rievocazione di un mito ma la ricerca della verità attraverso il valore della tradizione e l’affettuoso rispetto delle proprie origini, dunque. Così Ermanno Olmi ha affrontato il testo biblico» (Natta). «Ascoltiamo, e vediamo, quel tanto che è necessario in cifre in cui il semplice predomina sul complesso (e il complicato) e la nitidezza, l’essenzialità e la purezza si sostituiscono sempre alla finzione troppo ricostruita e fabbricata. La poesia, se vogliamo, quella propriamente cinematografica cui Olmi ci ha abituati, sembra mancare, ma viene in mente il monito di Rossellini quando diceva che era inutile dimostrare se era sufficiente mostrare. Olmi ha mostrato: attraverso gli occhi di un bambino cui il nonno espone sereno la più grande storia mai raccontata e riesce ad arrivare dritto al cuore. Un cinema lucido perciò, che può indurre a meditare» (Rondi).
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Buongiorno natura (replica)
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Il pensionato (replica)
mercoledì 14
ore 17.00
La circostanza (replica)
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La diga del ghiacciaio(1955)
Regia: Ermanno Olmi; commento: Silvano Rizza; fotografia: Carlo Pozzi; musica: Pier Emilio Bassi; montaggio: Carla Colombo; origine: Italia; produzione: Servizio Cinematografico della Società Edison; durata: 10′
Documentario sulla diga di Morasco, nell’alta Val Formazza, con informazioni sulla sua collocazione geografica, sul suo funzionamento e sulle sue caratteristiche tecniche. «Alcuni dirigenti [della Edison] mi danno l’incarico di fare delle riprese di una diga in costruzione come documentazione aziendale. Quindi mi assento dall’ufficio come impiegato e vado alla diga di Morasco, in alta Val Formazza. […] Così, con la mia Arri, giro tre settimane nel cantiere, era il 1954. Poi sonorizzo il montato in laboratorio con uno speaker della televisione che, finito il lavoro, porta una copia della Diga sul ghiacciaio in Rai, che decide di mandarla in onda. I dirigenti della Edison si trovano così, all’improvviso, con la TV che rappresenta la loro realtà in senso positivo e si fanno prendere anche loro dall’entusiasmo per la realizzazione di documentari aziendali» (Olmi).
ore 19.00
Il segreto del bosco vecchio (1993)
Regia: Ermanno Olmi; soggetto: dal romanzo omonimo di Dino Buzzati; sceneggiatura: E. Olmi; fotografia: Dante Spinotti; musica: Franco Piersanti; montaggio: Paolo Cottignola, Fabio Olmi; interpreti: Paolo Villaggio, Giulio Brogi, Riccardo Zannantonio, Omero Antonutti, Micaela Giustiniani, Lino Pais Marden; origine: Italia; produzione: Aura Film, Pentafilm; durata: 126′
Fiaba ecologica ambientata nel 1925. Un colonnello in pensione amministra una tenuta di proprietà del nipote. La sua avidità senza scrupoli, che gli fa progettare la stessa uccisione del nipote, viene messa alla prova e vinta dalla natura incantata del bosco, che lui vorrebbe abbattere. Le piante, gli animali e finanche il vento gli parlano facendogli riscoprire i valori di fratellanza e rispetto per gli altri e per la natura. «Ermanno Olmi ha, fra molti talenti, un talento speciale, già notato nel suo bellissimo film sul Po, Lungo il fiume: sa filmare la Natura (qui le foreste, le montagne e il paesaggio delle Dolomiti) dando allo spettatore l’emozione di una scoperta; come fosse la prima volta, ogni immagine precedente sembra cancellarsi; ogni estetismo, sentimentalismo o melensaggine è spazzato via dalla sua visione forte, alta» (Tornabuoni).
ore 21.15
Il mestiere delle armi (2001)
Regia: Ermanno Olmi; soggetto e sceneggiatura: E. Olmi; fotografia: Fabio Olmi; musica: Fabio Vacchi; montaggio: Paolo Cottignola; interpreti: Hristo Jivkov, Sergio Grammatico, Dimitar Ratchkov, Dessy Tenekedjeva, Sandra Ceccarelli, Fabio Giubbani; origine: Italia, Francia, Germania; produzione: Cinemaundici, Rai Radiotelevisione Italiana, Canal +, Kirchmedia; durata: 104′
«Joanni de Medici è un giovane capitano dell’esercito pontificio nella campagna contro i Lanzichenecchi di Carlo V, imperatore degli Alemanni. Nonostante la giovane età, è stimato e conteso da Principi e Papi per il suo valore. Ama la vita, è a sua volta baciato dalla fortuna e ambito dalle donne più belle. Ma la morte è in agguato…» (www.cinematografo.it ). «Il mestieredelle armi lascia un segno speciale e ci ricorda che c’è ancora il cinema oltre alla tv, oltre la sceneggiatura ben congegnata, oltre il blockbuster. […] Un cinema difficile che non concede, ma nemmeno nulla sottrae, allo spettatore, fusione calda di anima e immagine. La fotografia dipinge quadri rinascimentali. La luce, i fumi, la nebbia, la neve e il freddo iniettano negli occhi la violenza di tempi bui e iniqui, mentre la bella musica di Fabio Vacchi sospinge le immagini verso la sacralità. La violenza del conflitto è fredda come quel rilucere di armature nel grigio dell’inverno» (Detassis). «La morte di un giovane è sempre un’offesa alla vita; una bestemmia contro il destino e la stupidità degli uomini. […] Il “progresso” della scienza e della tecnica non garantisce all’uomo una rispettiva crescita morale e civile, un nuovo, adeguato sentimento di umanità» (Olmi). In concorso al Festival di Cannes. Globo d’oro (2001) della stampa estera in Italia come miglior film. Nove David di Donatello (2002): miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura, miglior produzione, miglior fotografia, miglior musica, miglior montaggio, miglior scenografia e miglior costumi.
giovedì 15
ore 17.00
Lunga vita alla signora! (replica)
ore 19.00
Il tempo si è fermato (replica)
a seguire
Cantiere d’inverno (1955)
Regia: Ermanno Olmi; commento Franco Fucci; fotografia: Giovanni Donato; musica: Dino Fenili; montaggio: E. Olmi, Walter Locatelli; origine: Italia; produzione: Sezione Cinema della Edisonvolta; durata: 10′
Olmi documenta nuovamente la costruzione di una diga nella Val Chiese, scegliendo di cominciare il racconto proprio nel momento in cui i lavori si fermano per la pausa invernale. Nel silenzio innevato di quei lunghi mesi, protagonisti diventano i custodi del complesso. «La “rinascita” del cantiere in primavera, quando la neve si scioglie, fa da preludio al segmento del film in cui l’andamento descrittivo, legato al ritmo naturale delle stagioni, viene definitivamente abbandonato e la diga diventa l’autentica protagonista, oggetto persino di similitudini di gusto mitico (“come Atlante sostiene la terra, la diga reggerà un lago”), oltre a permettere di fornire una serie di dati e numeri sulle sue caratteristiche salienti» (David Bruni).
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La mia valle (1955)
Regia: Ermanno Olmi; commento: Franco Fucci; fotografia: E. Olmi; musica: Pier Emilio Bassi; montaggio: Florio Nerino Bianchi; origine: Italia; produzione: Sezione Cinema della Edisonvolta; durata: 9′
Un narratore racconta in prima persona come la valle in cui egli è nato sia stata trasformata dal progresso: la nuova centrale idroelettrica della Edisonvolta è stata una preziosa fonte di lavoro per gli abitanti della valle. «Dopo i titoli di testa, che si succedono sull’immagine fissa di un fiore montano, prende avvio il commento in prima persona, una sorte di monologo interiore fondato sulla totale identificazione tra l’individuo che parla e la “sua” valle. […] Sulle immagini di fotografie che immortalano i suoi anni di durissimo lavoro, l’uomo, divenuto guardiano di un serbatoio a 3000 metri di altezza, svela le proprie sicurezze: ritiene che la valle sia più bella dopo che le dighe ne hanno modificato la conformazione naturale, creando splendidi laghetti» (David Bruni).
ore 21.00
Centochiodi (2005)
Regia: Ermanno Olmi; soggetto e sceneggiatura: E. Olmi; fotografia: Fabio Olmi; musica: Fabio Vacchi; montaggio: Paolo Cottignola; interpreti: Raz Degan, Luna Bendandi, Amina Syed, Michele Zattara, Damiano Scaini, Franco Andreani; origine: Italia; produzione: Cinema 11, Rai Cinema; durata: 92′
«Storie di amicizia, vita quotidiana e amore di un giovane professore di successo dell’Università di Bologna che, a causa di una difficile indagine, si butta tutto alle spalle andando a vivere in una remota località sulle rive del fiume Po. Il passaggio dalla vecchia alla nuova vita del protagonista viene sancita simbolicamente da una scena in cui il professore inchioda al pavimento di un’aula della facoltà in cui insegna, cento incunaboli custoditi nella biblioteca dell’università, avendo maturato la consapevolezza che i libri hanno mancato al loro compito di favorire l’incontro e la conoscenza tra gli uomini e hanno, invece, creato barriere e incomprensioni. Dopo essere vissuto nutrendosi di cultura, deluso, sostiene che prendere un caffè con un amico è preferibile alla lettura di tanti libri» (www.cinematografo.it ). «Il titolo nasce da una mia ossessione, che ogni tanto ho, e che è quella di inchiodare qualcuno per impedirgli di fare del male. Non è casuale la scelta dell’ambientazione della storia, perché il Po, come tutti i fiumi, ha una connotazione che lo distingue dal mare che è l’argine. Quando lo varchi ti lasci alle spalle il mondo, e inchiodare qualcosa che è contrario alla tua idea di vita vuol dire anche varcare l’argine. L’ho già dichiarato da tempo: prima ancora di iniziare le riprese sapevo che questo sarebbe stato il mio ultimo film narrativo di messa in scena. Continuerò a fare documentari come quando ho cominciato, più di cinquant’anni fa. Chiedo la cortesia di accogliere questa mia decisione come una scelta presa in serenità, senza motivazioni roboanti né ancor meno con doloroso distacco. Assolutamente non patetico. È per me, oggi, un atto naturale: la conseguenza di una mia trasformazione guadagnata con gli anni vissuti e che ora mi orienta verso altri scopi del vivere, in questo mio prezioso tempo che è l’età “avanzata”. Ho passato una vita a raccontare storie con il cinema. Ho fatto agire e parlare cose e personaggi secondo la mia immaginazione e la mia volontà. Sempre cercando di essere leale con i miei interlocutori. Un patto che non ho mai tradito, sia quando un film mi veniva bene, sia quando il risultato non era al meglio» (Olmi). David di Donatello (2007): Premio Film Commission Torino Piemonte.
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Il racconto della Stura (1955)
Regia: Ermanno Olmi; testo: Franco Fucci; fotografia: Carlo Pozzi; musica: Pier Emilio Bassi; montaggio: F. N. Bianchi; disegni animati: Luigi Turolla;
origine: Italia; produzione: Sezione Cinema della Edisonvolta; durata: 9′
Il fiume Stura, piegato dalla volontà degli uomini, è il protagonista di questa storia. I disegni animati di Luigi Turolla illustrano il complesso sistema di tubature sotterranee e sbarramenti che fa confluire le acque di tutta una valle nelle turbine della centrale scavata nel sottosuolo. Il fiume dal «corso disordinato» e la diga, «dall’aspetto di una mano concava» lunga 200 metri, sono gli strumenti dell’ingegno umano per la produzione dell’energia.
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Le grand barrage (1960)
Regia: Ermanno Olmi; fotografia: Lamberto Caimi; musica: Pier Emilio Bassi; origine: Italia; produzione: Sezione Cinema della Edisonvolta; durata: 16′
Documentario realizzato in occasione del settimo Congresso internazionale delle Grandi Dighe, svoltosi a Roma nel 1961, illustra le caratteristiche di numerose dighe. «L’intero cortometraggio è fondato sul contrappunto che si crea tra il commento over, dal registro vocale neutro e assai convenzionale nell’illustrare la lunghezza del coronamento, l’altezza e le altre peculiarità di numerose dighe (anche col ricorso a cartine, disegni animati e modellini), da una parte; e, dall’altra, le situazioni umoristiche, vere e proprie gag dal respiro assai corto, create da due uomini giovani e goffissimi che visitano gli stessi siti appena descritti come sedi di altrettante opere idrauliche» (David Bruni).
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Un metro lungo cinque (1961)
Regia: Ermanno Olmi; testo: Tullio Kezich; voci: Romolo Valli, Alfredo Danti; musica: Pier Emilio Bassi; montaggio: Giampiero Viola; origine: Italia; produzione: Sezione Cinema della Edisonvolta; durata: 24′
«Il testo del commento è letto da due diversi speaker, Romolo Valli e Alfredo Danti. A Valli, con la sua morbida e calda voce suadente, spetta il ruolo, di gran lunga predominante, di pronunciare le frasi ricche di considerazioni sull’attività degli operai per l’edificazione della diga del Reno di Lei, mentre a Danti, con il suo tono freddo e imparziale, tocca il compito di elencare le aride cifre relative a dati tecnici e a numeri. Come, insomma, se le due anime del documentario industriale olmiano, quella “umanistica” e quella “temicista”, che hanno convissuto in modo complessivamente felice fin qui, si fossero divise, fossero ormai separate in modo definitivo, senza alcuna possibilità di individuare un punto di contatto soddisfacente» (David Bruni).
venerdì 16
ore 17.00
Il mestiere delle armi (replica)
ore 19.00
Centochiodi (replica)
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Manon finestra 2 (1956)
Regia: Ermanno Olmi; commento: Pier Paolo Pasolini; voce: Arnoldo Foà; musica: Aniello Costabile; montaggio: F.N. Bianchi; origine: Italia; produzione: Sezione Cinema della Edisonvolta; durata: 13′
Gli scavi per la realizzazione di una centrale idroelettrica sono l’occasione per descrivere la vita dura dei minatori, fatta di pericoli quotidiani e di gesti di speranza, come mettere dei fiori freschi sull’immagine della loro santa patrona. I minatori «soli, in questa specie di esilio, così vicino al cielo, e dal cielo così lontano, nelle viscere della montagna» (dal commento di Pier Paolo Pasolini). «Pier Paolo [Pasolini] aveva scritto Ragazzi di vita e cominciava a lavorare nel cinema, così gli faccio vedere Manon finestra 2, a lui piace molto e io gli chiedo di scrivere il testo. All’epoca infatti i documentari dovevano avere sempre un commento parlato, altrimenti il pubblico non ne voleva sapere» (Olmi).
ore 21.00
Incontro moderato da Giona A. Nazzaro con Bud Spencer, Franco Grattarola e Matteo Norcini
Nel corso dell’incontro sarà presentato il volume di Franco Grattarola e Matteo Norcini Continuarono a chiamarlo Bud Spencer (Struwwelpeter, 2008).
a seguire
Cantando dietro i paraventi (2003)
Regia: Ermanno Olmi; soggetto e sceneggiatura: E. Olmi; fotografia: Fabio Olmi; musica: Han Yong; montaggio: Paolo Cottignola; interpreti: Bud Spencer, Jun Ichikawa, Sally Ming Zeoni, Camillo Grassi, Yang Li Xiang, Wen Li Guang; origine: Italia, Gran Bretagna, Francia; produzione: Cinema 11, Rai Cinema, Lakeshore Entairtainement SBS, Sky; durata: 100′
«A causa di un equivoco, un giovane studente occidentale approda in un teatrino fuori mano. Superato il primo momento di stupore il giovane cerca di concentrarsi sull’incanto della rappresentazione… È la storia della celebre Ching, una donna pirata cinese. Suo marito era un ammiraglio, al comando di una potente flotta, incaricato dal governo imperiale di combattere il flagello della pirateria. Ma dietro il fenomeno si nascondono interessi così grandi che, di lì a poco, l’ammiraglio viene assassinato con una porzione di cibo avvelenato. Sconvolta dall’accaduto, la vedova convince i marinai di suo marito a rifiutare ogni altra offerta e a dedicarsi in proprio agli arrembaggi ed ai saccheggi» (www.cinematografo.it ). «Cantando dietro i paraventi è l’esatto contrario dell’imminente Kill Bill: se Quentin Tarantino dichiara guerra al mondo intero in nome della vendetta, Ermanno Olmi invoca la pace nel segno del reciproco perdono. Chissà se in futuro qualcuno, evocando i massacri senza fine del 2003, vedrà nella contrapposizione di due film particolarmente significativi la proiezione dell’opposto atteggiamento che divide l’Europa dall’America. […] Questo è forse il primo film di pirati senza scene cruente: in un quadro di violenza implicita, l’unico arrembaggio è la presa di possesso di una nave che non fa resistenza. Sostenuto da un’antologia musicale che sembra il parto di un compositore solo, Cantando dietro i paraventi emana l’affascinante splendore di un mito sul quale riflettere pur senza intenderlo fino in fondo. Per goderne bisogna dimenticare il cinema dello spettacolo convenzionale. Non a caso la bella studentessa di architettura, Jun Ichikawa, incarnante la vedova Chin, parla della sua avventura come di un’esperienza spirituale» (Kezich). David di Donatello (2004) per la miglior scenografia (Luigi Marchione), i migliori costumi (Francesca Sartori), e migliori effetti speciali visivi (Ubik Visual Effects, Boss Film). Nastro d’argento (2004) per: miglior soggetto (Ermanno Olmi), miglior fotografia (Fabio Olmi), miglior scenografia (Luigi Marchione), migliori costumi (Francesca Sartori).
Ingresso gratuito
sabato 17
ore 17.00
Cantando dietro i paraventi (replica)
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Costruzioni meccaniche Riva (1956)
Regia: Ermanno Olmi; musica: Pier Emilio Bassi; origine: Italia; produzione: Ufficio Propaganda delle Costruzioni Meccaniche Riva, in collaborazione con la Sezione Cinema della Edisonvolta; durata: 22′
Questo documentario illustra dettagliatamente la costruzione di una ruota Pelton: dalla fase progettuale alla realizzazione e al trasporto fino alla destinazione finale. Ogni problema tecnico e logistico è stato risolto grazie alla professionalità e allo sforzo congiunto di tecnici e operai: insieme hanno concepito un progetto, l’hanno disegnato e realizzato. «I toni fotografici luminosi permettono di apprezzare i colori dei pezzi meccanici, che sembrano opere della pop art presentate nella loro unicità irriproducibile, come sovente ribadisce il commento sottolineando l’impossibilità di standardizzarne la produzione, rispettosa del loro carattere singolare e della loro individualità» (David Bruni).
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Venezia città moderna (1958)
Regia: Ermanno Olmi; commento: Vittorio Cossato; direttore della fotografia: Carlo Bellero; musica: Pier Emilio Bassi; origine: Italia; produzione: Sezione Cinema della Edisonvolta; durata: 15′
Documentario sul complesso industriale di Porto Marghera, ovvero il volto moderno e tecnologico di Venezia posto a confronto con l’indelebile bellezza della città.
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Tre fili fino a Milano (1958)
Regia: Ermanno Olmi; fotografia: Carlo Bellero; musica: Pier Emilio Bassi; montaggio: Giampiero Viola; origine: Italia; produzione: Sezione Cinema della Edisonvolta; durata: 24′
La costruzione di una linea da 200.000 volt che conduce l’energia elettrica dalle Alpi fino a Milano. «Il racconto per immagini procede indipendentemente dal commento e impone un proprio ritmo, alimentato dai gesti, dai volti e dalle espressioni degli operai, mentre la voce over, mai come in questo caso discreta, limita i propri interventi al minimo indispensabile. Le inquadrature con la macchina da presa angolata dal basso sui piloni, che si stagliano contro il cielo con le loro forme geometriche, suggeriscono strane configurazioni e, insieme al bianco accecante della neve, alle frasi e alle grida di incoraggiamento con cui gli operai si accompagnano, alla musica dalle tonalità assai inconsuete e ironiche, contribuiscono a instaurare un’atmosfera rarefatta, fiabesca, quasi magica e incantata» (David Bruni).
a seguire
Manon finestra 2 (replica)
ore 20.45
L’albero degli zoccoli (replica)
domenica 18
ore 17.00
Camminacammina (replica)
a seguire
Michelino 1º B (replica)
ore 21.00
I recuperanti (1969)
Regia: Ermanno Olmi; soggetto: Mario Rigoni Stern; sceneggiatura: Tullio Kezich, M. Rigoni Stern, E. Olmi; fotografia: E. Olmi; musica: Gianni Ferrio; montaggio: E. Olmi; interpreti: Antonio Lunardi, Andreino Carli, Alessandra Micheletto, Pietro Tolin, Mari lena Rossi, Ivano Frigo; origine: Italia; produzione: Rai, Produzione Palumbo; durata: 98′
Dopo la guerra Gianni torna nel suo paese in montagna e per sopravvivere accetta la proposta del vecchio Du e diventa un “recuperante” di bombe, munizioni, ferri di ogni tipo, per rivenderli al mercato dei metalli. Du con la sua bizzarra saggezza si rivela un maestro di vita per il ragazzo. Elsa, la donna di Gianni, preoccupata per la pericolosità del lavoro, cerca in tutti i modi di convincere il suo uomo a cambiare mestiere. «Con questi personaggi Ermanno è riuscito a fare I recuperanti, un documentario talmente vero che diventa un documentario di un periodo della vita dell’Altipiano, quando la gente rischiava la pelle per poi comperarsi un po’ di farina da accompagnare col formaggio» (Rigoni Stern). Il film contiene in sé un sapore di verità tale da poter essere definito, pur non essendolo, un documentario: racconta storie e personaggi che fanno parte della cultura dell’Altipiano di Asiago, di cui Rigoni Stern è stato il grande cantore.
Copia restaurata dalla Cineteca di Bologna con la collaborazione di Rai Cinema – Ingresso gratuito
lunedì 19
chiuso
martedì 20
ore 17.00
La leggenda del santo bevitore (replica)
ore 19.00
Racconti di giovani amori (replica)