Incontro moderato da Alfredo Baldi con Orio Caldiron, Franco Grattarola
20 Dicembre 2017 - 20 Dicembre 2017
ore 19.15 Incontro moderato da Alfredo Baldi con Orio Caldiron, Franco Grattarola
ore 20.00 Il coltello di ghiaccio di Umberto Lenzi (1972, 92′)
Martha è una donna rimasta muta in seguito a un trauma. Nella villa, in cui abita con lo zio, Martha si trova al centro di agghiaccianti delitti che sembrano opera di un maniaco satanista. «”La paura è un coltello di ghiaccio che lacera i sensi fino al fondo della coscienza”: con questa frase, attribuita a Edgar Allan Poe, ma probabilmente apocrifa, subito dopo i titoli di testa […] si apre un thriller alquanto anomale e interessante. Anomalo perché, a differenza degli altri del periodo, rinuncia a far leva sull’iperrealismo sanguinario dei delitti […], per concentrarsi, invece, sulla costruzione di una suspense di stampo quasi classico e di un’atmosfera sinistra fatta di nebbie e notti di tempesta. Del resto, […] lo spunto di partenza è effettivamente classico e Lenzi si limita ad ammodernare con qualche variazione la storia celebre de La scala a chiocciola, ma con l’intuizione felice di giocare sulle aspettative dello spettatore […] per poi brutalizzarlo violentemente con il colpo di scena finale» (Bruschini-Tentori). Con Carrol Baker, icona del thriller lenziano.
ore 21.45 Milano odia: la polizia non può sparare di Umberto Lenzi (1974, 97′)
«Sulla carta, Giulio Sacchi – capello lungo, occhiali scuri e tic assortiti – è un incrocio tra l’Andrew Robinson di Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo! e il Tony Musante di New York ore 3: l’ora dei vigliacchi, ma nelle mani dell’attore cubano diventa qualcosa di più: l’impersonificazione di un furore ancestrale e assoluto, un outsider destabilizzante che calpesta le regole del vivere civile. È per questo che Giulio Sacchi fa paura e ribrezzo: non (solo) perché uccide senza distinzione vecchi e giovani, donne e bambini, ma per l’impudenza con cui si fa beffe delle vittime, anche dopo la morte, come se fosse l’insulto, e non il piombo, a dar loro il colpo di grazia. Come tanti altri, è deciso a prendersi con la forza una parte di quel benessere da cui si sente escluso. […] A dispetto degli strali della critica, che tira al bersaglio sul film e sullo stesso Milian, Milano odia: la polizia non può sparare è un film solido, capace di filtrare gli umori del periodo in un racconto cinematografico gagliardo e di creare personaggi che si imprimono nella memoria» (Curti). Con Tomas Milian, Henry Silva e Ray Lovelock.