Jean Sorel, uno di noi
22 Settembre 2015 - 24 Settembre 2015
Nell’iconografia del cinema italiano, campeggiano anche i volti di molti attori stranieri adottati dai nostri più apprezzati registi. Non solo per qualità intrinseche, mode, appeal, fascino esotico, ragioni di co-produzione, specie con la vicina Francia, ma perché in alcuni casi quei volti erano così plasmabili da apparire perfettamente veritieri anche in storie italiane. Jean Sorel è uno di questi: tanto familiare, da sentirlo come nostro. «Attore e gentiluomo. Ha attraversato 55 anni di cinema da protagonista. Con la passione di un adolescente innamorato (“il set è sempre stato la mia amante”) e l’ironia di chi non si è “mai preso sul serio”. Jean Sorel, al secolo marchese Jean de Combault Roquebrune, cresciuto con il mito di un padre intellettuale e gaullista che perse la vita troppo presto combattendo contro i tedeschi, tirato su a etichetta a foie gras da una madre che aveva deciso il futuro per lui, “per lei bell’aspetto e buona educazione significavano la carriera diplomatica, che francamente m’interessava meno di niente. Volevo diventare attore”. Finito il Liceo si arruola e viene spedito al fronte, in Algeria dove nel ’56 c’è la guerra. Al ritorno sostituisce un amico in una tournée teatrale e si convince sempre più che recitare sia la sua strada. Infatti già agli esordi sul grande schermo, assieme ad Alain Delon, diventa il sex-symbol di Francia. Lavora con nomi di rango che vanno da Visconti a Risi, Bolognini, Lattuada e Lizzani, da Bunuel a Lumet. Adesso Sorel è un ragazzo alla vigilia degli 80 che conserva intatto l’incanto dello sguardo e l’entusiasmo di un ragazzo per il lavoro e per la vita» (Micaela Urbano).
Dopo l’omaggio a Anna Maria Ferrero, moglie dell’attore dal 1963, la Cineteca Nazionale dedica una breve retrospettiva a Jean Sorel.
Si ringrazia per la collaborazione Marco Spagnoli
martedì 22
ore 17.00 La giornata balorda di Mauro Bolognini (1960, 80′)
Prendendo spunto da alcuni racconti di Moravia, che incontrano, però, l’universo pasoliniano delle periferie e del malaffare, il film si concentra su una singola giornata nella vita di Davide, un ragazzo che vive nei palazzoni della periferia romana, alla ricerca di un lavoro per poter sposare e mantenere la fidanzata e il figlioletto. «Lo stesso rifiuto di una trama ben ordinata […] consente a Bolognini di mettere alla prova le sue notevoli capacità di analisi […]. I conflitti umani, la stessa tensione sociale e morale […] scaturiscono con chiarezza e spontaneità» (Gallo). Con Jean Sorel, Lea Massari, Paolo Stoppa, Jeanne Valerie, Valeria Ciangottini, Rick Battaglia.
ore 19.00 L’oro di Roma di Carlo Lizzani (1961, 105′)
Il maggiore Kappler, durante l’occupazione nazista di Roma, ordina agli ebrei della città di consegnare, nel giro di poche ore, cinquanta chilogrammi di oro, pena la consegna di duecento ostaggi. La comunità immediatamente organizza la raccolta del prezioso metallo. Davide, un giovane calzolaio, esprimendo anche il pensiero di altri giovani, vorrebbe rispondere alla iniqua richiesta con la violenza delle armi. Lizzani «non vuol limitarsi a una rievocazione commossa ed eloquente della tragedia degli ebrei romani, ma mira molto più in alto, alla ricerca appunto delle ragioni che determinarono allora nei perseguitati un atteggiamento di passività e di rassegnazione, e cerca di indicare nel contempo una diversa prospettiva, di reazione e di ribellione, affidata a un personaggio il quale rispecchia aspirazioni che sono la conseguenza di un discorso anche autocritico degli ebrei oggi» (Ferrero).Con Anna Maria Ferrero, Jean Sorel, Gérard Blain.
Si avvisa il gentile pubblico che l’incontro precedentemente annunciato per le ore 21.00 e’ annullato.
a seguire Le 4 giornate di Napoli di Nanni Loy (1962, 119′)
«È la cronaca obiettiva, appassionata e commovente di quelle quattro gloriose giornate del settembre ’43 in cui il popolo napoletano, da solo, più con la forza della disperazione che non con le armi, riuscì a costringere i tedeschi a lasciare la città prima ancora che gli Alleati la liberassero. Le quattro giornate di Napoli è, perciò, un film corale, dove ogni singolo episodio – ricostruito sempre sulla base di documentazioni rigorosamente autentiche – tende a fondersi agli altri per raggiungere, nella varietà delle situazioni e nella molteplicità dei caratteri, un clima unitario, dettato e ispirato da quell’impeto collettivo che condusse il generoso popolo di Napoli, pur stremato dalle privazioni e dai bombardamenti, a sollevarsi ed a vincere. L’azione è dosata con molta abilità perché seguendo passo passo la cronistoria di quei giorni, prende prima le mosse lentamente, nel clima euforico dell’armistizio, per cominciare poi ad affrettare le cadenze, in un affannoso crescendo drammatico, via via che i tedeschi occupano militarmente la città» (Rondi). Con Lea Massari, Aldo Giuffré, Gian Maria Volonté, Georges Wilson, Jean Sorel.
mercoledì 23
ore 17.00 Il disordine di Franco Brusati (1962, 98′)
«Qual è il male che suscita oggi tra gli uomini il maggior disordine? L’egoismo, ci risponde Franco Brusati, regista di questo film e ci dimostra la sua tesi – polemica fin dal titolo – sottoponendoci con impetuosa, sconcertante violenza taluni aspetti del vivere contemporaneo, dei casi limite che tutti, vuoi quelli vissuti dai ricchi, vuoi quelli vissuti dai poveri, ci tracciano il ritratto allucinante e desolato di uomini e donne preoccupati solo di se stessi, del proprio piacere, delle proprie aspirazioni, dei propri sentimenti e tutti causa – per questa loro connaturata incapacità di guardare in faccia anche gli altri – di un costante, lacerante disordine in quanto li riguarda e li circonda, sentimenti, legami familiari, rapporti sociali» (Rondi). Con Sami Frey, Louis Jourdan, Curd Jurgens, Antonella Lualdi, Tomas Milian, Renato Salvatori, Jean Sorel, Alida Valli.
ore 19.00 Amori pericolosi di Giulio Questi, Carlo Lizzani, Alfredo Giannetti (1964, 99′)
Film a episodi: Il passo di Questi – un ufficiale è ossessionato dal ticchettio della moglie zoppa e decide con la domestica, sua amante, di eliminarla -; La ronda di Lizzani con Jean Sorel – una prostituta vuole andar via da Algeri e ritornare in patria, ma verrà rinchiusa in una fortezza -; Il generale di Giannetti – un anziano generale muore a casa dell’amante e si pone il problema di spostarlo in luogo più degno.
ore 21.00 Vaghe stelle dell’Orsa di Luchino Visconti (1965, 100′)
«La figlia di uno scienziato ebreo deportato e ucciso dai nazisti torna, col marito americano, a Volterra, dov’è cresciuta. Vi ritrova il fratello, al quale è profondamente e quasi incestuosamente legata; la madre, e l’arrogante amico di essa, a suo tempo sospettato di aver favorito la deportazione del padre» (Dell’Acqua). «La pietas della contemplazione, tanto più dolente quanto più precipitoso, è il decreto del destino. Questo, salvo correzioni dettate da un più riposato giudizio, è il vero, senso del film: un nuovo compianto del divorzio fra natura e ragione, fonte di quiz psicologici destinati, nel mondo di oggi, a soluzioni tragiche, ma dei quali si può prendere coscienza, soffrendone le contraddizioni, nell’evidenza della rappresentazione drammatica. Per questo Visconti ha esasperato, condensando l’azione in due giorni, gli elementi della confusione morale, e si è valso di una famiglia di sangue misto. Tutti e nessuno sono i veri colpevoli in Vaghe stelle dell’Orsa, trascinati nel Preludio, corale e fuga di Franck» (Grazzini). Con Claudia Cardinale, Jean Sorel, Michael Craig, Renzo Ricci, Fred Williams.
giovedì 24
ore 17.00 L’amica di Alberto Lattuada (1969, 105′)
«Una bella donna dell’alta società milanese, tradita dal marito, decide di inventarsi un amante. Ma la prima con cui si confida è proprio l’amante vera dell’uomo da lei scelto, che non perde quest’ulteriore occasione per spettegolare. La bella allora si vendicherà seducendo non solo l’amico dell’amica, ma anche il marito di lei e il figlio adolescente» (Farinotti).
ore 19.00 Uccidete il vitello grasso e arrostitelo di Salvatore Samperi (1970, 93′)
Un giovane torna in famiglia dopo una lunga permanenza in un collegio svizzero. Scopre nel fratello maggiore Cesare e nella sua amante-cugina i responsabili della morte del padre. Un giallo sessantottino morboso e malato, pretesto ideale per Samperi per scavare nella dissoluzione della famiglia borghese.«Il terzo film riporta il giovane cineasta a Padova e nell’ambiente delle grandi famiglie da cui proviene e contro cui si rivolta. […] Si tratta in sostanza di un giallo un po’ alla Claude Chabrol, ma continuamente contraddetto negli spunti di articolazione a suspense dalla disperazione esistenziale che ne è l’oggetto. È la cronaca di un’educazione impossibile e di un fallimento atroce» (Kezich ).
ore 21.00 Le cose che si perdono di Camilla Ruggiero (2004, 30′)
Franco, un fotografo, assiste ad un incidente stradale e soccorre l’unico sopravvissuto, Jacopo, un bambini di dodici anni. Le loro vite scorrono parallele.
Dieci anni dopo, Franco perde la sua macchina fotografica preferita e la moglie di Jacopo perde le chiavi di casa, lasciando sola la figlia, che ha partorito tre mesi prima e che percepisce come un essere distante da sé. I protagonisti cercheranno di ritrovare i due oggetti e una parte di loro, ben più importante… Con Jean Sorel e Alba Rohrwacher.
a seguire Una donna per tutti di Paul Vecchiali (1986, 83′)
Storia di prostitute, protettori e operai, in una Parigi divisa tra Storia e modernità… «Immoralista (nel senso gidiano) e sensibile, Vecchiali costruisce una storia assai affascinante, intensa e violenta che farebbe invidia al Beineix di Betty Blue e che implicitamente ribalta la morale dei racconti di Rohmer. Apologo reso terreo della pulsione di morte, cinematograficamente sospeso dai lunghi movimenti di macchina semicircolari, il film restituisce a Marianne Basler (Rosa), già femme publique in Zulawski, il piacere del fascino perverso, erotico, universale di un eterno femminino dai più dato per estinto. Tra gli altri interpreti il redivivo Jean Sorel e Pierre Cosso» (Bo). «Un clima caldo, affettuoso, molto alla Marcel Carnè […], impreziosisce il già intrinseco romanticismo della storia (e qui un altro richiamo: Jean Renoir), la cui melodrammaticità stempera in toni quasi da apologo. D’altronde il film è scritto e diretto da quel Paul Vecchiali che, nel lontano 1978, s’impose per un altro, robusto melò, Corpo a cuore, ed ha proseguito, perfezionandosi, sulla stessa strada, coadiuvato da un vibratile Marianne Basler. Le fanno da contorno Jean Sorel (anni ’60: i film con Bolognini ed altri) e Pierre Cosso, ormai cristallizzato nel suo ruolo di bello inespressivo» (Rondi).