La famiglia dal Novecento ai giorni nostri tra cinema e psicoanalisi
03 Novembre 2012 - 03 Novembre 2012
Cinema e psicoanalisi hanno diversi punti in comune: nati e sviluppatisi nello stesso periodo storico, hanno continuato ad influenzare, con la propria ricerca, la cultura e l’arte da versanti diversi. Anche se il cinema non ha un presupposto terapeutico, alcuni aspetti della sua indagine hanno, tra l’altro, la capacità di stimolare e mettere in luce talune dinamiche psichiche, nascoste alla coscienza dello spettatore, in questo avvicinandosi alla ricerca e alla pratica psicoanalitica. I film hanno, d’altronde, modalità espressive affini a quelle dei sogni e dell’immaginario, utilizzando quel registro iconico che la Psicoanalisi indaga quale livello fondamentale per la simbolizzazione psichica e la pensabilità. Partendo da un incontro fecondo d’interessi la Società Psicoanalitica Italiana e il Centro Sperimentale di Cinematografia hanno da alcuni anni avviato delle iniziative comuni, tra cui il ciclo “Cinema/Psicoanalisi”, articolato con delle proiezioni mensili al cinema Trevi. Dopo che negli scorsi anni si è messo l’accento sulla figura del padre e alcuni aspetti del femminile, nel 2012 sarà il tema della famiglia al centro delle proiezioni e dei dibattiti. Le vicissitudini e le dinamiche familiari hanno da sempre interessato e investito le riflessioni non solo psicoanalitiche, ma anche sociologiche, storiche e antropologiche. La ricerca psicoanalitica, nel suo studio a fini terapeutici dei livelli profondi della psiche, ha focalizzato nell’evoluzione dei rapporti familiari la matrice di molti disturbi mentali (basti ricordare, a tale proposito, la centralità del triangolo edipico), da qui l’interesse e il progetto di un ciclo di proiezioni che copra un periodo che va dalla fase tra le due guerre fino ai nostri giorni, capace di mettere l’accento sull’evoluzione e i cambiamenti della e nella famiglia, aldilà di talune dinamiche che ne costituiscono il nucleo fondante. Verranno proiettati film dei più importanti registi italiani che hanno contribuito ad approfondire nel tempo il tema della famiglia. Parteciperanno agli incontri, introdotti e coordinati da Fabio Castriota, Presidente del Centro Psicoanalitico di Roma, diversi registi, critici e psicoanalisti della Società Psicoanalitica Italiana.
ore 17.00
Pane e tulipani (2000)
Regia: Silvio Soldini; soggetto e sceneggiatura: Doriana Leondeff, S. Soldini; fotografia: Luca Bigazzi; scenografia: Paola Bizzarri; costumi: Silvia Nebiolo; musica: Giovanna Venosta; montaggio: Carlotta Cristiani; interpreti: Licia Maglietta, Bruno Ganz, Marina Massironi, Giuseppe Battiston, Antonio Catania; Felice Andreasi; origine: Italia; produzione: Monogatari, Istituto Luce, Rai; durata: 116′
Durante una gita turistica, Rosalba, casalinga di Pescara, viene dimenticata in un autogrill. Offesa, invece di aspettare che marito e figli vengano a riprenderla, decide di tornare da sola a casa. Si trova però su un auto diretta a Venezia, dove arriva per la prima volta e sente di voler rimanere. Mimmo, il marito, non sa come comportarsi, finché scopre che Costantino, un suo dipendente, è un appassionato di libri gialli e allora lo spedisce a Venezia con il compito di ritrovare la moglie. Rosalba intanto ha trovato lavoro nel negozio di fiori di Eliseo, un anziano anarchico, e vive a casa di Fernando, uno strano signore di origini islandesi che fa il cameriere ed è un cultore dell’Orlando furioso. Rosalba stringe inoltre amicizia con Grazia, vicina di casa, estetista e massaggiatrice, poi, sollecitata da Fernando, riprende anche a suonare la fisarmonica. «Al quarto lungometraggio Soldini trasporta i suoi personaggi dal melodramma alla commedia. Il tema è sempre lo stesso: la fatica di vivere e la voglia di non farsi schiacciare dalle convenzioni. Sono nuovi il tono, la luce, la speranza che qualcosa alla fine possa cambiare… La strada scelta da Soldini è quella “alla Kaurismaki”, di una commedia non sguaiata o ridanciana, attraversata da una venatura melanconica e che non soffochi qualche spunto di riflessione. Da questo punto di vista sono perfetti i due protagonisti (Mereghetti)».
ore 19.15
Il più bel giorno della mia vita (2002)
Regia: Cristina Comencini; soggetto: C. Comencini; sceneggiatura: C. Comencini, Lucilla Schiaffino, Giulia Calenda; fotografia: Fabio Cianchetti; scenografia: Paola Comencini; costumi: Antonella Berardi; musica: Franco Piersanti; montaggio: Cecilia Zanuso; interpreti: Virna Lisi, Margherita Buy, Sandra Ceccarelli, Luigi Lo Cascio, Marco Baliani, Ricky Tognazzi; origine: Italia; produzione: Cattleya, Rai Cinema; durata: 106′
Irene è un’anziana signora borghese che vive sola in una villa. Il suo più grande cruccio è quello di non essere riuscita a trasmettere a nessuno dei tre figli l’attaccamento alla casa e al concetto di famiglia. «Film come Il più bel giorno della mia vita sono necessari, preziosi per il modo in cui, sottintendendo lo sforzo di chi li realizza, si sforzano di aiutarci a capire la fluida, precaria realtà dei sentimenti con i quali dobbiamo convivere» (Nepoti).
ore 21.00
Ricordati di me (2002)
Regia: Gabriele Muccino; sceneggiatura: G. Muccino, Heidrun Schleef; fotografia: Marcello Montarsi; scenografia: Paola Bizzarri; costumi: Emma Mascagni; musica: Paolo Buonvino; montaggio: Claudio Di Mauro; interpreti: Fabrizio Bentivoglio, Laura Morante, Nicoletta Romanoff, Silvio Muccino, Monica Bellucci, Gabriele Lavia; origine: Italia/Francia/Gran Bretagna; produzione: Fandango, BuenaVista International Film Production France, Vice Vera Film, con la collaborazione di Medusa Film, Tele +; durata: 125′
La famiglia Ristuccia è alle prese con la crisi di tutti i suoi equilibri interni. Una figlia aspirante velina, cinica e disposta a tutto; una madre in cerca di se stessa che riscopre le sue velleità di attrice teatrale; un padre in fuga dal presente grazie al fortuito incontro con un amore di gioventù e alla ritrovata vena di scrittore; un figlio di sinistra alle prese con la logica del gruppo opposta a quella della coppia. «Non sarà il caso di cominciare a parlare di “neo-neorealismo”? Le etichette valgono quel che valgono, però è un fatto che Ricordati di me parla degli italiani (o di una parte di essa) come facevano, decenni fa, i neorealisti o i registi della commedia italiana: con la macchina da presa ficcata bene a fondo nell’attualità. Siamo pronti a scommettere – e questa ne sarebbe la riprova – che gli spettatori parleranno soprattutto dei contenuti del film di Muccino. È giusto, o è sbagliato, che le famiglie si sfascino se i coniugi non si amano più? È davvero la solitudine la sola cosa che abbiamo in comune? Perché siamo tutti dominati dall’ossessione di essere visti (aspiranti-veline, aspiranti-scrittori, aspiranti-attrici), disposti a darci un’identità soltanto attraverso gli occhi degli altri (“ma tu come mi vedi?” è la battuta-tormentone del film)? L’uomo è veramente la parte più fragile della coppia, l’oggetto smarrito del terzo millennio; come sembra confermare Carlo (Fabrizio Bentivoglio) che tenta di lasciare moglie (Laura Morante) e figli per la nuova-vecchia fiamma Alessia (Monica Bellucci) ma poi non sa uscire dall’indecisione e dall’ambiguità? Muovendo da argomenti che riguardano ciascuno di noi, il regista ha scelto di fotografare la realtà senza concessioni né sconti di pena, con un’esattezza a-ideologica che non esclude, però, la partecipazione» (Nepoti).