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La leggenda dello Swing Club e la Torino del jazz
28 Maggio 2016 - 28 Maggio 2016
«Gli anni Settantafurono in ogni senso anni “ruggenti”per Torino, e lo Swing Club divenne un richiamo irresistibile in quella autentica età dell’oro per i torinesi amanti del jazz. Lo Swing Club, con la sua piccola lanterna rossa sull’uscio al 18 di Via Botero, a due passi dalla centralissima Piazza Solferino, era ogni sera un richiamo al quale era difficile resistere per chi amava il jazz in anni in cui le canzonette terzinate dilaganti nei programmi televisivi d’intrattenimento obnubilavano sempre più i cervelli. Il jazz, comunque, aveva trovato nelle cantine di Via Botero stabile dimora, offrendo persino il suo particolare premio – lo “Swing d’Argento” – a un violinista francese allora poco noto, e che non aveva ancora le fluenti chiome con le quali lo si sarebbe visto di lì innanzi perché era reduce da pochi giorni dal servizio militare che, anche nella patria di Marianna, agiva senza pietà sui capelli dei suoi soldati.
Aveva pochi riccioli, Jean-Luc Ponty (già, proprio lui), ma idee da vendere, e l’inconsueto strumento scelto non gli creò alcuna difficoltà, tanto da essere soprannominato “il Coltrane del violino”. Era simpatico e di compagnia e non ebbe difficoltà, una sera, a seguire la compagnia ed approdare in una piola (c’erano ancora, allora…) di Corso Casale, e gustare avidamente la polenta che in quella occasione era l’unico piatto passato dal convento (cioè dalla cuoca della piola medesima). Poi ci furono momenti indimenticabili. Arrivò da Amsterdam Don Byas con il suo cappottone di pelo e una bottiglia di vodka comprata al Duty Free di Caselle, e già pressoché vuota. Il concerto, comunque, fu superbo ed ebbe una coda alla Rai di Via Montebello con Adriano Mazzoletti a presentare. Ci fu persino, all’Auditorium Rai di Via Rossini, un maxi-concerto organizzato da Toni Lama, figlio dell’allora Provveditore agli Studi di Torino, che con il “Memorial Lama” commemorava il fratello, prestigioso pianista tragicamente scomparso da due anni. La prima, improvvisata edizione venne seguita, nella primavera del 1970, da un concerto a conclusione di un ciclo di “Lezioni sul Jazz” tenute alla Galleria d’Arte Moderna da critici e studiosi affermati. Protagonisti Dizzy Gillespie, con Red Mitchell, Jean-Luc Ponty, Franco Cerri e Nicola Arigliano e l’orchestra milanese dello “Studio 7” diretta dal suo manager Tito Fontana i protagonisti dell’avventura. Dizzy, particolarmente di buon umore, con uno scarponcino da alpino donatogli a Bergamo da dove proveniva, diceva a Ponty che le loro musiche avevano ogni diritto di convivere: “Il Jazz ha sempre attinto a piene mani nei patrimoni musicali, popolari e no. L’importante è che nella musica non manchi mai il feeling. Poi… tutto è buono”» (Gian Carlo Roncaglia).
 
ore 18.00 Appunti per un film sul jazz diGianni Amico (1965, 37′)
«Ogni “capitolo”, intitolato a volte parafrasando il titolo di un film (Un sax è un sax – Une femme est une femme o Vivre sa musique – Vivre sa vie), si compone di una parte spettacolare (strano spettacolo senza spettatori) e di una extra-spettacolare (un’intervista, una prova, una giornata al luna-park). […] L’amore di Gianni Amico per la macchina da presa, l’Éclair Coutand, si identifica con quello di Gato Barbieri per il suo sassofono nel capitolo Un sax è un sax, posto a cerniera fra gli altri, quasi a simbolizzare l’artigianato che, nel cinema come nel jazz, non si disgiunge mai dall’arte. […] L’intelligenza di Gianni Amico si manifesta nelle fasi successive a quella della ripresa. Il “peso” figurativo dei volti sudati, scuri, viene esaltato dallo “sgranato” del 16mm stampato a 35mm. Il volto teso del batterista diventa un leitmotiv efficacissimo nel capitolo Tutti i figli di Dio hanno una tromba. I “jokes” tra le quinte di Johnny the kid proseguono il tono ironico dell’inizio al luna-park. Il taglio secco del montaggio evidenzia il cubismo musicale di Mal Waldrom, già preannunciato dalla razionalità delle sue dichiarazioni» (Aprà). Con J.F. Jenny Clark, Aldo Romano, Carl Berger, Michel Gaudry, Billy Toliver, Franco D’Andrea, Gegé Munari, Boris Kolof, Amedeo Tommasi, Gato Barbieri, Don Cherry, Cecil Taylor, Mal Waldrom.
 
a seguire Tromba fredda diEnzo Nasso (1965, 14′)
Cortometraggio di taglio “surrealista” realizzato mezzo secolo fa da Enzo Nasso che, in venti minuti, traccia un ritratto inedito ed ironico di Chet Baker, qui all’apice della sua carriera. A qualcuno piace freddo…
 
ore 19.00 7/8 di Stefano Landini (2007, 73′)
Torino, 1940: Massimo ha la passione della musica jazz ed è un discreto pianista. Segue di nascosto i gruppi musicali che eseguono sotto falso nome i brani americani proibiti dal Regime. Dopo una feroce lite con suo padre conosce Alberto Molaien, pianista della band di Gio’ Cervi, star del jazz italiano, e inizia a studiare musica insieme a lui. Ma una notte il ragazzo viene prelevato dalle camicie nere e si ritrova con Molaien, Cervi e altri sventurati in un carcere gestito dai fascisti. «Molti intellettuali e artisti erano poco graditi al Regime: in questo quadro anche il pentagramma subì qualche censura; il jazz, “veicolo d’esotismo” e minaccia per l’italica melodia, non era tollerato: quando l’alleanza con la Germania si fece più stretta ciò che proveniva dagli Stati Uniti era deriso dalla cultura di regime; alcune disposizioni restrittive ne limitavano le possibilità d’esecuzione in pubblico. In questa storia la situazione viene esasperata per favorire la riflessione. I musicisti protagonisti di questa vicenda sono il triste capro espiatorio di ciò a cui l’intolleranza di ogni tipo può condurre» (Landini). Con Fabrizio Nicastro, Alessandro Vantini, Ernesto Mahieux, Flavio Montrucchio, Roberto Citran, Antoine Rebb.
Copia proveniente da Rai Teche
 
ore 20.45 Incontro con Giorgio Bartolucci, Toni Bertorelli, Marino Bronzino, Toni Lama, Stefano Landini, Angelo Santovivo
 
a seguire Compro oro. Vivere jazz vivere swing di Marino Bronzino e Toni Lama (2015, 80′)
Compro oro, prodotto da Nova RolFilm, FilmRouge e IK Produzioni, raccoglie varie testimonianze del vissuto di musicisti jazz negli anni Sessanta e Settanta esaltando le caratteristiche di Torino città industriale, ma anche fucina di fermenti letterari, sociali e musicali. Rappresenta una piccola parte del grande mosaico sociale e culturale di quel periodo, ricostruendo attraverso le testimonianze e i suoni di alcuni dei protagonisti, il fermento musicale dell’epoca. Partendo dagli anni Cinquanta, narra la storia dei jazzisti di colore che, lasciati gli States, si trasferirono in Europa stabilendosi principalmente a Parigi e da lì raggiunsero anche Torino, e lo Swing Club: una cave con sede nella cantina di un vecchio palazzo del centro storico, attualmente un negozio “Compro oro”, dove il jazz era di casa al pari di locali come lo Chat Qui Pèche di Parigi , il Domicile di Berlino, il Capolinea di Milano. I grandi musicisti americani, leggende per gli appassionati, si trasformavano in uomini in “carne ed ossa” nella cave torinese, crocevia obbligato per tutti coloro che, curiosi di un mondo diverso, scendevano le scale del locale per uscirne solo alle prime luci dell’alba. I musicisti che hanno frequentato lo Swing erano le leggende del jazz: Kenny Clarke, Art Blakey, Mal Waldrom, Gato Barbieri, Chet Baker. 
Copia proveniente da Rai Teche
Date di programmazione