Omaggio a Gianni Rondolino, il papà del cinema torinese
01 Aprile 2016 - 01 Aprile 2016
Vogliamo ricordarlo con due film che amava, un incontro e una delle sue ultime interviste. E con le parole del suo collega de «La Stampa» Gabriele Ferraris: «Gianni Rondolino, prima ancora che un fine critico cinematografico, un docente amatissimo, un instancabile animatore culturale, è stato un padre. E non soltanto per Nicola, al quale aveva trasmesso la magnifica ossessione per il cinema, e per Fabrizio, giornalista e scrittore. No. Eravamo tutti suoi figli. Erano suoi figli gli studenti dell’Università di Torino, che per decenni ha formato con le sue lezioni di Storia del cinema illuminanti, ironiche, puntuali e puntute. Tanti di quei suoi allievi ne proseguono oggi l’opera: a partire da Alberto Barbera e Steve Della Casa, che lui portò alla direzione del Festival Cinema Giovani, poi Torino Film Festival. Ma gli siamo figli anche noi che non l’abbiamo conosciuto sui banchi universitari, ma che amiamo il cinema, e da lui abbiamo imparato che il cinema è vita, emozione, pura gioia. Noi, che abbiamo sognato davanti agli schermi meravigliosi che il professor Rondolino ci spalancava nei suoi libri, nei suoi articoli, e soprattutto nel “suo” Festival. Già. Il Festival. Cinema Giovani. Il Tff. Da direttore, volle al suo fianco tre ragazzini: all’epoca Steve Della Casa aveva 29 anni, Roberto Turigliatto 30, Alberto Barbera 31. Nessun trombone paludato, nessun vecchio arnese accademico: Rondolino era un rottamatore ante litteram. Con quella gang di sbarbatelli regalò a Torino un capolavoro che ha cresciuto, nutrito, amato per tanto tempo, dacché vi pose mano nel 1981 fino a quell’inverno triste del 2006, quando lo perse: le istituzioni decisero di togliergli la presidenza del Tff. Fu una storia triste. Era necessario un ricambio. Era necessario passare la mano. I figli, da Edipo in poi, devono uccidere i padri. Ma il trapasso fu doloroso. Ricordo quei giorni come un incubo. Fu allora che scoprì la sua umanità. La sua intelligenza vera, profonda. Dopo il dolore, seppe far pace con se stesso, con i suoi figli spirituali che, in quei giorni di sofferenza, aveva considerato traditori. […] Gianni fu coraggioso. Sempre. Nella lotta prima, e poi nella sconfitta e nella rappacificazione. Continuò per la sua strada. Continuò a predicare il cinema. Perché era la sua vocazione. […] Negli ultimi tempi mi capitava di incontrarlo in giro per Torino: più stanco, più vecchio. Gli leggevo negli occhi l’immensa sofferenza del vivere. Avrei voluto abbracciarlo, dirgli grazie. Dirgli che siamo tutti figli suoi. Non l’ho mai fatto. Maledetta freddezza sabauda».
ore 17.00 Europa ’51 di Roberto Rossellini (1952, 118′)
Irene, moglie di un diplomatico, conduce una vita sfarzosa fra un ricevimento e l’altro. Una tragedia familiare la costringerà drammaticamente a guardarsi dentro e a scoprire nuovi orizzonti. Un cammino interiore con echi spirituali. Film incompreso all’epoca (Moravia: «Rossellini ha addentato più di quanto fosse in grado di masticare»), la cui importanza è cresciuta nel tempo, fino a configurarsi come il vertice del sodalizio Rossellini-Bergman. Il bambino che interpreta la parte del figlio di Irene, Sandro Franchina, avrebbe poi diretto nel 1966 il significativo Morire gratis. «Rossellini vede nell’itinerario dei fatti solo un pretesto, sposta la sua messa in scena sui grandi conflitti ideologici, mostra un itinerario interiore, con la luce abbagliante della radiografia. Per questo Europa ’51 è uno dei film più importanti di questi anni, il più attuale, il più sentito» (Bruno).
ore 19.15 Il coltello nell’acqua di Roman Polanski (1962, 93′)
Un giornalista e sua moglie – in viaggio per passare il weekend in barca – raccolgono un giovane autostoppista. Tra i due uomini s’instaura un teso rapporto di rivalità di cui la donna è, insieme, strumento e testimone. Film di debutto di R. Polanski (e il solo che diresse in Polonia), è un racconto di ammirevole finezza psicologica, ma anche un apologo sull’opportunismo e il regime delle mezze verità nella Polonia socialista. «Il mio film di diploma era stato barocco e teatrale. Desideravo dunque che il mio primo lungometraggio fosse cerebrale, montato come una macchina di precisione quasi formalista. Il punto di partenza fu quello di un thriller classico: una coppia riceve a bordo del proprio yacht un ragazzo che poi scompare in circostanze misteriose» (Polanski).
Versione originale con sottotitoli inglesi
ore 21.00 Incontro moderato da Steve Della Casa con Paolo Bertetto, Michelangelo Buffa, Giona A. Nazzaro, Luca Raffaelli, Stefano Roncoroni
a seguire Intervista a Gianni Rondolino di Michelangelo Buffa(2011-2014, 15′)
Il filmeur valdostano Michelangelo Buffa nel 2010 si mise sulle tracce della sua giovinezza torinese, nel lontano 1974, quando vide la luce un piccolo cineclub, il Movie Club, destinato a lasciare un segno profondo nella storia culturale, non solo cittadina. Di quel concentrato di sogni e illusioni Buffa fu uno dei fondatori, per poi disperdersi in altri lidi cinefili. Tra le 37 testimonianze che compongono lo straordinario affresco di In cerca del movie, spicca la voce di Rondolino, «spettatore fedele del Movie Club, unico vero centro di cultura cinematografica in quel periodo».