Omaggio ad Asghar Farhadi
01 Febbraio 2014 - 02 Febbraio 2014
Le trovate cinematografiche e i meccanismi narrativi, le sfumature utilizzate per tratteggiare le azioni o inazioni dei personaggi fanno pensare che Farhadi abbia da tempo accettato la sfida lanciata dal suo paese ad artisti e cineasti: come far passare un ritratto complesso dell’Iran facendo finta che tutto in superficie sia chiaro e definito? Nei suoi film, la freccia della modernità è perturbata e rallentata da impedimenti legati a una “tradizione” che sembra non voler cedere il passo. Ogni film presuppone alla fonte questo problema, spesso irrisolvibile.
Rassegna a cura della Cineteca di Bologna
sabato 1
ore 17.00 Fireworks Wednesday di Asghar Farhadi (Chaharshanbe-soori, 2006, 102′)
«Fuochi d’artificio in terra iraniana. Si festeggia così l’ultimo mercoledì dell’anno persiano, detto anche Nawruz, giusto in tempo per aprire all’arrivo della primavera. Splendore cromatico in cielo? Sarà, anche se in terra le cose appaiono un po’ più complicate. C’è una ragazza promessa sposa e una famiglia in crisi (causa tradimenti) da cui lei si reca come donna delle pulizie. Ne esce un ritratto di famiglia piuttosto complesso, urticante e assai poco ben augurante» (Censi).
Versione originale con sottotitoli in italiano
ore 19.00 Beautiful City di Asghar Farhadi (Shah-re ziba, 2004, 101′)
«Farhadi conosce la comédie humaine? Ha mai letto Balzac? Ancora sedicenne, A’la ha ucciso la sua ragazza. Ora che di anni ne ha diciotto viene trasferito dal carcere dei minori a un vero e proprio penitenziario. Deve scontare una condanna a morte. Il padre della vittima può commutare la pena in carcere a vita, col suo perdono. Ma attende dal padre di A’la un risarcimento in denaro, che l’uomo non può pagare…» (Censi).
Versione originale con sottotitoli in italiano
ore 21.00 Dancing in the Dust di Asghar Farhadi (Raghs dar ghobar, 2003, 95′)
«Capita che sorgano improvvisi dilemmi etici e morali (insomma, religiosi): debbo per forza divorziare dalla donna che ho sposato solo perché la famiglia e la società non accettano il fatto che sua madre fosse una prostituta? Questo aut aut imposto dalla famiglia crea una serie di situazioni e meccanismi al limite della comicità involontaria: ad esempio restituire la somma di denaro che l’uomo aveva avuto in prestito per il matrimonio. Alla fine, decide di lasciare la città. Si ritrova nel deserto, insieme a un uomo che passa il tempo estraendo veleno dai serpenti» (Censi).
Versione originale con sottotitoli in italiano
domenica 2
ore 17.00 Il passato di Asghar Farhadi (Le passé, 2013, 130′)
«È un capolavoro senza aggettivi. Farhadi, autore di A proposito di Elly e del magnifico Una separazione, è definitivamente uno dei grandi del cinema contemporaneo. Soprattutto è, per acclamazione, il miglior sceneggiatore su piazza. La precisione, il ritmo e la profondità dei suoi copioni lasciano stupefatti. […] Farhadi compone un thriller dei sentimenti in cui ogni sequenza, ogni dialogo contengono una sorpresa. I suoi film sembrano drammi di Bergman diretti da Hitchcock. È quasi un miracolo che esista un regista così» (Crespi).
ore 19.20 Una separazione di Asghar Farhadi (Jodaeiye Nader az Simin, 2011, 123′)
«Il film più maturo di colui che viene indicato come il più rilevante cineasta iraniano contemporaneo, vincitore alla Berlinale del 2011. Un film che colpisce, prima di tutto, per una nuova grana stilistica, per complessità narrativa, per limpidezza formale: e per il racconto vivido e senza sconti di un conflitto familiare che incrocia (senza mai farsene didascalia) lo spirito del tempo del suo paese. A Teheran, una moglie vuole andarsene all’estero per garantire alla figlia migliori possibilità, un marito vuole restare per non abbandonare il padre malato di Alzheimer. La separazione ci sarà, e poi le sue intricate conseguenze. Farhadi orchestra la storia tra la densità del visivo e del non detto, di interni domestici carichi di tensione, di porte aperte e chiuse» (Paola Cristalli).
ore 21.30 About Elly di Asghar Farhadi (Darbareye Elly, 2009, 119′)
«Dimenticate le lande desolate, le campagne e la terra arida di molto cinema iraniano. Dimenticate anche i neorealismi (con o senza biciclette). Sembra incredibile, ma c’è un regista iraniano che ha il coraggio di filmare dei Suv, un gruppo di amici benestanti, che potremmo definire borghesi (?). Farhadi filma il mare, e lo fa da dio. Innesca una storia angosciante, palpitante, che sotto la superficie nasconde ossessioni, dogmi religiosi e una morale secolare difficile da emendare. Leone d’Argento al Festival di Berlino nel 2009» (Censi).