Per Franco Rossetti
26 Settembre 2018 - 26 Settembre 2018
A giugno 2018 ci ha lasciato Franco Rossetti, dopo una lunga malattia. Ex allievo del Centro Sperimentale, di Franco abbiamo sempre apprezzato la sua profonda modestia, il suo dark humour che non risparmiava niente e nessuno, nemmeno sé stesso, accompagnato da una malinconia struggente e rassegnata, come se guardasse il mondo da una collina avvolta da una tenue foschia. Tutto questo si è riflettuto da sempre nel suo cinema. Ha scritto bene Eugenio Ercolani, curatore dell’omaggio rossettiano al Trevi l’anno scorso: «Franco Rossetti è una di quelle figure contraddittorie e a loro modo enigmatiche del nostro cinema popolare più avventuroso e talvolta “scalcinato”, come lo definirebbe lui stesso. Ci troviamo davanti ad un cineasta dalla difficile collocazione. Che Rossetti sia un regista di genere non ci sono dubbi, ma la sua ricerca di una continuità tematica, la selettività nello scegliere i filoni a cui aggrapparsi – sempre attento a non scendere a compromessi troppo compromettenti con la sua morale e le sue convinzioni politiche – e la ricerca di un tono volutamente discordante o apparentemente del tutto stonato con i generi da lui trattati lo rendono una figura difficile da accantonare con un’etichetta usa-e-getta. Rossetti è un autore trovatosi nelle restrittive vesti di un semplice mestierante? Di sicuro non si è mai posto nei confronti del mercato come un umile servitore felice di accontentarlo. Il regista toscano con il mercato e l’industria ci ha lottato, discusso, litigato uscendoci spesso ammaccato e progressivamente, volta per volta, un filo più disilluso. Non c’è da stupirsi quindi che a comporre la sua filmografia cinematografica ci siano solo sette titoli. A partire da un western – il genere in cui, come sceneggiatore, ha lasciato un segno profondo e indelebile – fino ad arrivare ad una piccola commedia agrodolce mai uscita in sala e ormai dimenticata, passando attraverso fantasie decamerotiche, morbose famiglie borghesi e decadenze incestuose in città tetre e mortifere. Un piccolo mondo di perdenti e malinconie, appartenenti ad un noto artigiano e a un invisibile autore».
ore 17.00 El Desperado di Franco Rossetti (1967, 92′)
Film amatissimo da Tarantino, diretto dallo sceneggiatore di Django Franco Rossetti, ex allievo del Centro Sperimentale di Cinematografia, e interpretato dall’astro nascente Andrea Giordana, reduce dal successo televisivo de Il conte di Montecristo. «Nell’immensità del West un uomo contro tutti. Atroci violenze e inaudite maledizioni pesano su una terra e su una gente» (frase di lancio). Western barocco, girato in Almeria e alle Cave della Magliana, che riprende da Django l’idea dell’eroe ricoperto di fango («Alzandosi dalla poltrona è meglio controllare che qualche schizzo non sia finito anche sul nostro vestito», «Film mese»).
ore 19.00 Delitto al circolo di tennis di Franco Rossetti (1969, 90′)
Tre giovani contestatori tramano ai danni del padre di una di loro, ma dietro il gesto rivoluzionario si nasconde il dramma dei sentimenti. Film, nemmeno citato nei dizionari più in voga, che ebbe gravi problemi di distribuzione, ma assolutamente da recuperare per la perfetta costruzione narrativa e per la capacità di evidenziare la fragilità della protesta giovanile. È il film che rivela il talento figurativo di Vittorio Storaro fra echi pop e gli incubi di un abisso che incombe. In uno dei suoi ultimi articoli, uscito sul «Corriere della Sera» quattro giorni prima della morte, Pasolini rispose a Moravia che aveva assimilato il massacro del Circeo al suo racconto Delitto al circolo del tennis: «Anche Moravia dovrebbe accorgersi che il delitto al circolo di tennis, rispetto al delitto del Circeo dell’autunno 1975, è idillico: e nessuna reale relazione storica li unisce. Tra i due c’è un salto di qualità: salto di qualità che è dovuto all’enorme quantità. Un delitto che nel 1927 era espresso da un ambiente di élite, oggi è espresso da un ambiente di massa. II delitto gratuito “gidiano” è diventato un genere di consumo. Una scelta personale è diventata una coazione collettiva. Non è poco». Il film di Rossetti va rivisto anche alla luce della riflessione pasoliniana, proprio perché innesta il delitto del racconto di Moravia nell’ambiente (comunque elitario) della contestazione e lo trasforma in un oggetto di consumo da cui trarre profitto.
ore 20.45 Incontro moderato da Eugenio Ercolani con Roberto Girometti e Luca Verdone
Nel corso dell’incontro verrà proiettata la video intervista di Eugenio Ercolani a Franco Rossetti realizzata nel settembre 2017.
a seguire Il ritorno di Franco Rossetti (1956, 22′)
Il ritorno a casa di una coppia di sposini, ai quali il padre di lui, mezzadro, non sa come comunicargli che il padrone li vuole mandare via. La giovane prende in mano la situazione e si rimbocca le maniche, fra lo stupore generale, e comincia a lavorare, dando l’esempio al marito, che coltivava sogni di gloria. Film agreste, sui valori della vita contadina e sulla condizione irreversibile di chi lavora la terra: una dolce schiavitù, dalla quale nessuna lotta di classe, allora, poteva trovare una salvezza. Neorealismo di ritorno. Saggio di diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia di Franco Rossetti.