Per la rassegna “Nuovi italiani. Da migranti a cittadini”, incontro con Dagmawi Yimer
17 Febbraio 2012 - 17 Febbraio 2012
ore 19.00
Incontro con Dagmawi Yimer
a seguire
C.A.R.A. Italia (2010)
Regia: Dagmawi Yimer; fotografia, suono: D. Yimer; musica: Saba Anglana, Nicola Alesini; montaggio: Angelo Loy; con Hassan Daud, Abubaker Jokof; origine: Italia; durata: 60′
Hassan e Abubaker, ragazzi somali di 20 e 21 anni, sono nati e cresciuti insieme a Mogadiscio durante la guerra civile. La loro amicizia è quasi un destino: compagni di classe alle elementari, si sono ritrovati a Tripoli durante la fuga verso l’Europa e infine nel C.A.R.A. di Castelnuovo di Porto, un centro di prima accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo, a quaranta chilometri da Roma. Attraverso la voce di Hassan, il documentario racconta l’attesa frustrante del riconoscimento dello status di rifugiato nel vuoto del centro e lo smarrimento dopo averlo ottenuto, senza sapere più dove dormire e dove mangiare. Un impietoso sguardo dall’interno sull’accoglienza che il nostro paese riserva a chi è cresciuto nel mito dell’Europa democratica e civile. «Ora Dagmawi va più a fondo. Si è reso conto (sempre sulla propria pelle) che un richiedente asilo vive un analogo calvario anche quando approda in Italia. Nei centri di accoglienza i giovani richiedenti asilo vivono sospesi in un non-luogo dove si possono espletare solo le funzioni primarie. Nei centri non c’è niente, nemmeno un corso di italiano che per questi ragazzi sarebbe fondamentale. Dagmawi ha seguito le giornate di due ventenni somali, Hassan e Abubaker, nel centro. Molte scene non sono “autorizzate” perché non si vuol far sapere fuori il vuoto esistenziale che c’è dentro. Per questi ragazzi (tutti in regola o in procinto di esserlo) non c’è possibilità di crearsi un futuro. Quando mettono il naso fuori il razzismo e la diffidenza li travolge. Spesso i conducenti dei bus extraurbani non li fanno salire. “I passeggeri non gradiscono” si giustificano. Ma c’è anche la speranza e Dagmawi ce la mostra. Nel centro i giovani creano una loro alternativa al degrado: cantano, cucinano e sperano in un futuro. Uno qualsiasi» (Igiaba Scego).
Copia per gentile concessione di Archivio delle Memorie Migranti – Ingresso gratuito