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Tavola rotonda “L’evoluzione dell’industria animata nel Giappone del dopoguerra”
11 Marzo 2012 - 11 Marzo 2012
Nell’ambito della rassegna sul cinema giapponese, l’11 marzo alle ore 20.45,
tavola rotonda su L’evoluzione dell’industria animata nel Giappone del dopoguerra con Oscar Cosulich e Luca Della Casa
 
a seguire
Acque torbide (1953)
Regia: Tadashi Imai; soggetto e sceneggiatura: Toshiro Ide, Yoko Mizuki, da tre racconti di Ichiyō Higuchi; fotografia: Shunichiro Nakao; scenografia: Totetsu Hirakawa; musica: Ikuma Dan; interpreti: Ken Mitsuda, Yatsuko Tan’ami, Akiko Tamura, Hiro Kumon, Hiroshi Akutagawa, Susumu Tatsuoka; origine: Giappone; produzione: Bungakuza, Shinseiki; durata: 130′
Storie diverse si inseguono in questo cupo spaccato della società. Nella prima una ragazza torna improvvisamente nel cuore della notte nella casa dei genitori in cui è cresciuta. Spiega loro che non può più vivere con suo marito, un uomo ricco per colpa del quale la sua famiglia si è indebitata. Dopo una lunga e dolorosa discussione, i genitori la convincono a tornare a casa. Sulla strada di casa l’uomo che guida il risciò si rivela essere un vecchio compagno di scuola e i due iniziano a ricordare i giorni andati. Nella seconda storia Mine è una cameriera nella casa di una donna anziana angariata da un figlio ozioso e perdigiorno, che assilla la madre e il suo nuovo marito con la richiesta di denaro in grado di coprire le sue ingenti perdite al gioco. L’unico parente ancora in vita di Mine è suo zio, che l’ha cresciuta e ora che è gravemente ammalato avrebbe bisogno di denaro per pagare uno strozzino. Mine promette di farsi prestare i soldi dalla sua datrice di lavoro ma, nonostante l’anziana donna inizialmente accetti, decide di rompere improvvisamente il patto con l’arrivo del nuovo anno. A Mine resta solo la possibilità di rubare i soldi da portare all’amato zio. Tadashi Imai, che con questo film fu accolto come nuovo grande autore del cinema giapponese al Festival di Cannes del 1954, prima di essere rapidamente dimenticato quand’era ancora in vita, delinea un progetto ambizioso: descrivere la condizione della donna giapponese durante la Restaurazione Meiji. Il risultato è un’opera complessa, stratificata, non sempre facile da interpretare e adagiata su un ritmo contemplativo che non fa altro che acuire il senso di disgusto nei confronti delle vessazioni cui le protagoniste del film devono andare incontro.
Copia proveniente dall’Istituto Giapponese di Cultura – Ingresso gratuito

 

 

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