Home > Attori – Fondi archivistici e bibliografici – Biblioteca Luigi Chiarini
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Si tratta di una piccola porzione di materiali  – consegnati dagli eredi nel 2017  – che coprono un arco temporale che va dalla fine degli anni Trenta agli anni Settanta. Un album e quattro cartelle di rassegna stampa raccolgono gli articoli pubblicati durante la sua lunga carriera in teatro, al cinema e in televisione, sia come interprete, sia come regista; un’altra cartella contiene gli articoli della sua vita familiare e le interviste rilasciate su varie testate. Spiccano tra gli altri documenti: nove soggetti cinematografici inediti, quattro progetti televisivi e una lettera di Ermete Zacconi che lo invita a far parte della sua Compagnia nel 1941.

 

Leonardo Cortese (1916-1984) – Attore e regista, si diplomò all’Accademia nazionale d’arte drammatica nel 1938, esordendo quasi contemporaneamente sulle scene e sullo schermo. Interpretò numerosi film, tra i quali: “La vedova” (1938), “Cavalleria rusticana” (1939), “Una romantica avventura” (1940), “Sissignora” (1941), “Un garibaldino al convento” (1942), “Addio amore” (1943), “Piume al vento” (1950). Passato alla regia, diresse: “Chi è di scena (1951), “Art. 519 Codice penale” (1952),”Violenza sul lago” (1954). Tra i suoi maggiori successi teatrali ricordiamo: Stefano di J. Devale Marius di Pagnol (1943); Le mani sporche di Sartre (1949); l’Aminta del Tasso e il Torquato Tasso   di Goethe (1954). È stato anche molto attivo anche in televisione. Dopo aver fatto presentato la rassegna di talenti “Tutti improvvisatori” ideata da A. G. Bragaglia (1958), ottenne il suo primo, ampio riconoscimento di pubblico televisivo dirigendo “La figlia del capitano”, riduzione di F. Palmieri e sua da A. Puškin, in onda nel 1965; tale successo fu rinsaldato con l’originale televisivo di U. Pirro e V. Talarico “Luisa Sanfelice” (1966). Il debutto nel giallo a puntate avvenne con “La donna di quadri” di M. Casacci e A. Ciambricco sulle imprese del tenente Sheridan (dal 19 apr. 1968 in cinque puntate).

Fondo Leonardo Cortese

La donazione, avvenuta nel giugno 2024, comprende 62 dattiloscritti risalenti agli anni 1959-1987, costituiti principalmente da sceneggiature di film per il cinema e per la televisione, oltre a sceneggiati televisivi e a una prosa radiofonica, interpretati da Gianni Garko. Tra i materiali si trovano anche scritti di Gianni Garko in collaborazione con Agostino Raff, come il dattiloscritto del 1976 intitolato In difesa di Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pasolini, due versioni di un trattamento e una sceneggiatura inedita, oltre a un bloc-notes contenente appunti, disegni e la scaletta di Verso la Caienna (inizialmente noto come Verso la Guyana), risalente agli anni 1979-80 e liberamente ispirato all’opera teatrale Haute Surveillance (1949) di Jean Genet. È inclusa inoltre la sceneggiatura de Le cameriere (1959) di Carlo Ludovico Bragaglia, film per il quale Garko era stato scelto come attore, ma al quale non poté partecipare a causa di un’improvvisa allergia manifestatasi prima dell’inizio delle riprese, come racconta egli stesso in un’intervista.

Gianni Garko, nato Giovanni Garkovic il 15 luglio 1935 a Zara, è un attore che ha segnato profondamente il cinema di genere, in particolare quello degli spaghetti western. La carriera di Garko ha avuto inizio alla fine degli anni ’50, con il debutto in Pezzo, capopezzo e capitano (Kannonenserenade,1958) di Wolfgang Staudte, e ha proseguito con interpretazioni in importanti film come Morte di un amico (1959) di Franco Rossi, Kapò (1960) di Gillo Pontecorvo e Maciste l’uomo più forte del mondo (1961) di Antonio Leonviola. Negli anni ’60, ha consolidato la sua fama partecipando a produzioni come Ponzio Pilato (1962) di Irving Rapper e il celebre film di Luciano Salce La voglia matta (1962). Ma è con i western all’italiana che Garko ha raggiunto l’apice della sua carriera, incarnando l’iconico pistolero Sartana in film come …Se incontri Sartana prega per la tua morte (1968) di Gianfranco Parolini, Buon funerale amigos!… paga Sartana (1970), Una nuvola di polvere… un grido di morte… arriva Sartana (1970) e Gli fumavano le Colt… lo chiamavano Camposanto (1971) di Giuliano Carnimeo. Questo personaggio, enigmatico e carismatico, ha reso Garko un volto riconoscibile non solo in Italia, ma anche all’estero. La sua versatilità gli ha permesso di spaziare tra diversi generi cinematografici, apparendo in film storici come Lucrezia (1968) di Osvaldo Civirani e Waterloo (1970) di Sergej Bondarčuk. Ha anche preso parte a opere d’autore, come I tulipani di Haarlem (1970) di Franco Brusati, e a thriller come Gli occhi freddi della paura (1971) di Enzo G. Castellari. In ambito noir, ha interpretato il commissario ne Il boss (1973) di Fernando Di Leo, mentre nel genere horror gotico si è distinto ne La notte dei diavoli (1972) di Giorgio Ferroni. Inoltre, ha affrontato anche ruoli in film di fantascienza, come Sette uomini d’oro nello spazio (1979) di Alfonso Brescia. Negli anni ’70 e ’80, Garko ha continuato a lavorare intensamente, partecipando a produzioni televisive, tra cui Donnarumma all’assalto (1972) di Marco Leto, Diario di un giudice (1978) di Marcello Baldi, Il segreto di Cristina (1979) di Ruggero Deodato e Le due madri (1989) di Tonino Valerii. Dagli anni ’90 a oggi, Gianni Garko ha continuato a lavorare, collaborando con diversi registi di spicco. Al cinema ha preso parte a pellicole come In nome del popolo sovrano (1990) di Luigi Magni e Body Puzzle (1992) di Lamberto Bava. In televisione ha recitato in numerose produzioni, tra cui la soap opera Vivere, diretta da Daniele Carnacina e Massimo Del Frate, nel periodo 1999-2004, e nelle serie Sospetti 2 (2003) di Gianni Lepre e Sospetti 3 (2005) di Luigi Perelli. Nel frattempo, ha continuato a dedicarsi al teatro, con una delle sue interpretazioni più significative in Non aver paura di Eduardo Aldán, con la regia di Ricard Reguant, spettacolo rappresentato per la prima volta al Teatro Ghione di Roma il 20 aprile 2017.

Con oltre cento titoli tra cinema, televisione e teatro, Gianni Garko resta un punto di riferimento per gli appassionati di cinema e un’ispirazione per le nuove generazioni di attori.

Elenco donazione Gianni Garko

Nel 2020 è stato donato alla biblioteca un nucleo di documenti dell’archivio di Fabio Garriba, attore, sceneggiatore, scrittore, poeta e insegnante. Si tratta di soggetti, sceneggiature, quaderni e taccuini manoscritti a penna con appunti, riflessioni, poesie, storie, lettere, relazioni e interventi della sua esperienza didattica.

Fabio Garriba (1944 –  2016) – Studente di architettura, al primo anno era già nella cerchia più ristretta di Le Corbusier che gli segnala l’esistenza a Roma del Centro Sperimentale di Cinematografia per il particolare interesse che mostra verso il cinema. Il suo saggio di diploma in regia al Centro Sperimentale è  “I parenti tutti” del 1967, di cui è anche interprete, tratta la tematica della morte e dell’immortalità. Prima di dedicarsi totalmente alla carriera di attore, lavora per un periodo come assistente-aiuto regista di: De Sica (per l’episodio Il leone de Le coppie, 1970), Carmelo Bene (Capricci, 1969), Pasolini (Porcile, 1969), Bertolucci (Partner, 1968) e Visconti (provini d’ammissione al Csc). Protagonista di entrambe le pellicole del fratello gemello Mario, nel corso della sua carriera ha recitato in film come: “Anni” di Ustun Barista (1967), “Mai visto un fiume?” di Liu Fong Kong (1967), “Vento dell’est” di Jean-Luc Godard (1968), “Agostino d’Ippona” di Roberto Rossellini (1972), “Sbatti il mostro in prima pagina” di Marco Bellocchio (1972), “La via dei babbuini” di Luigi Magni (1974), “Novecento” di Bernardo Bertolucci (1976) e “Maschio femmina fiore frutto” di Ruggero Miti (1979), “Ammazzare il tempo” di Mimmo Rafele (1979), “La terrazza” di Ettore Scola (1980).

Sul bookshop della fondazione si può acquistare la prima monografia su Fabio e Mario Garriba, i gemelli terribili del cinema italiano  a cura di Domenico Monetti e Luca Pallanch edita nel 2016.

"I parenti tutti" di Fabio Garriba (1967)

Il fondo dell’attore Amedeo Nazzari, nome d’arte di Amedeo Carlo Leone Buffa, è stato donato dalla figlia, l’attrice Evelina Nazzari, al Centro Sperimentale di Cinematografia nel 2020. Comprende tredici copioni teatrali, una sceneggiatura, oltre ottocento ritagli di stampa delle più importanti testate italiane ed estere per lo più selezionati  dagli uffici stampa Eco della stampa e Unitalia film, fascicoli di riviste, monografie, un piccolo nucleo di corrispondenza e documentazione, nella quale spicca una lettera autografa dell’attore e regista Leonardo Cortese sull’apprezzamento da parte del pubblico e della critica del loro sceneggiato La figlia del capitano (1965). Nella rassegna stampa che copre un arco temporale dal 1936 al 1980 troviamo le recensioni dei film, curiosi aneddoti della sua vita, i tantissimi premi ricevuti, le interviste, articoli relativi ai film della moglie l’attrice Irene Genna degli anni cinquanta e a Evelina Nazzari agli esordi della carriera. Le fotografie sono conservate presso l’Archivio fotografico della Cineteca Nazionale.

Amedeo Nazzari, pseudonimo dell’attore italiano Amedeo Carlo Leone Buffa (1907 – 1979), esordì nel 1926 nella compagnia filodrammatica Fortitudo e in seguito fu scritturato dalle più importanti compagnie teatrali dell’epoca, divenendo un attore di prosa di successo. La sua prima interpretazione nel cinema fu nel 1935 tramite la sua partner teatrale Elsa Merlini che lo volle con sé nel film “Ginevra degli Almieri” diretto da Guido Brignone, ma tornò a lavorare in teatro. Fu il ruolo principale nel film “Cavalleria” (1936), assegnatogli grazie ad Anna Magnani, allora moglie di Goffredo Alessandrini e seguenti interpretazioni nei film: “Luciano Serra, pilota” (1938); “Caravaggio, il pittore maledetto” (1941) con cui fu premiato con la coppa Volpi a Venezia; “La cena delle beffe” (Alessandro Blasetti, 1942), che decretarono Nazzari divo cinematografico. I successi ottenuti durante il periodo fascista non gli andarono però a favore nel dopoguerra e, dopo un periodo di lavoro all’estero, venne richiamato dai produttori Carlo Ponti e Dino De Laurentiis per interpretare “Il lupo della Sila” (Duilio Coletti, 1949). Negli anni cinquanta fu di nuovo travolto dalla notorietà come interprete della stagione del “neorealismo d’appendice”, in coppia con Yvonne Sanson, di una serie di film diretti da Raffaello Matarazzo, inoltre partecipò a celebri film come “Processo alla città” (Luigi Zampa, 1952), “Il brigante di Tacca del Lupo” (Pietro Germi, 1952), “La fiammata” (Alessandro Blasetti, 1952), “Un marito per Anna Zaccheo” (Giuseppe De Santis, 1953), “Le notti di Cabiria” (Federico Fellini, 1957) e altri. Dagli anni sessanta diradò la sua attività cinematografica, intensificando la presenza in televisione con gli sceneggiati La figlia del capitano (Leonardo Cortese, 1965), La cena delle beffe (Guglielmo Morandi, 1965), La donna di cuori (L. Cortese, 1969), il film tv “Rebecca” (Eros Macchi, 1969), la conduzione del varietà Gran Premio (1963) e le pubblicità per Carosello (1970-1973), rilevanti furono le sue partecipazioni nelle pellicole straniere “Le clan des siciliens” (Il clan dei siciliani, Julien Duviver, 1969) e  “The Valachi Papers” (Joe Valachi – I segreti di Cosa Nostra,  Terence Young, 1972). I suoi ultimi film furono “Nina” (Vincent Minnelli, 1976) e “Melodrammamore” (Maurizio Costanzo, 1978).

L’archivio del poliedrico attore, regista, sceneggiatore, conduttore radiofonico e televisivo, paroliere Luciano Salce, dichiarato di interesse storico particolarmente importante dalla Soprintendenza archivistica e bibliografica del Lazio, è stato donato dal figlio Emanuele Timothy Salce alla Biblioteca Luigi Chiarini della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia nel 2019, per essere conservato e liberamente accessibile a tutti gli studiosi, ricercatori e utenti curiosi. L’archivio è articolato in serie e sottoserie che coprono un arco cronologico che va dal 1935 al 1987. Di seguito segnaliamo le dodici serie dall’inventario del fondo archivistico indicative della sua prolifica produzione e dei suoi lavori: Scritti di Luciano Salce; Repertori dei soggetti, delle sceneggiature, dei film e delle storie; Soggetti e trattamenti di Salce; Soggetti e storie di altri autori; Copioni; Sceneggiature; Attività radiofonica; Attività televisiva; Corrispondenza; Recensioni e curricula; Documentazione fotografica; Documentazione a stampa.

Luciano Salce (1922-1989)  –  attore, regista, sceneggiatore, conduttore radiofonico e televisivo, paroliere, figura centrale per ricostruire la storia della cultura italiana del Novecento, con uno sguardo lucido e la forza dissacrante dell’ironia ha raccontato i vizi del nostro Paese. Tra i film più celebri che ha diretto, ricordiamo: “Il federale” (1961), “La voglia matta” (1962),  “Le ore dell’amore” (1963) “Basta guardarla” (1970), “L’anatra all’arancia” (1975), “Fantozzi” (1975), Il secondo tragico Fantozzi (1976). Fondamentali sono anche i suoi esordi nel mondo del teatro dapprima a fianco di attori come Vittorio Gassman, suo compagno nell’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, poi con la costituzione della compagnia del Teatro dei Gobbi (con Alberto Bonucci, Vittorio Caprioli e poi Franca Valeri), esempio di cabaret satirico, le partecipazioni al varietà Studio Uno, la conduzione dei programmi radiofonici: I malalingua e Blackout.

Catalogo

Inventario

Elenco topografico

Luciano Salce sul set di "La cuccagna" (1962)

 

L’archivio di Lilia Silvi (1936-2013), attrice di cinema e di teatro, donato dai figli nel 2022 al Centro Sperimentale di Cinematografia, si compone di un nucleo ricco di materiali significativi, tra cui: un centinaio di lettere dagli ammiratori, la sceneggiatura e la fotobusta della commedia cinematografica Il diavolo va in collegio (1943) di Jean Boyer, nel quale è la protagonista insieme a Leonardo Cortese, il copione della commedia Non ti conosco più di Aldo De Benedetti messa in scena nel 1945 con la sua Compagnia, i pressbook dei film Dopo divorzieremo (1940) e Scampolo (1941) di Nunzio Malasomma, girati con l’attore Amedeo Nazzari, oltre 200 articoli di recensioni dei suoi film e sulle interpretazioni, sulla sua vita pubblica e privata e le interviste rilasciate sui giornali, due premi come miglior attrice, il disco sonoro a 78 giri de La bisbetica domata (1942) di Ferdinando Maria Poggioli,  La sezione fotografica, costituita da oltre centro stampe private, di scena e di set, è conservata presso l’Archivio Fotografico della Fondazione.

Catalogo

Lilia Silvi, pseudonimo di Silvana Musitelli (Roma, 23 dicembre 1921 – Nettuno, 27 luglio 2013), divenne famosa negli anni ’40 come protagonista di numerosi film di successo, molti dei quali in coppia con Amedeo Nazzari, in cui interpretava il personaggio della ragazza sbarazzina. Un’immagine di innocenza, vivacità e indipendenza che conquistò critica e pubblico rendendola in breve tempo una delle attrici più acclamate e popolari del periodo dei “telefoni bianchi”. Dopo aver frequentato la scuola di ballo dell’Opera di Roma, la sua prima apparizione cinematografica è del 1935 con il film Il cantico della terra di Salvatore Fernando Ramponi. Partecipa anche al film Il signor Max del 1937 di Mario Camerini, ma è nel 1939 con Assenza ingiustificata di Max Neufeld, nel ruolo del personaggio di Luisa, la compagna di scuola di Vera (Alida Valli), che otterrà un grande successo. Ricordiamo tra i suoi film più noti: Giù il sipario (1940) di Raffaello Matarazzo, Dopo divorzieremo (1940) e Scampolo (1940) di Nunzio Malasomma, Violette nei capelli (1941) di Carlo Ludovico Bragaglia, La bisbetica domata (1942) di Ferdinando Mario Poggioli, Giorni felici (1942) di Giorgio Franciolini. Nel 2011 è la brillante protagonista del film documentario In arte Lilia Silvi di Mimmo Verdesca, che nel 2012 ha vinto il Nastro d’argento come miglior documentario sul cinema.

Lilia Silvi
Lilia Silvi

Nel 2019 un nucleo di documentazione appartenuto a Marisa Solinas è stato donato al CSC dal figlio David Panone. In Biblioteca sono conservati: la sesta puntata della sceneggiatura della miniserie televisiva di “Quo vadis?” regia di Franco Rossi, andata in onda nel 1985 sulla Rai; la sceneggiatura revisionata di “Sindrome Veneziana” (regia di Carlo U. Quinterio, 1991); otto cartelle di rassegna stampa e documentazione; otto fascicoli di periodici; trentanove pressbook. La corposa collezione di ritagli stampa (n. 1255), raccolta dalla stessa Solinas, è stata suddivisa per argomento e ordinata cronologicamente in ventuno fascicoli, ne ripercorre l’attività lavorativa come attrice, cantante e modella. Comprende: le interviste, i film girati, le partecipazioni in trasmissioni radio e televisive, le esibizioni negli spettacoli dal vivo (teatro, cabaret, operetta), la vita pubblica e privata. Tra la documentazione sono presenti appunti, note e memo di vario genere autografi, curricula, inviti ad eventi. Per molti articoli è stata necessaria una ricerca approfondita per attribuire una collocazione temporale.

Marisa Anna Solinas ( 1939 – 2019) – Attrice, cantante, modella, nasce a Genova da madre toscana e padre sardo. Versatile interprete, Marisa Solinas, ha spaziato in ogni genere di film, dal dramma alla commedia, dal musicarello agli spaghetti western, dall’horror al cinema d’autore. Parallelamente alla carriera di attrice diviene una modella molto richiesta per servizi di moda, pubblicità e per i fotoromanzi. Negli anni Settanta è molto attiva in televisione, a teatro e nell’operetta. Per il grande schermo, ha girato più di cinquanta film, sia in Italia, sia all’estero, tra i quali: Boccaccio ’70 (ep. Renzo e Luciana di Mario Monicelli, 1961), La commare secca (Bernardo Bertolucci, 1962), Il padre di famiglia (Nanni Loy, 1967), Blindman (Ferdinando Baldi, 1971), L’arbitro (Luigi Filippo D’Amico, 1974), I due carabinieri (Carlo Verdone, 1984), Tutti dentro (Alberto Sordi, 1984), Almost Blue (Alex Infascelli, 2000). In televisione la ricordiamo nelle serie tv: Quo Vadis (Franco Rossi, 1985), Tutti gli uomini sono uguali (Alessandro Capone, 1997) e Una donna, tre vite (ep. Lucia di Pasquale Pozzessere, 2005). Nell’ambito del teatro, tra le pièce più famose, citiamo: Sogno di una notte di mezza estate (regia di Beppe Menegatti, 1963), Pedro de Urde Malas (regia di Attilio Colonnello, 1966), La commedia del Decamerone (regia di Mario Amendola e Bruno Corbucci, 1972). Come cantante professionista ha inciso per le più importanti case discografiche (Emi-Voce del Padrone, Fonit cetra, Rca). Dal 1966 al 1972, ha preso parte a vari show musicali con Luigi Tenco, Tony Renis, Adriano Celentano, Bobby Solo, Domenico Modugno, tra gli altri. Per la Rai, è stata ospite di diverse trasmissioni tra cui: Musicalissimo, Alla fiera del mago Zurlì, Alle nove della sera, Domenica In, Alle nove della sera. Su Radio Uno ha condotto il programma musicale Il topo di discoteca. Ha interpretato diverse operette, tra cui: Il paese dei campanelli (1976), Cin-Ci-Là (1976), La Principessa della Czarda (1977), Al cavallino bianco (1977-1979).  

 

L’archivio dell’attrice è stato donato dai figli al CSC tra novembre del 2015 e luglio del 2016. E’ costituito da: epistolario, documenti attività lavorativa, sceneggiature cinematografiche e televisive originali, copioni teatrali, fotografie, pressbook, programmi di sala, fascicoli di periodici e ritagli stampa, materiale grafico personale e pubblicitario. Nello specifico raccoglie sette cartelle dell’attività lavorativa, contenenti proposte, contratti, piani di lavorazione; ventitré cartelle di rassegna stampa e un centinaio di fascicoli di riviste (1937-2006); centosessantanove sceneggiature e copioni; dodici cartelle di lettere, biglietti e cartoline dei suoi ammiratori (1937-2006). La corrispondenza personale (1930-2006) comprende una cartella di lettere inviate e ventotto cartelle di lettere ricevute. Il fondo è interamente ordinato e consultabile, la sezione fotografica è conservata presso l’Archivio fotografico della Cineteca Nazionale.


Alida Valli (1921-2006) – attrice cinematografica, teatrale e televisiva
, amata e apprezzata dal pubblico, Alida Valli ha lavorato in note produzioni cinematografiche nazionali e internazionali che hanno fatto la storia del cinema, rivestendo ruoli totalmente differenti, da giovane sbarazzina delle commedie dei telefoni bianchi a personaggi tormentati o inquietanti, da madre edipica a donna anziana. E’ stata l’interprete, nella sua lunga carriera iniziata nel 1936, di film memorabili come “Manon Lescaut ” (1940) di Carmine Gallone, “Piccolo mondo antico” (1941) e “Eugenia Grandet”(1946) di Mario Soldati (con il primo ottiene il Premio nazionale della cinematografia come miglior attrice dell’anno, con il secondo il Nastro d’argento), “The Paradine Case” (1947) di Alfred Hitchcock, “The Third Man” (1949) di Carol Reed, “Senso” (1954) di Luchino Visconti (con cui le viene assegnato il premio Grolla d’oro come migliore attrice), “Il grido” (1957) di Michelangelo Antonioni, “Edipo re” (1967) di Pier Paolo Pasolini, “La strategia del ragno” (1970), “Novecento” (1976) e “Berlinguer ti voglio bene” (1977) di Bernardo Bertolucci, “Suspiria” (1977) di Dario Argento. Ha vinto, tra gli altri premi, un David come miglior attrice non protagonista per “La caduta degli angeli ribelli” (1981) di Marco Tullio Giordana, il David alla carriera nel 1991 e il Leone d’oro alla carriera nel 1997. Nel 1956 ha iniziato a recitare in teatro nella compagnia di Giancarlo Zagni, confermando il suo talento e successo. Attivissima anche in televisione fin dal 1959 come interprete di sceneggiati, commedie e telefilm.

Inventario

Fondo Alida Valli - CSC

Attori

Fondi archivistici e bibliografici – Biblioteca Luigi Chiarini