Home > La scomparsa di Gigi Proietti crea un grande vuoto nel panorama della cultura italiana. Il CSC vuole ricordarlo con un’intervista del gennaio 1980 rilasciata al presidente Felice Laudadio, recentemente ripubblicata nel volume “Ritratti e autoritratti”.
La scomparsa di Gigi Proietti crea un grande vuoto nel panorama della cultura italiana. Il CSC vuole ricordarlo con un’intervista del gennaio 1980 rilasciata al presidente Felice Laudadio, recentemente ripubblicata nel volume “Ritratti e autoritratti”.
Centro Sperimentale di Cinematografia
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02 Novembre 2020

GIGI PROIETTI… ED È SUBITO FESTA.
La scomparsa del grande attore e uomo di spettacolo a tutto tondo Gigi Proietti crea un grande vuoto nel panorama della cultura italiana. Il CSC vuole ricordarlo con una vecchia intervista del gennaio 1980 rilasciata da Proietti al presidente Felice Laudadio, recentemente ripubblicata nel volume Ritratti e autoritratti. Un testo dal quale traspare con indubitabile evidenza la carica vulcanica e progettuale che animava il geniale attore e organizzatore culturale. Il Centro Sperimentale è vicino a Sagitta, Susanna e Carlotta Proietti alle quali esprime le più sentite condoglianze.

Gigi Proietti ha vinto la scommessa. Non quella dell’attore, vinta già da tempo, e in che modo! Quella, invece, del direttore artistico di un teatro. Che è poi il Brancaccio, già gloriosa passerella per Totò e Anna Magnani, poi lentamente decaduta fin quasi all’oblio e nuovamente resuscitata con un atto di coraggio, una scommessa. Trasformare il teatro Brancaccio – che sorge in un quartiere popolare di Roma, quello intorno a piazza Vittorio, fuori dai tradizionali circuiti dei teatri romani – in un luogo d’appuntamenti fissi per un pubblico vastissimo dai “connotati” popolari (mito e miraggio di quasi tutti i teatranti), sembrava impresa difficile, se non impossibile.

Proietti ha giocato la carta. Facendo appello al suo carisma e alla sua popolarità, faticosamente conquistata dopo anni di gavetta e di prove via via sempre più mature, condite di un pizzico abbondante di arte mattatoriale (è la sua insopprimibile cifra espressiva), ha assunto in proprio l’immenso teatro i cui oltre 1.500 posti farebbero tremare le vene a chiunque.

Ha funzionato. La conferma è venuta l’altra sera, quando l’attore ha portato nel “suo” teatro un classico prodotto dallo Stabile di Genova, quel Bugiardo di Goldoni accolto contraddittoriamente dalla critica ed entusiasticamente dal pubblico genovese. Il pubblico romano non ha reagito diversamente. Più che un successo è stato un trionfo e, ancor meglio, una festa […] per il “ritorno a casa” del “mattatore”.

Chiediamo all’attore. Allora Proietti, dove sono finite tutte le tue paure – dopo l’esito di questo Bugiardo – di portare un testo classico in un teatro come il Brancaccio? «Ce le ho ancora, eccome, le mie paure. Vedremo come va nei prossimi giorni. Però è vero che ho avuto la conferma che non mi sbagliavo quando sostenevo la necessità e la possibilità di avvicinare al teatro, anche sulla base di una programmazione apparentemente disorganica, un pubblico completamente nuovo, giovane, “vergine”. Il mio obiettivo è quello di schiodare la gente dalla televisione dinanzi alla quale se ne sta avvitata, per indurla a venire a teatro con proposte che attirino, che funzionino, che sollecitino la curiosità. Credo che qui al Brancaccio stia funzionando, e bene anche».

Proprio noi avevamo criticato duramente la scelta di ospitare al Brancaccio – dopo, per esempio, quella memorabile Madre stupendamente interpretata da Pupella Maggio – spettacoli leggeri e a-culturali, di puro intrattenimento, come lo show di Pippo Franco. Ma avevamo aggiunto che l’operazione poteva giustificarsi solo se orientata a spingere la stessa gente a scoprire anche Goldoni dopo aver applaudito Pippo Franco…

«E sta infatti andando proprio così. L’hai visto anche tu il pubblico della “prima”. C’era sì la solita gente di tutte le “prime”, ma la stragrande maggioranza era formata di gente qualunque, di gente del quartiere o di altri quartieri che ha scoperto per la prima volta il teatro, e il Brancaccio, con Giorgio Gaber e con Pippo Franco. E che ora torna al teatro, anche per vedere Goldoni, come domani tornerà magari a vedere Brecht o Shakespeare o Schnitzler».

E per il futuro? «Non lo so ancora. Io purtroppo decido sempre all’ultimo momento. Ma mi sta frullando per la testa un’idea un po’ balzana. Mettere in piedi una specie di circo da portare in giro e nel quale fare teatro per tante ore al giorno, cinque, sei, dieci, dodici ore, con tanti attori e tanta gente. E lo spettatore potrà scegliere le sue due-tre ore di spettacolo nel programma, e poi tornare magari la settimana successiva a vederne altre due o tre, entrando e uscendo come vuole dal tendone, mangiando magari un piatto caldo nell’annessa tenda-ristorante, e poi tornando di nuovo dentro. Una specie di teatro totale, di teatro continuo. Quel che oggi si fa dinanzi al televisore…».

Sembra una scherzosa dichiarazione di guerra alla televisione, apprezzabile pur nella sua carica utopistica. […]

(13 gennaio 1980)

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