La scomparsa di Lina Wertmüller, morta a Roma all’età di 93 anni (era nata il 14 agosto del 1928), è doppiamente triste per tutti coloro che lavorano al Centro Sperimentale. Lina ha incrociato il CSC due volte. È stata commissario straordinario a cavallo fra gli anni ’80 e gli anni ’90, e diversi diplomati di quel periodo – a cominciare da Francesco Bruni e Gianfranco Pannone – la stanno ricordando sui social media in queste ore, rievocando anche un rapporto spesso burrascoso ma sempre contraddistinto dal rispetto e dall’indiscutibile autorevolezza che lei comunicava. Si dice che per essere registi ci voglia “attitudine al comando”: Lina Wertmüller , questa attitudine, la possedeva al massimo grado. Poi, nel 2019, l’allora conservatrice della Cineteca Nazionale Daniela Currò ebbe l’idea di restaurare Pasqualino Settebellezze, film di fama mondiale, il cui protagonista era, è, il nostro docente di Recitazione Giancarlo Giannini. Il restauro venne selezionato dal festival di Cannes per la sezione Cannes Classic, e fu un trionfo. Al party di presentazione Lina venne avvicinata da Leonardo DiCaprio, che la salutò con grande deferenza; un comune amico, suo e nostro, il fotografo Pietro Coccia (purtroppo, poco dopo, scomparso) immortalò quel momento in una foto che fece il giro del mondo. È bello pensare che lì a Cannes, anche per iniziativa di Di Caprio, sia nata l’idea dell’Oscar alla carriera che Lina Wertmüller ha ricevuto pochi mesi dopo, nell’autunno del 2019. Un premio strameritato anche perché lei è stata la prima donna candidata all’Oscar per la miglior regia, proprio per Pasqualino Settebellezze, nel 1977. Solo molti anni dopo (2010: Kathryn Bigelow, per The Hurt Locker) una cineasta avrebbe finalmente vinto quel premio.
Lina Wertmüller aveva cominciato con i burattini, il teatro, la radio, la tv. Ma intanto frequentava il cinema facendo da assistente a Federico Fellini fin dai tempi di La dolce vita. Il suo film d’esordio, I basilischi del 1963, è una delle opere prime più interessanti di un decennio, gli anni ’60, in cui il cinema italiano sforna capolavori a iosa. E subito dopo Lina, in coppia con Rita Pavone, arriva nelle case di tutti gli italiani con uno “sceneggiato” epocale, Il giornalino di Gian Burrasca. Con la Pavone firma anche un paio di film, Rita la zanzara e Non stuzzicate la zanzara, il primo con lo pseudonimo di George H. Brown. C’è già un giovanissimo Giancarlo Giannini, in quei film, e a questo superbo attore è legato l’enorme successo che Lina Wertmüller conquista negli anni ’70. I film decisivi, tutti dai titoli chilometrici che qui riassumiamo, sono Mimì metallurgico nel ’72, Film d’amore e d’anarchia nel ’73 e Travolti da un insolito destino nel ’74. Sono anche i film che vedono coinvolti, in un sodalizio a tre che rimane irripetibile e indimenticabile, la splendida Mariangela Melato. Commedie che svicolano dal canone della commedia all’italiana per sconfinare da un lato nella farsa, dall’altro nel grottesco e addirittura nel tragico, come nel successivo Pasqualino che porta la maschera di Giannini addirittura nei lager nazisti molti anni prima di La vita è bella di Benigni.
Gli anni ’70 sono il decennio d’oro di Lina Wertmüller . Travolti è un successo planetario: esce in America con il titolo Swept Away e anni dopo darà vita a un remake (non eccezionale) con Madonna e il figlio di Giancarlo Giannini, Adriano. I titoli fluviali continueranno, il successo si affievolirà appena un poco. Ma Lina Wertmüller rimarrà sempre una combattente, una generalessa (od oggi, forse, si dovrebbe dire semplicemente “generale”?) assolutamente unica nel nostro cinema, dove solo lei e Liliana Cavani (diplomata del CSC) hanno saputo conquistare uno status di cineasti internazionali di tale livello.
La presidente Marta Donzelli, il direttore generale Monica Cipriani e tutti i docenti, gli studenti e i lavoratori del CSC si stringono alla figlia Maria e alla famiglia di Lina Wertmüller, esprimendo loro le più sentite condoglianze.
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