Giuseppe Rotunno, per tutti Peppino, è morto oggi – 7 febbraio 2021 – a Roma, all’età di 97 anni. Era nato, sempre a Roma, il 19 marzo 1923. Per anni, fino al 2013, è stato coordinatore del corso di Fotografia presso il Centro Sperimentale di Cinematografia. È stato un maestro e un punto di riferimento per varie generazioni di direttori della fotografia, un’arte – e una professione – nella quale l’Italia è da sempre un’eccellenza.
Per capire la grandezza di Rotunno, basterebbe dire che ha lavorato a lungo con i due “pesi massimi” del grande cinema italiano: Luchino Visconti e Federico Fellini. Due artisti di enorme personalità, spesso rivali, ciascuno con una propria “corte” di collaboratori artistici che di rado potevano passare dall’uno all’altro. Rotunno ci riuscì. Prima Visconti, con il quale comincia a collaborare per “Le notti bianche” (1956) per poi realizzare “Rocco e i suoi fratelli” (1960), “Il Gattopardo” (1963), “Lo straniero” (1967) e l’episodio “La strega bruciata viva” (1967). Poi, nel ’68, Fellini vuole lui e Piero Tosi (altro collaboratore storico di Visconti, e altro grande docente del CSC) per “Toby Dammit”. Per Tosi è un’esperienza isolata, per Rotunno un vero e proprio cambio di casacca: da lì in poi, lui e Fellini non si lasciano più, realizzando assieme “Satyricon” (1969), “Roma” (1972), “Amarcord” (1973), “Il Casanova” (1976), “Prova d’orchestra” (1979), “La città delle donne” (1980) e infine “E la nave va” (1983).
Naturalmente ci sono altri film altrettanto importanti nella carriera di Rotunno, da “La grande guerra” (1959) e “I compagni” (1963) di Mario Monicelli a “Film d’amore e d’anarchia” (1973) di Lina Wertmuller, da “I girasoli” (1970) di Vittorio De Sica a “Non ci resta che piangere” (1984) di Roberto Benigni e Massimo Troisi. Per non parlare di un lungo sodalizio, nell’ambito del cinema popolare e di genere, con Sergio Corbucci. Ma Rotunno è stato, come Vittorio Storaro e pochi altri, un direttore della fotografia internazionale, capace di lavorare regolarmente con grosse produzioni americane. Basterà citare “L’ultima spiaggia” (1959) di Stanley Kramer, “Jovanka e le altre” (1960) di Martin Ritt, “La Bibbia” (1966) di John Huston, “Conoscenza carnale” (1971), “A proposito di Henry” (1991) e “Wolf” (1994) di Mike Nichols, “Il barone di Munchhausen” (1988) di Terry Gilliam, “Sabrina” (1995) di Sydney Pollack e soprattutto “All That Jazz” (1979) di Bob Fosse, per il quale ottenne la sua unica candidatura all’Oscar. In Italia Rotunno ha vinto numerose volte sia il David di Donatello sia il Nastro d’Argento, e il Bif&st di Bari gli ha intitolato il Premio Rotunno che ogni anno va a un direttore della fotografia.
Il CSC, presieduto da Felice Laudadio, dedicherà prossimamente a Peppino Rotunno una personale dei film da lui restaurati per la Cineteca Nazionale.
Al CSC, Rotunno era una presenza assidua e rassicurante. Era quasi sempre uno dei più mattinieri nel prendere il caffè al bar, attualmente chiuso per i motivi che sappiamo. Il Presidente del CSC Felice Laudadio, il Direttore Generale Monica Cipriani, il preside della Scuola Nazionale di Cinema Adriano De Santis e tutti i docenti, gli studenti e i lavoratori del CSC si stringono alla sua famiglia, alla quale vanno le nostre più sentite condoglianze.
Qui un'intervista a Peppino Rotunno a cura di Alfredo Baldi.
Per gentile concessione dell'Associazione Culturale Augusto Genina, di Patrizia Sileoni e Alfredo Baldi.
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