E’ disponibile in libreria e nel nostro bookshop il nuovo numero di “Bianco e Nero”, il 605, intitolato Gianni Amelio. Le chiavi del cinema e curato da Emanuela Martini. Pubblichiamo qui l'editoriale di Alberto Crespi, direttore della rivista.
Prima, durante, dopo il cinema. Gianni Amelio e un amore che non finisce mai
Dopo i numeri dedicati a Liliana Cavani e alla coppia composta da Marco Bellocchio e Francesca Calvelli, «Bianco e Nero» continua nella sua indagine sul cinema italiano contemporaneo, che è anche un modo di celebrare le eccellenze del Centro Sperimentale di Cinematografia (che assieme a Edizioni Sabinae edita la rivista […]). Nel caso di Cavani, Bellocchio e Calvelli ci trovavamo di fronte a tre diplomati del CSC; nel caso di Gianni Amelio, si tratta di un grande regista che è stato anche, a più riprese – e come la stessa Calvelli –, insegnante nella scuola di via Tuscolana. Un’esperienza che Amelio stesso definisce formativa ed emozionante. Nella lunga intervista che ha concesso al sottoscritto e a Emanuela Martini, che cura questo numero dopo aver scritto il “Castoro Cinema” a lui dedicato e dopo aver lavorato al suo fianco per quattro anni al Torino Film Festival, Amelio dice: «Da giovane non ho nemmeno provato a entrare nella scuola, perché non avevo i mezzi per mantenermi a Roma. Ma ai tempi del liceo in realtà non sognavo di diventare regista, sognavo di frequentare il CSC. Ed ero abbonato a “Bianco e Nero”... Dopo Colpire al cuore, quando Giovanni Grazzini mi ha chiamato per un ruolo da insegnante, ho vissuto un’emozione difficile da raccontare». E più avanti analizza il difficile lavoro di insegnante di Regia, tema al quale ha dedicato un libro scritto a quattro mani con Francesco Munzi, suo allievo: L’ora di regia (pubblicato dal CSC e Rubbettino nel 2016): «Non esistono due registi che insegnino allo stesso modo. La regia è un mestiere misterioso, che “non si tocca”, mentre se studi montaggio tocchi la moviola, se studi fotografia tocchi la macchina da presa, per non parlare del suono, dei costumi, delle scenografie... Ma proprio perché la regia non si tocca, ci sono mille modi di insegnarla».
Forse, uno di questi modi è parlare. Parlare di cinema. A 360 gradi, anzi, “a 380 gradi”: il paradossale, azzeccatissimo titolo che Giuseppe Gaudino – altro magnifico regista che si è diplomato al CSC, ma in Scenografia, e che proprio come scenografo ha lavorato con Amelio – ha voluto dare all’intervento in cui rievoca la propria esperienza sui set di Il ladro di bambini e Lamerica. Per come Amelio vede il cinema, 360 gradi non bastano: ne servono almeno una ventina in più. Lavorare su questo numero ci ha confermato che per Gianni Amelio il cinema è un’arte complessa che racchiude in sé mille discipline: ovviamente la regia, ma anche la scrittura, la lettura dei romanzi dai quali a volte si parte per andare in tutt’altre direzioni, la recitazione e la complicità con gli attori, e prima ancora la produzione, i rapporti con i finanziatori, e poi a riprese finite la promozione, la cura delle locandine e dei manifesti (per i quali Amelio ha un amore viscerale)... e a monte di tutto ciò c’è l’amore per il cinema degli altri, che Amelio ha visto, divorato e digerito, che ricorda come nessun altro, nel quale continua a vivere non con la superficialità citazionista del semplice cinefilo ma con l’immersione di chi sa che il cinema e la vita tendono a sovrapporsi.
Tutto questo, conoscendolo da anni, lo sapevamo. Ma lavorando a questo numero, abbiamo toccato con mano un altro tratto di Amelio, che Emanuela Martini già conosceva avendolo avuto come prezioso collaboratore in riviste come «Film Tv» e «Cineforum»: Gianni Amelio è il più formidabile dei redattori. Ha un occhio infallibile, è un implacabile cacciatore di refusi, non gli sfugge nulla. Se avesse voluto, avrebbe potuto fare il critico (per nostra fortuna il cinema l’ha fatto, da regista). Trattandosi di un numero dedicato a lui, è stato anche un inestimabile compagno di strada: ci ha fornito quasi tutte le foto […], e possiamo tranquillamente confessare che contributi prestigiosi come quelli di Marco Tullio Giordana, di Luigi Lo Cascio, di Chiara Valerio, di Franco Piersanti, di Massimiliano e Gianluca De Serio, di Daniele Vicari, di Gian Antonio Stella, del suo allievo Simone Bozzelli e del citato Giuseppe Gaudino non sarebbero stati possibili se tutti loro non avessero con Gianni un rapporto speciale. Per non parlare del disegno di Altan che chiude il presente volume e del pezzo più inaspettato e spiazzante, quello di Enrico Vanzina: un artista apparentemente lontanissimo da Amelio ma unito a lui – parole sue – da «un’inspiegabile amicizia» e da un amore appassionato per il cinema in tutte le sue forme, dalle più altezzose alle più popolari.
Per questo motivo, crediamo che questo numero di «Bianco e Nero» sia una nuova, entusiasmante lezione di regia che regaliamo al pubblico e a chiunque – compresi gli studenti del CSC – vorrà approfittarne. Oltre a Emanuela Martini e allo stesso Amelio, ringraziamo di tutto cuore Claudio Iannone, fotografo di scena di molti suoi film, e i suoi fedeli uffici stampa da quasi una ventina d’anni, Viviana Ronzitti e Fabrizio Giometti. E infine, un ultimo ringraziamento a suo figlio, Luan Amelio Ujkaj, che dal set di Lamerica in poi ha percorso tutta la trafila per diventare direttore della fotografia di Hammamet e di Il signore delle formiche, e che ci ha concesso un’intervista a ciglio asciutto, che chiude degnamente il volume. Questo numero di «Bianco e Nero» è veramente fatto in casa: e la casa è quella di Gianni Amelio, divenuta una felice propaggine del Centro Sperimentale.
Alberto Crespi
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