“Il week end al cinema Trevi (13-15 febbraio)”
13.02.2015
Film maledetti: OcchioPinocchio e I cancelli del cielo
Due film, uno straniero e uno italiano, controversi e maledetti, tutti da riscoprire oggi alla luce di una edizione filologica in DVD - "Heaven's Gate" di Michael Cimino - e di vent'anni di distanza: "OcchioPinocchio" di Francesco Nuti. Ingresso gratuito
Ricordato oggi essenzialmente come una catastrofe commerciale di portata storica, Heaven's Gate fu distribuito in Italia solo nella versione massacrata al montaggio da un Michael Cimino in preda al panico, mentre la Director's Cut che ne consentì la doverosa e tardiva rivalutazione è rimasta per anni accessibile ai soli spettatori disposti ad affrontarne la visione in lingua originale sottotitolata. Frutto di una laboriosa e attenta risincronizzazione, sull'edizione integrale restaurata, delle battute italiane disponibili in entrambe le versioni, e completata da nuovi sottotitoli per le scene presenti nella sola Director's Cut, l'edizione approntata da Alberto Farina per Rai Movie consente per la prima volta di confrontare i due Heaven's Gate in trasparenza per valutare l'entità degli interventi inferti negli anni Ottanta e riscoprire un capolavoro controverso e maledetto.
Alla ricerca di un film italiano da accostare a Heaven's Gate per ambizioni e difficoltà produttive, la scelta è caduta su OcchioPinocchio di Francesco Nuti, che, se rivisto oggi, a vent'anni di distanza, con maggior serenità d'animo ed equilibrio, può regalare delle imprevedibili sorprese...
ore 17.30 OcchioPinocchio di Francesco Nuti (1994, 139')
«Supercult pinocchiesco. Disastro produttivo, ma anche affascinante tentativo autoriale megalomane di un comico al massimo del suo successo pronto a giocarsi tutto. Film bizzarro, difficilmente collocabile nel panorama italiano, difeso strenuamente da Nuti, che ci ha speso tre anni di lavoro, scrivendolo, dirigendolo, interpretandolo e parzialmente producendolo, portandolo a termine un anno dopo la sua prevista uscita di Natale '93. Ma soprattutto è un caso, rarissimo nel nostro di cinema, di film monstre, di eccesso autoriale che si scontra con il potere della produzione, rappresentata in questo caso dalla coppia Cecchi Gori-Berlusconi [...]. A novembre del 1993, infatti, il film venne interrotto ("per la mia 'probabile labilità', questa è la causa ufficiale che ho letto. Ma io stavo benissimo" dice Nuti), gli studi vennero smontati e sembrò che tutto il progetto andasse in fumo. Le tesi erano diverse. Si parlava di eccessi di spese di lavorazione, di follie registiche [...]. A un anno esatto di distanza, Francesco Nuti riesce a riprendere in mano il suo film, a terminare le riprese e a lanciarlo in sala per Natale. [...] Il film è troppo lungo, non ben funzionante, perché si passa dall'eccesso iniziale di film alla Cimino a un minimalismo pieraccioniano. Il pubblico non ci va, ha capito che siamo di fronte a un'operazione Joan Lui, e non è interessato a un Nuti-Pinocchio, al comico che vuole far l'autore, vuole le vecchie storie comiche-romantiche. E Pieraccioni è dietro l'angolo. Nuti, comunque, riuscirà a risollevarsi dal suo Occhiopinocchio, che rimane a tutti i livelli un film di culto, eccessivo e bizzarro» (Giusti).
ore 20.00 Heaven'Gate di Michael Cimino (I cancelli del cielo, 1980, 219')
«Wyoming, 1890: ricchi baroni del bestiame assoldano dei mercenari per sterminare i poveri contadini immigrati, ladri presunti e comunque per necessità. […] Atipico, maestoso e curatissimo western (sceneggiato dallo stesso Cimino), che contemporaneamente celebra e distrugge il mito della frontiera. Determinò il fallimento della United Artists, che spese 44 milioni di dollari incassandone 1 e mezzo, e stroncò la carriera di Cimino, sottoposto a ostracismo dalle vaie major (per paura di disavventure produttive) e al linguaggio ideologico da parte della critica Usa per l'attacco frontale al Sogno Americano. Tempi lunghi, storia "incoerente" e ritmo fluviale non sono difetti ma virtù di questo film maledetto, che lascia senza fiato anche per la straordinaria fotografia di Vilmos Zsigmond» (Mereghetti).
Per gentile concessione di Metro Goldwyn Mayer e in collaborazione con Rai Movie - Ingresso gratuito
14.02.2015
Cinema e psicanalisi: Un mondo precario
L'appuntamento mensile Cinema e psicoanalisi in febbraio affronta il senso di precarieta' in amore con tre film straordinari - "Comizi d'amore" di Pasolini, "Ultimo tango a Parigi" di Bertolucci, "Il corpo dell'anima" di Piscicelli - e un incontro.
Cinema e Psicoanalisi hanno diversi punti in comune: nati e sviluppatisi nello stesso periodo storico, hanno continuato ad influenzare, con la propria ricerca, la cultura e l'arte da versanti diversi. Partendo da un incontro fecondo d'interessi, la Società Psicoanalitica Italiana e il Centro Sperimentale di Cinematografia hanno da alcuni anni avviato delle iniziative comuni, tra cui il ciclo "Cinema e psicoanalisi", articolato con delle proiezioni mensili al Cinema Trevi, giunto alla quinta edizione. Il tema della programmazione 2015 è un argomento di drammatica attualità: la precarietà. La psicoanalisi se, da un lato, si è sviluppata partendo dallo studio dei processi psichici che strutturano la nostra vita mentale, d'altra parte ci interroga anche su come certe condizioni di disagio, anche esterno, finiscono per interagire con i nostri livelli più profondi in un rimando tra realtà interna e mondo reale. Con tali presupposti il tema della precarietà verrà affrontato nei diversi terreni in cui emerge come la vecchiaia, la sessualità, la malattia, l'adolescenza, ma anche nelle situazioni sociali legate alle difficoltà nel mondo del lavoro e in quello dei migranti. Parteciperanno agli incontri (introdotti e coordinati da Fabio Castriota, Membro Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana) registi, critici e psicoanalisti.
ore 17.00 Comizi d'amore di Pier Paolo Pasolini (1964, 93')
«Nel 1963 Pasolini girò un film-inchiesta sulla sessualità, percorrendo tutta la penisola, dalle grandi città alle campagne e chiedendo a passanti, contadini, operai, calciatori famosi, studenti, commercianti, a persone comuni appartenenti a diversi ceti sociali, che cosa ne pensassero dell'erotismo e dell'amore. Dalle risposte degli intervistati, soprattutto quelli di estrazione borghese, uscì un'immagine complessiva del nostro Paese ipocrita, costituita di frasi fatte e di luoghi comuni; le persone appartenenti a classi sociali meno abbienti fornirono risposte più spontanee» (Angela Molteni).
ore 18.45 (orario modificato rispetto alle precedenti comunicazioni)
Il corpo dell'anima di Salvatore Piscicelli (1999, 110')
«Ernesto, ricco vedovo di 64 anni senza figli, abita da solo in una grande casa di un quartiere borghese di Roma. Da solo passa anche gran parte delle giornate, vivendo la solitudine come scelta consapevole e in fondo soddisfacente. Sceneggiatore per il cinema, inattivo da tempo, accetta la proposta di un regista pubblicitario di lavorare ad un copione sulla vita di Teresa d'Avila. Venutagli a mancare la cameriera filippina, Ernesto assume la giovane Luana, che si occupa delle pulizie del condominio. Luana è ignorante e goffa, vitale e sensuale, tanto efficiente sul lavoro quanto seduttiva nei movimenti e negli atteggiamenti. Ernesto si sente sempre più attratto da lei, e la convince ad allungare l'orario di lavoro con permanenze anche notturne». «Il napoletano Salvatore Piscicelli, che dell'autore è tra i pochi nel cinema italiano di oggi a conservare intatto il pedigree (e della creatività napoletana è portatore da molto tempo prima che questa diventasse un fenomeno alla moda), ha realizzato un'opera coraggiosa, un'opera probabilmente non riuscita del tutto ma semplice e complessa al tempo stesso come sono sempre le opere che esprimono autenticità, che mette in scena ciò cui di solito il cinema artistico allude soltanto». (D'Agostini).
ore 20.45 (orario modificato rispetto alle precedenti comunicazioni)
Incontro moderato da Fabio Castriota con Carla Dugo Visco e Salvatore Piscicelli
Incontro moderato da Fabio Castriota con Carla Dugo Visco e Salvatore Piscicelli
a seguire (orario modificato rispetto alle precedenti comunicazioni)
Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci (1972, 129')
Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci (1972, 129')
Un uomo di mezz'età e una ragazza si incontrano casualmente in un appartamento in affitto, che farà da scenario a travolgente relazione sessuale e, in controluce, umana. «Ero partito per fare un film su una coppia, ma invece ho fatto un film su due solitudini. Esattamente nel momento in cui Maria sorpassa Marlon per strada e si volta a guardarlo, ho compreso che ciascuno dei due era condannato alla solitudine» (Bertolucci). «La prima di Ultimo Tango a Parigi […] ha avuto luogo in chiusura del New York Film Festival, il 14 ottobre 1972. Questa data dovrebbe diventare una pietra miliare nella storia del cinema […]. Questo dev'essere il più potente film erotico mai realizzato, e potrebbe diventare anche il film più liberatorio che ci sia […]. Ho cercato di descrivere l'impatto di un film che ha lasciato in me l'impressione più forte in quasi vent'anni di carriera. Questa è una pellicola di cui la gente continuerà a dibattere, credo, finché esisteranno i film» (Pauline Kael).
Ingresso gratuito
15.02.2015 ore 17.00
Cineteca Classic: Louis Malle
Alle 17.00 primo appuntamento di una serie a venire dedicata a uno dei cineasti francesi più antiborghesi nella storia del cinema d'Oltralpe.
«Grande borghese nemico della borghesia, in venti film narrativi e otto documentari importanti, da Les amants (1958) a Il danno (1992), con calma eleganza Malle ha violato i tabù inviolabili: l'alta condizione sociale e la mistica della maternità sconfitte dalla passione carnale improvvisa, l'incesto tra madre e figlio raccontato come un gioco occasionale e lieve, la naturalezza d'una prostituta dodicenne in un bordello americano, la scelta fascista durante l'occupazione in Francia da parte d'un contadino diciassettenne descritta come un percorso comprensibile, le pulsioni rivoluzionarie borghesi del Sessantotto irrise, l'Edipo capovolto. Nato nel Nord della Francia, terzo dei sette figli d'una famiglia di ricchi industriali d'origine alsaziana, educato in un collegio di Gesuiti e nel collegio di Carmelitani vicino a Fontainebleau evocato in Arrivederci ragazzi, obbligato nell'adolescenza a vivere isolato e protetto a causa d'una insufficienza cardiaca (Soffio al cuore), Malle è precoce: "Ho letto Gide a tredici anni". A diciassette anni si iscrive all'Idhec, la scuola parigina di cinema (il suo film-diploma di cinque minuti mostra, come La mia cena con André, due persone in attesa di qualcuno che non arriva) e comincia presto a lavorare come assistente di Jacques Cousteau per Il mondo del silenzio. A venticinque anni dirige il suo primo film, Ascensore per il patibolo: è già sposato con Anne-Marie Deschodt, da cui divorzia per poi risposarla e infine separarsene; nel 1980 ha sposato Candice Bergen. […] "Non so cosa sia il cinema politico. Credo che i film d'autentica importanza politica non siano quelli militanti, il cui unico scopo è confermare una posizione già acquisita, una retorica già esistente, ma quelli che scuotono, che turbano, che obbligano alla riflessione", afferma Louis Malle. Il regista lo diceva nel 1976. Diceva anche: "Io non credo alla democrazia, non ci ho mai creduto. è una parola che corrisponde a una realtà in cui la classe dominante può permettersi il lusso di dare l'impressione che sia il popolo a governare. Ma non è il popolo che governa, si sa benissimo..."» (Tornabuoni).
ore 17.00 Il danno di Louis Malle (1992, 111')
Stephen Fleming, un cinquantenne conservatore inglese, sottosegretario del Governo di sua Maestà ha una quieta e gradevole moglie (Ingrid), un figlio giornalista (Martyn) e una splendida casa. Il giorno in cui conosce Anna Barton, la giovane fidanzata del figlio, è immediatamente attratto da lei: è un delirio e una follia perché gli incontri amorosi con la donna si ripeteranno. «Poche volte si è vista riprodotta con tanta esattezza l'urgenza, la tenerezza, la ferocia di quel sentimento sempre così difficile da rappresentare che è l'amore fisico. Mentre resta volutamente ambiguo il senso della parabola» (Ferzetti).
15.02.2015 ore 19.00
Striplife: un giorno a Gaza
Alle 19.00 "Striplife", un film corale che racconta la striscia di Gaza. Il film nasce da un progetto colletivo di videomakers italiani e palestinesi che hanno condiviso idee, storie, visioni e competenze.
«Striplife è un film corale che racconta la striscia di Gaza. Nell'arco narrativo di una giornata, le storie dei personaggi si fondono alla descrizione del contesto ambientale. Uomini e donne che resistono, capaci di tenerezza e sorrisi, determinati a non soccombere a condizioni di vita che appaiono impossibili. Il film nasce da un progetto collettivo ed è stato realizzato da videomakers italiani e palestinesi, condividendo idee, storie, visioni e competenze tecniche. Non un film su Gaza, ma con Gaza» (dalle note di regia di Striplife).
ore 19.00 Striplife - Gaza in a day di Nicola Grignani, Alberto Mussolini, Luca Scaffidi, Valeria Testagrossa, Andrea Zambelli(2013, 60')
Striscia di Gaza. Un evento inspiegabile è avvenuto durante la notte: decine di mante si sono arenate sulla spiaggia principale di Gaza City. Carretti di pescatori accorrono su tutta la Striscia per accaparrarsi pesce fresca. Intanto la città si sveglia. Antar sprona il fratello ad alzarsi, è il grande giorno, nel pomeriggio inciderà il suo primo disco. Noor si trucca, dovrà apparire davanti alle telecamere. Jabber è già nel campo. Gli spari dei fucili gli ricordano che vive nella zona cuscinetto che separa Gaza da Israele. Un corteo si snoda per le strade. Moemen è lì per fare il suo lavoro, il fotografo. Al porto una barca rientra con lo scafo trivellato dai proiettili. Il canto del muezzin invade lo spazio, moltiplicato dai minareti. Come in un sogno, i ragazzi del Parkour Team piroettano in un cimitero. La vita nella Striscia si snoda fino a notte. Distribuito da Lab 80 Film.
Per gentile concessione di Lab 80 Film - Ingresso gratuito
15.02.2015 ore 21.00
Fatti e strafatti. I classici del muto piu' "copiati" accompagnati dal vivo al pianoforte
Alle 21.00 "La passion de Jeanne d'Arc" di Carl Theodor Dreyer (La passione di Giovanna d'Arco, 1928, 95'). Accompagnamento musicale del M° Antonio Coppola.
15.02.2015
«Immagino tutti ricordiate Sabrina di Billy Wilder, un capolavoro irripetibile. Nel 1995 ne fu fatta una nuova versione firmata Sydney Pollack con Harrison Ford nella parte che fu di Bogart. Con tutto l'amore che nutro per Pollack, non riuscii a terminarne la visione. Uscii dal cinema con le paturnie chiedendomi che senso ha rifare una cosa che è perfetta. Sarà inesorabilmente una brutta copia. In scultura vi sono molte rappresentazioni della Pietà, ma nessuno ha mai pensato di rifare quella di Michelangelo, mentre nel cinema è normale che i film riusciti siano soggetti a periodici "tagliandi", che ne sostituiscono alcuni "pezzi". Questa rassegna intende compiere una ricognizione nello "sfasciacarrozze" della settima arte, rovistando tra i pezzi originali dei più acclamati modelli, quasi tutti "assemblati" durante l'era del Muto e, più che "rifatti" successivamente, "strafatti". Diciamo che è una rassegna vagamente polemica, ma come sempre spinta dalla più appassionata e divertita curiosità. Buona visione e buon ascolto» (Antonio Coppola).
ore 21.00 La passion de Jeanne d'Arc di Carl Theodor Dreyer (La passione di Giovanna d'Arco, 1928)
«Processo e morto sul rogo di Jeanne d'Arc (1412-31), giovane contadina lorenese, concentrati in una sola giornata (14 febbraio 1431): la Pulzella d'Orléans raccontata come vittima e martire, donna che soffre, opponendo intelligenza, umiltà e la sua solitudine ai giudici di Rouen. Uno dei capolavori del muto, e un vertice nella carriera del danese Dreyer che si serve del primo piano (quasi metà del film) per risolvere l'arduo problema del film storico: col primo piano compensa il tempo con lo spazio e riporta al presente lontani fatti storici: il volto umano come specchio dell'anima e del suo destino. Fondato sulla plasticità dell'inquadratura e sui valori ritmici del montaggio, è in un certo senso il capolavoro dell'espressionismo e, forse, l'unico film espressionista non contaminato da elementi letterari e teatrali. Splendido bianconero di Rudolf Maté» (Morandini).
Accompagnamento musicale del M° Antonio Coppola
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