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In ricordo di Francesco Nuti
Centro Sperimentale di Cinematografia
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13 Giugno 2023

Si è spento ieri, a 68 anni, il celebre attore e regista fiorentino Francesco Nuti, dopo un lungo periodo di malattia. L’ha reso noto la figlia Ginevra insieme ai familiari, ringraziando il personale sanitario e tutti coloro che hanno avuto in cura l'attore nel lungo periodo della malattia, in particolare il personale di Villa Verde di Roma. Melanconico come Carlo Verdone, “bischero” come Roberto Benigni, gestuale e innamorato delle donne come Massimo Troisi, surreale come Maurizio Nichetti, grottesco e amaro come il suo vecchio ex sodale Alessandro Benvenuti, Francesco era tutto questo ma anche qualcosa di più. Un po’ timido, un po’ (auto)ironico, con quella fossetta che divideva il mento in un sorriso appena accennato, non si accontentava mai, cercava sempre di sperimentare, tentando vie nuove per rinnovarsi. Fiorentino, classe 1955, si esibisce da giovanissimo come attore cabarettista, scrivendosi da sé i testi. Si unisce al gruppo cabarettistico dei Giancattivi (Alessandro Benvenuti e Athina Cenci) riscuotendo grande successo in trasmissioni televisive come Non stop e Black Out. Tuttavia, l’anno dopo si separa dal gruppo e si fa dirigere da Maurizio Ponzi, con tre film manifesto di una generazione avvolta dagli amori di provincia, spinta da desideri e da sogni di una possibile rinascita. E i titoli sono emblematicamente programmatici: Madonna che silenzio c’è stasera, Io, Chiara e lo Scuro e Son contento. Ma Francesco non si ferma e decide di fare tutto da solo, realizzando delle vere e proprie commedie, ora dagli aromi cinefili (Casablanca Casablanca), ora dalle passioni amorose mai interrotte verso le donne (Tutta colpa del paradiso, Stregati). Il biliardo per Nuti è la metafora più diretta per le complicate ma irrinunciabili relazioni di coppia e non è un caso che l’attore e regista ne Il signor Quindicipalle definisca quel gioco come «una donna, il tappeto verde è la sua gonna». Ma la fragilità non si sconfigge in una semplice partita di biliardo e Francesco, attraverso i suoi film, come una sorta di confessione, ci dice che i nostri fantasmi interiori sono sempre dietro l’angolo e bisogna avere l’umiltà di farsi aiutare dalla psicoanalisi (Caruso Pascoski (di padre polacco), Caruso, zero in condotta). Sempre intento a cambiare, per seguire i mutamenti dei rapporti sociali e d’identità (Willy Signori e vengo da lontano, Donne con le gonne, Io amo Andrea), riscuotendo un grande successo di pubblico, Francesco si fa prendere dal kolossal favolistico (OcchioPinocchio) ma qualcosa comincia a scricchiolare e nulla sarà come prima e quei problemi esistenziali confluiranno in una malattia che non gli permetterà di esprimersi più. Con il cinema di Francesco si rideva, ma spesso si sorrideva come ad un amico che non si è visto dopo molti anni e che era molto divertente, improvvisamente lo si rincontra, ci si dà una pacca sulla spalla e tutto torna come prima ma con un retrogusto nostalgico. Pur sperimentando sempre, Francesco ha voluto raccontarci uno stesso tema che abbiamo a cuore tutti… ma lasciamolo dire proprio a lui, con le sue parole, immaginando, con gli occhi chiusi, il suono della sua voce bassa e roca: «la solitudine è un tema portante di tutti i miei film. Caruso veniva abbandonato da Giulia (Caruso Pascosky), Willy era un giornalista solo con un fratello disabile anche lui solo (Willy Signori), in Tutta colpa del Paradiso ero un ex-galeotto privato della famiglia, in Stregati ero un dj nottambulo che si aggirava per le vie di Genova e così via. Io amo molto la solitudine e la cerco, per questo poi si riflette nei miei lavori». (Domenico Monetti)

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