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“J’ador” di Simone Bozzelli vince il premio per il migliore cortometraggio della SIC – Settimana Internazionale della Critica della Mostra di Venezia
Centro Sperimentale di Cinematografia
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12 Settembre 2020

Il film “J’ador”, diretto da Simone Bozzelli e prodotto da CSC Production come esercitazione di secondo anno al Centro Sperimentale, si è aggiudicato il premio come miglior cortometraggio nell’ambito della quinta edizione di SIC@SIC (Short Italian Cinema@Settimana Internazionale della Critica), il concorso per corti italiani della Settimana della Critica che si è appena conclusa all’interno della 77esima Mostra del Cinema di Venezia. Il premio è stato attribuito da una giuria composta dai produttori cinematografici Nicola Giuliano, Donatella Palermo e Giovanni Pompili.  Simone Bozzelli, aveva partecipato alla SIC già l'anno scorso con il cortometraggio Amateur.


Leggi l'intervista a cura di Silvia Tarquini.

Per cominciare, cos'è un’esercitazione al Centro Sperimentale, come la vivete? Nei titoli di coda del tuo cortometraggio sono citati i docenti e i supervisori dei corsi ed è impressionante il numero di cineasti italiani importanti dai quali siete seguiti, da Francesca Calvelli e Annalisa Forgione per il montaggio, da Beppe Lanci per la fotografia, a Claudio Cupellini per la regia. Ci puoi raccontare qual è l’atmosfera di lavoro al Centro Sperimentale?  

I vari supervisori lavorano con i rispettivi reparti, quindi io e il mio sceneggiatore, nella fase di scrittura, abbiamo fatto riferimento a Claudio Cupellini e Marco Pettenello. Naturalmente ci danno le loro indicazioni, i loro consigli ma hanno anche la maturità di lasciarci liberi di sbagliare dal momento che noi ragazzi rimaniamo legati a un'idea. Ci insegnano anche a sbagliare. Questa è una cosa che ogni insegnante dovrebbe fare: non imporre la propria visione. Perché d’altra parte si tratta di un’altra persona, un altro regista, con una propria visione di cinema e un proprio sguardo. La cosa più bella è proprio che ci lasciano sbagliare. 

Come è nato J’ador?

Questo cortometraggio è nato grazie al mio sceneggiatore, Tommaso Favagrossa, che aveva fatto una ricerca sull'ambiente studentesco romano, sempre più contaminato dai partiti di estrema destra. Questi gruppi di destra “colonizzano” le scuole superiori romane. Abbiamo cominciato ad approfondire, ad informarci anche da articoli di giornale e abbiamo incontrato Christian Raimo, di «Internazionale», che ha scritto un bellissimo libro, Ho 16 anni e sono fascista. Questo ha costituito l'humus narrativo di J'ador, ma la storia dei ragazzi fascisti è solamente uno sfondo per raccontare altro, quello che poi che mi interessa di più, ovvero i rapporti di forza all'interno di un tessuto sentimentale. Quello che si crea tra Lauro e Claudio, i due protagonisti.

Infatti rivedendo Amateur e informandomi su altri tuoi lavori come Mio fratello e Loris sta bene ho pensato che il tuo tema ricorrente fosse la dipendenza affettiva. Possiamo anche esprimerlo in modo diverso, come hai detto tu: i rapporti di forza all'interno delle relazioni. In J’ador il discorso è particolarmente marcato perché c'è una volontà di umiliazione esercitata dal bullo sul protagonista...

Recentemente ho scoperto che questo tema è caro a Fassbinder e lo sto studiando molto. Fassbinder dice che in una relazione sentimentale - ma si può anche estendere a tutte le relazioni - c'è sempre una persona più debole e una persona più forte. Di solito quello più debole è quello che ama di più, e il più forte sfrutterà sempre questa cosa. E’ un tema che mi piace esplorare in tutti i rapporti. E’ interessante che si cominci a creare un fattore di dipendenza tra dominante è dominato, perché anche il dominante è dipendente dal proprio dominato, si tratta in realtà di una co-dipendenza.

Hai usato la parola “esplorare”, che mi sembra molto adatta al tipo di cinema che fai, al tipo di linguaggio cinematografico che adotti. Perché nei tuoi corti non c'è mai la ricerca di uno sviluppo narrativo forte, tradizionale ma piuttosto un’analisi che nasce dai corpi, dai volti, delle espressioni, dalle singole situazioni. E’ un cinema molto immersivo, sei d'accordo?

Sì, mi piace che non siano grandi plot ma piccole storie, viste però con la lente di ingrandimento, quasi con un binocolo. Associazioni di dettagli di piccole cose, che ingrandite restituiscono altre cose.

Parlaci quindi degli attori. Come li hai scelti, e come hai lavorato con loro?

La fase di casting, per me e per tutti i miei collaboratori, è la fase che ci piace di più e visto che ci piace di più la facciamo durare tanto. Abbiamo passato due o tre mesi andando nelle scuole superiori di Roma, chiedendo ai docenti di conoscere i ragazzi maggiorenni. Spesso barattavano una lezione di cinema durante l'ora di assemblea d'Istituto. Da lì abbiamo cominciato a trovare i nostri protagonisti. L'unico che non abbiamo trovato in una scuola superiore è stato il ragazzo che interpreta Lauro, ma ci sono anche due allievi del Centro Sperimentale. Con una mia amica che fa teatro abbiamo cominciato a far fare loro dei giochi, anche molto semplici, per creare il gruppo. Poi, appena è uscito un pallone, ci siamo messi a giocare ed è stato tutto molto più semplice. Siamo diventati amici senza troppe complicazioni, e sul set queste amicizie hanno reso le cose facili: bastava ricreare delle situazioni che si erano verificate tra noi. Federico Majorana, l’interprete di Lauro, il capo del gruppo, invece, ci ha mandato una mail dopo aver visto degli annunci di casting su internet. Quando è arrivata la sua mail la nostra organizzatrice mi ha chiamato entusiasta, ha detto: “Vedrai, ti piacerà, ti piacerà!”. E infatti appena ho visto la foto ho detto: sì, è lui. Sono molto contento che i due attori principali siano stati fortunati dopo il corto. Claudio è stato protagonista di Sole, film d’esordio di Carlo Sironi, passato a Orizzonti a Venezia, e Maiorana ha partecipato a Favolacce dei fratelli D’Innocenzo.

Claudio Segaluscio, il protagonista, dicci qualcosa di lui.

Quando sono andato nella sua scuola tutti i compagni indicavano lui, non sapevo perché. In effetti l’ho trovato subito interessante. In quel periodo però cercavo un ragazzo con i capelli lunghi. La sceneggiatura era diversa, non si chiamava J'ador. Faceva perno sul fatto che lui avesse i capelli lunghi mentre tutti gli altri erano skinheads e volevo arrivare ad una rasatura finale. Claudio però mi piaceva tanto e quindi alla fine ho cambiato la sceneggiatura per poter prendere lui. Lo spunto dei capelli è diventato quello dell'odore. La cosa più particolare è che un giorno, a film finito, ho cercato una sua foto su internet perché mi serviva e ho scoperto che aveva girato un lungometraggio da protagonista. Non me l'aveva mai detto, non mi aveva detto che aveva già ha recitato. Pensavo di aver preso un randagio dalla strada e lui aveva già fatto un lungometraggio da protagonista!

Non voleva condizionarti?

Sì, con grande umiltà mi ha detto che se volevo sceglierlo lo sceglievo per come era, e non perché aveva già recitato. 

Questa esperienza nelle scuole alla ricerca degli attori del film ti ha portato qualcosa riguardo al tema che hai scelto di trattare? Avete capito qualcosa di più?

Sì, diciamo di sì. Abbiamo trovato qualcosa di molto aderente ai temi del film. Per un momento mi era anche venuta la perversione di sfruttare questa aderenza politica. “Politica”, poi, per modo di dire, perché c’è poco di veramente politico in queste situazioni; si tratta più di fattori identitari, di tentativi di appartenere a qualcosa. Avevo trovato dei ragazzi che ci credevano abbastanza. Poi non ho voluto portare avanti questo tipo di approccio. Sarebbe stata una strumentalizzazione. Non mi sono sentito comodo, a mio agio in questo tipo di possibilità. 

Hai scelto il cinema... Per finire, che emozione è stata partecipare alla SIC e vincere il premio?

Sicuramente è un'esperienza forte, per me e per tutti quelli che hanno lavorato al film. Vedere il proprio lavoro portato a termine e presentato in sala con un grande pubblico è stato bellissimo, per di più il premio... I festival ti mettono su un piedistallo e il tuo lavoro viene visto da molte persone. Questa “visibilità” è sicuramente l’aspetto principale.  

Trailer

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