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“Oggi al cinema Trevi “Luigi Chiarini al CSC e alla Mostra del Cinema di Venezia”
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Alle 20.40 il presidente del CSC Felice Laudadio modera un incontro con Liliana Cavani, Roberto Faenza, David Grieco Giuseppe Laterza, Giuliano Montaldo, Marco Vicario. A seguire Ultimo amore di Luigi Chiarini (1947, 90').

L'indimenticato critico Francesco Savio conosceva bene Luigi Chiarini e in poche righe ne ricostruiva la vulcanica carriera e i tratti essenziali che lo hanno contraddistinto: «Chiarini è stato un grande "operatore culturale". Ha fondato il Centro Sperimentale e i periodici "Bianco e Nero" e "Rivista del Cinema Italiano"; ha curato, per Laterza e Bulzoni, due collane di studi sullo spettacolo; ha diretto sei edizioni della Mostra di Venezia; ha insegnato - primo in Italia - Storia e critica del cinema nelle Università (a Pisa e poi a Urbino, presso l'Istituto dello spettacolo di sua creazione); ha scritto libri di teoria e d'intervento, curato la critica cinematografica su "Il Contemporaneo" e dato il suo contributo all'"Enciclopedia dello Spettacolo"; ha diretto cinque film - tre dei quali assai validi - e collaborato a varie sceneggiature. In quest'attività infaticabile lo sorresse il suo gusto per il cinema d'arte e lo spronò una tenace allergia al cinema mercantile e filisteo». Memorabile risulta poi la sua esperienza da direttore alla Mostra del Cinema di Venezia, raccontata da un testimone d'eccezione come Tullio Kezich, che lavorò al suo fianco per tre lunghi e intensi anni: «Mercuriale e imprevedibile nella gestione della quotidianità, il Professore fu sempre fermissimo sulle linee generali della sua direzione. Per la Mostra di Venezia, che gli fu affidata in un momento di piena decadenza dell'istituzione anche dal punto di vista dei finanziamenti, Chiarini ideò una cura drastica. Fin dall'inizio il suo proposito fu quello di allineare la manifestazione cinematografica alla Biennale d'arte; e quindi di ignorare, riferendosi alla sua distinzione teorica fra cinema e film, tutto ciò che riguardava il primo termine (affari, mondanità, opportunità di lancio, equilibri diplomatici) e puntando esclusivamente sul secondo. Intendeva fare del Palazzo del cinema un'appendice della mostra d'arti figurative, il padiglione internazionale della produzione d'autore. La scelta radicale gli procurò l'odio delle "contesse", allora imperanti al Lido, per l'improvviso calo del livello mondano. Lo odiarono osti e albergatori ritenendo che la sua linea avrebbe prodotto una fuga della clientela, tanto che a un certo punto riempirono i muri del Lido di manifesti verdi con la scritta "Via Chiarini!". [...] Oggi mi rendo conto che Chiarini poteva fare a meno dei divi perché il grande richiamo massmediologico della Mostra era lui: nei mesi a ridosso dell'inaugurazione, per un motivo o per l'altro, finiva sempre sui giornali e non di rado in prima pagina. [...] In definitiva ci si può chiedere che cosa dirà la storia del nostro eroe? Dirà che da intellettuale spregiudicato, non di rado ispido e discutibile, lascia un'imbarazzante lezione di indipendenza assoluta. Qualcuno continuerà a ripetere, per spiegare tutto, che Chiarini aveva un brutto carattere. Ma a quest'accusa il Professore ha già risposto in vita con una frase famosa: "In Italia quando dicono che hai un brutto carattere, vuol solo dire che hai un carattere"» (testimonianze raccolte nel libro Luigi Chiarini 1900 - 1975. «Il film è un'arte, il cinema è un'industria», a cura di Orio Caldiron, Csc, 2001).
Il film d'esordio di Chiarini, tratto da un racconto di Matilde Serao, è ambientato nella Roma ottocentesca, tra vicoli e piazzette vicino Piazza Navona. Sora Teta è una donna forte e cinica che si arricchisce prestando denaro alla povera gente. Osteggia l'amore della figlia per un giovane, che poi seduce facendone il suo amante. «Qui vi è prima di tutto, la preoccupazione di comporre un racconto visivo, di parlare allo spettatore attraverso le immagini, di annodare personaggi e particolarità, episodi e contrasti, […] poi vi è il gusto del nostro realismo più schietto, cantante e ironico, semplice e commosso nel dramma» (Palmieri). Con Luisella Beghi, Olga Solbelli, Andrea Checchi.
 
ore 18.30 La locandiera di Luigi Chiarini (1944, 71')
Le vicende amorose dell'estroversa e intelligente Mirandolina goldoniana - presa tra amori, corteggiatori, litigi ed equivoci - sono la materia da plasmare cinematograficamente per il teorico e studioso Luigi Chiarini. «Occorre subito dire che Luigi Chiarini ha, con mano felice e lieve, saputo compiere il lavoro senza incorrere, per quanto ha potuto, nel cosiddetto teatro filmato che di solito non è certo immune dai difetti di rendere cattivi servizi al teatro e al cinema. Con molta abilità egli è riuscito a porre pittorescamente in evidenza quel grazioso settecento veneziano e particolarmente goldoniano» (Blandi). Con Luisa Ferida, Armando Falconi, Osvaldo Valenti e Camillo Pilotto.
 
ore 20.00 Venezia '68 di Antonello Sarno e Steve Della Casa (2008, 39')
Resoconto e testimonianze delle vicende che portarono un movimento di cineasti e autori a ritardare di due giorni l'apertura della Mostra del Cinema di Venezia nel 1968. L'intento del movimento era quello di attaccare lo Statuto della Mostra e le loro azioni portarono alle dimissioni dell'allora direttore Luigi Chiarini e al ritiro di Teorema di Pier Paolo Pasolini, ma provocarono anche una serie di dibattiti all'interno della Federazione veneziana del PCI, tra gli intellettuali che volevano fermare il festival e i gondolieri e gli albergatori e ristoratori che temevano le ripercussioni sull'economia della città. Alla fine si votò all'unanimità per l'abolizione dei premi che tornarono alla Mostra vent'anni dopo, quando divenne direttore Carlo Lizzani, uno dei contestatori del '68. Con Ugo Gregoretti, Gian Luigi Rondi, Italo Moscati, Carlo Lizzani, Liliana Cavani, Giuliano Montaldo, Lina Wertmüller, Maurizio Ponzi, Roberto Faenza, Luciana Castellina.
 
a seguire Incontro moderato da Felice Laudadio con Liliana Cavani, Roberto Faenza, David Grieco, Giuseppe Laterza, Giuliano Montaldo, Marco Vicario
 
a seguire Ultimo amore di Luigi Chiarini (1947, 90')
«8 settembre 1943. Nei giorni dell'armistizio, tre aviatori ottengono una licenza che intendono trascorrere a Roma. Nell'albergo dove alloggiano odono delle urla ed accorrono per salvare quella che credono una ragazza aggredita, ma scoprono trattarsi d'un'attrice che sta provando una scena. Fanno amicizia con la donna e passano con loro qualche ora. Giunge la notizia dell'armistizio. I tre piloti vengono d'urgenza chiamati all'aeroporto, dove è detto loro di tenersi pronti a partire in qualsiasi momento» (Laura). «Il tono dimesso e quasi umile del racconto ci ha sorpresi: un prete vigoroso e di estrema simpatia, interpretato da Carlo Ninchi, ha, sin dai primi quadri, colpito la nostra attenzione; con lui altri volti e figure, tutte credibili e vere, come la solitaria e amara ragazza disegnata da Vira Silenti, ci hanno confortato e confermato nella nostra favorevole impressione. I piloti, così lontani dagli eroismi di maniera, hanno finito con convincerci pienamente […]. Malgrado i mezzi relativi che ha avuto a sua disposizione, Chiarini ha realizzato un film di delicati conflitti, fatto di sfumature senza eccessive debolezze» (Lionello De Felice).
 
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