Editoriale di Mariapia Comand
Qualche giorno fa un cinefilo e intellettuale di lunga data mi spiegava che «Bianco e Nero» aveva rappresentato per lui il mezzo attraverso il quale passare da un amore ingenuo e impressionistico per il cinema a una partecipazione piena, consapevole e critica. Raccontava che, ragazzino ai primi anni ’40, correva in libreria per comprare «Bianco e Nero» – che all’epoca usciva come «Quaderni mensili del Centro sperimentale di cinematografia» – e grazie ai saggi di Béla Balázs, di Emilio Cecchi, Georges Sadoul o di Vsevolod Pudovkin si era costruito su quelle pagine una cultura cinematografica, padroneggiando sempre più la passione per il cinema grazie alla conoscenza.
La grande storia di «Bianco e Nero» non passa solo attraverso i nomi altisonanti degli studiosi che vi hanno scritto e che l’hanno diretta; passa anche attraverso vicende umane minute come quella appena ricordata, che danno voce e luce a ciò che resterebbe muto se dichiarato solo in astratto, vale a dire che «Bianco e Nero» ha giocato un ruolo fondamentale nella storia della cultura cinematografica italiana.
Dalla nascita della rivista nel 1937 sono passati quasi ottant’anni: in un periodo di tempo così lungo si è andata trasformando, accompagnandosi a un sistema dei media in costante evoluzione e adottando di volta impostazioni differenti, alternando l’articolazione in saggi, interventi e rubriche all’impianto monografico e dando spazio ad approcci e a una pluralità di visioni differenti. Tuttavia sin dal primo numero «Bianco e Nero» ha voluto essere un periodico con una spiccata vocazione scientifica, di «elevazione degli studi cinematografici» («Bianco e Nero», 1, 1937) all’interno della nascente cultura cinematografica europea. E questo è il primo punto fermo.
Nel solco della tradizione, questa nuova serie di «Bianco e Nero» vuole interpretare un’idea dinamica della ricerca, capace di dare spazio all’indagine storica, critica, teorica, filologica, archivistica e culturale; non rinunciando mai quando possibile all’interdisciplinarità; rimarcando l’apertura internazionale originaria; rafforzando le pratiche di scambio; adottando formule differenti.
L’intenzione è di rinnovare una tradizione di autorevolezza corrispondendo ai parametri di qualità fissati dall’Agenzia nazionale della valutazione della ricerca (ANVUR). Questo significa che il periodico pubblicherà lavori innovativi, originali e rilevanti scientificamente, adottando a tal fine delle procedure di accettazione dei contributi (revisione doppia cieca), segnalando anche graficamente tale procedura nel testo.
Nello stesso tempo «Bianco e Nero» si impegna a valorizzare il Centro Sperimentale di Cinematografia, in linea con il progetto complessivo di legittimazione e promozione culturale del cinema esercitata fin dalle sue origini attraverso le istanze pedagogiche, archivistiche e produttive che lo contraddistinguono. E questo è il secondo punto fermo.
Lo farà dedicando numeri ai Fondi della Biblioteca Chiarini; impegnandosi nel dialogo con tutte le anime e le strutture del Centro al fine di promuovere progetti articolati, che affianchino, secondo una coerenza tematica, l’uscita della rivista con retrospettive organizzate dalla Cineteca Nazionale, mostre e occasioni convegnistiche. Auspico così di costruire una proposta scientifica capace di coinvolgere molteplici attori e istituzioni, a partire da un legame storico tra il Centro e l’accademia italiana.
Il presente numero – ereditato dalla direzione Alberto Crespi, cui invio i miei ringraziamenti per il lavoro fatto insieme a «Bianco e Nero» – dedicato al montaggio all’epoca del digitale, accosta una parte saggistica a sezioni attente alle articolazioni interne del Centro Sperimentale di Cinematografia (Formazione, Patrimonio, Produzione) nelle forme dell’intervista e del documento commentato; i prossimi due numeri – sugli anni ’80 italiani e su Alida Valli – presenteranno formule leggermente diverse e una sorpresa che non voglio anticipare. Voglio ringraziare tutte le persone e i professionisti del Centro Sperimentale che supportano la rivista, il Comitato scientifico che sarà ufficialmente insediato dal prossimo numero e naturalmente la redazione. Un pensiero speciale va però al cinefilo protagonista del racconto iniziale, il suo nome è Nereo Battello e dedico a lui questo numero e il mio futuro impegno a «Bianco e Nero».
Mariapia Comand