Premessa all’opera
Qualcuno ha scritto che l’esigenza di storiografare un fenomeno si fa strada, e diviene plausibile, soltanto quando quel fenomeno è concluso; e qualcun altro ha teorizzato, applicando alla vita umana la stessa legge dei fenomeni storici, che solo grazie alla morte la vita di un individuo acquista un senso compiuto e ben descrivibile. Così è possibile che l’idea di una collettanea megastoria del cinema italiano – in quindici volumi, per complessive 6-7000 pagine di testi storiografici e 1200-1400 pagine di documenti e annessi – ci sia venuta in mente perché con la fine del xx secolo e l’avvento del terzo millennio il cinema, italiano ma non soltanto, sembra avere definitivamente concluso se non la propria vita, quanto meno una sua fase, quella che lo ha visto, per quasi cento anni, come il medium più importante (l’arma più forte, ha detto qualcuno che vedeva tutto sub specie armata), la memoria dominante del secolo, il più fecondo terreno di formazione dell’immaginario collettivo, la pratica artistica, spettacolare e mediologica che più si identifica con la modernità. Dislocata nei molti “altrove” dell’odierno panorama mediologico mondiale, quella che fu la Settima Arte, o la Decima Musa, non è reperibile che in misura ormai residuale sul grande schermo, mentre alligna mutatis mutandis sul piccolo schermo televisivo e dell’home video, sui supporti dei cd-rom e dei dvdrom, sui canali web e della multimedialità, sovente irriconoscibile nelle sue componenti originarie, anche se ineludibile Ursprache di tutti i linguaggi audiovisivi della postmodernità, un po’ come l’indoeuropeo è putativamente padre di tutte le lingue occidentali, antiche e moderne, dal greco al latino, dal francese al tedesco, dal russo all’italiano.
In questo senso ci è sembrato giunto il momento di tirare le fila di un secolo di cinema e di andare oltre le pur lodevoli “storie” del cinema italiano finora avutesi, dalle benemerite antesignane di Mario Gromo e di Carlo Lizzani, uscite non a caso quando un nuovo fenomeno cinematografico, il neorealismo, sembrava avere chiuso e concluso il primo mezzo secolo della nostra storia cinematografica, a quella più ampia e più documentata fra tutte, la “Storia” di Gian Piero Brunetta, che costituisce a nostro avviso l’encomiabile massimo sforzo storiografico che un solo individuo possa compiere sui primi novanta anni di un fenomeno così ampio, così diffuso e così rilevante. Ma “andare oltre” non significa affatto sottovalutare o dimenticare.
D’altronde, anche a prescindere dalle “storie” organiche vere e proprie, negli ultimi 25-30 anni gli studi sul cinema italiano hanno raggiunto una ricchezza e una varietà senza precedenti. E, accanto ai non molti lavori storiografici che abbracciano tutto il secolo, vantiamo esaurienti sintesi parziali, pregevoli lavori su questo o quel periodo oppure questo o quel fenomeno, preziosi scandagli settoriali, monografie che hanno esteso il panorama storiografico, dinamizzandone e moltiplicandone le angolazioni e le prospettive: punti di arrivo di cui non potranno non tenere conto le diecine e diecine di studiosi coinvolti in questa impresa. “Andare oltre” significa, da un lato, fare tesoro delle molte mete storiografiche raggiunte dagli studiosi negli scorsi decenni e, dall’altro, prendere atto che manca, a tutt’oggi, un’opera che unisca l’ampiezza del respiro critico-informativo alla minuziosità della stratigrafia e che unisca alla inevitabile varietà dei punti di vista il comune intento di collaborare al racconto unitario di un’appassionante avventura intellettuale, analizzando e sfaccettando personalità, processi, fenomeni, tendenze, generi, filoni, nonché orientamenti del pubblico, inclinazioni dei gusti, indirizzi dell’industria, atteggiamenti dello Stato. In altri termini: cento anni di cinema italiano ricostruiti nell’intreccio di fantasia, arte, divismo, ideologia, politica, società, interdipendenze culturali, inconscio collettivo, progresso tecnologico, modelli di comportamento e forme mentali.
Così, questa nostra vuole essere una storia del cinema nazionale nell’implicito contesto della storia del cinema mondiale e nell’esplicito quadro di una storia culturale che è, a sua volta, un aspetto della storia nazionale. Essa si soffermerà, pertanto, sulle poetiche e sulle estetiche, sulle linee autoriali e sulle prassi del cinema di genere, tenendo conto dei modi di produzione e dei modi di rappresentazione, delle forme di consumo e del rapporto che il cinema ha avuto, e ha, con gli altri media, delle istituzioni pubbliche e private che operano nel cinema e dei mutamenti che il dispositivo cinematografico ha avuto negli oltre cento anni in cui ha operato. In altri termini, cercheremo di non trascurare mai che i circa 20.000 titoli (poco meno di 10.000 per il “muto” 1905-1930; poco più di 10.000 per il sonoro 1930-2000) del cinema italiano sono opere e/o prodotti “firmati” che, anche quando vige il “seriale” più esplicito e quando i “filoni” si avvicinano più alla serialità industriale, aspirano ad essere, e in qualche modo sempre sono, prototipici se non monotipici; e che, per converso, sempre, anche nel caso dell’Autore più solitario e più esclusivo, il film è un impluvio di dinamiche molteplici e non tutte meramente cinematografiche, che costituiscono la intricata rete del rapporto fra cinema e scena pubblica.
Per realizzare un’opera di tali ambizioni e dimensioni abbiamo fatto appello agli studiosi italiani della cinematografia nazionale, in particolare – seppure non soltanto – a quelli che operano nel sistema universitario italiano, ai quali abbiamo richiesto – per tutte le questioni ancora scoperte, per tutti i periodi storici insufficientemente indagati, per tutte le personalità e le opere inadeguatamente analizzate – di promuovere apposite ricerche, incrociate e concordate fra le varie cattedre e i vari atenei, ricerche alle quali, se finanziate da un ateneo o dal sistema Cofin del MIUR (ex MURST), abbiamo provveduto a fornire appositamente un adeguato, ulteriore finanziamento, sì da imprimere al complesso dell’opera una concezione “polifonica” che, accanto a contributi di studiosi in cui la prospettiva storiografica è costantemente alimentata dall’istanza critico-interpretativa di testimoni e spesso anche di protagonisti della “battaglia delle idee”, propone l’apporto di giovani studiosi, in una prospettiva, anche generazionale, di rinnovamento metodologico dell’attività cinestoriografica.
In questo senso abbiamo evitato di scandire i singoli volumi secondo le grandi periodizzazioni tradizionali della storia del cinema italiano, suggerendo – ad esempio – la coesistenza di due tendenze, e dunque la suddivisione in due periodi degli anni ’20, e, per contro – e al di là del sommovimento creato dall’avvento del sonoro – la continuità fra i secondi anni ’20 e i primi anni ’30, così come la relativa discontinuità fra le ultime stagioni del cinema sotto il fascismo in pace e la cinematografia nazionale nel quinquennio bellico; similmente abbiamo ritenuto di distinguere la fase crescente del periodo neorealistico dalla fase calante del fenomeno, dividendo al contempo in due gli anni ’50 del nostro cinema, fra una parte del decennio, i primissimi anni ’50, in cui ancora sopravvive l’eredità della dinamica neorealistica e una parte, i secondi anni ’50, dove quell’eredità viene in qualche modo messa in liquidazione con un occhio già presago del futuro decennio d’oro del cinema italiano, gli anni ’60, a loro volta ripartiti in due periodi. Il tutto programmando una continua integrazione fra analisi storicocritica e apparato documentario, facendo sì che, in ogni volume, alla parte saggistica vera e propria (suddivisa in tre tipologie di intervento storiografico: il saggio di ampio respiro che dà le coordinate e le interpretazioni dei fenomeni d’insieme che caratterizzano il periodo considerato; il saggio di approfondimento dei singoli aspetti del fenomeno, o dei singoli epifenomeni che lo compongono, o delle singole personalità; la concisa nota che rievoca particolari aspetti estetici, o mediologici, o merceologici, o cronachistici), corrisponda, per circa 3/10, un’adeguata documentazione degli eventi: testi legislativi, documenti convegnistici, prese di posizione associative, testi critici e giornalistici, cronache di eventi, statistiche cinematografiche e non. In modo che, alle 6-7000 pagine di testi storiografici, corrisponda unaconforme documentazione, la quale consenta quanto più possibile al lettore – accanto al puntodi vista documentato dello storico – di farsi una propria opinione e sui fatti e sulla loro valutazione, quasi stabilendo nell’opera due percorsi storiografici paralleli e complementari: quello delle interpretazioni e quello dei documenti.
Benché l’opera nel suo insieme abbia un direttore e ogni volume un proprio curatore (qualche volta due), che ne è il responsabile, la direzione di questa Storia del cinema italiano è stata, ed è, collegiale. A tale scopo gli organi competenti della Fondazione Scuola Nazionale di Cinema hanno provveduto a nominare un Comitato Scientifico dell’opera che, coordinato dal presidente della Fondazione (Lino Miccichè), è risultato composto dagli storici del cinema operanti nei due organi gestionali, il Consiglio d’Amministrazione (Alberto Farassino e Bruno Torri) e il Comitato Scientifico (Adriano Aprà, Francesco Casetti, Lorenzo Cuccu), e integrato da altri quattro storici del cinema (Mino Argentieri, Antonio Costa, Gianni Rondolino, Giorgio Tinazzi). Questo comitato di dieci studiosi ha inizialmente elaborato le linee portanti dell’opera, la sua struttura e la scansione dei singoli volumi; ha poi individuato i curatori dei singoli volumi, cui ha chiesto di fare una proposta di sommario; ha discusso con ogni curatore il sommario elaborato, proponendone di volta in volta modifiche, aggiunte e sostituzioni ritenute opportune; ha vagliato la lista dei collaboratori proposti, integrandola, e delle ricerche universitarie necessarie, varandole; ha chiesto a ciascun membro del Comitato di fungere da punto di riferimento (per conto del cs) di uno o due volumi curati; si è riservato la revisione degli scritti di ciascun volume, anche al fine di individuare eventuali omissioni, ripetizioni e ridondanze; ha vagliato la proposta grafica e di assetto dei volumi fatta dal coeditore; si riserva di dare il “visto, si stampi” di ogni singolo volume.
Nella storia pluriennale delle edizioni realizzate e/o promosse dal Centro Sperimentale di Cinematografia questa è l’impresa più costosa e più ambiziosa, anche rispetto allo “storico” Filmlexicon degli autori e delle opere (sette volumi più tre di aggiornamenti). Ma è pure quella che risponde a un maggiore fabbisogno e che promette di avere una più durevole validità, soprattutto dopo che essa sarà completata. Inevitabilmente, e positivamente, essa sarà, oltre che una dettagliata storia del nostro cinema, un documento obiettivo dello stato della nostra cultura e dei nostri studi cinematografici: per cui ogni eventuale critica non potrà essere che autocritica. In questo senso ci siamo subito resi conto, sin da quando ne abbiamo immaginato il primo abbozzo, del rischio che correvamo a promuoverla e a proporla a una istituzione pubblica, l’unica in grado, in Italia, di affrontare e realizzare un simile progetto. Ma, se storiografare significa, non solo ricostruire gli eventi e le loro ragioni, ma estrarre dal magma di quello che è accaduto la verità (o le verità), non vi è atto storiografico che non si metta in gioco nel suo stesso farsi. Era, in ogni caso, un rischio che avevamo l’obbligo di correre. Capire, e contribuire a far capire, ciò che il cinema è stato nel nostro paese, è la condizione ineluttabile per capire, e contribuire a far capire, ciò che esso potrà essere in futuro. Come tutte le “storie”, insomma, anche questa parla di ieri perché siano più chiari l’oggi e il domani.
Lino Miccichè